Coesione familiare: interpretazioni errate della Questura sui parametri richiestiIl caso di un cittadino albanese che presentava istanza di coesione in sede
presso la Questura di Brindisi per i suoi genitori e che si vedeva notificare il
provvedimento di rifiuto per i seguenti requisiti:
1. “ai fini della coesione, non veniva data prova alcuna del continuo e
consistente apporto economico dell’istante a favore dei genitori a carico
per un periodo di 6 mesi antecedenti la data di partenza dal paese d’origine
e manca l’attestazione di vivenza a carico o altra documentazione inerente
al reddito complessivo di entrambi i genitori”;
2. “il requisito reddituale non risultava soddisfatto perché il reddito
prodotto dall’interessato nell’anno 2022 si attesta ben al di sotto della
soglia richiesta“.
Il ricorrente proponeva ricorso avverso il decreto di rifiuto di rilascio di
permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare del Questore di Brindisi
e contestava il provvedimento impugnato e fondava le proprie doglianze
proponendo i seguenti motivi:
* Violazione di legge per lesione del diritto all’unità familiare sancito dalla
Costituzione, dal diritto internazionale e comunitario e dal T.U. in materia
di immigrazione;
* Violazione degli attt. 2, 28, 29, 30 della C. Cost. Violazione dell’art. 28 e
30 comma 1 del D.Lgs. 286/98; Eccesso di potere per difetto di istruttoria,
travisamento dei fatti e carenza di motivazione;
* Violazione degli artt. 10-bis e 21-octies L. n. 241/1990;
* Violazione del principio di corrispondenza tra il preavviso di rigetto ed il
provvedimento finale.
In fatto si esponeva che i genitori del ricorrente, risiedevano in Albania e non
avendo sufficienti mezzi di sussistenza, decidevano di raggiungere il figlio in
Italia, non avendo più figli residenti in Albania in grado di prendersi cura di
loro. Il figlio chiedeva al Questore della Provincia di Brindisi il permesso di
soggiorno per motivi di coesione familiare per i genitori ed all’uopo inviava a
mezzo pec la documentazione necessaria.
Su richiesta della Questura, integrava la documentazione necessaria
all’accoglimento dell’istanza, attestando che la madre viveva senza percepire
alcuna pensione mentre il padre era titolare di una pensione pari ad € 82,22.
La Questura convocava il figlio a presentarsi per consegnare la richiesta di
coesione familiare e produrre la documentazione in originale. All’appuntamento
si presentavano il figlio/ricorrente ed i genitori, accompagnato dal loro
difensore, e gli uffici, verificata la documentazione prodotta, invitavano il
ricorrente a produrre la dichiarazione di vivenza a carico, al fine di
completare la documentazione per l’accoglimento dell’istanza. In ottemperanza
alla richiesta, il ricorrente, a mezzo del suo difensore inviava alla Questura
la dichiarazione di vivenza a carico.
La questura, nonostante la sussistenza dei requisiti decretava il rigetto. Il
provvedimento veniva sospeso dal Tribunale di Lecce. In sede istruttoria
venivano esaminati tutti i documenti prodotti a sostegno della domanda e che
erano stati depositati anche nel giudizio ed all’esito il ricorso veniva accolto
con la seguente motivazione:
“La coesione familiare è una specie di ricongiungimento familiare in deroga che
il cittadino straniero può fare direttamente in Italia, senza richiedere il
nulla osta allo Sportello Unico Competente e il relativo visto.
Può essere richiesta solo se il familiare da ricongiungere è già regolarmente
soggiornante sul territorio nazionale ad altro titolo, in presenza dei medesimi
requisiti previsti per il ricongiungimento familiare, come appunto nel caso
specifico i genitori dell’istante.
Le motivazioni addotte dalla questura per il respingimento della domanda
appaiono non giustificate ed erronee. Ed invero dall’esame della documentazione
prodotta, risulta chiaramente che attualmente il ricorrente, oltre ad essere
regolarmente soggiornante sul territorio italiano, sia in condizioni economiche
tali da poter mantenere i propri genitori.
