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«The Ashes of Moria», un docufilm a cinque anni dall’incendio
Cinque anni dopo l’incendio che tra l’8 e il 9 settembre 2020 ha distrutto il campo di Moria sull’isola di Lesbo, le sue macerie continuano a pesare sulle vite di chi vi ha vissuto e sulla memoria collettiva europea. Il documentario The Ashes of Moria, scritto da Majid Bakhshi e Davide Marchesi e prodotto da ColoreFilm, raccoglie le voci di persone migranti, operatori e attivisti che hanno conosciuto da vicino quella realtà. Attraverso le loro testimonianze, il film ricostruisce la durezza quotidiana del campo, le ferite che ha lasciato e il ruolo che ha avuto – e che continua ad avere – nelle politiche europee di deterrenza, contenimento e detenzione dei migranti. Un racconto, quindi, che evidenzia lo stretto legame nel laboratorio greco tra la violenza delle frontiere e i campi di confinamento, e che oggi arriva in Italia grazie alla distribuzione esclusiva di Altreconomia sul proprio canale YouTube. Credits: Prodotto da ColoreFilm Scritto da Majid Bakhshi e Davide Marchesi Regia e montaggio: Davide Marchesi Assistente al montaggio: Alessio Dicandia Distribuzione in esclusiva per l’Italia: Altreconomia Interviste: Mo Zaman Zahra Gardi Mo Aliko Masouma Hussaini Zahra Mohammedi Jack Ferguson Carlotta Passerini Lefteris Papagiannakis Majid Bakshi Davide Marchesi Patrick Münz Spyros Galinos
Rosarno Film Festival “Fuori dal Ghetto”: online il bando della 4ª edizione
È online il bando per partecipare alla quarta edizione del Rosarno Film Festival – Fuori dal Ghetto, l’iniziativa culturale che, ormai da quattro anni, intreccia cinema, lotte sociali e diritti dei lavoratori agricoli. Il festival si svolgerà tra ottobre e novembre 2025, in concomitanza con la stagione di raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro, e vedrà ancora una volta la partecipazione diretta dei braccianti e degli studenti delle scuole superiori, che comporranno la giuria chiamata a premiare i cortometraggi in concorso. Quest’anno il tema centrale sarà lo sfruttamento del lavoro e la sicurezza sul lavoro, una delle emergenze sociali più gravi e diffuse in Italia. Il concorso intende accendere i riflettori su violazioni quotidiane legate a orari, salari, contributi, ferie e condizioni di salute, che toccano trasversalmente il mondo agricolo da nord a sud: dalla Piana di Gioia Tauro in Calabria a Saluzzo in Piemonte, da Nardò in Puglia a Latina nel Lazio, fino a Ragusa in Sicilia. Il lavoro nero, il caporalato e le pratiche di sfruttamento colpiscono infatti non solo i lavoratori stranieri ma anche molti italiani, alimentando ghettizzazione e invisibilità. La rassegna cerca perciò di raccogliere storie di vita: racconti di accoglienza negata e soprusi, ma anche esperienze di riscatto, di convivenza e lavoro regolare che mostrano come sia possibile costruire economie solidali e comunità resilienti, capaci di contrastare spopolamento ed emarginazione. Fuori dal Ghetto nasce con l’obiettivo di dare voce a chi vive condizioni di sfruttamento e marginalità, trasformando il cinema in uno strumento di denuncia, dialogo e inclusione. Nel corso delle edizioni, l’evento è cresciuto in visibilità e partecipazione, attirando associazioni, registi, attori e attivisti dall’Italia e dall’estero. Il festival è promosso da Mediterranea Hope – Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Rete Comunità Solidali e S.O.S. Rosarno, con l’adesione di una rete sempre più ampia di realtà sociali, culturali e solidali, tra cui Sea Watch, ResQ, ZaLab, Campagne Aperte, RiMaflow, Acmos, ICS – Consorzio Italiano Solidarietà, oltre a numerose associazioni e collettivi impegnati nei territori. MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE * Le opere dovranno avere una durata massima di 20 minuti. * Formato consigliato: Mpg4 (1920×1080), max 2 GB, preferibilmente tramite WeTransfer. * La selezione è a cura della direzione artistica, che informerà gli autori del risultato tramite telefono o email. * I lavori devono essere inviati entro il 30 settembre 2025 Scarica il bando
