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Triangulum di Masande Ntshanga
NEL FUTURO PROSSIMO DI UN SUDAFRICA DISTOPICO: ANNO 2040 Triangulum Δ Masande Ntshanga 28 Novembre 2023/di Adele Akinyi Manassero CATEGORIE: Libreria  / Narrativa  / Romanzo Tempo di lettura: 5 minuti * Triangulum, Masande Ntshanga, Pidgin Edizioni, 2023, traduzione dall’inglese di Stefano Pirone. Dopo Il Reattivo (Pidgin Edizioni, 2017), torniamo a parlare del sudafricano Masande Ntshanga con la sua seconda opera, Triangulum (2019), tradotta in Italia dallo stesso Stefano Pirone per Pidgin Edizioni e dal 7 novembre sugli scaffali delle librerie. Il romanzo inizia in un futuro non troppo lontano. Siamo negli anni ‘40 di questo secolo e la dottoressa Naomi Buthelezi, docente universitaria di scrittura creativa e scrittrice di fantascienza, spiega di aver ricevuto l’incarico di visionare e analizzare dei materiali che annunciano la fine del mondo nel 2050. Un pacco anonimo, contenente delle registrazioni audio e due manoscritti di una fonte anonima femminile, è infatti stato consegnato all’Agenzia Spaziale Nazionale Sudafricana (SANSA). L’obiettivo dell’indagine della dott.ssa Buthelezi, insieme al presidente e direttore della SANSA il dottor Hessler, è quello di discernere quanto ci sia di fantastico e quanto di reale. Ciò che apparentemente potrebbe apparire un’opera di fantasia, ha predetto un attacco eco-terroristico sulla montagna della Tavola a Cape Town da poco verificatosi, descrivendo con dovizia di particolari dove e come furono installate le cariche esplosive nel 2026, e non può quindi essere ignorata. «IN QUALSIASI CIRCOSTANZA, QUESTE TESTIMONIANZE DEVONO ESSERE PRESENTATE COME UN’UNICA COMUNICAZIONE. NON È POSSIBILE DARE UN SENSO A UNA DI ESSE SENZA LE ALTRE. QUESTA CONDIZIONE NON È NEGOZIABILE. PER AMORE DELLA VERIDICITÀ E DEL DETTAGLIO – E A MIO RISCHIO PERSONALE – MI SONO SOTTOPOSTA A UNA TERAPIA DI REGRESSIONE IPNOTICA PER RICORDARE LE INFORMAZIONI CHE DESIDERAVO FORNIRE A QUESTO UFFICIO, MA SONO ANCORA UMANA, O PERLOMENO LO SONO STATA, E PER COMPRENDERMI È NECESSARIO COMPRENDERE LA VITA CHE HO VISSUTO, E CHIEDO CHE QUESTA ACCOMPAGNI IL TESTO.» Attraverso i ricordi audio sbobinati e le memorie della mittente anonima, Triangulum abbraccia quarant’anni di Sudafrica dalla fine degli anni ’90 al futuro prossimo, passando per le fasi finali dell’apartheid, la crisi economica e si proietta verso i disastri ecologici che attendono l’umanità. Conosciamo la narratrice da ragazza quando, affascinata da un libro, Diari degli UFO, che apparteneva alla madre, inizia ad avere delle visioni di una macchina fluttuante che emette un ronzio metallico: che si tratti di allucinazioni o di alieni che cercano di comunicarle qualcosa? Quando il caso di tre ragazze rapite assume una rilevanza nazionale, la narratrice inizia ad investigare nella speranza di trovare una connessione con la scomparsa della madre avvenuta anni prima e i presunti avvistamenti alieni. «STANOTTE LA MACCHINA TORNA CON IL TRIANGOLO RIVOLTO A SINISTRA, ESPANDENDOSI TRA LE DUE MACCHIE DEL SOFFITTO. È TARDI, CIRCA UN’ORA DOPO MEZZANOTTE, E NON RIESCO A CAPIRE SE STO SOGNANDO O MENO QUANDO SENTO DORIS PIANGERE.» La narrazione procede ad incastro, ma fino alla fine non lascia intravedere il quadro completo, tenendo incollatə alla pagina. La storia segue la protagonista diventare adulta fra esperimenti scientifici su persone indigenti e contatti con cellule eco-terroristiche in un futuro distopico dove i big data e gli interessi di grandi aziende e di uno Stato colluso esacerbano le disuguaglianze e l’oppressione dei cittadini. Masande Ntshanga è riuscito a costruire un ingranaggio complesso che rompe i confini tra i generi, attraversando la fantascienza afrofuturistica, la distopia, il romanzo di spionaggio, il mistero e, da una certa angolatura, l’autofiction. Un’opera che merita il giusto tempo per essere letta e assaporata, perfetta per le lunghe sere invernali. Δ Con Triangulum, Pidgin Edizioni inaugura la nuova collana Mangrovie e non vediamo l’ora di scoprire quali altre opere la seguiranno! Nominato per il Nommo Award nel 2020 come Miglior Romanzo di Fantasia di un autore africano, Triangulum, secondo una notizia di Okayafrica di circa un anno fa, è stato selezionato per la trasposizione a serie TV con la regia del sudafricano Sibs Shongwe-La Mer.✎ INCIPIT «Sono una donna che agisce secondo la propria volontà e il proprio desiderio. Non cercate di contattarmi dopo questa comunicazione. Con ogni probabilità, non sarò più qui. Queste righe segnano l’inizio del biglietto che il mio collega, il dottor Joseph Hessler, mi ha consegnato tre anni fa, insieme ad altri materiali che ero stata incaricata di raccogliere in un dossier destinato a informare una relazione della Difesa dello Stato. Non ho inviato le informazioni. I materiali sono invece diventati il seguente manoscritto che, con l’aiuto dell’ormai defunto dottor Hessler, ho preparato per il pubblico come TRIANGULUM.» Ringraziamo infine di cuore Pidgin Edizioni per il dono di Triangulum! Tags: Afrofuturismo, Cape Town, distopia, evidenza, inglese, letteratura postcoloniale, Mangrovie, Masande Ntshanga, Pidgin Edizioni, sci-fi, science fiction, Sudafrica CORRELATI TRIANGULUM DI MASANDE NTSHANGA 28 Novembre 2023 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2023/11/Masande-Ntshanga_Triangulum_copertina.jpg 1200 1600 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2023-11-28 14:47:542023-11-28 14:47:54Triangulum di Masande Ntshanga VIAGGIO NELLA SCONFINATA IMMAGINAZIONE DI NNEDI OKORAFOR 29 Agosto 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/08/Nnedi-Okorafor-Binti-e-Chi-teme-la-morte_slider.jpg 844 1500 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2021-08-29 11:28:442021-08-29 11:28:44Viaggio nella sconfinata immaginazione di Nnedi Okorafor © Afrologist LAGOS INVASA DAGLI ALIENI. LAGUNA, DI NNEDI OKORAFOR 28 Marzo 2020 / 1 Commento Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2020/01/Nnedi-Okorafor-Laguna-slider-scaled.jpg 1438 2560 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2020-03-28 16:50:422021-08-28 10:47:25Lagos invasa dagli alieni. Laguna, di Nnedi Okorafor L'articolo Triangulum di Masande Ntshanga proviene da Afrologist.
