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Consiglio regionale della Valle D’Aosta: Approvazione di risoluzione: “Solidarietà al popolo curdo”.
OGGETTO N. 4440/XVI – Approvazione di risoluzione: “Solidarietà al popolo curdo”. Bertin (Presidente) – Punto n. 57.01. Se siete d’accordo, illustro brevemente la risoluzione, peraltro sottoscritta da tutti i Capigruppo del Consiglio regionale. Questa risoluzione si concentra sulla questione curda, questione che ha visto diverse volte il Consiglio regionale intervenire nel tempo, poiché questo popolo, il popolo curdo, che è suddiviso negli Stati della Turchia, Siria, Iraq e Iran, si trova spesso in gravissime difficoltà e incertezze. Credo che, dal punto di vista della comunità internazionale, abbia raggiunto la grande rilevanza dal punto di vista dell’opinione pubblica dai lontani anni Ottanta, quando in Iraq, l’allora dittatore Saddam Hussein, utilizzando le armi chimiche, gasò – il termine è proprio questo – circa 80 mila civili curdi del nord dell’Iraq al fine di perpetrare una pulizia etnica, di fatto con grave violazione del diritto internazionale, un genocidio, un crimine contro l’umanità. Come dicevo, questo era negli anni Ottanta in Iraq, ma vediamo più di recente in Iran, con la persecuzione in questo caso, in particolare, della minoranza curda e delle donne legate alla minoranza curda. Ricordiamo recentemente il movimento “Donna vita e libertà”, che è appunto un movimento curdo per riaffermare i diritti delle donne e della minoranza curda in Iran. Sappiamo poi, in particolare, che è arrivata ben oltre, con l’esecuzione a morte, in carcere, di Mahsa Amini, come ricorderete. In parte, lo stesso discorso, vale per la Turchia che non riconosce la minoranza curda e che con il dittatore anche lui, di fatto, cito Mario Draghi, perpetra una continua violazione dei diritti politici e civili della minoranza curda, con tanto di cancellazione dei partiti politici curdi, oltre che l’incarcerazione di buona parte dei suoi dirigenti, tra cui Öcalan, in carcere da 30 anni e passa. In quanto alla Siria, non ha mai riconosciuto l’esistenza di un popolo curdo, di una minoranza curda, ricordiamo il ruolo avuto dai Curdi nella battaglia contro lo Stato islamico, in particolare simbolicamente Kobane, questa cittadina del nord della Siria che diventò simbolo della resistenza all’Islam estremista dello Stato islamico. Anche nel nord della Siria si sono manifestate interessanti forme di autogoverno nelle quali l’emancipazione della donna era molto significativa, soprattutto tenendo conto della fase nella quale ci troviamo. Di recente, con la caduta del regime di Assad in Siria, la Turchia cerca di occupare di fatto il nord della Siria per eliminare la questione curda in modo violento e militare. Ricordiamo anche, nella risoluzione, la vicenda di Pakhshan Azizi, attivista curda, operatrice umanitaria, detenuta a Teheran e che la Corte suprema iraniana ha condannato all’impiccagione, recentemente sospesa in seguito alla mobilitazione avvenuta per l’attenzione internazionale, ma noi sappiamo ed è sicuro, che la condanna verrà eseguita e invitiamo il Governo italiano ad operarsi per intervenire su queste vicende. Inoltre, si manifesta la ferma condanna nei confronti di qualsiasi azione militare in violazione del diritto internazionale, dei diritti civili e politici e di tutela delle minoranze, questo è riferito in particolare alla Turchia e, più in generale, per esprimere solidarietà al popolo curdo, riaffermando la necessità di garantire il rispetto dell’esistenza di tutte le minoranze presenti nell’area e dei diritti ad esse collegate. Questa è la sostanza della risoluzione. Ci sono interventi? La parola alla consigliera Minelli. Minelli (PCP) – Abbiamo sottoscritto questa risoluzione al pari degli altri gruppi consiliari perché condividiamo sia lo spirito che sta alla base del testo, sia le impegnative proposte. Sappiamo che in Iran vige da tempo un regime dittatoriale che lungo questi anni ha perpetrato una continua e crescente violazione dei diritti umani con gravissime conseguenze sulla popolazione e nei confronti di tutti coloro che sono oppositori di quel regime, ma in particolare nei confronti delle donne e della minoranza curda; un sistema teocratico, che usa strumentalmente l’arma della religione, il credo religioso, per calpestare le libertà. Nel 2024 la Repubblica islamica ha giustiziato almeno 31 donne, questo è il dato ufficiale, si teme che siano di più ed è il numero più alto dal primo rapporto dell’Associazione IHR, che è Iran Human Rights dal 2008. È di questo periodo, di queste settimane la notizia che Pakhshan Azizi, secondo le leggi islamiche – e speriamo che questa cosa si interrompa -, comunque rischierà di essere condannata a morte perché la sua condanna è stata confermata dalla sezione 39 della Corte Suprema di Teheran. Con quale accusa? Con l’accusa di ribellione e di appartenenza a gruppi di opposizione. Pakhshan Azizi è originaria di Mahabad, è stata arrestata a Teheran il 4 agosto del 2023 insieme al padre, alla sorella e al cognato, ha trascorso quattro mesi in isolamento in un centro di detenzione del Ministero dell’intelligence e poi è stata trasferita nel reparto femminile della terribile prigione di Evin. È accusata di appartenere a dei gruppi impegnati in attività