La legge truffa sull’antisemitismo
La proposta di legge della Lega tendente a rendere l’antisemitismo reato
perseguibile è talmente strumentale nel suo palese intento di criminalizzare
qualunque intervento a sostegno della Palestina contro il genocidio in atto, da
non meritare alcun tipo di commento che vada oltre un sentimento di repulsa.
Malgrado ciò, approfittiamo della circostanza per fare un paio di riflessioni di
natura generale inerenti a questo tipo di interventi legislativi.
La prima questione riguarda il fatto che, se proprio si vuole creare un reato
che condanna “le manifestazioni di odio” religioso, ma anche etnico razziale o
di altro genere, (cosa tutt’altro che semplice, come vedremo di seguito), è
innanzitutto necessario avere una prospettiva di ordine generale, evitando di
fare leggi ad hoc con riferimenti a situazioni parziali. Detto in soldoni: non
ha nessun senso fare una legge particolare contro l’antisemitismo invece di un
provvedimento che comprenda pure la lotta all’islamofobia, o anche l’incitamento
all’odio nei confronti di qualunque altra fede religiosa, compreso il
cristianesimo, le religioni orientali ecc. Evidentemente si continua a giocare
sporco strumentalizzando il senso di colpa per l’Olocausto degli ebrei che è
ormai da tempo parte del nostro comune sentire di cittadini dell’Occidente.
La seconda questione è forse ancora più delicata. Se è giusto condannare le
espressioni di odio, specialmente quando queste appaiono come possibili
presupposti per atti di violenza fisica, o anche solo simbolica, bisogna
tuttavia stare attenti a preservare il principio del diritto di critica e di
libera espressione del pensiero, che non deve riguardare necessariamente solo le
scelte contingenti, ma che in linea di principio può rivolgersi anche ai
contenuti “dogmatici” di ogni singola professione di fede.
In sostanza, e giusto per capirci, la Bibbia e il Corano non sono testi sacri
per tutti, e i loro contenuti dottrinali non possono essere ritenuti al di sopra
del giudizio critico di chi in essi non si riconosce, soprattutto in ragione
delle molteplici e spesso contrastanti interpretazioni che ne danno gli stessi
“credenti”.
Chiarisco subito che, pur essendo il sottoscritto ateo e “razionalista”, certe
polemiche di natura “dottrinale”, per quanto legittime, non mi sembrano sempre
appropriate, se non spesso addirittura controproducenti. Penso piuttosto che sia
molto più utile, in nome del necessario incontro tra popoli e culture diverse,
mettere in risalto quegli aspetti storicamente positivi che indubbiamente tutte
le religioni hanno avuto, limitandosi, sul piano dei contenuti, a condannare,
(possibilmente insieme credenti e non credenti), le interpretazioni
“integraliste” tendenti allo scontro e all’esclusione dell’altro e del diverso.
In pratica: no al sionismo genocidario; no alla jihad islamica (nella sua
interpretazione di “guerra santa”); no alle sette evangeliche cristiane più
estreme.
Non credo di stare dicendo nient’altro che cose di puro buonsenso. Purtroppo
però a confondere le acque fanno gioco provvedimenti volutamente ambigui come,
per l’appunto, il progetto leghista che confonde antisemitismo e antisionismo, e
che, in fin dei conti, usa la legge e il diritto come armi per limitare le
libertà (la libertà di opinione innanzitutto) e per imporre dominio politico in
un modo che è tipico dei regimi autoritari.
Antonio Minaldi