L’anniversario fatale dell’ucronia
Anniversario fatale (Bring the Jubilee, 1953),[1] il romanzo più noto
dell’americano Ward Moore (1903–1978), occupa un posto particolare tra i romanzi
di alternate history. Come racconto ucronico, figura tra le fonti che ispirarono
a Philip K. Dick – secondo Dick stesso – l’idea di The Man in the High Castle
(1962). Come noto, La svastica sul sole – il titolo con cui il libro è stato
tradotto in Italia – immagina un mondo in cui le potenze dell’Asse – la Germania
di Hitler e i Giapponesi – hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale e si sono
spartite il territorio statunitense. Moore immagina per contro una linea
temporale in cui i Confederati hanno vinto la guerra civile americana: al tempo
presente del lettore gli stati del Sud prosperano, dominando gli Stati Uniti,
condannati invece al sottosviluppo economico e culturale. Dick introduce nel suo
novel una “contro ucronia”, rappresentata da “La cavalletta non si alzerà più” (
The Grasshopper Lies Heavy), il romanzo nel romanzo (poi pellicola
cinematografica, nella serie tv adattata da Frank Spotnitz) che, in una
dimensione narrativa parallela che non coincide comunque con la nostra, descrive
la vittoria degli Alleati, gira clandestinamente come un samizdat tra le maglie
della censura nazista. Vediamo che per rimettere in asse un tempo fuori di
sesto, Moore era ricorso invece, un po’ rocambolescamente, all’espediente dei
viaggi temporali.
Ma al tempo (appunto). Innanzitutto l’idea di Moore, sviluppata con una
caratterizzazione dei personaggi perlomeno discreta, rispetto alla letteratura
fantascientifica del suo tempo, e con un world building che, per quanto
singolare, emerge dai dettagli della vicenda, senza inutili spiegoni inflitti al
lettore, non è affatto nuova. Il primo a metterla nero su bianco, venti anni
prima, fu infatti nientemeno che Winston Churchill. Sfidato a scrivere un “What
If” fantapolitico, il leader conservatore inglese immaginò infatti,
ironicamente, cosa sarebbe successo “se Lee non avesse vinto la battaglia di
Gettysburg”. Al tempo presente del lettore il racconto assume infatti che i
Confederati, come verità storica incontrovertibile, siano prevalsi nello scontro
decisivo con l’Unione.[2] La short story stessa appare soprattutto un pretesto
per sottolineare le conseguenze positive di questa realtà alternativa, almeno
dal punto di vista dell’Occidente anglofono. Attorno al 1930, all’indomani della
Grande Guerra e poco prima dell’affermazione nazista, Churchill arriva a
ipotizzare che la vittoria del Sud avrebbe potuto assicurare la pace nel mondo.
Nel racconto controfattuale, i due “Stati Disuniti”, entrambi alleati alla Gran
Bretagna in una immaginaria “Lega della lingua inglese” (English-Speaking
Association), impongono un armistizio alle potenze continentali evitando così la
carneficina della Prima Guerra Mondiale.
In almeno due punti il romanzo di Moore sembra coincidere pienamente con
l’ucronia di Churchil: entrambe le narrazioni immaginano infatti che Lee, poco
dopo la vittoria di Gettysburg, abolisca la schiavitù (senza per questo
instaurare la parità dei diritti per gli ex schiavi). Sullo slancio della
vittoria, inoltre, gli Stati Confederati si lancerebbero di lì a poco anche alla
conquista del Messico, sottomettendo la sua popolazione e inglobando il suo
vasto territorio nel perimetro dell’anglosfera.
Per il resto, va detto che la linea temporale di Moore si discosta nettamente
dal roseo scenario descritto da Churchill. Il mondo, in particolare, non
conoscerà mai né il motore a scoppio né la seconda rivoluzione industriale, e
dunque l’elettricità: ai primi del ‘900, i mezzi di trasporto funzionano a
vapore e l’illuminazione nelle abitazioni è ancora a gas. La condizione degli
Stati Uniti, poi, in seguito alla disfatta della guerra civile e alla secessione
del Sud, è quella di uno stato fallito, economicamente arretrato (a differenza
dei rivali è privo ad esempio di una rete ferroviaria coast to coast) e alla
mercé dei più potenti vicini. Al Nord, la scena politica del dopoguerra è
inoltre attraversata da umori suprematisti e da formazioni razzistoidi che
imputano all’idealismo di Lincoln la responsabilità della sconfitta.
