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Quei ragazzi che amano il mondo e riempiono le piazze, ma disertano le urne
I giovani, la generazione Zeta e una fetta del Millennials, si sono mobilitati in massa contro l’orrore del genocidio di Gaza e non basta certo il cessate il fuoco ordinato dall’imperatore Trump dopo settantamila palestinesi ammazzati da bombe droni fame e sete perché smettano di mobilitarsi, nelle scuole, nelle città. Non li organizza nessuno, non i partiti, non i sindacati. Ovunque la comunicazione può connetterli e i messaggi e le chiamate online si trasformano, di giorno e di notte, come d’incanto, in massa critica reale, fatta di ragazze e ragazzi pronti a scendere in strada, a occupare università, porti, autostrade, stazioni. Combattono l’ingiustizia ovunque si manifesti, fanno propri i tabù fissati dalla Costituzione come quello della guerra che in troppi, nelle istituzioni (e non solo) del Belpaese, hanno infranto. Eppure, nel pieno del loro agire politico, restano lontani dalla politica istituzionale, dai partiti incapaci di prefigurare un’alternativa credibile allo stato di cose presente, al dominio del mercato, del turbocapitalisno che sacrifica sogni e diritti. Sono lontani dai rituali della democrazia svuotati di significato, appeal e dunque partecipazione. Si mobilitano da soli contro mille ingiustizie ma devono imparare a mettere in rete le mille battaglie (per i diritti, la democrazia, l’ambiente, il lavoro dignitoso, la casa, per l’umanità) per dar loro uno sbocco unitario, contro il rischio di un rifluire verso un andamento carsico. Amano il mondo più che l’Italia, che vivono come matrigna da cui in tanti fuggono appena raggiunta l’autonomia. Dunque, piazze piene e urne vuote. Si può capire, se solo si tenta di farlo, se si prova a mettere da parte presunzione e arroganza, orecchio a terra ad ascoltare le voci, guardare le forme dell’agire collettivo, intercettare le domande, le richieste, le contraddizioni che partono dalle piazze piene. Se poi succede che nel pieno delle lotte le urne restano vuote, partiti e media, e persino chi tenta di capitalizzare quelle lotte autonome, restano senza parole. Allora cosa fanno? Logica vorrebbe che cominciassero a interrogarsi per cercare le ragioni di quel mancato feeling ammettendo: non li abbiamo visti arrivare e ora li vediamo andar via (dalle urne). E invece no, hanno talmente perso l’abitudine a costruire una democrazia partecipata che semplicemente prendono atto che quella roba lì è finita con il Novecento e se ne fanno una ragione. Fino alle regionali toscane, dopo ogni elezione si passava qualche giorno a interrogarsi sulle ragioni dell’astensionismo. Questa volta la fatica di interrogarsi è durata appena qualche ora, l’unico dato importante era la vittoria del candidato di centrosinistra su quello di centrodestra (capirai che notizia, in Toscana). Applausi e baci di Elly Schlein al vincitore Eugenio Giani, mugugni di Antonio Conte che continua a perdere pezzi elezione dopo elezione, orgasmo di Matteo Renzi che a Firenze gioca in casa e ha fatto il pieno (si fa per dire) di voti mentre i perdenti – fasci, generali paracadutisti, postberlusconiani – si consolano dicendo quel che avevano negato fino al giorno prima: la Toscana non è mai stata alla nostra portata. Se la governabilità conta più della partecipazione Per essere concreti facciamo un esempio che spiega a che punto siamo: in quella che fu la patria della partecipazione ha votato il 47% dei toscani, il 53% ha disertato le urne. Giani, presidente uscente in quota Pd ha preso 752 mila voti raggiungendo il 54%, addirittura il 5% in più che nel 2020 ma, ciononostante, 12 mila voti in meno di quando è stato eletto la prima volta. Oltre a Renzi festeggia anche l’Alleanza Verdi Sinistra per il suo ragguardevole 7%. Mastica amaro la Lega a trazione Vannacci sprofondata dal 21% al 4,4%, tosata dal