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Marco Cavallo torna a camminare per i diritti
Marco Cavallo, simbolo della lotta per la libertà e i diritti, il cavallo azzurro, nato nel 1973 dai pazienti e operatori del manicomio di San Giovanni a Trieste durante l’esperienza di Franco Basaglia, attraverserà i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) italiani, in cui vengono trattenute persone straniere in attesa di rimpatrio. «Strutture che,» – spiegano i promotori – «per molti versi, ricordano gli OPG, ma che forse sono ancor più crudeli dal punto di vista umano». Notizie/CPR, Hotspot, CPA MARCO CAVALLO SCENDE IN PIAZZA: UN VIAGGIO CONTRO I CPR, LAGER DEL PRESENTE Si parte con una manifestazione a Gradisca d'Isonzo - Gorizia il 6 settembre 29 Luglio 2025 Il progetto, lanciato a febbraio dal Forum Salute Mentale ha raccolto decine di adesioni da associazioni, gruppi, operatori, comitati, attivisti 1. Il viaggio partirà ufficialmente il 6 settembre da Gradisca d’Isonzo 2, da uno dei CPR più duri dove le violenze sistematiche e le condizioni degradanti sono state documentate più volte. Una scelta tutt’altro che casuale quindi: questo centro è da sempre teatro di violenze, malattie lasciate senza cura e abusi quotidiani. Denunce recenti della rete Mai più lager – No CPR hanno raccontato l’estate di chi è rinchiuso lì: celle roventi, scabbia che si diffonde senza che le autorità intervengano, ragazzi che tentano il suicidio, autolesionismi ripetuti. E ancora le denunce di pestaggi notturni con manganelli, come quello che a maggio ha colpito un giovane con problemi psichici e fisici, o la violenza contro S., ventenne che a fine agosto si è procurato tagli profondi e, dopo aver chiesto aiuto e filmato la risposta sprezzante degli agenti, è stato picchiato per strappargli il cellulare dalle mani. «Agosto è il mese peggiore,» – sottolineano le attiviste nella sintesi di quanto accaduto in questo mese – «in cui emarginazione ed abbandono si fanno più vivi e i già scarsi servizi del gestore (presidio della salute compreso) che diventano inconsistenti quando non si estinguono del tutto». Tutto questo avviene in un contesto in cui l’uso degli smartphone, consentito a Gradisca e a Milano (ma non negli altri CPR, compreso quello in Albania), permette di far filtrare qualche prova. Negli altri centri regna invece il buio, con un telefono a sezione e nessuna possibilità di documentare, lasciando campo libero a insabbiamenti e violenze impunite. Un viaggio di solidarietà e testimonianza Il viaggio – frutto di un lavoro collettivo che sta coinvolgendo associazioni, gruppi e cittadini – prevede diverse tappe. Marco Cavallo consegnerà alle persone trattenute nei CPR lettere scritte dai sostenitori, portando un messaggio di vicinanza e speranza. Sarà accompagnato da bandiere realizzate con tessuti di scarto, simbolo poetico di legami e vite intrecciate. Il regista Giovanni Cioni documenterà l’intero percorso per realizzare un film che custodisca e diffonda le voci raccolte lungo la strada. Il 5 settembre, alle 17, al cinema Ariston di Trieste, amici, sostenitori, cittadini e associazioni potranno salutare Marco Cavallo prima della partenza, con la presentazione del progetto da parte dello psichiatra Peppe Dell’Acqua e la proiezione del film Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza della regista Erika Rossi. Il viaggio toccherà poi Milano, Roma, Palazzo San Gervasio, Brindisi e Bari, con iniziative pubbliche e momenti di confronto documentati sul Forum Salute Mentale. Questo viaggio si intreccia con la campagna “180 Bene Comune. L’arte per restare umani”, promossa dal Forum Salute Mentale. La legge 180 non è soltanto quella che ha chiuso i manicomi, ma un presidio di civiltà che riguarda tutti: parla di diritti, di riconoscimento dell’altro, della capacità di convivere tra diversità – dentro e fuori di noi. Oggi, mentre si tenta di dimenticare quella legge, i CPR rischiano di diventare le nuove istituzioni della segregazione e della violenza sociale. È per questo che Marco Cavallo ha deciso di rimettersi in viaggio. Ha nitrito di rabbia nell’apprendere cosa accade dentro questi luoghi, con il desiderio di abbatterne i muri; poi, parlando con Peppe Dell’Acqua, ha riconosciuto che questo è ancora una volta il suo momento: trasformare la collera in cammino, in testimonianza, in denuncia. «Sono vecchio e stanco» – confida – «ma ogni volta che mi chiamano in questi luoghi di dolore non posso che rimettermi in movimento» 3. 1. Adesioni a questo link ↩︎ 2. Per sostenere il progetto clicca qui ↩︎ 3. Leggi: Sono una bandiera di libertà: per questo viaggerò nei Cpr italiani. Veronica Rossi intervista Marco Cavallo ↩︎
