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Guerra alla guerra: dal Festival dell’Alta Felicità in Val Susa il più deciso NO al riarmo e al Genocidio in Palestina
Tra i momenti più importanti all’interno del programma del Festival dell’Alta Felicità che si è concluso pochi giorni fa a Venaus, merita senz’altro una menzione speciale l’assemblea in tema di Guerra alla Guerra, Stop Riarmo, Stop Genocidio, bella e partecipata sotto il tendone-dibattiti di domenica 27 luglio. Guerra alla Guerra  sarebbe in realtà il titolo di un libro che un certo Ernest Friedrich – cittadino prussiano, anarco-pacifista, reduce da un buon numero di anni di prigione per essersi rifiutato di partecipare alla 1ma Guerra Mondiale – decise di pubblicare un centinaio di anni fa per documentare quegli orrori che lui era riuscito a schivare, ma non la maggior parte dei suoi coetanei: i corpi trucidati in trincea senza possibilità di soccorso, le amputazioni, la sofferenza inflitta alle popolazioni, impressionante raccolta di 180 immagini rintracciate in vari archivi militari, che rilegò e pubblicò a sue spese con il titolo appunto Krieg del Kriegel (Guerra alla Guerra),  Riferimento e titolo quanto mai perfetto, dunque, per questa assemblea che era stata per tempo convocata tra il maggior numero di realtà territoriali, in forma di appello “per tutt* coloro che sentono la necessità di sviluppare un percorso il più possibile largo e partecipato contro la guerra, contro il riarmo dell’Europa e per dire NO al genocidio in Palestina; tutt* coloro che già si mobilitano e vogliono condividere i loro percorsi, mettersi in dialogo e convergere, per curvare un destino che sembra ormai ineluttabile (…) confidando nella capacità di far confluire e moltiplicare le occasioni che si potranno aprire nell’accelerazione degli eventi.” Assemblea che si è aperta con il messaggio di solidarietà all’equipaggio della nave Handale della Freedom Flotilla, che solo la notte prima era stata arrestata dall’esercito israeliano, e con gli applausi per la liberazione dell’attivista libanese George Ibrahim Abdullah, dopo una detenzione di 40 anni nelle carceri francesi. Il microfono è passato poi a Nicoletta Dosio che rievocando alcuni momenti cruciali nella storia del Movimento Notav, ha sottolineato il valore della solidarietà e della resistenza “soprattutto nei momenti di sconforto: voglio qui esprimere la gioia di vedere tanti volti giovani, in questo luogo, la piana di Venaus, che è stato il teatro di quell’epica vittoria per il nostro Movimento all’interno di una lotta che all’inizio sembrava impossibile. Un percorso che, a partire dalla fine degli anni ’80, è stato lungo ma è stato soprattutto di crescita collettiva, mentre la guerra ci arrivava in casa, letteralmente. Con i militari reduci dalle guerre in Afghanistan, con i loro strumenti di morte, con i primi Lince che abbiamo visto in Clarea, le zone rosse a interdire il passaggio in territori che erano nostri. E questa è la grande lezione del Movimento No Tav: il territorio è una prima cellula di una realtà che si allarga, che abbraccia tanti problemi. Lo abbiamo detto tante volte. La nostra non è solo una lotta contro un treno, ma l’opposizione a tutto un sistema, che è lo stesso che vuole le guerre. E quindi l’unica possibile risposta a questa aggressione è la ricomposizione delle lotte: mettere insieme i temi del lavoro con le proteste per la casa, nelle università, nelle piazze, contro le solitudini. La lotta contro il Tav è andata avanti per tutti questi anni anche perché è stata una risposta alla sensazione di impotenza, se non di sconfitta, a quella ‘pigrizia del cuore’ che ci fa prende, a volte. (…) E noi dobbiamo imparare a resistere attingendo anche agli esempi del passato, non solo alla lotta partigiana, ma alla storia di continui scioperi dei ferrovieri, delle Officine Moncenisio che ebbe luogo non lontano da qui, nel