La ladra di parole: la Nigeria di Adunni raccontata da Abi Daré
LA LADRA DI PAROLE: LA NIGERIA DI ADUNNI RACCONTATA DA ABI DARÉ La ladra di parole ✏ Abi Daré 7 Maggio 2022/di Veronica Sgobio CATEGORIE: Libreria  / Narrativa  / Romanzo Tempo di lettura: 7 minuti * La ladra di parole, Abi Daré, Editrice Nord, 2021, traduzione dall’inglese di Elisa Banfi. La ladra di parole è il romanzo scritto da Abi Daré che narra la vicenda di una giovane ragazza, Adunni, nella sua Nigeria, tra il 2014 e il 2015. Secondo me, però, questo libro è molto di più e proverò a raccontare tutta la complessità che mi ha trasmesso, sperando di riuscire a rendergli giustizia. Innanzitutto, cosa vuol dire essere una “ladra di parole”? È stata questa la domanda che mi sono fatta quando è stata annunciata l’uscita in Italia del romanzo. Ero incuriosita dal fatto che una persona potesse essere definita in questo modo. Anche perché, dal mio punto di vista, la protagonista, nonché narratrice è tante cose, meno che una ladra di parole. E, onestamente, è stato proprio quando ho realizzato che tipo di personaggio fosse quello di Adunni che la lettura mi ha assorbita ancora di più. «”ASPETTA, ADUNNI! CHE COLORE DI ROSSETTO PORTO? ROSSO COME SPOSINA O ROSA COME RAGA…” “PORTA UN ROSSETTO NERO”, MI DICO DA SOLA, APPENA CHE SVOLTO DIETRO L’ANGOLO. “NERO COME UN FUNERALE!”» La ladra di parole è il romanzo d’esordio di Abi Daré, scrittrice nigeriana cresciuta a Lagos, e che da diciotto anni vive in Inghilterra. Il titolo scelto per la traduzione italiana è certamente d’impatto e, come detto poco sopra, è stata una delle prime cose che mi ha attirata verso quest’opera. L’originale, però, è decisamente più affine con la narrazione e con tutto ciò che accade tra le pagine di questo libro. In inglese, infatti, questo romanzo si intitola The girl with the louding voice, letteralmente “La ragazza dalla voce forte”. Un titolo che riesce a dire molto della sua protagonista, in poche parole, e cui si ritrovano anche riferimenti nel corso della lettura. In effetti, la voce narrante di questo romanzo è quella di Adunni, una ragazzina di appena quattordici anni di un piccolo villaggio in Nigeria, Ikati, che, sin da subito, appare come una vera e propria eroina. Tanto che, molte volte, nell’andare avanti con la vicenda narrata, mi sono dimenticata la reale età della sua protagonista. Quattordici anni sono pochi per sposarsi. Come lo sono anche per rimanere incinta e dare eredi al proprio marito, ovviamente di molto più anziano. E altrettanto per riuscire ad affrancarsi da due famiglie, quella di origine e quella acquisita per matrimonio, ma è quello che, di fatto, fa Adunni. «VADO VIA DA IKATI. È QUELLO CHE VOLEVO DA TUTTA LA MIA VITA, ANDARE VIA DA QUESTO POSTO E VEDERE COM’È IL MONDO PIÙ FUORI, MA NON COSÌ. NON SEGUITA DA UN CATTIVO NOME, NON COME UNA PERSONA CHE TUTTO IL VILLAGGIO LA CERCA PERCHÉ CREDE CHE HO AMMAZZATO UNA DONNA.» Quello che colpisce nel romanzo di Abi Daré, è ovviamente la tempra e la decisione del personaggio di Adunni nel perseguire i suoi obiettivi. Un qualcosa che, si scoprirà a poche pagine dall’inizio della lettura, le deriva dagli insegnamenti della madre, morta qualche tempo prima dell’inizio delle vicende narrate in questo romanzo, e che potremmo definire in qualche modo causa scatenante. Scopriamo, infatti, che è stata proprio lei ad averle raccomandato di studiare, di crescere anche dal punto di vista culturale per non rimanere intrappolata in una vita decisa per lei, ma non da lei. Per me, è questo ciò che dimostra in quale senso la sua voce sia potente tanto da risuonare al di sopra di tutto: la quattordicenne Adunni non si darà mai per vinta, nemmeno quando tutto intorno a lei sembrerà così sgretolato, senza punti di riferimento. Anche quando le poche persone dalla sua parte sembreranno vacillare. Anzi, soprattutto in quel momento lei continuerà a puntare con ferma decisione ai suoi obiettivi. Come si legge in questo passaggio: «E POI RINGRAZIO CHE, ANCHE SE MR KOLA NON È TORNATO COI MIEI SOLDI, PERÒ ALMENO NON SONO DENTRO UNA CASSA NELLA TERRA, CHE LA TERRA MI FA DA COPERTA E DA CUSCINO. PREGO PER IL NUOVO ANNO DEL 2015 CHE ARRIVA TRA POCO: CHE È UN ANNO BELLO E CHE SONO FELICE, PERCHÉ MI PRENDONO A SCUOLA.» Non solo. Questo è uno di quei pezzi del romanzo in cui è chiaro quali sono le priorità di Adunni. Non le importa che qualcuno non abbia rispettato dei patti con lei, l’importante è che, alla prima occasione, lei possa essere effettivamente ammessa alla scuola che vuole frequentare, quella che le è utile per costruirsi il futuro che vuole lei per lei stessa. E poi c’è la sua passione sfrenata per l’imparare. La quattordicenne, infatti, fa sempre molte domande per capire di più e meglio, anche quando la situazione imporrebbe il silenzio per prudenza, e cerca costantemente occasioni di apprendimento. Da un certo punto in poi, quindi, anche il lettore inizia a imparare con lei, che si cimenta nella lettura di un libro che racconta diversi fatti relativi alla nazione in cui si svolge la storia, la Nigeria, e di cui l’autrice riporta parti all’inizio di alcuni capitoli. «FATTO: CON PIÙ DI 250 ETNIE, LA NIGERIA OFFRE UNA GRANDE VARIETÀ DI CIBI. TRA I PIÙ APPREZZATI CI SONO IL RISO JOLLOF, SPIEDINI DI CARNE PEPATA ALLA GRIGLIA CHIAMATI SUYA, E LE AKARA, DELIZIOSE POLPETTE DI FAGIOLI.» Il tema dell’istruzione e dell’apprendimento è un fil rouge che corre lungo tutta la narrazione. Anche perché, come si realizza fin dalla prima riga di questo romanzo, la quattordicenne Adunni si esprime in un inglese approssimativo, con parole e tempi verbali storpiati che, anche nella traduzione italiana, vengono riportati con un italiano sgrammaticato. La sua sete di conoscenza, quindi, è ben comprensibile da parte di chi legge che, come chi si mette dalla sua parte, non può fare a meno di tifare per l’emancipazione di Adunni. Adunni è una ladra di parole che, in realtà, prende in prestito quelle di chi le insegna a parlare bene e a prepararsi all’ammissione a scuola. Al tempo stesso, poi, si tratta di una ladra di parole che non potrà far altro che lasciarvi lì, a non poter posare il libro, a non poter smettere di leggerlo, per la grande voglia di sapere come andrà a finire, se la giovane ce la farà, se la sua emancipazione potrà divenire realtà, e se la sua vicenda potrà essere un modo per segnare un cambio di rotta rispetto alla tradizione che vuole giovani spose bambine, non scolarizzate, a dare eredi a mariti di molto più anziani di loro. Una tradizione di cui spesso sono le stesse ragazzine a essere le prime promotrici: «ENITAN SOSPIRA, SEMBRA CHE È STUFA DI ME CHE FACCIO TANTE STORIE. “MORUFU È RICCO. PENSA A TE E ALLA TUA FAMIGLIA. COSA VUOI ANCORA DALLA VITA, SE HAI UN BRAVO MARITO?” “MA NON LO SAI CHE HA GIÀ DUE MOGLI? E QUATTRO FIGLIE?” “E ALLORA? NON FA GNENTE!” RIDE, ENITAN. “SEI FORTUNATA CHE TI SPOSI. DEVI RINGRAZIARE DIO! È UNA BELLA COSA, SMETTI DI PIANGERE PER GNENTE.”» Però non è propriamente per niente che piange Adunni perché, come si legge subito dopo questo breve scambio, lei ha un’altra idea di futuro rispetto alla sua amica: «“MORUFU NON MI AIUTA A FINIRE LA SCUOLA.” HO IL CUORE COSÌ PIENO CHE LE LACRIME MI TRABOCCANO SULLA FACCIA. “LUI A SCUOLA NON C’È ANDATA. E, SE IO NON CI VADO, COME FACCIO A TROVARE IL LAVORO E GUADAGNARE I SOLDI? COME FACCIO A TROVARE UNA VOCE CHE LA SENTONO FORTE?”» Da un lato, si tratta di uno di quei passaggi che lasciano chi legge senza parole per la crudezza e lucidità con cui, tanto un punto di vista quanto l’altro, vengono difesi. Dall’altro, si tratta dell’ennesimo passo che mi ha fatta soffermare a pensare all’età della protagonista. Perché quattordici anni sono pochi, ma ad Adunni sono sufficienti per riuscire a capire la grande correlazione tra un buon livello di istruzione e un futuro roseo, tanto da impegnarsi con tutta se stessa, anche a rischio della sua stessa vita, per ottenerlo. Vi consiglio caldamente di leggere questo romanzo, per una lettura che molte volte potrà apparirvi tosta, ma che sarà certamente d’ispirazione, proprio come lo è l’intervista all’autrice, Abi Daré, fatta da Il Libraio. Non mi resta che dirvi buon ascolto, buona lettura e grazie per aver letto fino a qui!