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Alejandro Jodorowsky, Moebius / Cronache picaresche del prossimo messia
Smontare la razionalità occidentale pezzo per pezzo, costruendo un culto visivo dove religione, desiderio e delirio si fondono senza pudore: con una coppia come Jodorowsky e Moebius non ci si può aspettare nulla di meno e la riedizione di La pazza del Sacro Cuore segna un’esplosione della nona arte che sfida ogni ortodossia, narrativa e morale. Edizioni BD raccoglie in un volume unico i tre capitoli che compongono questa avventura onirica e fuor di sesto, senza dubbio una delle opere più sorprendenti del sodalizio tra i due artisti, già consacrato con la celebrata collaborazione su L’Incal, Gli occhi del gatto e Artigli d’angelo. Inizialmente pubblicato in Francia tra il 1992 e il 1998, questo fumetto segna un allontanamento dai generi per cui erano già celebri – in primis la fantascienza – per avventurarsi in una commedia grottesca e surreale ambientata nella contemporaneità. La vicenda ha per protagonista Alain Mangel, eminente professore di filosofia razionalista alla Sorbona, che alla soglia dei sessant’anni vede la sua vita andare in pezzi e si imbatte nell’estasi mistica della giovane Elisabeth. Combattuto fra desiderio fisico e repressione dei propri istinti, Alain si trova in perenne squilibrio tra un convinto razionalismo occidentale e il forte richiamo del proprio inconscio, che trova antropomorfizzazione nel suo doppelgänger più giovane, visibile solo al confuso professore. Da qui Elisabeth trascina Mangel in un’avventura picaresca verso la venuta di un Messia e la fondazione di una nuova Chiesa, mentre il protagonista (alter ego di Jodorowsky) compie una ricerca della propria identità confrontandosi costantemente con un profondo nichilismo. A metà strada fra road-movie spirituale e commedia degli equivoci, puntellato di situazioni sempre più strampalate e folli, la trilogia segna un nuovo incontro creativo fra il regista e drammaturgo cileno e il fumettista francese, per una collaborazione in cui l’equilibrio tra queste due forti personalità segna prepotentemente l’opera. Da una parte Jodorowsky attinge alla sua autobiografia per scrivere una sceneggiatura dai tratti originalissimi, dall’altra Moebius sposta l’asse del proprio stile spaziando fra riferimenti orientali e occidentali. Nei primi capitoli, ambientati a Parigi, predominano i toni da commedia realistica, mentre un tratto chiaro e pulito ammorbidisce la rappresentazione di scene piccanti e situazioni assurde. Man mano che la narrazione procede e gli eventi si fanno più deliranti, il disegno di Giraud si fa più rapido e istintivo, trasferendo su carta l’esplosione di caos e irrazionalità che coinvolge i personaggi. Cuore pulsante dell’opera è però la dissacrante riflessione sul fanatismo religioso e sul bisogno umano di “credere”. La Pazza del Sacro Cuore mescola senza paura elementi del simbolismo biblico con un’ironia profana e pungente, ma anche con un linguaggio che viaggia fra il forbito e il volgare. La vicenda richiama esplicitamente l’iconografia cristiana (Giovanni Battista, la Vergine, il Messia), stravolgendola in chiave grottesca e sollevando interrogativi sulla tensione fra istituzione e rivelazione. Il desiderio viene declinato sia come pulsione sessuale sia come ricerca di completezza interiore e la componente erotica, spinta fino al limite del pornografico e del grottesco, diventa diretta contrapposizione all’ossessione della ragione che affligge il protagonista. La Pazza del Sacro Cuore è una riflessione sull’ipocrisia del mondo intellettuale, sulla decadenza di certa cultura “alta” e sulla necessità di trovare una dimensione di equilibrio. Una cavalcata folle fra streghe mistiche e viaggi psichedelici, foreste vergini e grigie metropoli, trafficanti colombiani e politici francesi, il tutto per poi capire che la vita deve essere una lunga festa, possibilmente in famiglia.   L'articolo Alejandro Jodorowsky, Moebius / Cronache picaresche del prossimo messia proviene da Pulp Magazine.