Marco Cavallo scende in piazza: un viaggio contro i CPR, lager del presente
Marco Cavallo è una grande scultura azzurra, alta circa quattro metri, realizzata nel 1973 dai pazienti e dagli operatori del manicomio di San Giovanni a Trieste, durante l’esperienza di Franco Basaglia. Nella sua pancia, i ricoverati inserirono biglietti con i loro desideri. Il 21 gennaio 1973 Marco Cavallo fu portato fuori dal manicomio in un corteo che abbatté muri fisici e simbolici. Quel momento divenne il simbolo della lotta contro l’internamento psichiatrico e per la libertà, contribuendo alla riforma che chiuse i manicomi in Italia. Oggi Marco Cavallo torna a camminare per abbattere un’altra forma di esclusione: i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR). Il progetto, lanciato a febbraio, dal Forum Salute Mentale e inserito nella campagna nazionale #180 Bene Comune, ha già raccolto decine di adesioni da associazioni, gruppi, operatori, comitati, attivisti e reti locali e nazionali 1. Un fronte plurale che chiede con forza la chiusura dei CPR e la fine della detenzione amministrativa. «Come poteva il Forum della Salute Mentale, che tanto si è battuto per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari e che accompagnò il Cavallo azzurro nelle manifestazioni, restare indifferente davanti allo scandalo dei CPR?» scrive Francesca de Carolis, una delle voci editoriali del Forum. «Strutture che, per molti aspetti, ricordano gli OPG, ma che sono ancora più crudeli. Qui sono rinchiuse persone il cui “reato” è stato varcare un confine, spinte da guerre, difficoltà economiche e dal desiderio legittimo di una vita migliore. Migranti colpevoli di “desiderio di vivere”». Nel suo articolo de Carolis racconta come Marco Cavallo si muova verso i CPR per denunciarne l’orrore. Oggi in Italia ci sono dieci CPR, nati con la legge Turco-Napolitano del 1998 e trasformati nel tempo, con la recente legge Minniti-Orlando che ha prolungato la detenzione fino a 180 giorni. Il viaggio ufficiale di Marco Cavallo partirà il 6 settembre con una manifestazione a Gradisca d’Isonzo. Nei mesi successivi farà tappa a Milano, Roma, Gradisca e altre città. Ogni fermata di questo percorso di denuncia, sarà un’occasione per portare alla luce la realtà dei CPR, raccontare storie dimenticate e denunciare la disumanizzazione di chi vi è rinchiuso. Ogni tappa prevede assemblee pubbliche, performance, letture e momenti di riflessione collettiva. Il Forum Salute Mentale ha lanciato anche una campagna di raccolta fondi per coprire le spese del viaggio (trasporti, accoglienza, materiali, supporto tecnico), coinvolgendo concretamente la società civile. Marco Cavallo non è solo una scultura: è un corpo collettivo in cammino, una memoria che non vuole tacere, un sogno di libertà senza confini. Unitevi al viaggio. 1. Qui le adesioni ↩︎
Bari, fuoco e repressione nel CPR: la protesta che nessuno vuole vedere
In Puglia sono attualmente attivi due Centri di Permanenza per il Rimpatrio: uno a Bari-Palese, l’altro a Restinco, frazione di Brindisi 1. Entrambe le strutture si trovano in aree periferiche, militarizzate e difficilmente accessibili da osservatori esterni. Quello di Bari 2 è attivo come CPR dal 2017; ad oggi, vi sono state trattenute circa 750 persone. Ed è proprio in questo centro che, nella notte tra il 22 e il 23 luglio, è esplosa una nuova protesta. Le persone recluse hanno appiccato incendi all’interno dei moduli detentivi, incendiando materassi e suppellettili. Alcuni si sono rifugiati sui tetti per sfuggire al fumo, lanciando slogan come “libertà” e “tutti liberi”. Le rivolte sono l’esito di condizioni di detenzione estreme: caldo insopportabile, scarsa igiene, cibo avariato, deterioramento della salute fisica e mentale. Gli attivisti della rete Mai più lager – No ai CPR documentano un clima di disperazione, con episodi di autolesionismo e tentativi di fuga, in un contesto in cui l’unico orizzonte possibile resta la detenzione