armate contro la Repubblica islamica, ma il suo avvocato ha dichiarato che quello che stava facendo era un lavoro di operatrice umanitaria nel nord della Siria, in particolare nei campi profughi di Sinjar e in altri campi per gli sfollati dell’Isis. Un lavoro che era di tipo pacifico e interamente incentrato sugli sforzi di soccorso, come appunto ci è stato raccontato dal suo avvocato, ma anche qualora fosse stata un’attivista di movimenti politici in qualche modo oppositori del regime, è una persona che è stata arrestata disarmata, che non ha mai usato armi e che si trovava in una zona che era assolutamente pericolosa per quelli che erano gli attacchi dell’Isis. Più in generale, tutte le donne che si oppongono al regime, ma le attiviste curde in particolare, soffrono di una somma di discriminazioni che è potenzialmente letale perché sono donne, sono politicamente e socialmente attive, appartengono a una minoranza etnica che, assieme a quella del Belucistan, è tra le più represse del panorama iraniano, sono tra le donne che hanno più difficoltà ad avere accesso all’istruzione e a vedere i propri diritti fondamentali rispettati, sia in libertà, sia soprattutto nelle istituzioni carcerarie, come quella di Evin. Riteniamo quindi sia importante che anche il nostro Consiglio regionale si esprima manifestando una ferma condanna nei confronti di queste violazioni, che sono violazioni dei diritti fondamentali delle persone. Presidente – Ha chiesto la parola il consigliere Padovani, ne ha facoltà. Padovani (FP-PD) – Con questa risoluzione che anche noi come gruppo abbiamo sottoscritto torniamo a parlare di un tema internazionale, chiedendo che anche il nostro Consiglio regionale si esprima in solidarietà e sostegno concreto al popolo curdo, che lotta da decenni per il riconoscimento dei propri diritti fondamentali. I Curdi sono il più grande popolo senza uno Stato, una Nazione che conta oltre 30 milioni di persone, distribuite tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Nonostante una storia millenaria e una cultura ricca di tradizioni, i Curdi si trovano a vivere una condizione di costante marginalizzazione, privati del diritto all’autodeterminazione. Nel corso degli anni le terre curde sono state teatro di persecuzioni sistematiche e bombardamenti, sfollamenti forzati e discriminazioni sono diventati parte integrante della loro vita quotidiana. Questa situazione, tuttavia, non è solo una questione lontana da noi, riguarda tutti coloro che credono nei valori della giustizia e dei diritti umani. Non possiamo ignorare il fatto che il silenzio della comunità internazionale ha spesso permesso il perpetuarsi di queste ingiustizie; la Turchia, ad esempio, continua a reprimere le aspirazioni curde con violenza, definendo i movimenti di resistenza come terroristi e continuando a tenere ingiustamente nelle loro carceri il leader del popolo curdo Abdullah Ocalan. In Siria e in Iraq le comunità curde sono state in prima linea contro l’Isis, difendendo non solo le proprie terre, ma anche i valori di libertà e uguaglianza. Noi, come rappresentanti di un’istituzione democratica, abbiamo il dovere di alzare la voce per chi viene oppresso. Questo Consiglio poi deve fare la sua parte inviando un messaggio chiaro: la solidarietà verso il popolo curdo non è un’opzione, ma è una responsabilità politica e morale. Un elemento centrale della lotta curda è il progetto di confederalismo democratico. Questo modello propone una società basata su autonomia, decentralizzazione e convivenza pacifica tra diverse comunità, etniche e religiose. Il confederalismo democratico mira alla creazione di una rete di autonomie locali fondate sulla democrazia diretta, il rispetto per l’ambiente e l’uguaglianza di genere. Nei territori del Rojava, nel nord della Siria, questa visione è stata messa in pratica con risultati significativi, dove sono state istituite istituzioni che garantiscono la partecipazione attiva di donne e minoranze. Questo modello rappresenta non solo un’alternativa per il Medio Oriente, ma anche una speranza per chiunque creda in una società più giusta e inclusiva. Consentitemi poi di soffermarmi su un altro aspetto del popolo curdo, cioè il ruolo delle donne nella lotta curda. Le combattenti curde, inquadrate nell’unità di difesa delle donne, hanno dimostrato un coraggio straordinario non solo sfidando il terrorismo dell’Isis, ma anche promuovendo un modello di società fondato sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco. Il loro esempio ci ricorda che il cambiamento sociale parte anche dalla lotta per i diritti delle donne e, a proposito di donne, la condanna a morte di Pakhshan Azizi, una donna coraggiosa, curda, condannata a morte dal regime iraniano, non è solo un attacco a lei come individuo, ma un attacco ai valori fondamentali di giustizia, dignità e i diritti umani. Pakhshan Azizi rappresenta il coraggio e la determinazione di un popolo che da troppo tempo lotta per i propri diritti e per la propria libertà. In un momento in cui il mondo sta assistendo a repressioni e ingiustizie, è nostro dovere alzare la voce e opporci a tali violazioni. Sostenere la liberazione di Pakhshan Azizi significa sostenere la lotta per i diritti dei curdi e per la libertà di espressione di tutti coloro che si oppongono alle ingiustizie. Chiediamo che il