[2025-05-01] CORTEO 1°MAGGIO A ROMA EST @ Largo PrenesteCORTEO 1°MAGGIO A ROMA EST
Largo Preneste - Largo Preneste
(giovedì, 1 maggio 10:00)
PER UN 1° MAGGIO DI LOTTA A ROMA EST
La cultura dominante ha provato a trasmetterci quelli che sono i capisaldi della
Repubblica italiana, “fondata sul lavoro” (sfruttato) e avente come obiettivo
quello di rimuovere gli ostacoli economici e sociali per far sì che ognuno
potesse trovare in quel lavoro una chissà quale libertà: oggi più che mai tutto
questo appare una triste falsità.
Un lavoro salariato che ti obbliga a stare molte ore in uno stesso luogo, oppure
un lavoro part-time che ti sfrutta "solo" meno ore della giornata,
costringendoti a trovarne un secondo per permetterti un salario che ti possa far
sopravvivere; un lavoro che meccanicamente ti obbliga a ripetere le stesse
azioni, che ti toglie, giorno dopo giorno, quel poco di pausa che ti spetta, che
ti brucia tutte le energie e ti impedisce di fare altro nelle ore di tempo
libero… Come può essere tutto questo definito libertà, se non come quella di
sfruttamento?
Il lavoro salariato si prende prepotentemente una grande fetta della nostra
esistenza, coinvolgendoci tutti-e: non solo come lavoratori attivi ma anche come
disoccupati, pensionati, studenti. Nonostante questo, al di là dei pochi
sindacati combattivi rimasti e di quelle poche realtà che cercano di sfondare il
muro di gomma, la nostra classe appare arrendevole e disinteressata alle
tematiche legate al lavoro. Le élites mondiali preparano la guerra accollandoci
i costi materiali e umani della distruzione, per servire i capitali in
competizione tra loro per dominare il Pianeta. Come un cane che si morde la
coda, il ciclo di morte coinvolge come vittime non solo quelle su un campo di
battaglia, ma anche quelle morti cosiddette silenziose, che non fanno rumore e
che il sistema mediatico ci nasconde: parliamo delle morti nei cantieri, nei
capannoni industriali, negli ospedali; parliamo dei suicidi legati al lavoro
come quelli per burn-out, o quelli da depressione per la perdita del posto;
oppure, se si parla di giovani, ci riferiamo alle morti derivanti dal senso di
inadeguatezza che si prova quando non si rientra negli schemi di quella
produttività accelerata che la società richiede, anche nelle università e nelle
scuole. Tutte queste morti non sono senza colpe, non sono casuali ma derivano
dal capitalismo.
La classe dominante ha scelto di tagliare le spese sociali, di non investire
nella sicurezza sui luoghi di lavoro e sugli apparati pubblici creati,
all’epoca, come strumenti di deterrenza di soprusi e sfruttamento da parte dei
capitalisti, di non prestare attenzione alle conseguenze psico-fisiche generate
da mansioni stressanti e dalla logica della concorrenza spietata. La classe
dominante ha scelto di finanziare il genocidio in Palestina, di destinare 800
miliardi di euro al progetto di riarmo dell’UE, di riempire le tasche delle
multinazionali del comparto militare-industriale, rendendo l’Italia la sesta
esportatrice mondiale di armi.
Da anni siamo di fronte alle cosiddette “nuove guerre” che si aggiungono a
quelle di vecchio stampo. Le guerre commerciali e quelle geopolitiche
costituiscono due rette convergenti che hanno il punto di caduta nella Terza
Guerra mondiale che già da tempo viene architettata dietro e sulle nostre
spalle. Si rilancia un’economia di guerra che rappresenta uno dei fattori
strutturali dell‘epoca attuale, che annienta ai confini degli Stati occidentali
una classe lavoratrice sempre più frammentata, schiacciata dal ricatto e dal
dominio del padrone, che sfrutta e deturpa usandoci come merce di scambio. Tali
ci considerano i governanti, una merce da vendere a buon prezzo e svalorizzata,
mentre assicurano ai datori di salario la possibilità di rendere sempre più
incerto non solo il futuro, ma anche il nostro presente: con forme contrattuali
sempre più precarie, con salari al minimo storico, in perenne discesa e in
controtendenza al costo della vita; con l’obbligo di dover lavorare fino a quasi
68 anni, che diventeranno ben presto 70.
Scuola e Università, che dovrebbero essere quei vasi che alimentano il sapere e
la coscienza degli studenti rendendoli critici nei confronti del mondo del
lavoro, si dimostrano ormai sempre più al servizio del sistema capitalistico,
che ci vuole, fin da quando ci mettono al mondo, come individui isolati ben
inquadrati e disciplinati, come dei muli da soma per riempire le tasche dei
padroni. Agli studenti è imposto di introiettare la logica per cui possono
lavorare senza percepire una retribuzione; il sapere e la ricerca universitaria
vengono valorizzati solo se permettono un profitto sui “mercati”. La logica
classista e capitalista è dilagata in tutto il mondo dell'istruzione: sempre più
escludente e competitivo, finalizzato a tagliare fuori chi fa dei sacrifici per
poter permettere ai propri figli di conseguire titoli di studio superiori a
quelli che già si hanno. In questo quadro il capitalista alimenta la "guerra tra
poveri", che scompone la nostra classe.