partito della Meloni nella sfida su chi è più fascista. Ma nessuno, vincenti e perdenti, sembra più di tanto turbato dal fatto che l’astensione in cinque anni è cresciuta di 15 (quindici) punti. Nell’agire politico partitico e mediatico, dicevamo, la partecipazione al massimo è un optional. Quel che conta è la governabilità e per renderla possibile si riscrivono regole e leggi elettorali per far sì che il vincente possa prendere quasi tutto, riducendo il confronto a due schieramenti e diserbando il resto. Le alleanze in due blocchi contrapposti diventano praticamente obbligatorie e i partiti che ne fanno parte devono superare la soglia del 3% per elegge propri rappresentanti in consiglio regionale. Chi si presenta da solo, fuori dalla guerra santa tra due blocchi viene punito: prima deve raccogliere migliaia di firme per depositare la lista, poi deve raggiungere non il 3% ma il 5% per eleggere rappresentanti. E’ la governabilità toscana, voluta da chi da sempre governa la regione, cioè dal Pd, per fare terra bruciata alla sua sinistra e poter chiedere a ogni elezione il “voto utile”, anche turandosi il naso. Non basta. Alle regionali toscane non c’erano due ma tre candidati. Il terzo oltre a essere una terza ha anche la pelle scura, cosa che infastidisce Vannacci, perché uno dei suoi genitori viene dalla Sierra Leone. Antonella Bundu è stata candidata da una lista unica, Toscana rossa, sostenuta da Rifondazione comunista, Potere al popolo e Possibile. Ha raggiunto un rispettabile 5,2% dei consensi ma non è bastato perché la sua lista si è fermata al 4,5%. Cioè chi l’ha votata ha messo il simbolo sul suo nome e non anche sulla lista. Ridicolo, essendo la sola lista. Si attende l’esito del sacrosanto ricorso. Se la governabilità conta più della partecipazione, è normale che l’interesse per la politica attiva e anche passiva venga meno. Se in Toscana non verrà sanata un’ingiustizia riconoscendo come utile il risultato di Antonella Bundu, alle prossime elezioni i votanti saranno ancora meno e molti di quelli che hanno votato Toscana rossa si aggiungeranno ai ragazzi ProPal che si rifiutano di turarsi il naso. Tanto, pensano, non serve a niente. Uscito sul settimanale svizzero “Area” Loris Campetti
Toscana Rossa vittima di un assurdo regolamento elettorale
Antonella Bundu 5,18% Toscana Rossa 4,51%: sta in questi numeri la beffa che il regolamento elettorale produce ai 72.000 elettori toscani che, contro i pronostici avevano fuggito il “voto utile” e avevano votato un programma e una candidata a Presidente che metteva nelle sue priorità la Sanità Pubblica, la Pace, L’Ambiente e il Lavoro. Il sistema elettorale infatti prevede due cose abbastanza discutibili a livello democratico: uno sbarramento diverso al 5% e al 3% e il fatto che la soglia di sbarramento si conta sui risultati della lista e non del candidato a Presidente. In questo scenario dove la rielezione di Giani non è mai stata in discussione, è curioso vedere che ci saranno in Consiglio Regionale rappresentanti della Lega (4,38%) e del Movimento 5 Stelle (4,34%) che hanno preso meno voti di Toscana Rossa. Alleanza Verdi Sinistra ottiene un buon risultato con il 7,01% eleggendo tre consiglieri regionali. “E’ comunque un grande successo politico, all’inizio della campagna elettorale ed anche in tutti i sondaggi ci avevano dato percentuali molto al di sotto della soglia di sbarramento” ha dichiarato ancora a spoglio in corso Antonella Bundu. Redazione Toscana
Toscana Rossa è la vera novità di queste elezioni
Probabilmente non saremo in consiglio, anche se Antonella Bundu ha superato l’assurda soglia del 5% (valida solo per le liste indipendenti, e non per quelle in coalizione che con il 3% metteranno un consigliere… una vera truffa!). Ora che mancano solo poche sezioni, la lista Toscana Rossa è infatti ferma […] L'articolo Toscana Rossa è la vera novità di queste elezioni su Contropiano.