Governo iraniano rispetti i diritti umani e ponga fine a queste pratiche repressive. La comunità internazionale deve essere unita nel condannare il regime iraniano per la detenzione di Pakhshan Azizi e richiederne l’immediata liberazione. Concludendo, il popolo curdo è simbolo di resistenza e di dignità, nonostante le avversità, continua a lottare per la propria identità e per un futuro migliore. Il nostro Consiglio regionale, anche nel suo piccolo, può rappresentare una luce di speranza. Possiamo fare la differenza unendo la nostra voce a quella di chi chiede giustizia e diritti per il popolo curdo e libertà per Pakhshan Azizi. Non lasciamo che il silenzio ci renda complici, sosteniamo il popolo curdo nella sua lotta per la libertà e la pace. Presidente – Ci sono altri interventi? La parola al consigliere Lucianaz. Lucianaz (RV) – Solamente per ricordare che il 15 dicembre del 2022 la collega Minelli aveva già espresso il suo sostegno al popolo iraniano che è vessato dal Governo dei fondamentalisti religiosi, ma lei stesso, presidente Bertin, il 24 ottobre 2019, con una risoluzione, aveva sostenuto l’iniziativa in difesa del popolo curdo, promossa dal consigliere barocco e ricordo che sempre questo Consiglio già il 20 gennaio 2016 aveva espresso con una risoluzione la condanna alle autorità turche per la violazione dei diritti civili e politici, così come il 28 gennaio 2010 sempre questo Consiglio con una risoluzione ha sostenuto la solidarité à l’égard du peuple curde suite è la reprise de la persécution ethnique. E ancora a marzo 2002 abbiamo avuto l’intervento interessante del consigliere Nicco che quel giorno aveva giustamente sostenuto il diritto del popolo curdo con il seguente testo della mozione: “Richiamata la tragedia del popolo curdo; ribadito il diritto di ogni popolo a decidere in piena libertà e responsabilità del proprio destino e di sostenere in ogni sede il diritto del popolo curdo all’autodeterminazione…”. Le iniziative quindi di questo Consiglio sicuramente non sono mancate, sono mancati i risultati. La posizione dei curdi non è assolutamente migliorata. Ricordava il collega Padovani che Ocalan è ancora incarcerato. Eh, è stato consegnato dal Governo italiano di Centro-Sinistra alle autorità turche. Bella vergogna internazionale anche quella volta! … Quando lui cercava rifugio in Italia. E ho apprezzato lo spirito autodeterminista del consigliere Padovani, per una volta ci troviamo quasi sulle stesse posizioni. Questo Consiglio ancora una volta sosterrà il popolo curdo, sosterrà il diritto di questo popolo. Io ricordo che il popolo catalano invece è sparito dagli schermi, naturalmente bisogna sostenere le politiche europee e quindi di certi popoli non bisogna più parlare. È una vergogna tutta europea e mi fermo qui con le mie assolute dichiarazioni del diritto di ogni popolo all’autodeterminazione, sancito dal diritto internazionale. Presidente – Ha chiesto la parola l’assessore Caveri, ne ha facoltà. Caveri (UV) – Sono ormai più di 100 anni che è stato negato al popolo curdo, un popolo di montagna, di avere un proprio Stato ed è stato spezzettato in quattro Stati. À tour de rôle questi quattro Stati, Turchia, Iraq, Siria e Iran, si accaniscono con questo popolo che, tra l’altro, in alcuni passaggi è stato anche molto importante, come la guerra contro l’Isis, se non ci fossero stati i militanti, i militari e anche le donne, perché questa è una cosa che colpisce molto: la capacità di impegno nella lotta bellica delle donne curde… Io sono contento che si parli dell’Iran, sono contento perché non solo la vicenda curda dimostra l’assoluta capacità di violenza di questo regime teocratico, abbiamo assistito nei mesi scorsi, negli anni scorsi, al tentativo soprattutto delle donne iraniane di reagire in un vuoto, talvolta assordante, come si dice, anche delle manifestazioni di piazza in Italia, così come si dimentica spesso il fatto che Hamas e gli Hezbollah sono feroci terroristi al soldo proprio dell’Iran. È giusto ricordare anche l’utilizzo della pena di morte che viene fatto in questo Paese. La collega Minelli ha raccontato delle donne che sono state uccise senza alcuna pietà, vengono uccisi anche i minorenni. La scena più importante si svolge quasi sempre all’interno dello stadio di calcio, dove otto-dieci persone vengono impiccate e nel 2024 sono state 901 le pene capitali che sono state erogate in questo Paese. A me è capitato, come credo a molti di voi, di incontrare degli esponenti curdi che raccontano con vivida lucidità i torti che hanno subito da parte di quel diritto internazionale che ancora oggi non solo per questo popolo, per questa Nazione senza Stato, ma anche in molte altre occasioni dimostra un atteggiamento molto cinico. Il Governo regionale e il Presidente mi hanno chiesto di intervenire, esprimo naturalmente un voto favorevole assieme alla maggioranza su questo testo di risoluzione che consente di accendere il faro su una delle migliaia e migliaia di vicende personali che hanno visto persone imprigionate, torturate e alla fine impiccate. Presidente – Metto in votazione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa. Presenti, votanti e favorevoli: 35 La risoluzione è approvata all’unanimità. Abbiamo esaurito l’ordine del giorno, il Consiglio finisce qui. — L’adunanza termina alle ore 17:16.
