Protesta di fronte alla Leonardo di Tito Scalo (PZ)
Mercoledì 6 agosto in occasione dell’ottantesimo anno dal lancio della prima
bomba atomica Little Boy sulla città giapponese di Hiroshima, i Comitati per la
Pace e le Reti per la Palestina di Basilicata hanno organizzano un presidio
nelle adiacenze della sede di “Leonardo Logistics” nella Zona Industriale di
Tito Scalo (PZ) per chiedere l’interruzione immediata della produzione ed
esportazione di armi negli scenari bellici, nel rispetto dell’art. 11 della
Costituzione italiana e del diritto internazionale.
Oltre un centinaio di persone e numerose testate giornalistiche locali hanno
partecipato al presidio nel corso del quale i rappresentanti delle reti
promotrici hanno incontrato, all’esterno, alcuni lavoratori che hanno ricevuto i
volantini e preoccupazioni e dichiarato di lavorare esclusivamente per compagnia
multinazionale Hitachi, nelle immediate vicinanze, la cui filiale lucana produce
principalmente componenti per trasporto ferroviario.
I Comitati per la Pace e le Reti per la Palestina di Basilicata protestano
regolarmente contro la presenza del gruppo Leonardo S.p.A. in Basilicata e la
complicità silente delle istituzioni. In particolare, i manifestanti hanno
denunciato il sostegno assicurato dalla Regione Basilicata e dal Governo
centrale all’industria bellica dietro il pretesto della “crescita economica”,
soprattutto nelle aree strategiche dell’Italia meridionale. In realtà, le reti
promotrici del presidio riportano come “gli intrecci tra ENI, Leonardo e
multinazionali occupano il territorio, escludendo democrazia e consultazione
della popolazione nei processi decisionali”.
Oltre ad essere stata a lungo terra di indisturbato addestramento militare, la
Basilicata oggi deve affrontare anche la scomoda eredità dell’ITREC (Impianto di
Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile) della Trisaia, nel
comune di Rotondella, nel Centro Ricerche ENEA, costruito tra 1965 e 1970 nel
quadro dell’accordo tra il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN) e la
Commissione statunitense per l’energia atomica (USAEC). Gli esperimenti di
fattibilità della chiusura del ciclo uranio-torio, con trattamento del
combustibile irraggiato e rifabbricazione di nuovo combustibile utilizzando
uranio e torio recuperati, hanno portato alla consegna di 84 elementi di
combustibile irraggiato provenienti dal reattore nucleare sperimentale di Elk
River in Minnesota. La prospettiva dello smantellamento delle strutture e della
gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi ha prodotto nel 2003, un
tentativo mediato dal generale Carlo Jean di imposizione del sito unico delle
scorie radioattive nel territorio di Scanzano Jonico, per fortuna respinto con
forza e determinazione dalle compatte mobilitazioni popolari. Restano nella
“piscina” dell’ITREC i rifiuti ad alta radioattività, costituiti da 64 barre di
uranio, mentre 130 tonnellate di rifiuti a media radioattività ubicati nel
cosiddetto “monolite” in cemento armato con 220 fusti, sono state rimosse solo
nel 2019. Nel frattempo, la bonifica non è stata completata e resta oscura
l’origine di pesanti contaminazioni, mentre il piano di rilancio del nucleare
incoraggiato dal Governo in carica ne allontana gli orizzonti. La stessa
questione del Sito Unico è in sospeso e rimane irrisolta, con ben 16
“candidature” di siti potenziali dislocati tra Montescaglioso, Bernalda,
Ginestra.
In tale contesto, Leonardo S.p.A. gioca un ruolo di primo piano sul territorio
lucano anche in virtu della collaborazione con ENI e con la società danese
MAERSK impegnata nella fornitura di sistemi di sicurezza per le emissioni
chimiche e presente al Centro Olio Val d’Agri (C.O.V.A.) Eni S.p.A. di Viggiano
(PZ).
Leonardo S.p.A. è un colosso degli armamenti a compartecipazione statale e tra
le prime 10 aziende mondiali nel settore della ricerca e della produzione
militare, con l’83% del fatturato proveniente dalla produzione di armi vendute a
governi coinvolti in conflitti. Il gruppo esporta sistematicamente armi usate in
scenari di guerra, tra cui il genocidio in Palestina nel quale vengono
utilizzati cannoni OTO Melara e droni, proiettili della Fiocchi a Lecco e
Beretta a Brescia, aerei da combattimento ed addestramento M-346 dagli
stabilimenti di Alenia Aermacchi di Varese usati da Israele, con relativa
manutenzione, logistica, simulazione. La Basilicata ospita, inoltre, il Centro
spaziale e-GEOS di Matera (controllato da Leonardo), che fornisce dati “dual
use”, dunque rilevanti a causa delle ambiguità del duplice uso bellico e/o
civile quindi anche per scopi militari, ma ha una lunga storia di basi NATO
(missili nucleari negli anni Sessanta) e siti contaminati (ITREC di Rotondella,
scorie radioattive).
Oltre a fornire armi all’esercito israeliano, Leonardo lavora in joint venture
con aziende israeliane (es. RADA Technologies) che producono tecnologie
sofisticate usate anche per l’occupazione.
I manifestanti chiedono con fermezza alle istituzioni locali di adoperarsi per
garantire
* La Trasparenza sulle attività di ricerca e produzione di merci e dati “dual
use” con possibili applicazioni militari in Basilicata e mappatura delle
banche, dei siti, delle aziende, delle ricerche di CNR e Università, che
orientano alla produzione bellica investimenti e strategie economiche
* Chiari investimenti in lavoro civile, orientato al valore d’uso, non
finalizzato alla produzione di armamenti ed alla sorveglianza, ma utile alla
salute ed al territorio
* Solidarietà con la Palestina ed opposizione alla complicità di aziende ed
istituzioni italiane nel genocidio in atto.
Nel corso del presidio, è stato, inoltre, richiesto alle istituzioni e le
amministrazioni locali un impegno per spingere il governo centrale a non
rinnovare il ventennale Memorandum d’Intesa in materia di cooperazione militare
e di difesa sottoscritto da Italia ed Israele, come richiesto dall’Atto di
Diffida recapitato alle competenti autorità governative italiane lo scorso 21
maggio 2025 da dieci giuristi italiani.
I Comitati per la Pace e le Reti per la Palestina di Basilicata
Redazione Italia