Il protagonista del romanzo, Hodgins McCormick, è figlio di contadini poveri del
Nord, che, grazie all’impegno e alla passione per lo studio e la lettura,
consegue il titolo accademico di storico, in una delle rare enclave superstiti
del sapere scientifico che resistono a nord della linea Mason-Dixon. La
vocazione di Hodgins, come osserva il suo mentore, sembra in effetti quella di
restare un osservatore neutrale, volto a documentare il corso della vicenda
umana, senza prendervi parte attivamente. Paradossalmente, proprio lui, volendo
assistere di persona, per puntiglio professionale, alla battaglia di Gettysburg,
sarà destinato a cambiare per sempre, inavvertitamente, il corso della Storia.
Moore sembra dirci che, richiamando sul piano politico ed esistenziale l’assunto
della fisica e del pensiero scientifico novecentesco, non è possibile osservare
il mondo senza a sua volta trasformarlo e condividere questa responsabilità.
Il romanzo si apre su Hodgins che, avendo viaggiato indietro nel tempo fino al
1863, trascorre la sua vecchiaia negli anni ’20 del secolo scorso. Grazie alla
“macchina del tempo” che la scalcinata tecnologia nordista è riuscita
avventurosamente ad assemblare, il suo presente è tornato a coincidere con il
passato in cui ci riconosciamo abitualmente ma il suo mondo e i suoi conoscenti
di un tempo sono scomparsi. Questo elemento narrativo spurio e trasversale alla
narrativa di genere – i viaggi nel tempo – ci aiuta a distinguere e a collocare
Anniversario fatale tra i molteplici esempi di storia controfattuale
riscontrabili in capo a diversi filoni letterari, siano essi “fantastici” o
“realistici”. Dal primo romanzo ucronico, quel “Napoleone e la conquista del
mondo” di Louis Geoffroy, pubblicato nel 1836 – che, come dice il titolo,
immaginava grandiosi progressi scientifici e tecnologici in un mondo dominato
dalla pax napoleonica – l’ucronia è diventata infatti una figurazione comune nel
nostro immaginario, risalendo fino al salotto buono di scrittori come Philip
Roth e Michael Chabon[3].
Recentemente un ricercatore spagnolo, Daniel Lumbreras Martínez, ha provato a
fare un po’ d’ordine e ad aggiornare una possibile mappatura di questo
sotto-genere [4]. In premessa, Martinez ha scelto di partire dal concetto di
“mondi possibili” elaborato dal linguista Lubomír Doležel: “La semantica dei
mondi possibili insiste sul fatto che i mondi fittizi non sono imitazioni o
rappresentazioni del mondo reale (realia), ma regni sovrani di possibilità; in
quanto tali, stabiliscono relazioni diverse con il mondo reale, situandosi a una
distanza più o meno ravvicinata dalla realtà. Vanno da mondi realistici che
assomigliano molto al mondo reale a quelli che ne violano le leggi: i mondi
fantastici. Ma tutti sono di una sostanza diversa dal mondo reale: sono
costituiti da entità possibili”.[5]
Martínez, poi, utilizza una ripartizione elaborata da Albaladejo Mayordomo, per
distinguere i modelli letterari e semantici di mondo. Abbiamo così Mondo I, il
mondo della “verità” giornalistica e della storiografia; Mondo II , il mondo
mainstream, regolato dalla verosimiglianza, che “si comporta come un universo
che il lettore conosce e di cui rispetta i principi operativi”. Infine, Mondo 3,
quello della narrativa di fantasy, horror, ecc., che confligge con le
convenzioni del “mondo reale oggettivo”. Accogliendo la variante introdotta da
un altro studioso, Rodríguez Pequeño, assegniamo però Mondo III alla finzione
“plausibile e non mimetica”, tipica della fantascienza, mentre la finzione “non
mimetica e non plausibile” diventa invece l’estremo di Mondo IV.