La delegazione di Imrali rilascia una dichiarazione dopo l’incontro con Abdullah Öcalan
La delegazione di Imralı del Partito per la democrazia e l’uguaglianza dei popoli (Partito DEM) ha rilasciato la seguente dichiarazione in merito all’incontro con il leader Apo tenutosi ieri, venerdì 25 luglio: Alla stampa e all’opinione pubblica, Come delegazione del Partito DEM a Imralı, abbiamo tenuto un incontro di tre ore e mezza con il signor Abdullah Öcalan il 25 luglio 2025 presso il carcere di Imralı. Abbiamo scambiato opinioni sui nostri recenti incontri come delegazione con il Presidente, il Ministro della Giustizia e i leader dei partiti politici. Abbiamo espresso impressioni e riflessioni sulla cerimonia dell’11 luglio per la distruzione delle armi. Il signor Öcalan ha espresso di aver trovato molto preziose le modalità di svolgimento della cerimonia, nonché la volontà, la convinzione e la determinazione per la pace dimostrate. Ha sottolineato la sua aspettativa che il lavoro attualmente all’ordine del giorno della commissione della Grande assemblea nazionale di Turchia (TBMM) contribuisca in modo significativo alla pace e alla democrazia attraverso un approccio globale e inclusivo. Ha esteso i suoi più sentiti saluti e i suoi migliori auguri al pubblico e a tutti i segmenti della società. Con saluti e rispetto, Delegazione del Partito DEM a Imralı 26 luglio 2025
Appello storico di Abdullah Öcalan
Il leader del popolo curdo Abdullah Öcalan ha lanciato un altro appello storico. L’agenzia stampa Firat News ha pubblicato il filmato dello storico appello. “Non credo nelle armi, ma nel potere della politica e della pace sociale e vi invito a mettere in pratica questo principio”, ha dichiarato Abdullah Öcalan. Anche i prigionieri del carcere chiuso di massima sicurezza di tipo F di İmralı si sono schierati in questo appello storico al fianco di Abdullah Öcalan. Ecco il video con l’appello storico di Abdullah Öcalan: Eticamente, mi sento in dovere di fornire, attraverso una lettera esaustiva – seppur ripetitiva – risposte esplicative e creative sui problemi, le soluzioni, i livelli raggiunti e la situazione concreta del nostro movimento di cameratismo comunalista. 1. Continuo a difendere l’appello per la “Pace e la società democratica”, [dichiarato il] 27 febbraio 2025. 2. Convocando il 12° Congresso di Scioglimento del PKK, avete fornito, con la giusta sostanza, una risposta positiva e completa al mio appello. Attribuisco alla vostra risposta un valore storico. 3. Il livello raggiunto è di grande valore e di rilevanza storica. Altrettanto preziosi e lodevoli sono gli sforzi dei compagni che hanno creato questo ponte comunicativo. 4. Al termine di questo processo, ho preparato un “Manifesto per una società democratica”, che deve essere valutato come una trasformazione storica. Questo manifesto possiede le caratteristiche necessarie per sostituire con successo il manifesto “La via per la rivoluzione del Kurdistan”, risalente a 50 anni fa. Credo che l’ultimo Manifesto abbia una sostanza storica e sociale non solo per la società curda storica, ma anche per la società regionale e globale. Non ho dubbi che incarnerà la tradizione storica dei manifesti. 5. Vorrei affermare chiaramente che tutti questi sviluppi sono il risultato degli incontri che ho tenuto a Imrali. È stata posta la massima cura affinché questi incontri si svolgessero sulla base del libero arbitrio. 6. Il livello raggiunto richiede nuovi passi per l’attuazione. Il progresso dipende inevitabilmente dall’enfatizzare e comprendere la natura storica di questo livello e dall’aderire alle sue necessità. A. Il movimento del PKK e la sua “Strategia di liberazione nazionale”, emersa come reazione alla negazione dell’esistenza [dei curdi] e quindi volta a creare uno stato separato, si sono sciolti. L’esistenza [dei curdi] è stata riconosciuta; pertanto l’obiettivo fondamentale è stato raggiunto. In questo senso ha fatto il suo tempo. Il resto è stato considerato un’eccessiva ripetitività e una situazione di stallo. Ciò costituirà la base per una critica e un’autocritica complete. B. La politica non conosce vuoti; pertanto il vuoto dovrebbe essere riempito con il programma della “Società Democratica”, la strategia della “Politica Democratica” e la tattica fondamentale del “diritto olistico”. Ciò a cui ci riferiamo è un processo determinante caratterizzato da un significato storico. C. Come necessità del processo, è importante ritirare volontariamente le armi e garantire l’operato completo di una commissione legalmente autorizzata istituita presso la Grande assemblea nazionale turca (TBMM). Pur evitando di cadere in illogici approcci del tipo “prima tu, dopo io”, è necessario compiere inesorabilmente il passo necessario. So che questi passi non saranno risparmiati. Vedo la sincerità e nutro fiducia. D. Pertanto, si sta cercando di fare progressi adottando misure più pratiche. Le principali tesi che propongo sono: 1) Una prospettiva integrazionista positiva permetterebbe al movimento di assumersi le proprie responsabilità e raggiungere il suo obiettivo di “Pace e Società Democratica”. Le argomentazioni sopra menzionate ci portano alla seguente conclusione: il PKK ha rinunciato al suo obiettivo nazionale-statalista; rinunciare al suo obiettivo fondamentale implica la rinuncia alla sua strategia militare e quindi porta alla sua dissoluzione. Questi punti storici attendono di essere approfonditi ulteriormente. 2) Dovreste accettare con serenità che la vostra garanzia della deposizione delle armi, di fronte alla testimonianza dell’opinione pubblica e degli ambienti interessati, non solo avvantaggerebbe la TBMM [Grande assemblea nazionale turca] e la Commissione, ma rassicurerebbe anche l’opinione pubblica e onorerebbe le nostre promesse. L’istituzione di un meccanismo per la deposizione delle armi farà progredire il processo. Ciò che è stato fatto è una transizione volontaria dalla fase della lotta armata a quella della politica e del diritto democratici. Questa non è una perdita, ma deve essere considerata una conquista storica. I dettagli della deposizione delle armi saranno specificati e attuati rapidamente. 