Genova, presidio a Ponte Etiopia: i portuali denunciano un carico di armi e tentativi di censura
È in corso dalle prime ore di questa mattina, a Ponte Etiopia, il presidio
organizzato da USB Porto di Genova contro il traffico di armi e la
militarizzazione del porto. La mobilitazione è scattata a seguito di un episodio
gravissimo avvenuto ieri a bordo della nave Barhi Yambu, attraccata al terminal
GMT e in attesa di caricare – secondo informazioni già circolate nei giorni
scorsi – anche armamenti pesanti.
Durante un incontro tra rappresentanti sindacali e autorità, alcuni lavoratori
sono saliti a bordo per verificare la situazione. La scena che si è presentata
davanti ai loro occhi ha confermato nel modo più netto le preoccupazioni: la
stiva era già colma come raramente accade, con sistemi d’arma completi,
esplosivi e munizionamento destinati a scenari di guerra. Non un carico
marginale o parziale, ma un’operazione su larga scala che dimostra il ruolo
strategico del porto di Genova nella catena logistica bellica.
I portuali hanno documentato la situazione con foto e video, ma subito dopo è
scattato il tentativo di censura. Gli ufficiali della nave hanno chiamato gli
agenti della Digos, già presenti in porto, per obbligare i lavoratori a
cancellare il materiale raccolto. Nonostante le pressioni e le minacce di
sequestro dei dispositivi, non sono riusciti a eliminare del tutto le prove di
quanto visto.
La protesta di oggi arriva a poche ore dall’esposto formale che USB aveva
trasmesso ieri a Prefettura di Genova, Capitaneria di Porto e Autorità Portuale.
Nel documento si chiedeva un intervento immediato per fermare questa e ogni
altra movimentazione di esplosivi e mezzi militari destinati a teatri di guerra,
specie quando – come in questo caso – vi sono forti dubbi sulla regolarità
dell’operazione. Secondo le informazioni raccolte da USB, il carico della Barhi
Yambu sarebbe privo della documentazione necessaria prevista dalla legge, un
elemento che renderebbe ancora più urgente il blocco dell’operazione.
Il presidio di Ponte Etiopia è dunque una risposta diretta a questa ennesima
conferma della militarizzazione del porto e della complicità di istituzioni e
autorità portuali nel consentire il transito di armamenti. L’iniziativa vede la
partecipazione di lavoratori, cittadini e realtà solidali, uniti dal rifiuto di
trasformare le banchine di Genova in piattaforme logistiche al servizio della
guerra.
Questa mobilitazione si inserisce nel percorso di lotta che, dopo le iniziative
degli scorsi mesi nei porti e negli aeroporti con lo sciopero del 5 agosto al
terminal PSA-GP, culminerà nell’assemblea internazionale dei portuali a
settembre. L’obiettivo è chiaro: costruire un fronte ampio e determinato per
fermare il traffico di armi nel Mediterraneo e rivendicare che i porti italiani
siano al servizio delle comunità, non delle guerre.
Mentre il governo italiano, UE e NATO portano avanti una politica di riarmo ed
economia di guerra ancora una volta sono i lavoratori ad agire concretamente per
fermare la macchina della guerra.
USB lo ribadisce: non lavoriamo per la guerra. Non saremo complici di traffici
che alimentano conflitti e massacri.
USB Lavoro Privato – Categoria Operaia Nazionale dei Porti
Unione Sindacale di Base