Antonella Bundu: “sono convintamente nonviolenta, le nostre priorità sono pace, salute, lavoro e ambiente”
Con Antonella Bundu ci conosciamo dal 1987 quando giovane attivista si offrì di rappresentare la Sierra Leone alla Prima Internazionale Umanista che si svolse a Firenze. Da allora ci legano le lotte per i diritti umani, la giustizia sociale, la pace. Dopo l’esperienza di candidata a Sindaca riprovi con la Presidenza della Regione per la lista Toscana Rossa. Come è andata questa volta la presentazione della lista di sinistra? Tutto parte nel 2019 con l’esperienza di candidata Sindaca per Sinistra Progetto Comune, che ha portato all’elezione mia e di Dmitrij Palagi in Comune, con 7 consiglieri nei 5 quartieri. Purtroppo, negli anni successivi una parte di quella coalizione ha scelto di uscire, verso il centrosinistra, contribuendo di fatto all’uscita del Consiglio regionale con le elezioni del 2020, quando Sì – Toscana a Sinistra ha mancato la soglia di sbarramento, secondo noi antidemocratica, visto che è al 5% e ci ha costretto a raccogliere 10.000 firme in piena estate poche settimane fa. L’anno scorso abbiamo comunque voluto fortemente tutelare l’idea di uno spazio autonomo a sinistra del Partito Democratico, perché la nostra attività politica si svolge tutti i giorni anche nelle piazze e nelle lotte. Il lavoro nei quartieri e la relazione con altre esperienze territoriali ci ha portato a essere ancora presenti in tante Città della Toscana, come sinistra di alternativa, e in tutti i quartieri di Firenze, ancora oggi. Occorre anche ricordarsi come negli anni in alcuni Comuni la sinistra di alternativa ha battuto le destre e il PD al ballottaggio. Abbiamo lavorato sui contenuti per mesi e quando mi è stato chiesto se volessi mettermi a disposizione per rappresentare la lista Toscana Rossa ho accettato, sapendo che non ci appartiene la cultura dei listini bloccati, ma che le nostre liste (che abbiamo dovuto chiudere molto prima delle altre coalizioni per raccogliere le firme) sono fatte da persone che fanno politica attiva tutti i giorni, nei luoghi di conflitto, lavoro, studio e socialità. Vogliamo dare risposte a chi non crede nel bipolarismo delle larghe intese, a chi ha perso la fiducia nella politica e a chi pensa di astenersi.   Quali sono i punti per te più significativi del programma? Noi abbiamo messo anche nel simbolo della lista 4 parole: pace, ambiente, salute e lavoro. Pensiamo che uno dei punti principali sia quello di rendere la sanità pubblica accessibile a tutte e tutti, invertendo la logica per cui si danno soldi pubblici ai privati, per vedere di abbattere le liste di attesa. Occorre invece limitare l’attività intramoenia, usare i dati e le informazioni di cui la Regione già dispone per allungare l’uso degli spazi pubblici da parte del pubblico, cominciare a investire in modo importante sulla prevenzione, prima che le patologie si acuiscano. Vogliamo riportare la sanità a un maggiore livello di prossimità territoriale, smettendo di rimuovere il ruolo degli enti locali in materia di programmazione, legando in modo sempre più forte sanitario e sociosanitario. Servono più risorse, ovviamente, ma serve anche organizzare diversamente quelle esistenti. Ci sono alcune decisioni che spettano al Governo nazionale, ma invece di limitarsi a qualche dichiarazione stampa, occorre che la Regione si schieri al fianco di chi ogni giorno lavora in sanità, per raccontare precisamente cosa serve, alimentando i conflitti dal basso, per ottenere risposte reali. Un’altra cosa molto importante per noi è la pace. La Toscana non deve più ospitare strutture militari all’interno dei grandi parchi come il parco di San Rossore; non si deve dare la possibilità all’esercito israeliano di addestrarsi sui nostri territori; la contrarietà al Comando NATO di Rovezzano è imprescindibile. L’11 ottobre 2025 ci sarà una manifestazione importante a Firenze, a cui ovviamente saremo presenti e sarebbe bello che ci fosse anche il Gonfalone della Regione Toscana. Ci sarà dopo che avremo vinto le elezioni del 12 e 13. Abbiamo bisogno di raccontare quanto meglio si potrebbero spendere