3) Il DEM (partito), che è sotto l’egida del parlamento, farà la sua parte e collaborerà con gli altri partiti per garantire il successo del processo. 4) Quanto alla ” situazione della mia libertà”, che avete proposto come disposizione indispensabile nei testi di risoluzione del vostro [XII] Congresso, devo dire che non ho mai considerato la mia libertà una questione personale. Filosoficamente, la libertà dell’individuo non può essere astratta dalla [libertà della] società. La libertà dell’individuo è misura della libertà della società; e la libertà della società è misura della libertà dell’individuo. Le necessità dell’inclinazione saranno rispettate. Non credo nelle armi, ma nel potere della politica e della pace sociale e vi invito a mettere in pratica questo principio. Gli ultimi sviluppi nella regione hanno chiaramente dimostrato l’importanza e l’urgenza di questo passo storico. Vorrei sottolineare che non vedo l’ora di ricevere qualsiasi tipo di critica, suggerimento e contributo possiate dare in merito al processo. Affermo con ambizione e veemenza che queste discussioni ci porteranno, noi forze della Modernità Democratica, verso un nuovo programma teorico, verso una nuova fase strategica e tattica a livello nazionale, regionale e globale, ed esprimo il mio ottimismo e la mia disponibilità per gli sforzi preparatori. Quanto alle fasi future, vi invito ad impegnarvi a mettere in pratica le risoluzioni del [XII] Congresso, in linea con le opinioni e i suggerimenti di questa ultima lettera, e ad assicurare un progresso positivo. Auguri Abdullah Öcalan 19 giugno 2025   <iframe width=”630″ height=”400″ src=”https://www.youtube.com/embed/GiUmwfepnvc?si=xvYxkjoYl1lguRdM” title=”YouTube video player” frameborder=”0″ allow=”accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture; web-share” referrerpolicy=”strict-origin-when-cross-origin” allowfullscreen></iframe>
Öcalan scommette sulla pace: il PKK depone le armi e difende il confederalismo democratic
L’11 luglio a Sulaymaniyah una cerimonia simbolica segnerà l’inizio del disarmo del Pkk: è la sfida curda a nazionalismi e militarismo, per una rivoluzione civile e democratica Il leader Abdullah Öcalan ha lanciato un appello ai militanti del PKK a deporre le armi e l’11 luglio12 luglio è prevista una cerimonia simbolica di disarmo di una ventina – trenta attivisti del PKK a Sulaymaniyah (Iraq), come primo gesto concreto della rinuncia alla lotta armata. Öcalan , con la sua iniziativa di pace, ha compiuto un coraggioso azzardo storico: ha proposto una rivoluzione democratica , scommettendo sulla pace possibile. Dovrà ora decidere il governo turco, uscendo dalle ambiguità. Il primo atto dovrà essere la libertà per Öcalan e tutti i detenuti di pensiero e politici. Quale è l’anomala grandezza della proposta di Öcalan? In un Medio Oriente sconvolto da bombardamenti e annientamento di popoli, in un mondo che corre verso un riarmo bellicista, che militarizza anche l’immaginario collettivo verso sovranismi e nazionalismi, Öcalan propone pace e pratica disarmo. Il suo partito, il PKK, che proviene da una lotta armata durissima, da una guerra civile devastante, in un congresso drammatico e dai contenuti molto elevati, sceglie l’abbandono della lotta armata, la riconversione in un percorso di liberazione civile dal colonialismo. Questo processo è la proiezione politica della grande concezione teorica e sociale del “confederalismo democratico”, che si caratterizza per il superamento dell’idea dello “Stato nazione”, del sovranismo nazionalistico. Ritengo che il “l’autodifesa confederalismo democratico” non riguardi solo il processo di liberazione del popolo curdo; esso è un paradigma democratico che dovremmo anche noi elaborare e sperimentare, in una Unione Europea che veleggia veloce verso le autocrazie nazionaliste. E’ un progetto di rivoluzione politico, geopolitico, anche sociale. Che fonda sulla liberazione delle donne, sull’ecologismo, sulla democrazia dal basso, sull’autodifesa popolare. Il percorso di liberazione attraversa i villaggi; esso non riguarda solo le comunità curde, ma quelle arabe, assire, ezide, circasse, turkmene. Il “confederalismo democratico” non è un progetto separatista, secessionista. Esso sfida l’intera Turchia ad attuare radicali riforme democratiche, a migliorare la qualità della democrazia in un Paese sempre più oligarchico. Questo disegno è certamente complesso, di difficile realizzazione. È un azzardo, appunto; ma ha già costruito una rete di movimenti femministi, ecologisti, internazionalisti. Ne abbiamo discusso, giorni fa, in un incontro coordinato da Simona Maggiorelli, direttrice di Left nella sede del Senato italiano (con interventi di Yilmaz Orkan, Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia, Piero Bernocchi Cobas, Francesca Ghirra, Deputata AVS e altri). Perché è essenziale coinvolgere il Parlamento italiano in una iniziativa democratica e di pace  che è, oggi, unica in un mondo devastato dal bellicismo.   L’autore: Giovanni Russo Spena, già parlamentare, è giurista e costituzionalista e , Portavoce Comitato Libertà per Öcalan.   > Öcalan scommette sulla pace: il PKK depone le armi e difende il confederalismo > democratico
La delegazione europea chiede il rilascio immediato e incondizionato di Öcalan