Eritrea: la diaspora accusa Rai3 di aver riscritto la realtà
Martedì 15 luglio 2025, Rai3 ha trasmesso La Grande Bugia – Eritrea andata e ritorno, un documentario a cura di Francesca Ronchin e Salomon Mebrahtu. Il programma ha sollevato forti critiche da parte della diaspora eritrea, per il modo in cui mette in discussione la narrazione consolidata sull’esilio politico degli eritrei, mostrando migranti che tornano nel proprio paese d’origine durante l’estate, “senza ripercussioni” e “riaccolti dal paese”. LA VOCE CRITICA DELLA DIASPORA L’associazione Eritrea Democratica ha risposto con una lettera aperta indirizzata alla Direzione di Rai3, in cui esprime “profonda preoccupazione e indignazione” per i contenuti del documentario. «La trasmissione, a nostro avviso – sottolinea l’associazione – diffonde una narrazione distorta e pericolosa sulla realtà eritrea e sulla diaspora, legittimando di fatto la propaganda del regime di Asmara e delegittimando l’esperienza di migliaia di veri rifugiati politici». La lettera contesta anche la selezione delle testimonianze incluse nel documentario: «Molti degli intervistati – benché presentati come eritrei incontrati o contattati casualmente – si mostrano apertamente favorevoli, se non collaborativi, nei confronti del regime. Alcuni di loro, pur avendo ottenuto protezione internazionale in Italia dichiarando di essere fuggiti da persecuzioni e violenze, ripropongono oggi esattamente l’immagine della diaspora diffusa dalla dittatura, contraddicendo quanto affermato nel proprio percorso d’asilo». L’associazione denuncia il rischio che simili rappresentazioni alimentino sospetti e ostilità nei confronti della comunità eritrea rifugiata, e invita la società civile a una presa di posizione collettiva: «Ogni firma è per noi importante: è un gesto di solidarietà e un contributo alla tutela della verità, della dignità dei rifugiati, della libertà di informazione e del dovere di responsabilità che spetta al servizio pubblico radiotelevisivo». Un messaggio forte, rivolto a studiosi, attivisti, associazioni e cittadine e cittadini, affinché si uniscano per difendere la verità storica e politica sull’Eritrea e sull’esilio forzato di tanti suoi abitanti. Per sottoscrivere la petizione clicca qui LE REAZIONI NEL MONDO DELL’INFORMAZIONE Anche l’associazione Carta di Roma è intervenuta sul documentario con un editoriale firmato da Vittorio Longhi, che richiama l’attenzione sul contesto di censura e repressione in Eritrea. PH: Gianluca Costantini (In occasione del 19º anniversario della scomparsa dei prigionieri di coscienza eritrei, nel 2019 si è tenuta a Washington “Let Them Shine”, una performance commemorativa) «Ricordiamo – scrive Longhi – che l’Eritrea vanta il triste primato della più lunga detenzione al mondo di giornalisti. Dal 2001 almeno undici uomini sono in carcere per aver tentato di fondare organi di informazione libera e chiedere il rispetto del diritto di espressione, presupposto di qualsiasi democrazia. Oggi nel paese non esiste stampa indipendente: l’unica emittente è la televisione di Stato, EriTV, sotto il pieno controllo del regime». Non a caso, sottolinea l’editoriale, l’Eritrea si colloca all’ultimo posto (180°) nell’Indice della Libertà di Stampa pubblicato da Reporters Without Borders. «Questo documentario – conclude l’associazione Eritrea Democratica – è una macchia sulla credibilità di chi accoglie. È un’offesa per chi ha sofferto e continua a vivere con traumi profondi. Ma può diventare anche un’occasione, se ben gestita, per fare chiarezza e porre fine a un’ambiguità che da troppo tempo viene tollerata». Anche la conclusione dell’editoriale di Carta di Roma è netta: «Il documentario ci appare un pessimo esempio di giornalismo libero e indipendente, come invece ci si aspetterebbe dal servizio pubblico. Sembra piuttosto un allineamento acritico e ossequioso ai progetti di cooperazione e investimento promossi dall’attuale governo italiano in collaborazione con il regime eritreo. Oltre ai limiti giornalistici, inquietano le possibili conseguenze sul piano della protezione internazionale per gli eritrei in fuga dalla dittatura».