✎ INCIPIT «Quella mattina lì il papà mi chiama, che mi vuole dentro al parlour. Sta seduto nel divano senza cuscino e mi guarda. Il papà c’ha un modo strano di guardarmi. Sembra che me le vuole dare senza nessun motivo, o che ho le guance piene di merda e, se apro la bocca per parlare, dopo puzza tutto. “Sah?” gli dico, e vado giù in ginocchio con le mani nella schiena. “Mi chiamavi?” “Vieni qua.” Lo so che mi deve dire qualcosa di brutto. Lo vedo dentro ai suoi occhi: sono opachi come un sasso marrone restato al sole caldo troppo tempo. Ce li ha uguali a tre anni fa, quando ha detto che dovevo smettere di andare a scuola. Ero già la più grande della classe e gli altri bambini mi chiamavano “Aunty”. Lo dico per davvero: il giorno che ho smesso la scuola e il giorno che è morta la mia mamma sono i più brutti della mia vita.» Tags: Abi Daré, Editrice Nord, evidenza, inglese, Nigeria CORRELATI LA LADRA DI PAROLE: LA NIGERIA DI ADUNNI RACCONTATA DA ABI DARÉ 7 Maggio 2022 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2022/04/LaLadraDiParole_AbiDare_copertina.jpg 844 1500 Veronica Sgobio https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Veronica Sgobio2022-05-07 10:49:042022-05-07 17:00:53La ladra di parole: la Nigeria di Adunni raccontata da Abi Daré CHINELO OKPARANTA E LE DONNE FORTI DEI SUOI RACCONTI 23 Luglio 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/07/Chinelo-Okparanta-La-felicita-e-come-lacqua_slider.jpg 844 1500 Eleonora Salvatore https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Eleonora Salvatore2021-07-23 19:26:392021-07-23 19:26:39Chinelo Okparanta e le donne forti dei suoi racconti GENERAZIONI IN CAMMINO DA GULU STATION A ROMA 16 Gennaio 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/01/EC-Osundu_Quando-il-cielo-vuole-spuntano-le-stelle-slider.jpg 844 1500 Eleonora Salvatore https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Eleonora Salvatore2021-01-16 09:58:112021-07-19 10:55:56Generazioni in cammino da Gulu Station a Roma L'articolo La ladra di parole: la Nigeria di Adunni raccontata da Abi Daré proviene da Afrologist.
L’ombra della Storia scorre tra i fiumi di Haiti
L’OMBRA DELLA STORIA SCORRE TRA I FIUMI DI HAITI La fattoria delle ossa ✏ Edwidge Danticat 1 Maggio 2022/di Eleonora Salvatore CATEGORIE: Libreria  / Narrativa  / Romanzo Tempo di lettura: 6 minuti * La fattoria delle ossa, Edwidge Danticat, Piemme, 2005, traduzione dall’inglese di Maria Clara Pasetti. La fattoria delle ossa è un romanzo di rara intensità il cui centro narrativo si misura sul peso specifico di un massacro che ha segnato irrimediabilmente le relazioni umane e politiche tra Haiti e Repubblica Dominicana sull’isola di Hispaniola nel corso del Novecento ed oltre. Edwidge Danticat con questo romanzo firma un’opera pensata come un mosaico di memorie scheggiate, fluttuanti tra la vita e la morte, che galleggiano tra campi di tabacco e canna mentre i sanbas, i cantastorie, parlano di donne dai capelli color zucca che danzano al ritmo vorticoso della calinda. Amabelle Désir, protagonista e narratrice, è haitiana e presta servizio come domestica nella dimora della señora Valencia, moglie del señor Pico, ufficiale dell’esercito dominicano negli anni della dittatura di Rafael Leónidas Trujillo Molina. Ha perso i genitori, Antoine Désir e Man Irelle, annegati mentre cercavano di guadare un fiume, confine naturale tra le due metà dell’isola. L’esito letale di questa prima migrazione da Haiti a Santo Domingo apre la catena di traumi e lutti che costellano il percorso di vita di Amabelle, testimone e vittima scampata ad un massacro. I FATTI Nell’ottobre 1937 la notizia della “campagna di sterminio” e delle uccisioni di massa dei tagliatori di canna da zucchero haitiani impiegati nelle piantagioni di Santo Domingo era già stata trasmessa a Washington da Henry Norweb, l’ambasciatore statunitense sull’isola. Alla base di quegli eccidi vi era il desiderio di purezza razziale a lungo accarezzato dal Generalissimo Trujillo. Sin dagli esordi il regime dittatoriale aveva propagandato la duplice menzogna di un’omogeneizzazione etnica e di una dominicanizzazione della piramide sociale a partire dalle regioni di confine, «UNA ZONA TURBOLENTA CON UN KARMA MALINCONICO» nell’immaginifica perifrasi coniata da Thomas Pynchon in Bleeding Edge (La cresta dell’onda, Einaudi, 2014). Quelle zone, del resto, erano da secoli abitate da rayanos, frutto dell’umana mescolanza figlia di matrimoni misti haitiano-dominicani. Gli intellettuali organici al regime veicolarono una narrazione della storia secondo cui solo il rispetto della triade perfetta costruita su bianchezza, cattolicesimo e valorizzazione del retaggio spagnolo avrebbe consentito alla Repubblica Dominicana di svilupparsi nell’opposizione eterna ad una Haiti nera popolata, nell’ideologia razzista dell’intelligentsia trujillista, da arretrati e superstiziosi africani. Il massacro del 1937, nella memorialistica e nella storiografia, viene indicato con diverse espressioni che compaiono anche nel testo: el corte (il taglio), kout kouto-a (la pugnalata, in lingua creolo-haitiana), la masacre del perejil (il massacro del prezzemolo). Quest’ultima espressione rimanda alla pratica dei soldati dominicani di domandare agli afrodiscendenti nelle terre di confine di pronunciare correttamente la parola perejil. Date le difficoltà per un francofono di non arrotolare la erre, qualsiasi individuo che non si mostrasse in grado di scandire perfettamente quella parola, veniva considerato haitiano e ucciso. La fattoria delle ossa può essere considerata a buon diritto, insieme al romanzo di René Philoctète, Le peuple des terres mêlées, una delle opere letterarie più riuscite sull’argomento perché in essa i protagonisti danno sostanza a quelle culture dell’Atlantico nero, di cui parla Paul Gilroy, che «NELLA STORIA DELLE ESPERIENZE FORZATE DI ATTRAVERSAMENTO COME LA SCHIAVITÙ E L’EMIGRAZIONE […] HANNO CREATO MEZZI DI CONSOLAZIONE PER ELABORARE LA SOFFERENZA.» IL ROMANZO Sullo sfondo di questa storia tragica, Edwidge Danticat imbastisce storie d’amore accomunate da una certa crudeltà del destino. Amabelle è legata a Sebastien, “braccia d’acciaio” ed un’infanzia interrotta dalla morte del padre travolto da un uragano. L’amore tra Amabelle e Sebastien si nutre di sogni e di speranze di libertà che miseramente svaniscono in una notte, forse in un campo di sapodilla o tra le foglie larghe di un bananeto quando Sebastien e la sorella Mimi presumibilmente vengono catturati ed uccisi dalla truppa del señor Pico nel loro tentativo di raggiungere Haiti. La morte di Sebastien sembra, infatti, rimanere inghiottita tra le pagine del romanzo, sospesa nell’incertezza della memoria degli incontri onirici durante i quali Amabelle ritrova l’amato la cui storia «ASSOMIGLIA A UN PESCE SENZA CODA, A UN VESTITO SENZA ORLO, A UNA GOCCIA CHE NON CADE, A UN CORPO CHE NON FA OMBRA NEL SOLE.» Sebastien non è l’unico a far visita ad Amabelle nelle incursioni notturne dei sogni. La madre “dalla pelle di tre diverse sfumature notturne”, avvolta in un periplo di vetro, ha il volto trasfigurato di Metrès Dlo, lo spirito dei fiumi. Donna, in vita dalle poche e indurite parole, nei sogni ricorda alla figlia: «NON VOLEVO ILLUDERTI