comune di Condove, come rifiuto di tutti i lavoratori compati nei confronti di una produzione mortifera. La nostra è una Guerra alla Guerra perché come ben sappiamo quel treno è stato progettato come vettore di morte, lungo uno dei tanti corridoi militari che sono stati previsti da chi ci governa, precorrendo i tempi…” Dopo di lei è stata la volta di Marta Collot (Potere al Popolo) che ha ribadito la necessità di andare oiltre il No Rearm Europe: “dobbiamo dire con chiarezza che siamo contrari a qualsiasi progetto di riarmo europeo che ci venga proposto all’insegna della sicurezza, e la lotta alla NATO dovrà essere un elemento centrale della nostra opposizione alla guerra, non solo per la richiesta di aumento delle spese militari, che comporteranno un massacro sociale, ma perché le basi militari nei nostri territori rappresentano già un problema enorme per la sicurezza di tutti noi!”. Dal Movimento No Base di Pisa, da anni in lotta contro l’ennesima base militare, è arrivata una chiara consapevolezza circa l’irreversibilità del progetto “non perché debba considerarsi battaglia persa, ma perché qualunque sia l’opposizione la macchina sta andando avanti, ingenti investimenti sono stati fatti nella crescente cooptazione delle istituzioni comprese scuole e università, in un clima di segretezza che conferma quello che non è uno slogan ma una realtà: le guerre non scoppiano, piuttosto si preparano“. E tuttavia, anche in questo clima di crescente militarizzazione, ecco palesarsi delle opportunità: di reagire, organizzarci, darci degli obiettivi, mobilitarci insieme, nella sempre più capillare conoscenza delle problematiche che caratterizzano i nostri territori e dell’urgenza di costruire alleanze in grado di incidere. Per esempio recentemente abbiamo scoperto un accordo quadro da un miliardo di euro per la realizzazione di 29 infrastrutture militari !!! tra cui la nostra, oltre che in Piemonte, Puglia, Emilia Romagna, nei pressi di Bolzano… su questa traccia intendiamo lavorare, a più mani e a più voci.” Tantissimi gli interventi da parte delle realtà presenti, che per esigenze di spazio ci limiteremo ad elencare. Da Roma è intervenuto Quarticciolo Ribelle che ha ribadito l’importanza di dare voce alla società civile, intesa come realtà di collettivi e movimenti. Tra le realtà che in Italia si sono maggiormente impegnati per la Palestina, sono intervenuti i Giovani Palestinesi, Intifada studentesca, Udap. Per il movimento dei lavoratori portuali che concretamente si oppongono al transito di armi sono intervenuti i GAP di Livorno e i CALP di Genova. E poi le realtà transfemministe di Non Una di Meno, oltre a Extinction Rebellion, il Movimento Disoccupati 7 novembre  da Bagnoli e da Vincenza il movimento Notav e vari centri sociali dal Nord Est d’Italia. Della campagna Stop ReARM ha parlato la portavoce di Arci Nazionale che ha ribadito la necessità di una mobilitazione europea: Stop Rearm Europe! E poi ancora la Rete No DL Sicurezza che ha ricordato l’appuntamento del 21 settembre; Reset; gli operi della Tubiflex e di USB; i Movimenti di lotta per la casa di Roma, Militant… Una lunga, densa, ottimamente condotta e davvero importante assemblea che, ha posto le basi per un percorso collettivo che punti alla ricomposizione delle differenze e alla costruzione di un’unità il più possibile ampia e incisiva, con obiettivi condivisi, e in una prospettiva di lungo periodo. E “senz’altro tutti in convergenza” come ha concluso Dario Salvetti della GKN di Firenze, riprendendo il loro storico slogan. Prossimo appuntamento di mobilitazione nazionale: 8 novembre a Roma- E sarà un’ennesima data tra le tante già annunciate di questo molto prossimo autunno che, tra l’Altra Cernobbio (5-6 settembre), la Università Estiva di Attac (12-14 settembre) e vari altri appuntamenti andando verso la Marcia Perugia-Assisi (12 ottobre) si preannuncia bello caldo davvero. Centro Sereno Regis