i soldi destinati all’aumento delle spese militari. In questi giorni sto girando tutta la Toscana e si vede bene i tanti problemi che segnano in modo particolare le aree interne, la costa e le altre zone in cui l’aspettativa di vita è più bassa, da cui vanno via le giovani generazioni e dove la crisi della natalità è ancora più forte che nel resto della Regione. Se non si garantiscono il diritto alla casa, alla mobilità, alla salute, è chiaro che poi i territori si impoveriscono: è un cane che si morde la coda, nella perdita della centralità che il resto del sistema politico ha dato alla questione sociale, che per noi si lega fortemente a quella ambientale (perché la giustizia climatica è anche un tema sociale e viceversa). Per garantirci un futuro abbiamo bisogno di investire in politiche di pace, smettendo di usare la parola “pace” solo quando conviene, o non “costa” molto: l’educazione parte dalle scuole, da cui deve tenersi fuori l’esercito. In questa fase storica è fondamentale non avere alcun tipo di ambiguità su questo.   Io noto una certa assenza dal dibattito politico della parola nonviolenza mentre trovo che la parola umanesimo venga spesso banalizzata. Come umanista nonviolento la cosa mi preoccupa un po’. Tu come la vedi? Anche io penso che l’umanesimo sia una categoria spesso banalizzata in questa fase storica: non fa parte della dialettica politica del momento, anche se sarebbe necessario averla al centro del dibattito politico e culturale. La nonviolenza sta prendendo piede, nella consapevolezza di tante piazze, ma larga parte del sistema politico non capisce quanto sia uno strumento necessario: per me è l’unico con cui si possono portare avanti le lotte giuste; personalmente sono convintamente nonviolenta e spesso lo sottolineo, perché quando parliamo di azioni giuste che combattono anche leggi ingiuste, dobbiamo usare ogni mezzo possibile, basta che non sia violento. Per esempio, in una televisione locale regionale pochi giorni fa mi è stato chiesto cosa ne pensassi di un gruppo di studentesse e studenti che aveva interrotto delle lezioni universitarie per dare centralità al tema del massacro del popolo palestinese. Il conduttore insisteva a incalzarmi su questo, per provare a farmi prendere le distanze, ma ho chiarito che la disobbedienza civile può prevedere anche pratiche che sono considerate illecite, o addirittura illegali dal sistema, perché la legalità è una categoria definita soprattutto da chi ha molto potere in poche mani. Ci sono molto modi di praticare la nonviolenza, la disobbedienza civile: sdraiarsi per terra, fare un picchetto, scioperare forzando il quadro normativo, … Sono tutti modi per denunciare il potere e far comprendere ai potenti che non hanno il controllo su tutto. Si è esteso in modo eccessivo la difesa di quelli che vengono considerati i pubblici servizi, ma si è arrivati a rendere quasi impossibile scioperare per alcune categorie e a negare la libertà di manifestare in alcune aree dei nostri territori, per difendere il turismo e il diritto al lusso. Anche questa è una forma di violenza, che viene imposta dall’alto verso il basso, limitando la nostra libertà di dissentire, senza violenza. Aggiungo che anche nelle carceri si sta togliendo sempre più la possibilità di esprimere dissenso, basta vedere l’ultimo decreto sicurezza. Persino chi non aveva libertà fino a ieri, in questo momento, si ritrova ad avere meno libertà.   Ultimamente sei stata oggetto di insulti di infimo livello per il colore della tua pelle. Quanto razzismo c’è ancora in Italia e qual è la differenza con la società multietnica che comunque avanza anche qui da noi? Mentre butto giù le risposte a queste domande sto tornando dal Mugello, dove ho fatto delle iniziative ed ho partecipato a degli incontri con la cittadinanza, mentre gli altri candidati a Presidente non si sono presentati. A Borgo San Lorenzo mi hanno raccontato che su alcuni giornali locali è bastata la notizia del mio arrivo a scatenare commenti e messaggi razzisti nei miei confronti, tanto che è stato fatto un comunicato dei circoli di Rifondazione Comunista della zona, chiedendo