Richard Blake / Quando la fantascienza è meraviglia ed esplorazione
Anno 4040. Adley, una ragazza con poteri extrasensoriali, intraprende la ricerca dei suoi genitori scomparsi, una coppia di cartografi che si sono persi anni prima in un’altra dimensione. Questa è la grande scoperta dell’umanità futura, il Ponte, un portale che conduce a una realtà parallela estremamente complessa e cangiante in cui orientarsi è estremamente difficile e perdersi è quasi inevitabile. La funzione di Adley sarà di fungere da bussola a Staden, un’intelligenza artificiale estremamente evoluta nel corpo di un androide che attraversa il Ponte per trovare la coppia di cartografi. Sul suo cammino incontrerà pericolosissime AI datesi alla violenza a differenza di altre che, molto più riflessive, sembrano abitare la dimensione parallela con tutt’altri intenti. Non passerà molto, tuttavia, prima che la stessa Adley decida di attraversare il ponte in prima persona. Richard Blake è un artista eclettico con titoli accademici conseguiti in ambito internazionale. Pittore, scrittore e storyboard artist, Blake è un artista di vasta cultura e ciò si vede perfettamente in un debutto fumettistico – non a caso notato e proposto a Image Comics da una personalità del calibro di Jonathan Hickman – che non può venire se non da chi ha letto tantissimo, sia fumetti che letteratura tradizionale, facendo delle proprie letture l’ossatura della propria creazione. Ma Hexagon Bridge – Orizzonti Obliqui non è soltanto un debutto ricco di citazioni e referenti di livello, si tratta anche di un’opera incredibilmente matura, specie se si considera che è un’opera prima. Sì, perché a citare Borges e Calvino è capace anche un esordiente che ha fatto i compiti, ma prendere gli stilemi del fumetto francese, dalla cura nel dettaglio al ritmo, più ponderato e meno frenetico rispetto ai comics ma non per questo meno scorrevole, prendere l’immaginario di “Metal Hurlant” e tradurli in un fumetto in tutto e per tutto americano amalgamando ciò che è stato preso dalle fonti in modo che non si senta il peso del citazionismo creando un pastiche in cui non si vedono le saldature beh, tutto questo richiede una padronanza fuori dal normale di un mezzo espressivo mai approcciato prima. Hexagon Bridge – Orizzonti Obliqui è sci-fi high concept, un fumetto ad alta densità concettuale, una di quelle opere costruite con un immaginario sì sfrenato ma disciplinato al tempo stesso. C’è molto nell’opera di Richard Blake. Intelligenze artificiali, dimensioni parallele, una riflessione sullo spazio e sull’esplorazione che non è solo teorica ma va a costituire l’ossatura stessa della storia, così come l’utilizzo delle IA che non è didascalico ma estremamente pratico: le domande non vengono sbattute in faccia al lettore con un cartello luminoso ma si fanno carne, diventano personaggi che agiscono e danno vita alla trama. Pare scontato ma non lo è affatto e lo testimoniano le troppe opere in cui l’interiorità dei personaggi soffre di un’ipertrofia che comprime tutti gli altri aspetti niente affatto ancillari di una narrazione che, se poco curati, trasformano una storia in un pastone,  magari digeribile ma privo d’interesse. Di quelli che ti fan sentire colto perché lo capisci ma non ti stanno realmente sfidando in termini di pensiero.  Ecco, possiamo dire che Blake ridimensiona parecchio il ruolo dei personaggi all’interno di un costrutto fatto di world building, trama e di componente visuale che, nella fattispecie, è incredibile. Se, infatti, i personaggi sono approfonditi quanto basta, caratterizzati in modo funzionale e in equilibrio con gli altri elementi, l’impatto visivo delle tavole è meraviglioso. Alla ricchezza dei dettagli si aggiunge un sense of wonder che la costruzione vertiginosa di una dimensione sfumata, tendente all’infinito, in grado di disorientare il lettore che si perde in un ambiente alieno e inesplorato ma selvaggiamente bello nel suo essere così strano. Hexagon Bridge – Orizzonti Obliqui è un’opera completa, che fa pensare ma suscita anche emozioni pur non fossilizzandosi sul parlare a tutti i costi di esse, una storia di fantascienza che ne riprende l’intento originario di meraviglia ed esplorazione. L'articolo Richard Blake / Quando la fantascienza è meraviglia ed esplorazione proviene da Pulp Magazine.