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I nuovi paladini
Condividiamo una riflessione del collettivo ExCarcere di Palermo a proposito della richiesta avanzata dal  sindaco La Galla presso le autorità centrali di far presidiare il centro storico dalle forze armate in difesa di “ordine e sicurezza”  𝗡𝗲𝗴𝗹𝗶 𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗶 𝗺𝗲𝘀𝗶 𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀, Palermo, 𝗲̀ 𝗶𝗻 𝗽𝗿𝗲𝗱𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝗼𝗹𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗶𝗻𝗮𝘂𝗱𝗶𝘁𝗮. Non solo il centro storico — vittima di un’aggressività feroce che non guarda in faccia nessuno — ma anche le periferie, da anni abbandonate al caos e alla legge del più forte. Noi che nel centro storico ci viviamo ormai da 25 anni — prima a piazza Marina alla Casa del Goliardo, poi all’Albergheria nell’ex carcere femminile dei Benedettini, e dal 2012 in via San Basilio, nel rione Olivella — questa escalation di violenza l’abbiamo vissuta tutta, insieme agli abitanti storici di questi territori, noi che abitanti storici lo siamo diventati crescendo in questi vicoli. Li abbiamo visti arrivare: prepotenti, mafiosi, sopraffattori, violentatori, ladri, usurpatori, truffatori, riuniti in bande, branchi, consorterie, cartelli. Li abbiamo visti arrivare e distruggere i nostri quartieri, devastare i nostri mercati storici, radere al suolo l’immagine e la composizione sociale della nostra città. Li abbiamo visti calare dall’alto progetti vuoti, come la Casa delle Culture che incombe su San Basilio. Hanno iniziato con le facce e le promesse tipiche degli adescatori: volti affidabili da professionisti, ma non di quelli seri che vogliono solo fare business, no, professionisti festaioli, amiconi, che si sanno divertire. Hanno adocchiato le zone in cui il bisogno era più forte e hanno comprato tutto e tutti. Promettendo benessere, lavoro — ad alcuni anche solo un tozzo di pane da portare a casa — hanno sventrato case per farne B&B, demolito botteghe, sfrattato artigiani, smantellato piccoli e grandi mercati rionali. Hanno imposto, con la violenza delle leggi di mercato che tenevano in tasca, la vocation e uniformato con la forza la mission. Hanno messo in vendita il nostro patrimonio artistico e culturale, depredandoci delle bellezze architettoniche e occultandole con ombrelloni, gazebo e dehors. Hanno condotto nel nostro porto colossali navi da crociera, privandoci del paesaggio, ammorbando l’aria e avvelenando l’acqua del golfo: grattacieli galleggianti a cherosene che attraccano fino a tre volte a settimana per far sbarcare sciami di locuste, che flagellano le strade divorando tutto e lasciando dietro di sé tonnellate di munnizza (però differenziata). Hanno raddoppiato, se non triplicato, il costo della vita, costringendoci a emigrare nei comuni dell’hinterland o nelle periferie più remote, dove pagare un affitto è ancora possibile. Ci hanno stordito e ubriacato con Aperol Spritz e taglieri di salumi industriali spacciati per tipici; ci hanno sedato con aperitivi, musica e selfie per rubare la nostra unica, vera ricchezza: l’appartenenza al territorio, il nostro essere comunità che vive la città. Sappiamo bene chi sono e qual è il loro progetto criminale: le piattaforme di sharing economy, le società di franchising, le agenzie immobiliari, le multinazionali del fast food, le holding del turismo. Sono disposti a tutto pur di mettere a valore i nostri territori e lucrare sulla nostra città. Hanno asservito l’amministrazione comunale e il governo regionale, comprandoli con milioni di euro a pioggia dai fondi europei e dal PNRR. Erano tutti paladini dell’effigie cittadina, finché non hanno avuto modo di rimpinguare le proprie casse e le proprie tasche. Stanno trasformando il centro storico di Palermo in un gigantesco zoo safari di cui molti di noi sono l’attrazione: chi fa da scimmia, chi da zebra, chi da elefante. Poi urlano allo scandalo, alla belluinità, all’inciviltà, se una iena o un felino rompe il recinto e azzanna qualcuno. Ma in fondo è solo un pretesto per rinforzare le gabbie, assoldare più guardie o piazzare l’esercito a presidiare ogni angolo, ogni strada, ogni vanedda. Un pretesto per indurre i cittadini alla delazione e allo spionaggio in nome del decoro e della sicurezza, installando un altro sistema di videosorveglianza, un altro occhio indiscreto a registrare la vita di tutti — animali in gabbia e visitatori dello zoo. O magari, perché no, sarà il pretesto per far sedere al banchetto anche i loro amici delle agenzie di polizia privata, che faranno ronde come mastini a guardia della loro ricchezza. Per noi, nei loro piani, non c’è più posto. Redazione Palermo