in particolare a una testata online di mettere un filtro, o cancellare gli insulti (cosa che poi è avvenuta). Io credo che ci siano forme di razzismo che vengono evidentemente tollerate, se si arriva a vedere persone esporsi con nome e cognome con insulti razzisti anche in contesti con un minore numero di abitanti. Per me non sono insulti personali, non sono io che vengo attaccata, ma il colore della mia pelle, quindi il tema è tutto politico. Negli incontri io accetto una normale dialettica, tu puoi non essere d’accordo su ciò che dico, puoi esprimere il tuo dissenso e proporre un’altra idea, ma quando finisce sul piano degli insulti (“tornatene nel Burundi” e così via) vuol dire che ancora c’è una mentalità profondamente razzista, che evidentemente si accompagna anche ad una impunità giuridica e sociale. Sicuramente c’è ancora un grande lavoro da fare, non solo sul razzismo ma anche su tutte le forme di discriminazione che segnano la nostra società e sull’incapacità di accettare la diversità. La società multietnica esiste da tanto tempo. Ci sono le cosiddette seconde generazioni, anche se non mi piace questo termine, che si ritrovano in molti casi senza cittadinanza. Ci sono tante realtà che fanno parte di una società multietnica di fatto. Una delle frasi più significative che mi dicono è: “tornatene nel tuo paese”. Ma io sono nata a Firenze! Quindi è proprio razzismo, una discriminazione che prescinde da qualsiasi altra cosa. Sono italiana, nata in Italia, mia madre è italiana, ma questo non è abbastanza per chi discrimina per il solo colore della pelle. Questa cosa sicuramente sta accompagnando questa campagna elettorale più che nelle campagne elettorale del 2019 e 2024: mi pare che ci sia anche una certa sottovalutazione da parte del sistema politico e istituzionale. Non stiamo parlando di qualche commento sulle piattaforme digitali, ma di vere e proprie campagne di odio, che si inseriscono in comportamenti radicati e ritenuti innocui, o persino accettabili, quantomeno dalle destre e da un pezzo di centrosinistra che non ha pronunciato una parola di solidarietà.   Come vedi la recente mobilitazione popolare intorno alla Global Sumud Flotilla? L’azione della Flotilla dimostra come si possono cambiare quelli che sono i rapporti di forza, quando tutte le istituzioni (comunali, regionali, nazionali e europee) non hanno risposto adeguatamente, escludendo pochissime eccezioni; servono risposte tempestive, capaci di mettersi contro i più forti. È diventato impossibile restare su posizioni di ambiguità quando scendono in piazza centinaia di migliaia di persone, fino a superare il milione di presenza a Roma l’ultimo sabato. Questo ha modificato la posizione del governo italiano e di molti governi nel mondo; questo è il risultato di una mobilitazione straordinaria. Non è giusto parlare di guerra. Israele attacca un intero popolo, che non ha mai avuto uno Stato. Dalla questione palestinese può nascere una mobilitazione più complessiva, contro le politiche di guerra e per un’economia radicalmente alternativa a quella che permette di fare profitto sulle armi. Ricordiamo che il Ministro Urso pochi giorni fa ha parlato della riconversione dell’automotive nella produzione di armi. Io penso che quelle stesse persone che hanno manifestato in questi giorni potranno scendere nuovamente in piazza per dire che non vogliamo questa economia di guerra, che non vogliamo la guerra, che vogliamo una pace giusta, adesso. I movimenti innescano la presa di coscienza e moltiplicano l’attività di ogni persona, perché si possa arrivare a reali cambiamenti sulle questioni fondamentali. Olivier Turquet
Toscana. Alle elezioni regionali ci sarà la lista unitaria “Toscana Rossa”
Nei giorni scorsi a Firenze è stata presentata la lista Toscana Rossa che correrà per le elezioni regionali 2025. Sabato 9 Agosto h.17.30 è prevista assemblea pubblica e inizio raccolta firme a Viareggio – Lega Maestri D’Ascia e Calagati, via Michele Coppino,245 c/o CRO Darsene Toscana Rossa è l’alternativa alle […] L'articolo Toscana. Alle elezioni regionali ci sarà la lista unitaria “Toscana Rossa” su Contropiano.
