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Corte di Giustizia Europea: i matrimoni tra persone dello stesso sesso vanno riconosciuti in tutti gli stati membri
La Corte di Giustizia Europea ha emesso oggi una sentenza per la quale i paesi dell’Unione Europea devono riconoscere un matrimonio tra persone dello stesso sesso legalmente contratto in qualsiasi paese dell’Unione, anche se la loro legislazione nazionale non lo prevede. Rifiutare il riconoscimento è “contrario al diritto dell’Unione perché viola tale libertà e il diritto al rispetto della vita privata e familiare e può causare gravi disagi a livello amministrativo, professionale e privato, costringendo i coniugi a vivere come persone non sposate”. Il caso riguarda due cittadini polacchi che si sono sposati a Berlino nel 2018 e poi sono tornati in Polonia, dove hanno chiesto che il loro certificato di matrimonio in lingua tedesca venisse trascritto nel registro civile polacco; la richiesta era stata respinta e la famiglia ha dunque fatto ricorso alla Corte Europea di Giustizia.   Pressenza IPA
Migranti e Paesi sicuri, la Corte Europea di Giustizia affonda ancora il governo Meloni
Ennesima mazzata per il governo Meloni in materia di immigrazione. Con una sentenza attesa, pronunciata oggi alle 10.57 la Corte Europea di Giustizia ha sentenziato che non sono i governi dei singoli Paesi a poter determinare quali siano i “Paesi sicuri” in cui rimpatriare, o per meglio dire, deportare le persone che fuggono, ma che tale decisione appartiene ad un giudice obbligato a valutare se tutto il Paese di provenienza di chi chiede asilo sia o meno sicuro al punto da predisporre il diniego alla domanda e il conseguente rimpatrio. Piantedosi e Meloni avevano provato sia a ridurre il numero dei Paesi in cui deportare, sia a stringere con questi nuovi accordi, sia, soprattutto, a depotenziare il ruolo della magistratura. L’intero impianto salta, al punto che anche il costoso esperimento coloniale in Albania, che comprende, ricordiamo, un hotspot e un CPR, diventa un colossale boomerang che si abbatte su chi legifera dimostrando di avere scarsissima conoscenza del diritto internazionale. La sentenza precisa che fino a quando, probabilmente nel 2027, non ci sarà un nuovo regolamento che determinerà le modalità e le ragioni di ogni rimpatrio, la decisione di un tribunale dovrà essere considerata valida su tutto il territorio dello Stato membro; non sono ammesse disposizioni discrezionali. Resta l’amaro in bocca di chi è convinto che a tali decisioni si debba arrivare attraverso la politica e non per decisione di una, per quanto autorevole, Corte internazionale. Ci si svegli, anche in Parlamento, prima ancora di attendere che una sentenza ci lavi la coscienza. Maurizio Acerbo, Segretario nazionale Stefano Galieni, Responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea   Rifondazione Comunista - Sinistra Europea