SULL’AMORE. VOLEVO INSEGNARTI CHE È RARO, NON LO TROVI DAPPERTUTTO E HA SEMPRE UN PREZZO DA PAGARE.» Alla coppia formata da Amabelle e Sebastien, sembra fare da contraltare quella che tiene unita la señora Valencia e il señor Pico in un matrimonio triste e quasi maledetto dalla morte del piccolo Rafi “pelle di latte”, chiamato così per omaggiare il dittatore caraibico, gemello di Rosalinda dalla pelle “intensamente bronzea, di una sfumatura tra il guscio delle noci brasiliane e la salsefrica nera”. Alla vista di quella bambina così diversa da lei, la señora Valencia, subito dopo il parto, chiede ad Amabelle: «POVERO AMORE MIO, CHE SUCCEDERÀ SE LA PRENDONO PER UNA DELLA TUA GENTE?» La domanda è rivelatrice della visione razzializzata dell’altro che struttura la società dominicana nella sua componente latina e bianca, e si struttura immancabilmente lungo la linea del colore. Anche la reazione di Papi, padre di Valencia, conferma l’attaccamento e l’ossessione per la bianchezza. Osservando la nipote esclama: «DIPENDERÀ DALLA FAMIGLIA PATERNA. MIA FIGLIA È NATA NELLA CAPITALE DI QUESTO PAESE. SUA MADRE ERA DI PURO SANGUE SPAGNOLO, DI UNA FAMIGLIA CHE RISALE AI CONQUISTADORES. QUANTO A ME, SONO NATO IN SPAGNA.» Dietro questa precisazione genealogica si cela l’assertività della certezza delle proprie origini bianche mentre si insinuano dubbi sul lignaggio familiare dell’ufficiale Pico. I tratti somatici che tradiscono una discendenza africana non sono stati cancellati da matrimoni contratti di generazione in generazione sulla spinta di un blanqueamiento concepito anche come brutale e radicale strategia di sopravvivenza. La prematura scomparsa del figlio bianco, pertanto, non viene vissuta come la perdita di un figlio bensì come il tramonto e la sconfitta di una pulsione alla denegrificación, che il regime trujillista aveva posto come base per la costruzione della nuova società dominicana. Anche sul conto di Trujillo Molina si vociferava che il suo albero genealogico avesse attinto linfa vitale da una radice afro-haitiana. Pico è, allora, l’ufficiale che cerca di ingraziarsi il dittatore ma allo stesso tempo il suo alter ego. Non è un caso se l’amore, inteso come l’incontro fecondo con l’Altro, sia il perno di questo romanzo e del testo di René Philoctète incentrato sull’amore tra Adele, bracciante haitiana, e il dominicano Pedro. Solo l’amore – anche se c’è un prezzo da pagare – svela l’ipocrisia delle identità monolitiche e la follia di un modello tanato-politico che vuole la morte dell’Altro così simile a Noi.✎ INCIPIT «Quasi ogni notte viene a interrompere il mio incubo ricorrente, quello dei miei genitori che annegano. Mentre il mio corpo lotta contro il sonno, sforzandosi di svegliarsi, lui mi sussurra: «Stai ferma che ti riporto indietro». «Indietro dove?» domando senza che le mie labbra si muovano. «Ti riporto nella grotta dall’altra parte del fiume.» Barcollo goffamente tentando di alzarmi. Lui ristabilisce il mio equilibrio con la punta delle sue lunghe dita adunche, che strisciano verso di me, dotate di vita propria. Lo abbraccio e con la testa gli arrivo a malapena a metà del petto. È assolutamente bello nella luce fioca della lampada a olio, sebbene la lucente pelle nera del suo viso sia devastata dai solchi delle ferite inferte dagli steli di canna da zucchero. Ha braccia grandi come le mie cosce nude. Braccia d’acciaio, indurite da quattro anni di raccolti…» Tags: Edwidge Danticat, evidenza, Haiti, inglese, Paul Gilroy, Piemme, René Philoctète, Repubblica Dominicana, Thomas Pynchon CORRELATI L’OMBRA DELLA STORIA SCORRE TRA I FIUMI DI HAITI 1 Maggio 2022 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2022/04/IMG_20220419_143518.jpg 1099 2541 Eleonora Salvatore https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Eleonora Salvatore2022-05-01 10:53:422022-05-01 12:01:00L’ombra della Storia scorre tra i fiumi di Haiti IMBARAZZISMI, DI KOSSI KOMLA-EBRI. LA LETTERATURA SPAZIO DI CONDIVISIONE 17 Aprile 2022 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2022/04/Kossi-Komla-Ebri-Imbarazzismi-2022.jpeg 840 1500 Arianna Obinu https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Arianna Obinu2022-04-17 10:34:042022-04-17 10:44:43Imbarazzismi, di Kossi Komla-Ebri. La letteratura spazio di condivisione THEY WERE SUNG. ANANSI BOYS, NEIL GAIMAN 2 Aprile 2022 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/05/Neil-Gaiman_I-ragazzi-di-Anansi-slider.jpg 844 1500 Eugenio Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Eugenio Manassero2022-04-02 16:35:142022-07-27 19:04:50They were sung. Anansi Boys, Neil Gaiman L'articolo L’ombra della Storia scorre tra i fiumi di Haiti proviene da Afrologist.
Imbarazzismi, di Kossi Komla-Ebri. La letteratura spazio di condivisione
QUANDO LA LETTERATURA È SPAZIO DI CONDIVISIONE E MOTORE DI CAMBIAMENTO SOCIALE Imbarazzismi ✏ Kossi Komla-Ebri 17 Aprile 2022/di Arianna Obinu CATEGORIE: Libreria  / Narrativa  / Romanzo Tempo di lettura: 5 minuti * Imbarazzismi. Esercizi di razzismo quotidiano, Kossi Komla-Ebri, Edizioni Q, 2021. «OGNI NERO CHE VIVE IN ITALIA HA UN PROPRIO REPERTORIO DI “IMBARAZZISMI”. QUESTO FORTUNATO NEOLOGISMO, IDEATO DA KOSSI KOMLA-EBRI, STA A INDICARE SITUAZIONI CHE NON RIENTRANO NEI CASI DI DISCRIMINAZIONE VIOLENTA, CRUDELE O QUANTOMENO INTENZIONALE, MA SI TRATTA DI EPISODI DI RAZZISMO DI PICCOLO CALIBRO, CHE AVVENGONO SENZA CHE IL LORO AITORE SE NE SIA RESO VERAMENTE CONTO.» (Dalla Prefazione, di C. Kyenge) Un cappello nero a tesa larga e un paio di occhiali da vista. Sotto due occhi sorridenti, di quelli che sanno perché hanno visto, hanno maturato esperienze. Italo-togolese, Komla-Ebri è arrivato in Italia nel 1974 per studiare medicina. Non è stato un viaggio diretto dal Togo a Bologna, né un viaggio comodo. Secondo di dodici figli, Kossi era un ragazzo desideroso di studiare e di avere una vita diversa da quella in un certo qual modo già segnata dal destino per lui. Il primo passo l’ha visto giungere in Francia, Paese linguisticamente affine, sogno comune di tanti giovani di allora e di oggi nell’Africa francofona. La vita in Europa, però, non era proprio come la immaginavano al villaggio! Kossi si è ritrovato a dover lavorare e a sospendere gli studi, si è confrontato con solitudine e difficoltà. I suoi progetti di migliorare le proprie condizioni sembravano oramai carta straccia quando un incontro in metropolitana ha riacceso in lui la speranza. Ebbene, un vescovo connazionale si è rammaricato per il suo forzoso abbandono degli studi e gli ha offerto una possibilità di borsa di studio per Medicina a Bologna. “In Italia?!”, sussultò incredulo. Quanti pregiudizi circolavano sull’Italia: Paese di mafiosi, il più arretrato Paese d’Europa! Come fare, poi, con la lingua? Kossi è partito ed è rimasto in Italia, onorando gli studi e raggiungendo i suoi obiettivi. Si è sposato con un’italiana e ha lavorato come medico chirurgo in Lombardia, mai tralasciando però il suo talento per la comunicazione e la letteratura, che l’hanno condotto alla pubblicazione di racconti, romanzi e saggi, e alla fondazione della rivista online di letteratura della migrazione “El Ghibli”. L’ARTE DELL’INCONTRO CON LA DIVERSITÀ L’autore è stato capace di portarci con sé nei ricordi d’infanzia togolese e poi sui Pirenei, a Parigi, Bologna. Ci ha fatto viaggiare per il deserto nei secoli passati segnati dal commercio di schiavi subsahariani, in Paesi europei ed extraeuropei, negli scomparti di un treno della Trenord, in scuole e reparti d’ospedale raccontando di esperienze familiari o accadute a cari amici, e di incontri, perché la vita, come Ungaretti scrisse, è l’arte dell’incontro, non dimentichiamolo. Nelle parole di Kossi, ospite di Time for Africa alla Libreria Friuli di