Alessandro Gianetti / Bartleby e il giardino condominiale
Nel continuo andirivieni tra luoghi e storie che caratterizza l’immaginario di
chi scrive a cavallo di almeno due luoghi tra loro distanti – come, ad esempio,
nel caso di Alessandro Gianetti, la nativa Firenze e Siviglia, città d’elezione
– può capitare che un luogo sia associato a determinate narrazioni, escludendone
altre, percepite come più vicine all’altro polo della propria biografia. Si
potrebbe così ipotizzare che La ragazza andalusa (già recensito su “Pulp
Magazine”) raccogliesse qualcosa della sensualità, a dire il vero un po’
stereotipata, della città spagnola, mentre Firenze si attesti su quella
“lentezza delle tartarughe” inclusa nel titolo di questo nuovo libro.
Se questo è per certi versi incontrovertibile, il riferimento alle tartarughe
del titolo richiama anche uno dei paradossi di Zenone: Achille non potrà mai
raggiungere la tartaruga, così come lo scrittore (eroico o meno) che rivendichi
molteplici appartenenze non potrà mai trovare precisa localizzazione, né
raccontare con esattezza cosa succeda in uno dei due, o più poli, della sua
traiettoria biografica e letteraria. Accade quindi che L’imbattibile lentezza
delle tartarughe sia ambientata in una Firenze popolare, tra Rifredi e Novoli,
raccontata con dovizia di particolari, ma i suoi contorni siano a tratti sfumati
e si possano così apparentare a quelle di tante altre periferie industriali, in
primo luogo italiane, dove potrebbe egualmente accadere quel che accade al
protagonista del romanzo breve, Davide Risatti.
Un’ambizione all’esemplarità, se non anche all’universalità, del
racconto-apologo non può che ricordare il Bartleby melvilliano, capolavoro della
narrativa breve ottocentesca e, dopo letture come quelle di Gianni Celati, punto
di riferimento anche per un atto interpretativo, prima ancora che un uso,
politico della letteratura. A differenza di Bartleby, Davide Risatti è stato
licenziato, ma non ha, in principio, nulla in contrario all’essere riassunto e
reintegrato nel tessuto socioeconomico dal quale è stato espulso. Nel frattempo,
però, non disdegna la sua condizione di inoperoso: vi si installa comodamente,
così come vorrebbe godersi, condividendolo con la propria tartaruga Perpetua, un
giardino nelle pertinenze – o meglio, in quelle che Davide, diversamente dagli
altri condomini e dall’amministratore, ritiene essere le pertinenze – del suo
appartamento.
Inizia così una bega condominiale, che tuttavia rivela presto alcuni risvolti
metafisici, ma non per questo, come si diceva, meno politici. Anzi, sono proprio
le coloriture chiaramente ispirate al dibattito politico italiano ed europeo di
qualche anno fa – indicando, con ogni probabilità, un lungo lavoro preparatorio
del testo, peraltro assai limato – a impreziosire il testo. C’è, ad esempio, un
giornalista e insieme opinion leader come Girolamo Rovescio, che potrebbe essere
identificato con vari giornalisti che sono saliti alla ribalta negli ultimi
decenni, battendo, in particolare, sui tasti del civismo e del qualunquismo
“anti-casta”; c’è, soprattutto, il reddito universale di cittadinanza che – pur
nella confusione ideologica di un dibattito che mescola Karl Marx e l’idolo dei
neoliberisti Friedrich von Hayek, passando per l’improbabile, e per questo assai
gustosa, riattualizzazione di un Thomas Paine – che si inserisce e per certi
versi acuisce il declino delle forze sociali anticapitaliste, rappresentate nel
testo da un sindacalista metalmeccanico fortunatamente fuor di macchietta come
l’Airaldi.
Con ogni probabilità, non è questo il centro della narrazione – di fatto
sfuggente, in un romanzo breve all’apparenza molto compatto e che in realtà
lascia spazio alle brevi deposizioni dei singoli personaggi, incaricate di
rimarcare la polifonia del testo – ma è senza dubbio questo preciso contesto a
risignificare e aumentare il distacco di Davide dai modelli consolidati del
lavoro e della vita associata. In questo senso, non è accidentale che la piccola
impresa eterodossa di Davide riguardante il suo giardino si scontri con un
sotterraneo intrigo famigliare – depotenziandone, così, certe possibili valenze
metafisiche e riaffermando l’ineluttabilità di quella stessa dimensione
provinciale e non di rado narcisistica che ha trionfato con il cosiddetto
“crollo delle ideologie”.
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