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Crema ancora in piazza per Gaza
Il 31 agosto è partita la Global Sumud Flotilla e la parte bella dell’Italia, un po’ ovunque, é pronta a salutarla, a darle coraggio, forse un po’ come si faceva secoli addietro quando si salutavano i velieri augurando loro in bocca al lupo. Anche noi a Crema ci siamo ritrovati in piazza con cartelli e bandiere, abbiamo pitturato di bianco pezzi di cartone di risulta con i quali abbiamo composto una vela e attorno ci abbiamo deposto piccole barchette di carta decorate con i colori della Palestina. Alcuni bimbi hanno mostrato i loro disegni, in cui compaiono altri bimbi che tendono le braccia verso di noi. C’erano molti anziani, alcuni con la carrozzina elettrica; una coppia piuttosto in là con gli anni si dava il cambio utilizzando una panchina retrostante; una signora osservava tutto dalla finestra, salutava e ci applaudiva. Dopo più di mezz’ora sono comparse timide alcune donne velate con bimbi per mano – che bello! Le comunità cominciano a interagire. Ho rivisto facce incontrate in passato e ne ho viste di nuove, molte di più perché eravamo tanti, mi dicono forse più di trecento. Se ci fossimo stesi per bene a due metri di distanza l’uno dall’altro avremmo coperto l’intero corso, da porta a porta, ma non è il nostro stile e ormai ce ne siamo fatti una ragione. A noi piace stare silenziosamente vicini. Sono rimasta però turbata da considerazioni e pensieri per l’intero sit-in. Siccome piazza Duomo era interamente occupata dalle bancarelle della sagra della bertolina (un dolce locale) abbiamo utilizzato piazza Garibaldi. Niente di male: è in centro, ed è la piazza su cui si riversa il passeggio del corso. Dunque ci siamo sistemati lungo due file una di fronte all’altra, lasciando ampio spazio di passaggio al centro. Ma erano mosche bianche quelli che attraversavano la piazza nella maniera più logica, più comoda, cioè al centro. Vedevo il fiume di gente arrivare e poi dividersi; trovavano ogni modo per passarci dietro – tra le panchine, le aiuole, le seggiole dei bar. Era impossibile non vederci, eppure sceglievano di non leggere i cartelli, di non guardare le fotografie e i disegni, di non sapere veramente che cosa stessimo facendo lì tutti in piedi in silenzio. Qualcuno sbirciava, ma i più si aggrappavano ferocemente a ciò che probabilmente considerano il loro salvagente, l’indifferenza, e continuavano a parlare delle scarpine comprate in saldo come se niente fosse; del resto quella era la loro domenica. Noi sappiamo che tutto ciò è solo un rimandare, che i nodi verranno al pettine per tutti, dunque con una certa fatica cerco di non rattristarmene troppo e di andare avanti! Fino a quando non saranno tutti contagiati da una febbre risanatrice, quella che ci dà la voglia di vivere appieno la nostra umanità. Le promotrici Giovanna e Marina Redazione Italia
Gaza e Crema, il cuore grande della provincia italiana
Quando abbiamo deciso di portare a Crema la protesta dei cartelli, che dal 16 giugno è un appuntamento quotidiano per la cittadinanza di Milano, ci siamo guardate negli occhi e abbiamo detto: “Proviamoci! Mal che vada saremo in quattro gatti”. E invece in pochi giorni grazie al tam tam del passaparola all’appuntamento si sono presentate almeno 200 persone.  Alcuni portano bandiere della pace e della Palestina, qualcun altro il cartello o la poesia legati al collo. In un baleno la scatola con le scritte è vuota; non c’è n’é abbastanza per tutti e molti devono partecipare semplicemente stando in piedi, lungo una fila orizzontale sul sagrato del nostro Duomo. La maggior parte non aveva idea in che cosa consistesse la protesta: avevano agito per un impulso di coscienza, di amore, di umanità e si erano presentati all’appuntamento. Si capisce bene che non sono abituati a queste cose.  Appartengono a tutte le età. Vicino a me da un lato si sistema un’intera famiglia: giovane mamma, giovane papà, bimbo nel passeggino, i due nonni e una zia, dall’altro una coppia molto distinta. In alcuni punti la fila si fa spessa, perché non c’era stato verso di separare amici, coppie, famiglie. Comunque tutti avevano inteso l’importanza del silenzio alla fine ed è risultato bello così, spontaneamente appiccicati.  Tra i tanti anziani che resistono un’ora in piedi mi colpisce una signora arrivata da sola trascinandosi il carrellino della bombola ad ossigeno, con un cartello al collo in cui ha trascritto la poesia “Resteremo qui” di Tawfik Zayyad. Siamo in una città-paese proprio sotto un campanile, dunque allo scoccare delle 19.30 rintoccano le campane e parte un genuino quanto fragoroso applauso, a cui si uniscono in molti, per lo più seduti ai tavolini dei bar dall’altro lato della piazza. Raccogliamo i cartelli e le poesie ancore incredule ed emozionate: la nostra piccola città di provincia, dove la gente spesso appare chiusa e timida, dove ci si saluta sempre con garbo e riservatezza, in verità sa bene quando è il momento di alzare la testa. Come noi tanti italiani sparsi negli angoli della penisola stanno solo aspettando una chiamata, l’occasione per far conoscere il proprio pensiero, per chiedere al governo di ascoltarci. Siamo tanti, siamo tantissimi, siamo gente comune, tutti uniti nel chiedere che l’Italia e l’Europa agiscano seriamente per fermare il genocidio a Gaza. Ringraziamo Paolo Losco, Manuel Draghetti, l’ANPI e la piccola delegazione lodigiana per l’aiuto dato. Confidiamo di ripetere presto l’iniziativa. Giovanna Pamiro e Marina Serina Redazione Italia