Udine, abbiamo percepito l’incontro con la diversità, latamente intesa come esistenza di elementi differenti fra persone, dalla lingua alla pelle, dalle abitudini comportamentali al cibo, dai valori alle fedi. Di questa diversità tutti facciamo esperienza quotidiana attiva o passiva, talvolta rendendoci protagonisti di razzismi inconsapevoli. Gli aneddoti raccontati hanno strappato sorrisi, provocato sgranamenti d’occhi, smosso i sentimenti di chi era in ascolto. La recente riedizione del suo libro Imbarazzismi quotidiani (Edizioni Q, 2021), arricchita dalla traduzione in arabo di Yusuf Waqqash, testimonia che gli episodi fotografati con tratto leggero ma non per questo meno ficcante molti anni fa, restano un inciampo ancora ai nostri giorni. Il razzismo non è solo slogan offensivi o rifiuto esplicito dell’altro, dello straniero. Il razzismo è nei gesti e nelle parole di una signora sull’autobus che prende le distanze da un passeggero nero e lo giudica senza conoscerne la storia; razzismo è dire a una ragazza figlia di coppia mista dal carnato chiaro che è fortunata a non avere la pelle scura; razzismo o imbarazzismo – parola coniata da Kossi-Ebri – è parlare con uno straniero usando l’infinito e non coniugando i verbi come faremmo abitualmente; imbarazzismo è credere a priori che il nero o la nera che abbiamo dinanzi non possa essere l’ingegnere, l’impiegato, l’infermiere o il medico che stavamo cercando. Nell’aneddoto 43 leggiamo: «QUANDO PORTAMMO PER LA PRIMA VOLTA I NOSTRI FIGLI IN AFRICA A CONOSCERE I NONNI PATERNI, VENIVANO RINCORSI E ADDITATI CON GRIDA FESTOSE DAGLI ALTRI BAMBINI: “YOVO (BIANCHI)! YOVO! YOVO!” I MIEI PAZIENTARONO PER I PRIMI GIORNI MA, SICCOME LA SCENA SI RIPETEVA DI CONTINUO, DOVETTI SPIEGARE IL SIGNIFICATO DEL TERMINE. MIA FIGLIA, ARRIVATA A CASA, ESASPERATA MI CHIESE: “PAPÀ, PERCHÉ IN ITALIA MI CHIAMANO NEGRA E QUI IN TOGO MI DICONO YOVO?”» L’aneddoto si intitola Ogni mondo è paese e ci spinge ad almeno due riflessioni. La prima è che la diversità è negli occhi di chi guarda ed è un concetto statistico. In Togo sono in maggioranza neri e salta all’occhio il bianco, viceversa qui in Italia l’occhio cade sul nero, presenza minoritaria. La seconda osservazione è che l’essere umano è tale ad ogni latitudine, e dunque può provare razzismo o evidenziare differenze un bianco italiano al pari di un nero togolese. La terza è che sguardi insistiti e parole ripetute alla lunga feriscono e turbano, ed è qui che l’essere umano deve imparare a fare esercizio dell’altro improntato al rispetto. Rispetto per l’altro e per le proprie origini, identità, dignità, amore, coraggio, amore per la lettura, curiosità, sprone a scrivere e condividere quel che si scrive. Un’iniezione di realtà, un messaggio di fiducia nella vita e nei giovani, un seme di speranza per un futuro senza imbarazzismi.✎ INCIPIT 1. Bel negro, vuoi guadagnarti 500 lire? «Un giorno ero uscito dal supermercato con mia moglie, italiana; avevamo fatto tanta spesa da riempire due carrelli. Dopo aver caricato il tutto nel portabagagli, mia moglie spinse i due carrelli verso di me per recuperare le monete. M’incamminavo con i miei carrelli, quando sentii alle spalle un “Ssst!”, accompagnato da uno schioccare di dita […]» Tags: afroitalian, afroitaliani, Edizioni Q, evidenza, immigrazione, Italia, italiano, Kossi Komla-Ebri, migrazioni, razzismo, Togo CORRELATI © Afrologist UN’IMMAGINE DELL’AFRICA 22 Novembre 2020 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2019/11/IMG_0763-Copia-scaled.jpg 1440 2560 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2020-11-22 18:11:292021-07-19 11:00:33Un’immagine dell’Africa Afrologist LA MAGIA È TORNATA AD ORÏSHA 25 Ottobre 2020 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2020/10/IMG_3950_copy-reduced.jpg 844 1500 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2020-10-25 15:46:352021-07-19 11:06:11La magia è tornata ad Orïsha UN MONDO IN CONTINUO DIVENIRE. NEYLA E IMBARAZZISMI, DI KOSSI KOMLA-EBRI 14 Agosto 2020 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2020/07/Kossi-Komla-Ebri-Neyla-e-Imbarazzismi.jpg 844 1500 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2020-08-14 11:00:432021-07-19 11:19:26Un mondo in continuo divenire. Neyla e Imbarazzismi, di Kossi Komla-Ebri L'articolo Imbarazzismi, di Kossi Komla-Ebri. La letteratura spazio di condivisione proviene da Afrologist.
Casablanca, poesia di Mohamed Amine Bour
CASABLANCA Poesia di ✏ Mohamed Amine Bour, in arte “Asterio” 10 Aprile 2022/di Mohamed Amine Bour CATEGORIE: Libreria  / Poesia Tempo di lettura: 3 minuti * © Illustrazione di Amanta Strata Dopo qualche mese, torno qui su Afrologist per proporre una mia poesia dal titolo Casablanca. CASABLANCA sul terrazzo distese di luce estive vestiti e asciugamani rallentano le ore danze o lamenti, parole o preghiere tu e le vicine, gatti randagi e finestre qui la vita è mossa da un vento che non si vede la stasi è scossa dalla voce d’un venditore ambulante di pesce a mezzogiorno rallentano le ore nel nostro piccolo quartiere qui, dimentico il confine che mi recise il cuore in due Per conoscere più da vicino la mia opera poetica, potete riprendere il pezzo di Halima Rouki di presentazione della mia prima raccolta di poesie autopubblicata, Zahra o la nostalgia (Amazon 2020), e seguire il mio blog personale Cuore diramato. L’illustrazione in cima alla pagina è invece stata realizzata da Amanta Strata: laureata in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera, è Artista del legno, illustratrice, restauratrice, autrice di racconti e poesia. Nel 2009, pubblica la raccolta di racconti L’Inganno (Sagep Editori) da cui trae l’omonimo spettacolo teatrale e nel 2012 pubblica la raccolta di poesie e illustrazioni Siamo Alberi. Protagonista di svariate personali e collettive, nel 2012 merita una menzione d’onore al premio di illustrazione Sergio Fedriani. Uno dei suoi coloratissimi alberi in legno, di importanti dimensioni, è opera permanente presso i locali della Biblioteca Von Suttner del Comune di Busalla (GE). Autrice di opere lignee figlie di un immaginario incantevole e puerile, dedica un filone della sua arte specificatamente all’infanzia, attraverso la creazione di animali a dondolo unici e variopinti. Attiva anche come restauratrice, realizza e insegna restyling del mobile. Appassionata di poesia performativa e autrice di versi dalle forti connotazioni introspettive, da anni lavora e promuove le sue arti attraverso i canali social media (Facebook: Amanta Strata, i ninnoli di Amanta e Instagram: @Amanta.Strata).✎ Tags: Amanta Strata, Asterio, Casablanca, evidenza, Italia, italiano, Marocco, Mohamed Amine Bour, poesie illustrate CORRELATI CASABLANCA, POESIA DI MOHAMED AMINE BOUR 10 Aprile 2022 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/03/Illustrazione-di-Amanta-Strata_slider.jpg 720 1280 Mohamed Amine Bour https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Mohamed Amine Bour2022-04-10 13:28:572022-04-10 17:16:44Casablanca, poesia di Mohamed Amine Bour MADRE, POESIA DI MOHAMED AMINE BOUR 5 Settembre 2021 / 1 Commento Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/03/Madre_progetto-def.jpg 844 1500 Redazione https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Redazione2021-09-05 10:25:572021-09-05 10:25:12Madre, poesia di Mohamed Amine Bour IN BILICO, POESIA INEDITA DI MOHAMED AMINE BOUR 7 Marzo 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/03/Asterio_In-bilico-scaled-1.jpeg 844 1500 Mohamed Amine Bour https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Mohamed Amine Bour2021-03-07 13:28:572021-07-19 10:45:49In bilico, poesia inedita di Mohamed Amine Bour L'articolo Casablanca, poesia di Mohamed Amine Bour proviene da Afrologist.