Con una prima tassonomia (Collins, 1990) Martinez distingue ucronie “pure”, dove
la realtà alternativa della finzione diventa la realtà tout court, e “plurali”,
in cui la sua linea temporale coesiste con quella del lettore, a cui si
aggiungono i “presenti infiniti”, ossia le storie di universi paralleli. In un
capitolo a parte sono trattate le “alterazioni da viaggio nel tempo”, in cui il
presente è modificato dall’azione dei viaggiatori nel passato. Anniversario
fatale, che adotta in generale un modello semantico da Mondo III, ricade alla
fine in quest’ultima tipologia, escludendo invece programmaticamente mondi
paralleli e multiversi di sorta.
Altri autori, più recentemente (Campeis e Gobled, 2015) hanno proposto una
classificazione molto più complessa che sottolinea però soprattutto il contesto
tematico della storia. Abbiamo così ucronie A) classiche o storiche; B) pure,
con un singolo punto di divergenza nella linea temporale; C) impure, con un
passato particolarmente instabile che ruota attorno a viaggiatori del tempo; D)
limitate nello spazio, ad es. un campo di battaglia; E) estese, cioè aperte
all’assurdo, storicamente impossibile, ecc.; F) le “disincronie”, un neologismo
coniato da Éric Henriet per indicare quelle storie alternative che assumono come
punto di divergenza un evento distopico (come appunto la vittoria dei
Confederati o del Terzo Reich); G) personali, quando a divergere dal flusso
temporale è la vita di un’unica persona (ad es. ne La vita è meravigliosa di
Frank Capra); H) fantasy e fantastiche: dove si celebrano moderne battaglie con
i draghi o vampiri al servizio del Kaiser; I) finzionali: quando non cambia il
corso della storia ma solo la sua cronologia (ad es. con il reboot di un
universo immaginario, vedi Star Trek).
Alla fine Martinez non rinuncia a una sua autonoma proposta. Riprendendo lo
schema di Mayordomo e tolto di mezzo Mondo I (la storiografia controfattuale),
declina pragmaticamente una tassonomia ucronica molto più succinta, limitata
agli altri tre mondi. Abbiamo quindi:
* Ucronie realistiche: sono vietati miracolosi progressi scientifici e elementi
soprannaturali, perché “a prescindere dal fatto che vi siano uno o più punti
di divergenza, e dalle loro conseguenze, è rilevante l’aderenza a ciò che è
fisicamente possibile e plausibile, e che si conforma alle leggi empiriche
della fisica”.
* Urconie proiettive: si gioca con le regole più flessibili della fantascienza.
Include inoltre sottogeneri quali universi multipli, dimensioni parallele,
viaggi nel tempo, ecc.
* Ucronie impossibili: siamo in Mondo IV, che comprende il fantasy storico. Ad
esempio: Terra Nostra (1975) di Carlos Fuentes, che reinterpreta la conquista
delle Americhe con la trasformazione di Filippo II in un mostro.
NOTE
1. In Italia è stato pubblicato da Mondadori nel n. 141 di “Urania”, nel n. 115
dei “Classici Urania” e nel n. 117 di “Urania Collezione” nel 2012.
Quest’ultima edizione è attualmente disponibile anche in formato Kindle su
Amazon Italia. ↑
2. Winston Churchill, If Lee Had Not Won the Battle of Gettysburg , in
Scribner’s Magazine, dicembre 1930, pp.
587-97)https://winstonchurchill.org/publications/finest-hour-extras/qif-lee-had-not-won-the-battle-of-gettysburg/
↑
3. Rispettivamente con Complotto contro l’America (2004) e Il sindacato dei
poliziotti yiddish, insignito di un premio Hugo nel 2007. ↑
4. Daniel Lumbreras Martínez, The possible worlds of uchronia: a proposal of
subgenres, Impossibilia, 25, 2025, pp. 19-31 ↑
5. Lubomír Doležel, Possible Worlds of Fiction and History, in New Literary
History, Vol 29, No. 4. Critics without Schools? (Autumn, 1998 ↑
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