stessa. Secondo quanto riferito dai collettivi locali – che denunciano le «condizioni disumane» del centro e si sono recati subito sul posto documentando con foto e video gli incendi – una delle persone trattenute ha riportato fratture agli arti durante un tentativo di fuga, restando intrappolata per ore senza ricevere soccorsi. La Prefettura ha dichiarato che l’assistenza medica è avvenuta tempestivamente, ma la discrepanza tra le dichiarazioni ufficiali e le testimonianze raccolte all’interno alimenta il sospetto che il sistema operi in una condizione di opacità. L’intervento delle forze dell’ordine per sedare le proteste è stato descritto come violento da attivisti e testimoni diretti, con punizioni collettive e isolamento forzato. PROTESTA DI INIZIO LUGLIO E PROCESSO LAMPO Anche all’inizio di luglio erano state denunciate proteste da parte dei detenuti. La segnalazione era stata lanciata dalla comunità Intifada Studentesca, che ha riferito di «tantissime persone salite sui tetti in segno di rivolta» durante il primo fine settimana del mese, per chiedere di parlare con la direttrice della struttura. Un episodio specifico, avvenuto nei primi giorni di luglio, ha visto tre persone recluse – tutti incensurate – protagoniste di una protesta interna più contenuta, che è però sfociata in arresti in flagranza. Nel processo per direttissima, davanti al giudice Mario Matromatteo, hanno spiegato di aver agito dopo settimane di condizioni igienico-sanitarie degradanti e totale mancanza di ascolto da parte delle autorità. Dopo tentativi pacifici, come lo sciopero della fame, hanno deciso di protestare in modo più eclatante. «Portateci in carcere, ma non di nuovo in quell’inferno», è una delle frasi che hanno detto. 3 Assistiti dalle avvocate Loredana Liso e Uliana Gazidede, i tre hanno patteggiato sei mesi di reclusione con pena sospesa (dequalificati da “organizzatori” a semplici partecipanti), mentre il giudice ha disposto il trasferimento degli atti e del verbale dell’udienza alla Procura, affinché siano verificate le condizioni del centro e accertate eventuali responsabilità legate alla sua cattiva gestione. ATTI DI AUTOLESIONISMO Il 1° maggio 2025 un giovane trattenuto all’interno del centro, dopo una settimana di sciopero della fame, è stato portato all’ospedale San Paolo di Bari in seguito all’ingestione di shampoo. Accanto alla denuncia dell’evento, sono emerse testimonianze su atti di autolesionismo compiuti da un secondo “ospite” del centro e sul tentato suicidio di un terzo. L’assemblea No CPR Puglia ha inoltre segnalato l’abuso di psicofarmaci, l’uso sistematico di isolamento dei detenuti, l’erogazione di pasti deteriorati e una scarsa assistenza medica. STRETTA DEL GOVERNO SULLE VISITE ISPETTIVE NEI CPR Non sarà semplice, ora, poter appurare i fatti e verificare le condizioni dei detenuti: il diritto di ispezione sulle strutture è stato progressivamente compromesso. Una circolare del Ministero dell’Interno, datata 18 aprile 2025, ha introdotto nuove restrizioni formali all’accesso di parlamentari, consiglieri regionali ed eurodeputati nei CPR. Le visite “ispettive” sono state ridimensionate – nella pratica, ostacolate – imponendo che gli accompagnatori siano “soggetti funzionalmente incardinati”, una condizione non prevista dalla normativa primaria, che di fatto limita l’accesso indipendente a queste strutture di detenzione amministrativa. Approfondimenti/Circolari del Ministero dell'Interno/CPR, Hotspot, CPA CPR: VIETATO ENTRARE Il Ministero dell’Interno limita e depotenzia le visite ispettive ai Centri di Permanenza per i Rimpatri Avv. Arturo Raffaele Covella 18 Luglio 2025 Intanto in provincia di Gorizia, al CPR di Gradisca d’Isonzo, attivisti della rete No CPR e trattenuti denunciano da settimane la diffusione di un’epidemia di scabbia tra i reclusi, in un contesto di sovraffollamento, scarsa igiene e cibo di bassa qualità. Le tensioni, legate anche alla diffusione della malattia, hanno generato proteste ripetute. Non c’è più tempo da perdere. I CPR vanno chiusi. 1. Alla fine del 2024, la capienza effettiva della struttura era tornata a 48 posti. Fonte Action Aid. ↩︎ 2. La scheda di questo CPR su Action Aid ↩︎ 3. Bari, protesta dei migranti nel Cpr di Palese: atti ai Pm sulle condizioni del centro, La Gazzetta del Mezzogiorno (10 luglio 2025) ↩︎