They were sung. Anansi Boys, Neil Gaiman
THEY WERE SUNG Anansi Boys ✏ Neil Gaiman 2 Aprile 2022/di Eugenio Manassero CATEGORIE: Libreria  / Narrativa  / Romanzo Tempo di lettura: 5 minuti * Anansi Boys, Neil Gaiman, William Morrow & Co, 2005. The Italian version reviewed here: I ragazzi di Anansi, Neil Gaiman, Mondadori, 2018, traduzione dall’inglese di Katia Bagnoli. Once upon a time, there was a spider. But he wasn’t an ordinary spider. On the contrary, to be precise, he was a spider that was also a God and, moreover, a very witty and spiteful one. And he loved owning stories. Anansi Boys (2005) by Neil Gaiman, like every book, tells a story. Actually, it would be more precise to claim that it sings a story. The one of Charles-dubbed-“Fat Charlie” Nancy, son of no less than Mr. Nancy a.k.a. Compè Anansi, a spider divinity belonging to the mythological beliefs of West Africa’s populations. Fat Charlie –who came into the world in Florida and was transplanted in London– is a clumsy and chubby boy with a strong inclination for feeling embarrassed. But, since adorning whatever packet of complexity with a graceful ribbon of adjectives can only result in an oversimplified and wishy-washy operation, it must be said that Fat Charlie is much more than that. One day, as an incendiary fuse of a monomial (perturbative × catastrophic)2, woof!, his brother Spider, he’d never even heard of, bursts in. Nonchalant, seductive, genetically blessed with deity and capable of on-demand-flaunting a smile «so charming, so cocky, or so twinklingly debonair»: to be clear, the kind of playboy who drinks coffee «dark as night, sweet as sin». And let the narrative plot begin. The bearing walls of this literary skyscraper are: Rosie, Fat Charlie’s girlfriend and soul devoted to taking care of the Other; Mrs. Noah, Rosie’s mother and a woman with a wrinkled but incline-to-inner-gloating heart; Daisy, a strong-willed and upstanding detective whose song says «evildoers beware!»; and, dulcis in fundo, Grahame Coats, Fat Charlie’s boss at the Grahame Coats Agency, and more of a weasel than a man. The interior design is composed of bitten wax apples, witchcraft rituals, wrong funerals, irresistibly provocative chin-tilts, lime-resembling «small green Buddhas», flocks of killer flamingos in a nosedive, and old rancorous gods. Pirouetted among all its countless corridors, with instants of affliction, perdition, and incredulity, Fat Charlie finds himself wandering in symbolic timeless places, where the B side of reality seems dunk in a «technicolor Ozness» and where the oddest happenings drip an aqueous essence which is pure Gaiman. «WALKING THE PATH ALONG THE EDGE OF THE MOUNTAINS AT THE BEGINNING OF THE WORLD (IT’S ONLY THE MOUNTAINS AT THE END OF THE WORLD IF YOU’RE COMING FROM THE OTHER DIRECTION) REALITY SEEMED STRANGE AND STRAINED. THESE MOUNTAINS AND THEIR CAVES ARE MADE FROM THE STUFF OF THE OLDEST STORIES (THIS WAS LONG BEFORE HUMAN PEOPLE, OF COURSE; WHATEVER MADE YOU IMAGINE THAT PEOPLE WERE THE FIRST THINGS TO TELL STORIES?) AND STEPPING OFF THE PATH, INTO THE CAVE, FAT CHARLIE FELT AS IF HE WERE WALKING INTO SOMEONE ELSE’S REALITY ENTIRELY. THE CAVE WAS DEEP; ITS FLOOR WAS SPLASHED WHITE WITH BIRD DROPPINGS. THERE WERE FEATHERS ON THE CAVE FLOOR TOO, AND, HERE AND THERE, LIKE A DESICCATED AND ABANDONED FEATHER DUSTER, WAS THE CORPSE OF A BIRD, FLATTENED AND DRIED. AT THE BACK OF THE CAVE, NOTHING BUT DARKNESS.» While reading the pages of this book, the reader is sometimes caught by contagious dizziness, in other times her/his eyesight is fogged by naïve myopia and in yet others, she/he inhales an atmosphere overflowing with amnesia (never ever the fine dust of the story becomes rarefied) and overexposed duplicity. «FAT CHARLIE SAW ONE THING WITH HIS EYES, AND HE SAW SOMETHING ELSE WITH HIS MIND, AND IN THE GULF BETWEEN THE TWO THINGS, MADNESS WAITED.» I hope you’ll forgive who writes for not unrolling the plot of this opera more than this. Letting ourselves be wrapped and surprised by its adventures and scents is an immersive experience only when full-frame lived, and it would be sinful to crack the fragile matter of which it is made. Rather, by going through the dioramas of this matter, we should let songs resonate, songs whose oscillatory frequencies dance in the balance among worlds that are, at the same time, dreams and the connective tissue of the universe. And, as you’ve already guessed, this tissue is made of a luminescent spider web. In the end, as it happens for all stories, let the Ouverture of this one be interpreted by Anansi while flaunting his elegant green fedora hat, and let’s dance.✎ Note on the author: Neil Richard MacKinnon Gaiman, class of 1960, is a British multifaceted and award-winning writer who certainly does not need presentation frames. Following American Gods, also Anansi Boys will soon debut on the screen in a miniseries produced by Amazon Studios. Gaiman himself is involved in its writing. [The Italian version of this review can be found here.] INCIPIT «It begins, as most things begin, with a song. In the beginning, after all, were the words, and they came with a tune. That was how the world was made, how the void was divided, how the lands and the stars and the dreams and the little gods and the animals, how all of them came into the world. They were sung. The great beasts were sung into existence, after the Singer had done with the planets and the hills and the trees and the oceans and the lesser beasts. The cliffs that bound existence were sung, and the hunting grounds, and the dark. Songs remain. They last. The right song can turn an emperor into a laughingstock, can bring down dynasties. A song can last long after the events and the people in it are dust and dreams and gone. That’s the power of songs.» Tags: Ashanti, English review, evidenza, fantasy, fantasy umoristico, inglese, letteratura fantastica, Neil Gaiman, Oscar Fantastica, umorismo, USA CORRELATI IN PRINCIPIO, IL CANTO. I RAGAZZI DI ANANSI, NEIL GAIMAN 8 Ottobre 2021 / 1 Commento Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/05/Neil-Gaiman_I-ragazzi-di-Anansi-slider.jpg 844 1500 Eugenio Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Eugenio Manassero2021-10-08 19:51:142022-07-28 09:20:49In principio, il canto. I ragazzi di Anansi, Neil Gaiman ALLA RICERCA DI UN BAMBINO SCOMPARSO NELLE OSCURE TERRE DEL NORD. LEOPARDO NERO, LUPO ROSSO DI MARLON JAMES 18 Aprile 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2020/12/Marlon-James_Leopardo-nero-lupo-rosso_slider.jpg 844 1500 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2021-04-18 13:32:012021-07-19 10:40:14Alla ricerca di un bambino scomparso nelle oscure Terre del Nord. Leopardo nero, lupo rosso di Marlon James L'articolo They were sung. Anansi Boys, Neil Gaiman proviene da Afrologist.