ISTANBUL – “Affinché il processo democratico raggiunga il suo pieno potenziale, è fondamentale il rilascio immediato e incondizionato del signor Öcalan e di tutti gli altri prigionieri politici i cui diritti umani sono stati violati”, ha affermato la delegazione europea giunta ieri a Istanbul per visitare Abdullah Öcalan. Una delegazione di 39 persone provenienti da diversi paesi europei è arrivata ieri a Istanbul nell’ambito della campagna “Voglio visitare Öcalan”. La delegazione, composta da giornalisti, scrittori, accademici, sindacalisti, parlamentari e avvocati, ha tenuto una “tavola rotonda” presso un hotel di Taksim. Numerose persone, tra cui la co-portavoce del Congresso democratico dei popoli (HDK) Meral Danış Beştaş, il co-presidente del Partito delle regioni democratiche (DBP) Keskin Bayındır e Sebahat Tuncel del Movimento delle Donne Libere (Tevgera Jinên Azad-TJA), hanno partecipato all’incontro. Al termine dell’incontro è stato letto un testo congiunto. Ferhat Koçak, deputato federale del Partito della sinistra in Germania, ha letto il testo congiunto in turco, mentre Eulalia Reguant Cura, responsabile delle relazioni estere del CUP in Catalogna, lo ha letto in inglese. La dichiarazione recita: “Siamo solidali con il popolo curdo di fronte alla sistematica repressione dei suoi diritti e alla sua continua esclusione dal processo democratico in Turchia. Invitiamo le autorità turche ad adottare misure concrete per avviare un dialogo autentico e costruttivo e negoziati di pace con tutti i settori della comunità curda. Ribadiamo il nostro appello a tutti i movimenti, i partiti e tutti i popoli progressisti in Turchia affinché si impegnino per il successo di questo processo. Solo attraverso tale impegno si potrà raggiungere un cambiamento durevole e duraturo, aprendo la strada a una Turchia veramente democratica. Durante tutto questo processo, la Turchia deve rispettare i propri obblighi internazionali di rispettare, adempiere e proteggere i diritti umani di tutte le persone all’interno dei suoi confini. In un contesto internazionale sempre più segnato da ostilità e aggressioni, rimane un’opportunità storica per risolvere il conflitto curdo attraverso il dialogo e la negoziazione, pilastri fondamentali di ogni società democratica. Mentre il Medio Oriente è in fiamme e troppi paesi competono in una corsa agli armamenti sfrenata, Öcalan è una delle voci più forti nella regione a favore della pace e del disarmo. Il signor Öcalan ha rilasciato un appello coraggioso Il signor Öcalan ha lanciato un appello coraggioso e tempestivo al disarmo e allo scioglimento, in favore di una risoluzione pacifica e democratica di un conflitto che dura da oltre quarant’anni. Riconosciamo la visione del signor Öcalan di confederalismo democratico e la sua proposta più ampia per il Medio Oriente come modello non solo per la Turchia ma per l’intera regione. Affinché il processo democratico possa raggiungere il suo pieno potenziale, è fondamentale il rilascio immediato e incondizionato del signor Öcalan e di tutti gli altri prigionieri politici i cui diritti umani sono stati violati. La loro continua prigionia solleva serie preoccupazioni. È essenziale che i loro diritti umani siano rispettati durante la detenzione. In particolare, la continua e illegale privazione dei diritti fondamentali di Öcalan – dopo 26 anni di isolamento nel carcere dell’isola di Imrali – costituisce una violazione degli standard giuridici internazionali e nazionali. Come gruppo internazionale di attivisti, accademici, politici ed esperti di diritti umani, esortiamo il governo turco a rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. Facciamo appello al governo turco affinché agisca nel rispetto dei principi di giustizia, democrazia e pace. Continueremo a monitorare le misure adottate dal governo e auspichiamo una reale transizione verso una società pienamente democratica e inclusiva in Turchia.  
Lettera di Öcalan alla delegazione internazionale in visita in Turchia
Ai cari amici, Il fatto che abbiate affrontato un viaggio così lungo per portare all’attenzione la ricerca di libertà che si concretizza nella mia persona, e che abbiate espresso il desiderio di incontrarmi, ha per me un significato profondo e un grande valore. Prima di tutto, considero tale impegno non semplicemente come un atto di solidarietà individuale o una ricerca personale di libertà, ma come parte integrante della pace sociale, della soluzione democratica e della volontà dei popoli di vivere insieme in libertà. Non ho mai considerato la mia libertà personale separata dalla libertà collettiva. Ho sempre sostenuto che, in assenza di una libertà sociale costruita concretamente, le libertà individuali non possono acquisire un vero significato. Per questo, considero il vostro passo un contributo significativo e un appello coraggioso per il futuro democratico comune dei nostri popoli. Sono stato informato della vostra richiesta di incontro. Spero che in futuro si creino le condizioni per un tale incontro. In questa prospettiva, invio i miei saluti e il mio rispetto a tutti coloro che hanno contribuito a questo processo — non solo in riferimento a me, ma a tutti coloro che sostengono la volontà democratica e la ricerca di libertà dei nostri popoli. Con la speranza di incontrarci in giorni di libertà, in un ambiente dove si costruisca una società democratica… Abdullah Öcalan Carcere di Massima Sicurezza Tipo F di İmralı
Conferenza Stampa – “Verso la pace e una società democratica in Turchia” | 4 luglio 2025 – Senato della Repubblica