Antonella Bundo è la candidata di Toscana Rossa alle prossime regionali
  Toscana Rossa, la lista elettorale  di alternativa di sinistra  composta da PRF, Potere al Popolo e Possibile,  ha presentato  questa mattina in Piazza Santo Spirito la candidata alle prossime elezioni regionali che si terranno in autunno. Questo il comunicato stampa diffuso: Toscana Rossa presenta la sua lista e Antonella Bundu come candidata alla Presidenza della Giunta della Regione Toscana per le elezioni del 2025 Per ulteriori informazioni: Nicoletta Gini (3477679483), Leonardo Becheri (3332450963), Alessandro Tinti (3395322923) Il progetto Toscana Rossa è il nome della lista che concorrerà alle prossime elezioni regionali della Toscana, per dare un’alternativa a destre e centro-sinistra, di sinistra e popolare, antifascista, antirazzista, laica, femminista e intersezionale. Mentre c’è chi discute di campi larghi, giusti e progressisti, quindi di posti in eventuali Giunte, ignorando i contenuti, c’è bisogno di dare un riferimento chiaro, perché la politica non è tutta uguale. La lista ha l’obiettivo di portare nel Consiglio Regionale una rappresentanza di rottura e di alternativa agli schieramenti bipartisan, assente da anni in Regione, ma già presente in diversi Consigli Comunali: rafforzando così la costruzione di uno spazio politico e sociale, autonomo e indipendente dal bipolarismo. Ne fanno parte Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Possibile, insieme a esperienze municipaliste e civiche dei vari territori della Toscana. Nei prossimi giorni si concluderà la costruzione delle liste, nella volontà di allargare il coinvolgimento di chiunque non ritenga accettabile il campo largo in ogni sua geometria variabile e l’ipotesi della coalizione di Alessandro Tomasi. Il 9 agosto terremo un’assemblea pubblica a Viareggio (Lega Maestri d’Ascia e Calafati, presso CRO Darsene, alle 17.30). Toscana Rossa dovrà poi affrontare l’impegnativo obiettivo di raccogliere migliaia di firme in piena estate, senza certezze sulla data delle elezioni: una questione democratica fondamentale, che però non ci spaventa. Nel balletto che va avanti da mesi, scegliamo di dare una prospettiva chiara, in alternativa alla rassegnazione e all’astensionismo, o al voto per il “meno peggio”. I CONTENUTI Quattro sono le parole che hanno trovato spazio nel simbolo. PACE: Toscana Rossa si impegna nella costruzione attiva di una Toscana terra di pace, libera dalla logica di guerra e militarizzazione e lavora per una regione smilitarizzata, a partire dalla riconversione ad esclusivo uso civile di Camp Darby, lo stop all’allargamento dell’aeroporto militare di Pisa e alla costruzione del Comando NATO a Rovezzano, così come l’opposizione alla nuova base GIS e Tuscania a San Rossore, a Pontedera e ovunque. La Toscana deve ripudiare la guerra e ogni forma di riarmo, che si chiami difesa, esercito o sicurezza europea, rifiutando l’utilizzo di ogni risorsa pubblica per la riconversione bellica dell’industria civile. È necessario chiedere l’uscita dell’Italia dalla NATO e il suo scioglimento: il patto atlantico è da sempre foriero di violenza e destabilizzazione internazionale, oltre che responsabile dell’aumento costante delle spese militari, dirottate dalle spese sociali, con il sostegno dei governi nazionali di tutti i colori. Nel simbolo trovano spazio i colori della Palestina, perché è indispensabile che oltre le parole di solidarietà ci siano azioni concrete in sostegno alla resistenza del suo popolo, per l’interruzione dei rapporti con Israele: per fermare il genocidio e i crimini di guerra contro i palestinesi, e le violazioni sistematiche del diritto internazionale che lo Stato sionista e terrorista porta avanti da oltre 77 anni grazie alla complicità delle potenze euroatlantiche. Riteniamo indispensabile la chiusura del consolato onorario di Israele, oltre alla rimozione del Console onorario Marco Carrai dalla presidenza di Toscana Aeroporti e dalla Fondazione Meyer. SALUTE: il sistema non funziona. Lascia sempre più persone in preda a liste d’attesa infinite, spingendole sistematicamente alla sanità privata. Le falle del sistema pubblico sono al più colmate dal volontariato o dal privato sociale, in cui si annidano moderne forme di sfruttamento per lavoratori e lavoratrici del servizio. Fuori dalle emergenze si fa fatica a curarsi, mentre aumentano povertà e diseguaglianze. L’internalizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici degli appalti nel mondo sanitario e sociosanitario deve accompagnarsi con una ritrovata centralità della programmazione degli Enti Locali. Occorre investire massicciamente in assunzioni, presenza capillare