In principio, il canto. I ragazzi di Anansi, Neil Gaiman
IN PRINCIPIO, IL CANTO I ragazzi di Anansi ✏ Neil Gaiman 8 Ottobre 2021/di Eugenio Manassero CATEGORIE: Libreria  / Narrativa  / Romanzo Tempo di lettura: 5 minuti * I ragazzi di Anansi, Neil Gaiman, Mondadori, 2018, traduzione dall’inglese di Katia Bagnoli. C‘era una volta, un ragno. Ma non era un ragno qualunque. Anzi, per l’esattezza si trattava di un ragno che era anche un dio e, per giunta, molto spiritoso e dispettoso. E amava possedere le storie. I ragazzi di Anansi (Anansi Boys, 2005) di Neil Gaiman, come tutti i libri, racconta una storia. Anzi, sarebbe più corretto affermare che canta una storia. Quella di Charles-detto-“Ciccio-Charlie” Nancy, figlio nientemeno che di Mr. Nancy a.k.a. Compè Anansi, divinità ragno appartenente alle credenze mitologiche di popoli dell’Africa occidentale. Ciccio Charlie è un ragazzo -venuto al mondo in Florida e trapiantato a Londra- goffo, grassottello e con una spiccata propensione per il sentirsi in imbarazzo. Ma, dal momento che infiocchettare un qualsivoglia pacchetto di complessità con un grazioso nastro di aggettivi non può che risultare un’operazione spicciola e inconcludente, va detto che Ciccio Charlie è molto più di questo. Un giorno, come miccia incendiaria di un monomio (perturbativo × catastrofico)2, puf!, irrompe in scena suo fratello Ragno, di cui ignorava l’esistenza. Disinvolto, seduttivo, geneticamente dotato di deità e capace di sfoderare a comando un sorriso «affascinante, impudente e maliziosamente spensierato»: per intenderci, il genere di playboy che beve il caffè «nero come la notte, dolce come il peccato». E che l’intreccio narrativo abbia inizio. I muri portanti di questo grattacielo letterario sono Rosie, fidanzata di Ciccio Charlie e anima devota ad accudire l’Altro; la signora Noah, madre di Rosie e donna dal cuore rugoso ma incline al gongolare interno; Daisy, detective tenace e integerrima la cui canzone recita «malvagi attenzione!»; e, dulcis in fundo, Grahame Coats, capo di Ciccio Charlie all’Agenzia Grahame Coats e più donnola che uomo. L’arredamento interno è invece composto da mele di cera addentate, rituali di stregoneria, funerali sbagliati, menti sollevati in modo irresistibilmente provocatorio, lime che paiono minuscoli «Buddha verdi», stormi di fenicotteri killer in picchiata e vecchi dèi rancorosi. Piroettato fra tutti i suoi innumerevoli corridoi, con attimi di afflizione, perdizione e incredulità, Ciccio Charlie si trova ad errare in luoghi simbolici senza tempo, dove il lato B della realtà sembra inzuppato in una «fantasmagoria technicolor» e dove gli avvenimenti più improbabili sgocciolano un’essenza acquea che è puro Gaiman. «PERCORRENDO IL SENTIERO LUNGO L’ESTREMITÀ DELLE MONTAGNE ALL’INIZIO DEL MONDO (SONO LE MONTAGNE ALLA FINE DEL MONDO SOLO SE SI VIENE DALL’ALTRA PARTE) LA REALTÀ SEMBRAVA STRANA E INNATURALE. QUESTE MONTAGNE E LE LORO CAVERNE SONO FATTE DEL MATERIALE DELLE STORIE PIÙ ANTICHE (SUCCEDEVA MOLTO PRIMA DEGLI ESSERI UMANI, NATURALMENTE, CHI VI HA FATTO PENSARE CHE I PRIMI A RACCONTARE LE STORIE SIANO STATI GLI UOMINI?) E LASCIANDO IL SENTIERO PER ENTRARE NELLA CAVERNA, CICCIO CHARLIE SI SENTÌ COME SE STESSE ENTRANDO NELLA REALTÀ DI QUALCUN ALTRO. ERA UNA CAVERNA PROFONDA CON IL PAVIMENTO IMBIANCATO, COMPLETAMENTE COPERTO DI GUANO. C’ERANO ANCHE PIUME, SUL PAVIMENTO, E QUI E LÀ, COME UN PIUMINO RINSECCHITO, IL CADAVERE APPIATTITO DI UN UCCELLO. IN FONDO ALLA CAVERNA NIENT’ALTRO CHE TENEBRA.» Leggendo le pagine di questo romanzo, il lettore viene colto talvolta da un contagioso senso di vertigine, in altre la vista gli si appanna di un’ingenua miopia e in altre ancora inala un’atmosfera satura di amnesia (mai, mai il pulviscolo della storia diventa rarefatto) e di doppiezza sovraesposta. «CICCIO CHARLIE VEDEVA UNA COSA CON I SUOI OCCHI E UN’ALTRA CON LA MENTE E NEL BARATRO TRA LE DUE C’ERA IN AGGUATO LA FOLLIA.» Perdonerete chi scrive per non srotolare più di così la trama di quest’opera. Lasciarsi avvolgere e sorprendere dalle sue peripezie e dai suoi odori è un’esperienza immersiva solo se vissuta full frame e sarebbe peccaminoso incrinare la fragile materia di cui è fatta. Piuttosto, attraversando i diorami di questa materia, lasciamo risuonare canzoni le cui frequenze di oscillazione danzano in bilico fra mondi che sono sogno e, allo stesso tempo, il tessuto connettivo dell’universo. E come avrete già capito, questo tessuto è fatto di una luminescente ragnatela. Infine, come accade per tutte le storie, lasciamo che l’ouverture di questa la interpreti Anansi mentre sfoggia il suo elegante cappello di feltro verde, e balliamo.✎ Nota sull’autore: Neil Richard MacKinnon Gaiman, classe 1960, è uno scrittore britannico poliedrico e pluripremiato che di certo non ha bisogno di cornici presentative. Segnaliamo con piacere che, dopo American Gods, anche Anansi Boys debutterà presto sullo schermo con una miniserie prodotta dagli Amazon Studios. Lo stesso Gaiman è coinvolto nella sua scrittura. [To read the English translation of this article, click here.] INCIPIT «Comincia, come quasi tutto, con una canzone. Al principio era il verbo, erano parole accompagnate da una melodia. È così che venne fatto il mondo, che il vuoto fu diviso, che le terre e le stelle e i sogni e gli dèi minori e gli animali… che ogni cosa venne al mondo. Con il canto. I grandi rettili furono cantati dopo che il cantore aveva finito con i pianeti, le colline, gli alberi, gli oceani e gli animali più piccoli. Furono cantate le scogliere che legano l’esistenza, i terreni di caccia, e l’oscurità. Le canzoni rimangono. Durano. La canzone giusta può trasformare un imperatore nello zimbello del paese, può far cadere dinastie. Una canzone dura ben oltre il momento in cui i fatti e le persone di cui parla sono diventati polvere e sogno. È questo il potere delle canzoni.» Tags: Ashanti, evidenza, fantasy, fantasy umoristico, inglese, letteratura fantastica, Neil Gaiman, Oscar Fantastica, umorismo, USA CORRELATI L'articolo In principio, il canto. I ragazzi di Anansi, Neil Gaiman proviene da Afrologist.
