Milano dall’elettronica alle aragoste
Adesso che ho cominciato a dire la mia come faccio a tirarmi indietro?
L’altro giorno il “Corriere” ha intervistato mons. Delpini. Tra le tante cose
sacrosante che ha detto, una mi è piaciuta particolarmente. Tanti dicono che
Milano avrà la forza di risollevarsi dopo questa batosta. “Se queste persone ci
sono, si facciano avanti!” dice Delpini.
Ma all’orizzonte non si vede anima viva, non si fa avanti nessuno. Qui l’aria
che tira è: “ha da passà ‘a nuttata!”
I giornali poi sull’intervista di Delpini hanno chiesto il parere di Elena
Buscemi, Presidente del Consiglio Comunale. Quando si occupava di città
metropolitana ha dato una mano a noi di ACTA, perché potessimo avere più spazio
nella tutela delle Partite Iva. La ricordo quindi con gratitudine. Oggi si trova
in un’altra posizione e immagino che la poltrona che occupa non sia il massimo
della comodità. Ovviamente non fa una difesa d’ufficio della Giunta, però dice
una cosa che mi lascia perplesso: la bella Milano che tanti rimpiangono
contrapponendola a quella di oggi, che tanti non sopportano, in realtà non è mai
esistita, è il prodotto della fantasia di chi oggi critica la politica
urbanistica.
Boh, sarà. Posso anche essere d’accordo: nella sequenza
Mediobanca-Ligresti-Berlusconi- Catella-Sala-Tancredi c’è effettivamente una
certa continuità, anzi mettiamoci dentro anche la “Milano da bere”, e abbiamo
una storia che dura da quarant’anni (1985-2025). Elena ne ha 43 e capisco che
non ha visto altro nella vita, quindi ha ragione a dire che “l’altra Milano” sta
solo nella testa di anime belle.
Io ho il doppio degli anni di Elena Buscemi e ricordo che la Milano che ho
vissuto dal 1957 in poi, cioè dai vent’anni in su, aveva tante cose diverse da
quella di oggi – ci mancherebbe – però una, grande come una casa, salta agli
occhi di chiunque conservi un po’ di senno. Cos’è?
La differenza di qualità dei ricchi. La dignità dei padroni di ieri e la
cafonaggine dei padroni di oggi. Non è una battuta, è storia d’Italia. Un certo
Enrico Mattei certo che stava a Roma ma Metanopoli l’ha messa qui e quando ha
fondato un quotidiano la redazione era qui. Ed è morto poco lontano da qui,
perché dava fastidio ai potenti del petrolio. E un certo Adriano Olivetti è vero
che la sua azienda aveva il centro a Ivrea, ma quando ha avuto la lungimiranza
di capire che un giorno il mondo sarebbe stato dominato dall’informatica, i suoi
laboratori di ricerca li ha messi da queste parti, a Borgolombardo, a Pregnana
Milanese. Da quei laboratori è uscito il primo personal computer della storia. E
la Direzione Pubblicità coi grafici che hanno stupito tutto il mondo, Pintori,
Bonfanti, e copywriter che rispondevano ai nomi di Franco Fortini e Giovanni
Giudici, stava in via Clerici o in via Baracchini, non stava a Torino o a
Chivasso. E la Direzione Commerciale Elettronica stava a due passi dal
Pirellone. E i Sottsass, i Bellini, i Maldonado, grandi designer, stavano da
queste parti, e non risulta che avessero traffici col Comune per vincere dei
bandi. E Leopoldo Pirelli che quando diventa Presidente di Confindustria cerca
di dare una svolta e di convincere gli industriali che le maestranze non sono
solo delle braccia ma hanno anche un cervello, è uno che non ha paura di essere
controcorrente.
Mettete a paragone questa gente con i vari Armani, che si fanno cucire le
borsette da disperati a 4 euro l’ora, coi Farinetti, i Briatore, i Benetton, i
Della Valle …
Insomma, sarò anche un vecchio brontolone, ma nessuno mi toglie dalla testa che
il confronto tra i padroni di ieri e quelli di oggi è davvero impietoso. E
questo ha delle conseguenze sull’aria che tira in una città, soprattutto se è
sempre stata una città in mano ai padroni. Quelli di ieri stavano dentro le alte
tecnologie, quelli di oggi che sanno fare? Scarpe, magliette, pizzerie.
Prendiamo della gente come i Benetton. Ai tempi dei distretti erano bravi nella
logistica, facendo magliette conquistano i mercati. Poi si sono stufati , troppa
fatica pensare agli operai, meglio farsi dare dallo Stato le utilities,
aeroporti, autostrade, quella roba costruita coi soldi dei contribuenti, che ti
fa lavorare di meno e guadagnare un fracco di soldi: tu stai in poltrona e
incassi i pedaggi. È il momento buono, tanto al governo c’è un certo Prodi,
amico dei privati, l’uomo che ha smantellato l’IRI (di cui era Presidente).
Certo, sulle autostrade bisogna fare un po’ di manutenzione, ma attenti a non
spendere troppo eh… Così crolla il ponte Morandi, 43 morti. I Benetton vanno in
galera? Ma manco per sogno. Però lo Stato li “punisce” e toglie loro la
concessione. Il tutto dovrebbe avvenire senza indennizzi, il minimo, per il
danno che hanno provocato. Macché, lo Stato si ricompra l’autostrada. La
ricompra coi soldi nostri, ovviamente. Due miliardi e 400 milioni. Tanto al
governo chi c’è? Una faccia nuova, un certo Conte, il cui partito sta oggi a
Strasburgo all’estrema sinistra…e a Milano chiede le dimissioni di Sala. Ma
allora stava con Salvini ed era culo e camicia con Trump I.
Che bei padroni! Pensate a Farinetti. Cosa fa lui per te? Ti sceglie i formaggi
migliori, ti risparmia una bella fatica. E li sceglie anche per la middle
class di Manhattan.
E Briatore? Beh, qui rimando a Crozza.
Questa è tutta gente che apprezza il “modello Milano”, che la trova come Londra,
come New York.
Chiudo con un consiglio turistico. Volete godervi “il modello Milano” nella sua
pura essenza? Andate a cena alla “Langosteria”, in una traversa di Coni Zugna.
Dicono i tassisti che si spende anche 900 euro a cena, mangi l’aragosta. Ma non
è questo il bello, davanti all’ingresso, sempre, anche fuori dall’orario dei
pasti, c’è un negro vestito elegante. Una volta, all’inizio, aveva anche il
cilindro. Ed è lui che apre la porta, non si deve neanche far fatica, e una
volta dentro si respira l’aria che dovevano respirare i padroni delle
piantagioni, sì i sudisti, che avrete visto tante volte nei film, quelli
convinti che i negri devono essere schiavi, quelli che ce l’avevano con Abramo
Lincoln. Geniale il proprietario. Sempre pieno, tanto che ha dovuto aprire un
locale gemello a due passi, in via Savona. Crozza dovrebbe imitare lui, altro
che quel suonato di Briatore!
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Redazione Italia