> Cari e care, > desideriamo invitarVi alla Conferenza Stampa dal titolo: > “Verso la pace e una società democratica in Turchia – Libertà per Abdullah > Öcalan e tutti i detenuti politici” > che si terrà Venerdì 4 luglio 2025, ore 11:00 presso la Sala Caduti di > Nassirya – Piazza Madama, Senato della Repubblica, Roma > L’iniziativa, promossa dal Sen. Giuseppe De Cristofaro , affronterà il ruolo > chiave di Abdullah Öcalan nel percorso verso una soluzione pacifica della > Questione Curda e l’urgenza di un impegno democratico e condiviso, a partire > dalla restituzione di alcuni partecipanti italiani alla delegazione > internazionale composta da circa 45 delegati da tutto il mondo, che > parteciperanno alla conferenza che si terrà a Istanbul nei giorni 1-2 Giugno. > Interverranno: > * Piero Bernocchi, Portavoce Confederazione COBAS > * Francesca Ghirra, Deputata AVS > * Daniela Patti, Co-presidente Volt Italia > * Giovanni Russo Spena, Portavoce Comitato Libertà per Öcalan > * Yilmaz Orkan, Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia > * Renato Franzitta, Esecutivo nazionale Confederazione COBAS > * Roberto Aprile, Esecutivo nazionale COBAS Lavoro Privato > > Saluti istituzionali: Sen. Giuseppe De Cristofaro > Modera: Simona Maggiorelli, Direttrice della rivista Left > Per partecipare è necessario accreditarsi scrivendo a: > segreteriapresidenzamisto@senato.it > (obbligo di giacca e cravatta per gli uomini). > > L’evento sarà trasmesso anche in diretta streaming sul canale YouTube del > Senato: https://www.youtube.com/@senatorepubblica > Cordiali saluti, > > Yilmaz Orkan > Direttore Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia
Il Consiglio d’Europa discuterà a settembre del “diritto alla speranza” di Abdullah Öcalan
ISTANBUL – Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha annunciato che esaminerà il rispetto da parte della Turchia delle sentenze sul “diritto alla speranza” riguardanti Abdullah Öcalan, Emin Gurban, Civan Boltan e Hayati Kaytan nella riunione di settembre 2025.   Durante la sessione del 12 giugno, il Comitato ha deciso di includere il cosiddetto “Gruppo Gurban” all’ordine del giorno della riunione di settembre. In tale occasione, il Comitato valuterà se la Turchia abbia adempiuto ai propri obblighi di garantire il diritto alla speranza per Abdullah Öcalan e gli altri prigionieri menzionati.  La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito il 18 marzo 2024 che l’irrogazione dell’ergastolo senza possibilità di libertà condizionata costituisce una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti). La sentenza ha confermato la violazione del “diritto alla speranza” di Abdullah Öcalan. La Corte ha chiesto alla Turchia di introdurre emendamenti legislativi che consentano l’attuazione di tale diritto. Sentenze simili sono state successivamente emesse per i prigionieri Hayati Kaytan, Emin Gurban e Civan Boltan.  Nonostante siano trascorsi più di 11 anni da quando sono state individuate le violazioni iniziali, la Turchia non ha adottato alcuna misura concreta per conformarsi a tali sentenze.   DOMANDA E RISPOSTA  Lo studio legale Asrin ha presentato un’istanza al Comitato dei Ministri il 9 agosto 2022, sollecitando l’attuazione delle sentenze della CEDU. Nella sua risposta, la Turchia ha affermato che la libertà condizionale è disponibile per coloro che scontano pene aggravate all’ergastolo, ma ha osservato che alcuni reati sono esclusi da questa possibilità.   Il Comitato dei Ministri ha riesaminato il caso durante la sessione del 17-19 settembre 2024, dal titolo “Gruppo Gurban/Turchia”. I rappresentanti hanno sottolineato che le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo richiedono l’istituzione di un meccanismo di revisione nazionale in linea con gli standard internazionali, non necessariamente il rilascio immediato dei ricorrenti.  Nella sezione intitolata “Misure generali”, il Comitato ha delineato quattro punti chiave:  *Ha ribadito che l’attuazione delle sentenze richiede misure legali o altre misure appropriate per creare un meccanismo di revisione delle condanne all’ergastolo aggravate dopo un periodo minimo, prevedendo la possibilità di rilascio a meno che non persista l’effetto deterrente della pena o il pericolo pubblico.  *Ha espresso profonda preoccupazione per la mancanza di progressi e ha fortemente incoraggiato le autorità turche ad adottare misure senza ulteriori indugi, basandosi sulle esperienze di altri Stati membri nell’istituzione di tali meccanismi.  *Ha nuovamente invitato le autorità turche a fornire informazioni sul numero di individui che scontano condanne all’ergastolo irriducibili senza possibilità di revisione.  *Ha deciso di riesaminare il “Gruppo Gurban” nella riunione di settembre 2025 e ha incaricato il Segretariato di preparare una bozza di risoluzione provvisoria se entro quella data non si saranno compiuti progressi tangibili.   MA / Diren Yurtsever 
Gerry Adams sostiene Öcalan: la sua libertà è fondamentale
L’ex leader dello Sinn Féin Gerry Adams ha appoggiato l’appello di Öcalan, affermando che “la sua libertà è fondamentale per il raggiungimento di un processo inclusivo che porti a un accordo politico”. Gerry Adams, presidente dello Sinn Féin tra il 1983 e il 2018 e una delle figure chiave del processo di pace nell’Irlanda del Nord, ha rilasciato una dichiarazione a sostegno dell’appello alla pace e alla società democratica lanciato dal leader del popolo curdo Abdullah Öcalan. La dichiarazione di Gerry Adams è come segue: Per troppo tempo ai popoli del Medio Oriente sono stati negati i loro diritti umani fondamentali, incluso il diritto fondamentale di tutti i popoli all’autodeterminazione nazionale. La dichiarazione del 27 febbraio del leader del PKK Abdullah Öcalan, che chiede”pace e una società democratica”, è stato un momento significativo. Lo Sinn Féin sostiene lo sviluppo di un processo di pace curdo-turco basato sui principi di inclusività, dialogo, rispetto reciproco, giustizia e uguaglianza. Io e il Presidente Nazionale dello Sinn Féin, Declan Kearney, MLA, abbiamo firmato una dichiarazione congiunta di altri leader a sostegno dell’appello di Abdullah alla pace. È fondamentale che qualsiasi processo di pace tra il governo turco e i rappresentanti politici curdi coinvolga tutte le parti. Il dialogo è essenziale. Soprattutto, lo Sinn Féin ritiene che Abdullah debba essere rilasciato dalla prigione: la sua libertà è fondamentale per il raggiungimento di un processo inclusivo che porti a un accordo politico. Allo stesso tempo, continueremo a sostenere gli sforzi per raggiungere una pace più ampia in Medio Oriente. Vogliamo vedere la fine della persecuzione del popolo palestinese da parte dello Stato israeliano. Go raibh míle maith agat (Grazie mille).”
