Colpit3 dalle onde non affondiamo
Appunti in vista dell’assemblea in Valle del 27 luglio e per quelle già
programmate per settembre…
Nell’ultimo anno, abbiamo ostinatamente ragionato e organizzato iniziative
contro la guerra e il regime di comando che ne è conseguenza.
Lo abbiamo detto più volte, la guerra cambia, e non poco, il contesto in cui
viviamo e diamo vita alle nostre battaglie politiche.
Mutano i rapporti di forza, i punti di riferimento, le politiche economiche e,
quindi, la ricaduta nella società è profondissima. In termini di diritti sociali
e civili ma anche nella produzione di discorso pubblico, della retorica
istituzionale e della cultura complessiva della nostra società.
Quando abbiamo iniziato il percorso di Reset abbiamo fatto lo sforzo di adottare
collettivamente, in uno spazio multiplo ed eterogeneo, delle lenti differenti
per leggere non solo la fase ma le linee di disuguaglianza e sfruttamento che si
vanno approfondendo. Per questo è stato fondamentale mettere al centro il
confronto tra chi veniva dalle diverse esperienze delle lotte transfemministe,
ambientaliste e sociali; tentare di assumere una nuova prospettiva che potesse
aiutarci non solo ad analizzare il presente ma costruire uno sguardo
radicalmente trasformativo per il futuro.
> Da questo punto di osservazione e di iniziativa abbiamo affrontato anche i
> limiti e le insufficienze del movimento – non solo in Italia – di cui, per
> chiarezza, siamo state e stati e siamo parte. Quei limiti e insufficienze sono
> anche i nostri.
Alcuni passaggi sono stati rilevanti in questo nostro percorso o ci sono
sembrati indicare dei terreni interessanti. Gli Stati Generali per la giustizia
climatica e sociale lanciati da GKN e dalle realtà ambientaliste, le
mobilitazioni per la Palestina, la marea transfemminista che ha preso parola da
subito contro la guerra, le mobilitazioni in opposizione all’approvazione della
c.d. Legge Sicurezza, la giornata del 21 giugno e la piattaforma di Stop Rearm.
Molte sono le chiamate “a convergere” da parte di importanti percorsi,
piattaforme e spazi di lotta che si sono dati negli ultimi anni e che, guardando
al futuro prossimo, fanno appello a confluire e costruire il proprio spazio di
lotta. Tuttavia, pensiamo che la convergenza non sia un qualcosa di dato, un
fatto già esistente, un modellino “prefabbricato” da applicare, ma piuttosto una
ipotesi strategica che si fonda su un processo di costruzione in divenire in
grado di generare una novità in grado di rompere la temporalità in corso e che
scommetta sull’incertezza.
Insomma, per convergere c’è bisogno, secondo noi, di interrogarsi e confrontarsi
non soltanto con altre realtà ed esperienze, ma sul modo di fare movimento e
organizzazione, allargando lo sguardo al di fuori delle realtà organizzate. Non
può essere una dinamica di mera sommatoria ma un processo, anche poco lineare,
che ha come fine la moltiplicazione e l’inusuale processo in cui una formula
matematica ha come risultato parole e relazioni nuove.
Noi abbiamo scelto di partecipare a molti di quegli incontri e alle
mobilitazioni che ne sono nate, sia a livello nazionale che europeo, e
continueremo a partecipare agli spazi di confronto che si daranno nel movimento.
Ma ci domandiamo se abbia senso costruire innumerevoli ambiti assembleari dove
ognuno ha la sicurezza di indicare la strada da mostrare alle altre e agli altri
o convocare “manifestazioni nazionali” o se, invece, non convenga a tutt* fare
un passo indietro per poi compierne due avanti, insieme.
Per quanto riguarda noi, continuiamo a proporre a tutte di costruire un processo
di sciopero che rimetta in discussione pratiche e tempi. Uno sciopero europeo
che esca dalla dinamica dell’evento e che possa essere risignificato come
processo di accumulazione che si dà nel tempo, in grado di articolare pratiche,
parole d’ordine e rivendicazioni che nascono dal basso dentro i processi reali,
ma che sia al tempo stesso capace di costruire una capacità di iniziativa
condivisa e potente, che duri nel tempo.
Un processo non di mera federazione o alleanza ma che, nel mutuo riconoscimento
delle soggettività in lotta, sappia guardare ai soggetti del lavoro vivo –
lavoratori e lavoratrici, precarie, migranti, persone lgbtqi+ – che sul posto di
lavoro come sui territori, sul terreno materiale come su quello culturale, si
oppongono alla guerra come meccanismo di comando sulle vite di milioni di
persone e rifiutano di pagarne il prezzo.
Per fare ciò, vale secondo noi la pena di assumerci collettivamente il rischio e
la fatica, anche del fallimento per poi sempre ritentare, per una scommessa
ambiziosa che punti alla costruzione di occasioni di reale confronto tra le
lotte su come acquisire la capacità di fermare e colpire insieme il sistema
nazionale, europeo, mondiale che si avvia così velocemente verso il riarmo e la
guerra, ognuno col proprio punto di vista e col proprio portato di esperienze.
> Il nostro obiettivo è organizzarci per disertare, sabotare e scioperare contro
> guerra, facendo dell’Europa lo spazio minimo della nostra iniziativa politica.
In questa prospettiva pensiamo che sia necessario non solo condividere
prospettive nell’immediato, ma costruire un orizzonte di analisi e discorso
comune. Ci sono, pensiamo, dei nodi che non possiamo evitare di affrontare nel
nome dell’iniziativa, ed è per questo che vogliamo continuare a costruire spazi
di discussione e comunicazione.
Di fronte a guerra e riarmo non saremo soggetti passivi.
Vogliamo essere agenti conflittuali e organizzati per affrontare la violenza di
questo mare in tempesta. Insieme, con mutualismo e cooperazione, costruire la
nostra forza collettiva.
L’immagine di copertina è di Renato Ferrantini
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