Queste sono le condizioni della nostra classe lavoratrice, a cui governi e
padroni stanno togliendo la possibilità di rompere gli schemi e di creare quel
dissenso che rialzi il livello di conflitto, impedendogli di spostare l’ago
della bilancia a proprio favore con rivendicazioni potenti e ragionate, di
essere quella controparte con cui fare i conti. Vietano di scioperare anche
nelle forme minime attraverso il pacchetto di Decreti e Disegni Di Legge
“Sicurezza”, emblema della repressione attuale.
Non crediamo che la classe operaia non esista più. Rifiutiamo e prendiamo le
distanze da chi la pensa così. Non vogliamo prestarci al gioco dei potenti, che
ci vogliono disuniti e incapaci di vedere il lavoratore accanto che svolge
mansioni diverse come anch’esso un soggetto sfruttato. Questa logica consente al
padrone di integrarci nell’azienda come se fossimo tutti parte di “una grande
famiglia”. Tenendosi però i profitti. I nostri ritardi non sono giustificati, le
ore extra non vengono pagate come straordinari e dobbiamo lavorare nelle
festività e in dure condizioni ambientali. È ora di rimetterci in gioco e
ripartire proprio dal Primo Maggio, troppo snobbato e trasformato in una
giornata di lavoro. Definita ipocritamente “Festa dei lavoratori”, la verità è
che l’unica classe a festeggiare è quella degli sfruttatori, che lucra anche su
una data che era stata conquistata attraverso scioperi, lotte e picchetti della
nostra gente. Gente di qualsiasi provenienza, qualsiasi qualificazione,
qualsiasi livello di istruzione, una classe lavoratrice che non aveva nulla da
perdere ma tutto da conquistare!
È solo vedendoci dalla stessa parte della barricata e riconoscendo qual è il
nostro vero nemico che possiamo ricompattarci come classe. È solo superando le
differenze che ci impongono, contrapponendo l’unità di classe tra lavoratori
italiani e immigrati, rispondendo con tenacia contro lo sfruttamento e lottando
per una vita migliore e dignitosa, che possiamo fare la vera differenza per noi
e per le future generazioni. È solo spazzando via la società capitalista che
possiamo ripensarci e ripensare la nostra esistenza su nuove basi, ma
soprattutto iniziare a vivere respirando quel senso di libertà che la fatica del
lavoro non ci darà mai.
Per questo scendiamo in piazza il 1° maggio alle ore 10 a Largo Preneste per
chiedere:
- AUMENTO GENERALIZZATO DI SALARI E PENSIONI: salario e pensione minimi a 1500
euro al mese e legati all'inflazione; pensionamento retributivo a 60 anni per
vecchiaia e 35 anni per anzianità “di servizio”;
- LAVORARE MENO PER LAVORARE TUTTE-I: riduzione della giornata lavorativa a 6
ore e della settimana a 4 giorni a parità di salario, con la conseguente
“creazione” di posti di lavoro, contro la disoccupazione;
- FINE DEL LAVORO PRECARIO E GRATUITO: abrogazione di tutte le riforme
precarizzanti (Pacchetto Treu, Legge Biagi, Jobs Act); abolizione
dell'Alternanza Scuola-Lavoro (oggi chiamata PCTO);
- EFFICACE CONTROLLO SOCIALE E AMMINISTRATIVO SULLA PRODUZIONE: potenziamento
degli ispettorati del lavoro e abolizione dell'obbligo di avviso preventivo di
ispezione, misure queste che riteniamo necessarie sia per il tema della salute e
sicurezza sul lavoro sia contro il lavoro a nero;
- RECUPERO DEL SALARIO DIRETTO E INDIRETTO: rilanciare i servizi pubblici;
internalizzare i servizi e le lavoratrici e i lavoratori che oggi operano
attraverso il sistema degli appalti e degli affidamenti; eliminazione dei costi
aggiuntivi “da profitti”;
- CONTRO IL RAZZISMO DI STATO che, tramite la differenziazione di trattamento
tra lavoratori italiani e immigrati, aumenta il tasso di sfruttamento e la
ricattabilità della classe lavoratrice; per l'uguaglianza dei diritti di
cittadinanza senza discriminazioni;
- CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA E PER L’INTERNAZIONALISMO DI CLASSE: per
impedire che il ReArm Europe trasformi il welfare in warfare per garantire i
profitti delle multinazionali e che le classi dominanti delle potenze
imperialiste ci conducano alla Terza Guerra Mondiale.