Il ricorrente ha documentato il possesso di un reddito complessivo per l’anno
d’imposta 2021, modello 730/2022, pari ad € 18.764,00, di cui € 13.797,00
rinvenienti dall’attività lavorativa da lui svolta ed € 4.967,00 dichiarati
dalla moglie. Le soglie di reddito per la coesione familiare sono quelle
previste per il ricongiungimento ex art. 29, comma 3, lettera b)
T.U.Imm. secondo cui il richiedente deve avere “un reddito minimo annuo
derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale
aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da
ricongiungere. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli
anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari dei
titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un
reddito non inferiore al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale. Ai fini
della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo
complessivo dei familiari conviventi con il richiedente”.
Nel 2022 l’assegno sociale era pari ad € 467,65 per un importo annuo di €
5.611,80, applicando alla lettera i criteri previsti dalla norma sopra indicata,
per due familiari da ricongiungere la soglia minima si attesta ad € 11.223,60.
Inoltre, il reddito complessivo del ricorrente e della moglie per l’anno
d’imposta 2022, risulta superiore a quello dell’anno 2021, a dimostrazione del
fatto che il reddito continua ad essere sufficiente.
Infine, si evidenzia che per la coesione in sede non è previsto, contrariamente
a quanto affermato dal Questore nel provvedimento impugnato, il requisito
dell’apporto economico dell’istante in favore dei genitori per un periodo di sei
mesi antecedenti la data di partenza dal paese d’origine. Quanto agli altri
requisiti, si precisa che l’attestazione di vivenza a carico veniva prodotta a
mezzo pec e di tanto si è fornita la prova con la documentazione allegata al
ricorso.
Inoltre, dal punto di vista normativo l’art. 5 comma 5 del d. lvo 286/98 dispone
che “Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di
diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato
il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto ai
sensi dell’art. 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei
vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e
sociali con il suo Paese di origine, nonché per lo straniero già presente sul
territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo
territorio nazionale”.
Pertanto, nel caso di specie, sussistono tutti i presupposti ex art. 29 del
d.lgs. 286/98 – anche in ragione della documentazione già prodotta in sede di
integrazione della stessa, richiesta dal Questore – per il rilascio del permesso
di soggiorno in Italia.
In conclusione, sulla base di tali ragioni, ritenuta assorbita e respinta ogni
contraria istanza, eccezione o argomentazione, deve pertanto accogliersi il
ricorso“.
Questa pronuncia è molto importante perché legittima la presentazione delle
istanze di coesione in sede definendo tale pratica una specie di
ricongiungimento familiare in deroga che il cittadino straniero può fare
direttamente in Italia, senza richiedere il nulla osta allo Sportello Unico
Competente e il relativo visto.
Mentre le Questure ed in particolare l’Ufficio Immigrazione di Brindisi avevano,
per così dire, “chiuso le porte” a tali pratiche, spingendo tutti a passare
attraverso lo Sportello Unico per il nulla osta ed il relativo visto per
ricongiungimento familiare, la decisione legittima la presenza di chi entra in
possesso di passaporto biometrico definendolo regolare. Ed esclude la
previsione del requisito dell’apporto economico dell’istante in favore dei
genitori per un periodo di sei mesi antecedenti la data di partenza dal paese
d’origine.
Ma cosa più importante ha chiarito come si deve interpretare l’art. 29, comma 3,
lettera b) T.U.Imm. relativamente alle soglie di reddito da applicare in caso di
coesione in sede; ossia, per il ricongiungimento è richiesto, in ogni caso, “un
reddito non inferiore al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale ed ai
fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo
complessivo dei familiari conviventi con il richiedente”.
Tribunale di Lecce, sentenza del 25 luglio 2025
Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.