Besê Hozat KCK: La pace richiede il ruolo di leadership di Abdullah Öcalan
La co-presidente del Consiglio esecutivo della KCK, Besê Hozat, ha dichiarato che il PKK ha deciso di porre fine alla lotta armata, ma ha avvertito che senza la libertà fisica e le riforme democratiche di Abdullah Öcalan, il processo non può procedere in modo sano e legittimo. “Solo il leader Apo [Abdullah Öcalan] può guidare questo processo, e ciò sarà possibile solo se sarà libero”, ha affermato il co-presidente del Consiglio esecutivo del KCK Besê Hozat durante un’intervista televisiva trasmessa lunedì su Medya Haber TV, avvertendo che la decisione del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) di sciogliersi e cessare la lotta armata dipende interamente dalla capacità di Abdullah Öcalan di vivere e agire liberamente. Besê ha valutato la recente decisione del XII Congresso del PKK di porre fine alla sua decennale campagna armata, collegandone l’attuazione a una tabella di marcia che deve iniziare dal governo turco. "Il congresso ha preso una decisione chiara: il PKK pone fine alla lotta armata. Ma questa risoluzione non potrà essere attuata finché non saranno create le condizioni per la libertà del leader Apo e finché non sarà riconosciuto e garantito il diritto alla politica democratica attraverso riforme legali e costituzionali", ha dichiarato Besê Hozat. Il PKK è stato fondato nel 1978 e ha iniziato la sua insurrezione contro lo Stato turco nel 1984. Il leader del movimento, Abdullah Öcalan, è detenuto in isolamento sull’isola di İmralı dal 1999. Nonostante il suo isolamento ha svolto periodicamente il ruolo di interlocutore centrale nelle passate iniziative di pace. Tra il 5 e il 7 maggio, durante il congresso del PKK, il gruppo ha dichiarato che si sarebbe sciolto e avrebbe deposto le armi – una decisione plasmata da quella che Hozat aveva descritto come la “leadership, la direzione e la visione” di Öcalan per la pace e la società democratica. Ha osservato che il congresso si era svolto solo perché le prospettive di Öcalan avevano “guidato” il movimento. Tuttavia Besê Hozat ha avvertito che la stagnazione politica e la mancanza di serietà del governo rischiano di indebolire il processo. “Il Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) e il blocco al potere stanno prendendo tempo. Non c’è stato alcun passo avanti verso la riforma giuridica o il riconoscimento dei diritti democratici”, ha affermato, criticando l’attenzione del governo sul disarmo senza affrontare i prerequisiti. Ha anche sottolineato la necessità di un nuovo “contratto sociale” sotto forma di una costituzione democratica che garantisca i diritti curdi e la partecipazione politica. “Senza tutto questo, non ci sarà una vera transizione dalla resistenza armata alla politica democratica”, ha aggiunto. Secondo Besê Hozat, la strada da seguire è chiara: “Solo se Öcalan sarà libero e potrà interagire con tutte le parti come interlocutore legittimo, si potranno deporre le armi. Questi combattenti non spariranno né si arrenderanno: devono essere inclusi nella vita politica democratica”. Ha criticato sia i media statali che il linguaggio politico dominante nel dibattito pubblico, descrivendolo come “tossico”, e che alimenta l’ostilità nazionalista. “Questo linguaggio avvelena la società e blocca la pace”, ha affermato. Sottolineando la dimensione internazionale, Besê ha affermato che potenze straniere, tra cui la Germania, stanno traendo profitto dal conflitto e agendo contro l’iniziativa di pace. Ha citato l’arresto del leader curdo Yüksel Koç in Germania come “prova che l’Europa non vuole che questo processo abbia successo”. Riguardo agli sviluppi regionali ha affermato che il ruolo della Turchia in Siria sarebbe insostenibile se continuasse con le sue politiche anti-curde. “Se la Turchia vuole avere un ruolo futuro in Siria, deve fare la pace con i curdi”, ha affermato. A livello nazionale, Besê Hozat ha invitato i partiti di opposizione ad adottare misure più coraggiose. Ha riconosciuto che il Partito repubblicano del popolo (CHP) ha rilasciato dichiarazioni positive, ma ha affermato che rimangono insufficienti. “Devono riconoscere Öcalan come un attore legittimo. Senza ciò non stanno realmente partecipando a questo processo”, ha affermato. Descrivendo gli scontri militari in corso nelle zone di difesa di Medya come conseguenza della continua aggressione turca, ha affermato che il PKK ha dichiarato un cessate il fuoco e ora lascia la questione di “chi vuole la guerra e chi vuole la pace” al giudizio pubblico.