Storica decisione della Catalogna: il sionismo è una forma di razzismo
Il Parlamento catalano riconosce il sionismo come forma di razzismo, chiede il
taglio dei rapporti con Israele e fa un passo decisivo contro il genocidio e
l’apartheid in Palestina.
In un atto di straordinario coraggio politico e di fermezza etica, il Parlamento
della Catalogna ieri, 24 luglio 2025, ha approvato oggi una risoluzione
storica che potrebbe segnare un punto di svolta nella lotta globale per i
diritti del popolo palestinese. Per la prima volta dalla revoca della storica
risoluzione ONU del 1975 (abrogata nel 1991), un parlamento
riconosce ufficialmente il sionismo come una forma di razzismo.
La risoluzione, proposta da ERC, CUP e la Coalizione “Basta Complicità con
Israele” (CPCI), con l’appoggio di Comuns, PSC e parzialmente Junts, punta
dritta al cuore della complicità istituzionale, economica e diplomatica con lo
Stato di Israele, e chiede con forza l’interruzione di ogni legame finché Tel
Aviv continuerà a violare sistematicamente i diritti fondamentali del popolo
palestinese.
I punti chiave della risoluzione
* Riconoscimento del sionismo come ideologia razzista, diventando il primo
Parlamento al mondo a farlo dal 1991.
* Stop agli appalti pubblici per le aziende che collaborano con il regime
israeliano di apartheid, occupazione e colonialismo, incluse quelle presenti
nel database dell’ONU per gli insediamenti illegali.
* Rottura dei rapporti istituzionali tra la Generalitat e Israele fino al
rispetto dei diritti fondamentali del popolo palestinese.
* Veto all’attracco nei porti catalani di navi coinvolte nel traffico di armi o
materiali bellici destinati a Israele.
* Sostegno esplicito alla causa presso la Corte Internazionale di Giustizia e
richiesta allo Stato spagnolo di un embargo militare totale contro Israele.
* Rifiuto della partecipazione israeliana alla Fira de Barcelona, inclusi
padiglioni e aziende complici, in coerenza con le nuove linee guida etiche.
Una svolta che nasce dal basso
Questa risoluzione è frutto di una mobilitazione civile tenace e trasversale,
che ha coinvolto associazioni, movimenti e cittadini impegnati nel sostegno alla
Palestina. Non è un gesto isolato: segue infatti la decisione del Comune di
Barcellona (30 maggio) di adottare una linea simile, la chiusura dell’ufficio
catalano a Tel Aviv da parte della Generalitat e l’annuncio del premier Pedro
Sánchez di lavorare a un embargo sulle armi verso Israele.
Un primo passo concret
Il Movimento di Solidarietà con la Palestina, che da anni denuncia la complicità
politica ed economica dell’Europa con Israele, saluta la risoluzione come un
primo passo fondamentale:
“Israele può continuare a commettere i suoi crimini solo grazie alla complicità
istituzionale e aziendale. Misure come queste iniziano a rompere il muro
dell’impunità. Ma ora serve coerenza e volontà politica per attuare ogni punto
votato”.
La tempistica è drammatica: la risoluzione arriva a 21 mesi dall’inizio del
genocidio a Gaza e a poche ore dalla decisione della Knesset israeliana
di annettere ufficialmente la Cisgiordania e la Valle del Giordano, segnando
un’ulteriore escalation nell’occupazione e nel disprezzo del diritto
internazionale.
E ora?
Con due delle tre istituzioni del consorzio Fira de Barcelona (Comune e
Parlamento) che si oppongono alla presenza israeliana, cresce la pressione
per cancellare il padiglione di Israele previsto per lo Smart City Congress di
novembre. Ma non si tratta solo di fiere o simboli: è in gioco il rifiuto della
normalizzazione con un regime che pratica apartheid, colonialismo e violenze
sistematiche contro una popolazione sotto occupazione.
La Catalogna ha parlato. Ora tocca al resto d’Europa.
Se non ora, quando?
Giuseppe Salamone
Redazione Italia