di presidi sanitari e ospedalieri pubblici e in politiche di prevenzione e cura, anche per la salute mentale. AMBIENTE: come si può parlare di emergenza climatica, se poi non si investe in manutenzione del territorio e non si fermano le grandi opere inutili, come l’ipotesi di un nuovo aeroporto a Firenze, gli Assi a grande scorrimento in Lucchesia e Versilia, il rigassificatore a Piombino? L’unica grande opera è la messa in sicurezza del territorio! Si continua a parlare di TAV, mentre la popolazione pendolare si ritrova spesso abbandonata a sé stessa, con tanti problemi nel trasporto pubblico locale. Molto può essere fatto con la pianificazione e il coinvolgimento dal basso della popolazione, a partire dalla ripubblicizzazione del trasporto pubblico locale, e da comunità energetiche pubbliche pronte a farsi carico anche delle diseguaglianze sociali. Va inoltre denunciata l’insostenibile turistificazione che consuma ogni pezzetto della nostra regione, al pari delle politiche estrattiviste nelle aree montane. Non si può tacere sul caso dell’inquinamento KEU, che mette a nudo la connivenza predatoria e criminale tra imprenditoria e classe politica: la Regione dovrà garantire un percorso di inchiesta, trasparenza e giustizia ambientale per cui chi ha inquinato deve pagare, a partire dalle bonifiche del territorio i cui costi economici e sociali non possono ricadere sulla popolazione! Non esiste nessuna multiutility “buona”: l’acqua deve essere pubblica e anche sugli altri servizi essenziali non deve esserci profitto. LAVORO: un vero salario minimo regionale a 10 euro agganciato all’inflazione, per chiunque lavori per conto della Regione Toscana, direttamente o in appalto, è l’obiettivo minimo: non quello che ha trovato spazio solo nella propaganda del centrosinistra! Vanno inoltre rafforzati il controllo all’interno dei luoghi di lavoro e sostenere l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro: per contrastare incidenti e morti che segnano le cronache praticamente ogni giorno. La legge regionale nata all’interno della mobilitazione GKN dà l’opportunità di investimenti capaci di creare un nuovo rapporto con il mercato, ma oltre le parole e le firme, servono le azioni concrete. Serve inoltre una presenza importante per indagare e smantellare il sistema di sfruttamento che colpisce soprattutto chi si ritrova sotto ricatto per l’assenza di cittadinanza. Tante vertenze e organizzazioni sindacali di base denunciano, senza trovare adeguata sponda da parte delle istituzioni. Ovviamente il programma di governo verte su molto altro: emergenza abitativa, mobilità, politiche di accoglienza e su quanto ogni giorno interessa la vita delle persone. La candidata Antonella Bundu è stata candidata Sindaca a Firenze nel 2019 e capogruppo fino al 2024. Ha un impegno politico militante che viene da più lontano, a cui si è aggiunta un’esperienza amministrativa importante. Impegno civico e concreta presenza nelle lotte del territorio hanno segnato larga parte degli ultimi anni. Figlia delle esperienze di Fabiani e La Pira, ha sempre guardato alle vertenze di tutta la Regione, non mancando ai cortei contro la guerra, ai presidi contro lo sfruttamento lavorativo nel territorio della provincia di Prato, denunciando la profilazione razziale come pratica inaccettabile e discriminatoria, che colpisce quotidianamente chi non ha la cittadinanza o il “giusto” aspetto agli occhi di chi discrimina. Ha espresso solidarietà concreta a Vicofaro, presidio di accoglienza sotto attacco, e continuerà a denunciare ogni forma di repressione verso le esperienze di solidarietà che nascono dal basso. Sarà probabilmente l’unica candidata donna presente sulla scheda elettorale per le prossime elezioni regionali. La scelta della data e del luogo Il 4 agosto di 81 anni fa è iniziata la battaglia di Firenze. Scegliamo di partire da piazza Santo Spirito perché l’Oltrarno è stato uno dei centri della Resistenza da parte della cittadinanza. Le partigiane e i partigiani hanno avuto un ruolo centrale in tutta la Toscana e hanno avuto la capacità di immaginare una Repubblica oggi in crisi, perché chi governa ha da tempo rinunciato a una reale partecipazione. Vicino al luogo della conferenza stampa si trovano le targhe di Alessandro Sinigaglia, partigiano comunista, ebreo di pelle nera, e di Aligi Barducci, il Comandante Potente che è ancora presente nella memoria delle antifasciste e degli antifascisti. Sono per noi due punti importanti di riferimento, così come la storia di Santo Spirito, al centro di tante trasformazioni e contraddizioni, in cui Antonella Bundu ha vissuto e continua a vivere parti importanti della sua vita. Redazione Toscana