Host di Airbnb: non vogliamo essere complici
Gli host di Airbnb scrivono al CEO: “Cancellate gli annunci sui territori
palestinesi occupati, non possiamo risultare complici del genocidio”
Stamattina è stata inviata al CEO di Airbnb una lettera firmata dai primi
duecento host e guest della piattaforma come seguito alla pubblicazione del
rapporto delle Nazioni Unite presentato il 3 luglio 2025 dalla relatrice
speciale Francesca Albanese in cui si denuncia che Airbnb e Booking offrono
alloggi negli insediamenti israeliani dichiarati già illegali nel 2014, nei
territori palestinesi occupati, in aperta violazione della Convenzione di
Ginevra, della risoluzione 2334/2016 del Consiglio di sicurezza dell’ONU e del
parere della Corte Internazionale di Giustizia del 2004 che si sono aggiunte a
quelle di altre fonti altamente attendibili.
Il confronto fra host ha preso vita sulla rete e avuto una risonanza mediatica
che ha permesso di coinvolgere anche moltissimi guest, facendo emergere la loro
intollerabilità con un genocidio in corso, di sentirsi complici con il proprio
lavoro, di uno strumento di normalizzazione dell’occupazione, dell’apartheid e
di una tragedia umanitaria senza precedenti, portandoli alla decisione di
rivolgersi al CEO di Airbnb con una lettera nella quale le richieste riassunte
sono:
* rimuovere tutte le inserzioni situate all’interno di insediamenti illegali
nei territori palestinesi occupati, inclusi quelli in Cisgiordania e
Gerusalemme Est
* pubblicare una posizione chiara e trasparente sull’uso della piattaforma in
zone di conflitto e violazione dei diritti umani
* aprire uno spazio di confronto etico con la propria comunità di host sul tema
del turismo responsabile e non complice.
Per questo è stata creata una mail cui tutti, host e guest, possono scrivere per
inviare l’adesione. La decisione è stata di inviare la lettera dopo le prime 200
firme, un numero simbolico scelto perché si deve agire subito senza aspettare i
grandi numeri che sicuramente arriveranno. Infatti le 200 firme si sono subito
superate, e si continuerà a raccoglierle
all’indirizzo hostsforpalestine@tutamail.com
Intanto la mail indirizzata al CEO è partita e da questo momento host e guest
aspettano una risposta per sentirsi di nuovo ‘a casa’ sulla piattaforma.
Di seguito il testo della lettera al CEO:
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Noi, host su Airbnb, per un’ospitalità etica e giusta
Siamo host per vocazione. Accogliere è il nostro mestiere, la nostra passione e
la nostra identità.
Abbiamo scelto di aprire le porte delle nostre case, delle nostre città e del
nostro tempo perché crediamo profondamente nel potere dell’incontro, della
fiducia e del rispetto reciproco. In un mondo spesso segnato da divisioni,
l’ospitalità è un atto di pace.
Proprio per questo, oggi sentiamo l’urgenza di esprimerci contro ogni forma di
ingiustizia e complicità silenziosa, anche quando riguarda la piattaforma con
cui lavoriamo ogni giorno: Airbnb.
In seguito alla pubblicazione del rapporto redatto da Francesca Albanese,
Relatrice Speciale delle Nazioni Unite, che evidenzia la complicità di Airbnb
nel contesto del genocidio del popolo palestinese, stanno emergendo numerosi
appelli pubblici, raccolte firme e prese di posizione. Alcune persone hanno
iniziato a parlare apertamente di boicottaggio. Di fronte a tutto questo non
possiamo restare indifferenti.
Come host impegnati in un’accoglienza consapevole nel pieno rispetto dei diritti
umani, non possiamo ignorare che Airbnb continua a ospitare annunci di alloggi
situati all’interno di insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi
Occupati, territori che il diritto internazionale e la gran parte della comunità
globale riconoscono come illegalmente occupati.
Nel 2018 Airbnb si era impegnata a rimuovere queste inserzioni, ma nel 2019 ha
ritirato quella decisione. Oggi, a distanza di anni, l’azienda non ha ancora
chiarito pubblicamente la sua posizione etica su questo tema.
L’ospitalità non può essere neutrale
Siamo fieri di ciò che facciamo, e non possiamo restare in silenzio quando la
nostra professione rischia di diventare complice della normalizzazione
dell’occupazione, dell’apartheid e di una tragedia umanitaria senza precedenti.
Essere host significa offrire casa, rifugio, fiducia.
Significa stare dalla parte della dignità umana, ovunque essa sia minacciata.
Cosa chiediamo ad Airbnb
Rimuovere tutte le inserzioni situate all’interno di insediamenti illegali nei
Territori Palestinesi Occupati, inclusi quelli in Cisgiordania e Gerusalemme
Est.
Pubblicare una posizione chiara e trasparente sull’uso della piattaforma in zone
di conflitto e violazione dei diritti umani.
Aprire uno spazio di confronto etico con la propria community di host sul tema
del turismo responsabile e non complice.
Con questa lettera, affermiamo che l’ospitalità non è un business neutro, ma una
pratica etica, culturale e profondamente umana.
Non vogliamo essere parte di un modello che, anche indirettamente, contribuisce
al profitto su terre confiscate, popoli occupati e identità negate.
Vogliamo costruire una rete di host che si riconoscono in valori di giustizia,
equità, dignità e solidarietà tra popoli. E che credono che ogni casa, ogni
soggiorno, ogni ospitalità debba portare con sé anche un senso di
responsabilità.
Seguono 200 firme
Hosts for Palestine
Redazione Italia