Carlo è vivo e lotta insieme a noi
A UNA SETTIMANA DALL’ANNUALE ‘PER NON DIMENTICARLO’ CHE SI È TENUTO A GENOVA E CHE GIÀ ABBIAMO RACCONTATO QUALCHE GIORNO FA, RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO QUESTO CONTRIBUTO DI NICOLETTA DOSIO E CON L’OCCASIONE LA REGISTRAZIONE DEL SUO BELLISSIMO INTERVENTO CHE TROVATE A FINE ARTICOLO. BUONA LETTURA E BUONA VISIONE! 20 LUGLIO 2001-20 LUGLIO 2025 Carlo è vivo e lotta insieme a noi. Genova ci ha accolti con la mole di una nave da crociera così grande da sottrarre ogni vista di mare: decine di piani, migliaia di finestrelle che, a vederle, danno l’angoscia e non fanno certo pensare all’avventura del viaggio, ma allo stress del vivere compressi, intrappolati nell’anonimato della folla. Ma piazza Alimonda è dolce e fraterna in questo pomeriggio che ogni anno si ripete sul filo del ricordo. Non abbiamo dimenticato Carlo e lo rivediamo mentre, in queste stesse ore di ventiquattro anni fa, insieme a tanti altri giovani come lui, percorre queste strade portandosi addosso null’altro che i suoi vent’anni, la canottiera bianca, il rotolo di scotch infilato al braccio e lo sguardo azzurro, sincero di ragazzo. Foto di Mario Luca Bariona A piazza Alimonda Carlo fu ammazzato, colpito a morte dalle forze dell’ordine costituito, il braccio armato del G8 che in quei giorni, per le vie di Genova, celebrò i riti della globalizzazione capitalistica in un bagno di sangue di cui la morte di Carlo fu il tragico culmine. Oggi qui a ricordare ci ritroviamo in tanti, i vecchi compagni e i giovani venuti dopo sulla via delle lotte. E ancora sventolano le bandiere e gli striscioni di allora a denunciare il presente del sistema di sempre, guerrafondaio e assassino. “LA LORO PACE E LA LORO GUERRA SONO COME IL VENTO E LA TEMPESTA: LA LORO GUERRA UCCIDE QUEL CHE ALLA LORO PACE È SOPRAVVISSUTO”. La lirica di Brecht mi risuona in testa mentre ascolto gli interventi dal palco che denunciano come la pace armata di allora sia diventata la guerra aperta di oggi. La loro pace, devastando diritti, senso di solidarietà sociale e ambientale, cultura dell’accoglienza, internazionalismo degli sfruttati, ha aperto la strada agli orrori della loro guerra. Una guerra imperiale e coloniale che dura da sempre e che ora si fa pulizia etnica contro il popolo Palestinese, genocidio a suon di bombe e di morte per fame, praticato dallo stato di Israele con il sostegno del capitalismo mondiale e dei governi ad esso asserviti. In piazza Alimonda risuonano canzoni e parole e non c’è ambiguità né rassegnazione. Rabbia e festa stanno insieme come allora, in quella Genova 2001, quando le barriere delle “zone rosse”, innalzate a protezione dei potenti, nulla potevano contro il dilagare della protesta. Ed al divieto di stendere panni da balcone a balcone, emesso dalla questura in nome di un presunto decoro urbano, la città rispondeva con l’l’ironico, allegro sventolìo di maglie, mutande, camiciole, calzini stesi in lunghe file ad asciugare lungo tutte le vie del centro storico. HAIDI Oggi sono tanti i sorrisi, gli abbracci, grande la gioia del ritrovarsi, ma il cuore della giornata è lei, la mamma di Carlo, la dolce Haidi che siede modestamente dietro il palco e, nel tempo, ha saputo fare del dolore un talismano contro la rassegnazione, una ragione forte di testimonianza e di resistenza collettiva. Quando ripartiamo verso la Valle è ormai sera, una sera luminosa che penetra nei caruggi accarezzando muri scrostati e affreschi signorili. In quest’ora Genova, deposta la concretezza mercantile, si riveste di malinconia. Le navi da crociera hanno lasciato il porto e, dalla soprelevata che, come una spina dorsale, attraversa tutta la città, riusciamo a vedere in lontananza uno spicchio di mare. --------------------------------------------------------------------------------   Tags: Carlo Giuliani, G8, Genova, Valle di Susa Centro Sereno Regis