Riscoprendo la falce d’oro tra campi stellati. Il libro della Luna, di Fatoumata Kébé
RISCOPRENDO LA FALCE D’ORO TRA CAMPI STELLATI Il libro della Luna ✏ Fatoumata Kébé 26 Settembre 2021/di Adele Akinyi Manassero CATEGORIE: Libreria  / Saggistica Tempo di lettura: 5 minuti * Il libro della Luna. Storia, miti e leggende, Fatoumata Kébé, Blackie Edizioni, 2021, traduzione dal francese di Chiara Manfrinato. Non parliamo molto spesso di saggistica su Afrologist, ma questa settimana mi piacerebbe parlarvi di un’opera che mi ha risvegliato i sensi, assopiti in questo settembre ormai finito: Il libro della Luna. Storia, miti e leggende (Blackie Edizioni, 2021) dell’astrofisica e astronoma francese Fatoumata Kébé. Non si dovrebbero mai giudicare i libri dal titolo e dalla copertina, ma ammetto che sono stati proprio questi due elementi a colpire la mia attenzione. Il primo per la sua semplicità evocativa che mi ha riportato per associazione alla cosmicomica La distanza della Luna di Calvino. La copertina invece, per il foro circolare che lascia intravedere la Luna calante come da un’oblò. Ancor prima di sapere che genere di libro fosse, mi sono ritrovata con la fantasia su una nave in mezzo all’oceano a contemplare il cielo. «LA LUNA È ALL’ORIGINE DI TUTTI I MITI E DI TUTTE LE RELIGIONI, PERCHÉ ESISTE DA SEMPRE, PERCHÉ L’UOMO LA OSSERVA DA SEMPRE. E DA QUANDO ESISTE L’UOMO, LA LUNA È SEMPRE LA STESSA: PERENNE, RASSICURANTE, MA ANCHE INQUIETANTE. CAMBIA FORMA, COLORE, FA SOLLEVARE GLI OCEANI, CRESCERE LE PIANTE, DANZARE I FOLLETTI. HA UNA FACCIA NASCOSTA.» Il libro della Luna è un saggio scientifico divulgativo che ripercorre in brevi e semplici capitoli tutti gli aspetti astronomici legati al nostro satellite, dalle ipotesi della sua nascita ai moti, le sue fasi e le eclissi, il calcolo del tempo e così via. Tratteggia l’influsso della Luna sulla Terra, gli animali e gli esseri umani. Ed accompagna spiegazioni scientifiche al racconto di leggende, credenze e miti che diverse popolazioni del mondo dal Paleolitico ad oggi hanno associato a questo corpo celeste nelle loro cosmologie, religioni e scienze. Come nella miglior tradizione divulgativa astronomica, l’autrice ha incorniciato ogni capitolo con titoli poetici che parlano da soli come: Conoscere la Luna per conoscere noi stessi, Una falce d’oro tra i campi stellati (citazione a Victor Hugo in La leggenda dei secoli), La leggenda del corpo senza testa e il mio preferito Nell’Oceano delle Tempeste. «LA LUNA ROSSA È ATTESA DAI GIARDINIERI FRANCESI PER LA SEMINA DELLE PATATE, MENTRE PROVOCA IL PANICO IN EUROPA DEL NORD, DOVE VIENE CHIAMATA LUNA DI SANGUE. LA MITOLOGIA SCANDINAVA EVOCA I LUPI DELLA LUNA, I FEROCI MÁNAGARMR, NATI DALL’UNIONE IMPROBABILE TRA IL LUPO FENRIR E LA GIGANTESSA JÁRNVIÐR. BESTIE SANGUINARIE E DIVORATRICI DI UOMINI CHE SI DIVERTONO A INGOIARE LA LUNA E POI A LORDARE DI SANGUE IL TRONO DEGLI DÈI.» Racconta infine la Storia delle spedizioni di cosmonauti russi e astronauti americani nella frenetica corsa allo Spazio durante la Guerra Fredda. In questo breve excursus, cita anche la matematica afroamericana Katherine Coleman, tra le poche donne reclutate all’inizio degli anni ’50 al NASA Langley Research Center per supervisionare i primi voli con passeggeri. Proprio i suoi calcoli, nel febbraio del 1962, salveranno la vita dell’astronauta John Glenn nel primo volo orbitale sulla capsula Friendship 7. «È LEI A STABILIRE L’ESATTO TRAGITTO DELLA CAPSULA INTORNO ALLA TERRA, E SOPRATTUTTO LA TRAIETTORIA DI RIENTRO NELL’ATMOSFERA, IL MOMENTO ESATTO IN CUI SARANNO ACCESI I RETRORAZZI, L’ALTERNATIVA IN CASO DI GUASTO, L’AMMARAGGIO NELLA ZONA DI RECUPERO, ECCETERA.» Unica mancanza: non aver incluso maggiori informazioni sulle cosmogonie africane (non limitate all’antico Egitto o al mondo arabo) e la storia di Edward Mukuka Nkoloso, insegnante e “afronauta” zambiano che nel 1964 lanciò lo Zambian Space Program e addestrò aspiranti astronauti per unirsi alla corsa allo Spazio. Bellissimo a questo proposito il pezzo sul New Yorker della scrittrice zambiana Namwali Serpell. Fatoumata Kébé ha racchiuso in un solo volume tutta la poesia e la passione di scienziata che la lega alla Luna: il “romanzo della sua vita”. Di famiglia originaria del Mali, questa promessa dell’astronomia francese, oltre a promuovere una maggiore partecipazione all’astronomia da parte delle donne, è impegnata come educatrice e divulgatrice in Francia e nel continente africano. Ha fondato Ephémérides: un programma di lezioni d’astronomia per ragazzi e ragazze provenienti da background svantaggiati, lanciandolo anche a Bamako. In quest’opera ci rivela il suo sogno: «andare nello spazio ed essere la prima donna a mettere piede sulla Luna». Nel frattempo, restiamo insieme a lei con il naso all’insù verso cieli stellati rischiarati dalla Luna.✎ INCIPIT «Nell’ultima sala di Lascaux, in fondo alla grotta, a circa due metri e mezzo di altezza, sulla parete di destra, è raffigurato un cavallo al galoppo. Non lo si nota subito. Eppure sembra che gli artisti del Paleolitico, nel tentativo di rappresentare il mondo, diciottomila anni fa, abbiano voluto conferirgli una particolare importanza. Il cavallo, infatti, domina tutti gli altri affreschi, anche se è quasi nascosto, e potrebbe avere una valenza sacra. Il suo profilo, dalle narici alla ganascia, lungo i fianchi e fino alla coda, è punteggiato da una lunga scia di stelle. Secondo gli studiosi, si tratterebbe di una rappresentazione delle diverse fasi lunari, un modo per misurare il tempo, un calendario.» Tags: astronomia, Blackie Edizioni, evidenza, Fatoumata Kébé, francese, Francia, luna, Mali, scienza CORRELATI IN CONGO TRA SOCIALISMO SCIENTIFICO E ALIENI. JAZZ E VINO DI PALMA, DI EMMANUEL DONGALA 26 Settembre 2020 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2020/07/Emmanuel-Dongala-Jazz-e-vino-di-palma-slider.jpg 844 1500 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2020-09-26 13:10:242021-07-19 11:17:10In Congo tra socialismo scientifico e alieni. Jazz e vino di palma, di Emmanuel Dongala L'articolo Riscoprendo la falce d’oro tra campi stellati. Il libro della Luna, di Fatoumata Kébé proviene da Afrologist.
Sipikat e assassini: quando il polar fa tappa in Senegal
SIPIKAT E ASSASSINI: QUANDO IL POLAR FA TAPPA IN SENEGAL Vita a spirale ✏ Abasse Ndione 19 Settembre 2021/di Eleonora Salvatore CATEGORIE: Libreria  / Narrativa  / Romanzo Tempo di lettura: 6 minuti * Vita a spirale, Abasse Ndione, e/o Edizioni, 2011, traduzione dal francese di Barbara Ferri. Vita a spirale, romanzo polar del senegalese Abasse Ndione, ha conosciuto un notevole successo sin dalla sua prima pubblicazione a cura delle Nouvelles Éditions Africaines du Sénégal nel 1984, anno in cui il maliano Modibo Sounkalo Keïta riceveva il Grand prix littéraire dell’Afrique Noire per L’Archer bassari, archetipo del romanzo polar africano in lingua francese. LA FORTUNA DEL ROMANZO POLAR Il genere polar, che cuce le strategie narrative proprie del romanzo poliziesco su personaggi che sono incarnazione ed espressione della cultura delle classi popolari, nella galassia letteraria dell’Africa francofona, è stato spesso considerato uno scarto di “sotto-letteratura”, tacciato dall’intelligentia africana di essere un “passatempo borghese”, come ha scritto Fanny Brasleret. In realtà il largo successo di pubblico che ha baciato questa costellazione così particolare nell’ambito dei generi narrativi, è legato a molteplici fattori. In primis il mutato contesto politico di produzione della letteratura stessa. Dal ritiro francese dal Senegal alla pubblicazione de La vie en spiral, infatti, sono trascorsi appena ventiquattro anni. La letteratura senegalese attraversa questa congiuntura storica interrogandosi su nuovi temi: l’atmosfera politica del post-indipendenza e il ruolo della religione in una società che si scopre meno secolarizzata del previsto eppure animata dalle controculture giovanili che picconano perfino i totem della fede. Altro fattore importante fu l’avvento di una letteratura di massa che parla la stessa lingua dei suoi lettori e che è allo stesso tempo immersione e radicamento in una società chiamata a fare i conti con la corruzione, l’incremento del tasso di criminalità e lo sfaldamento dei valori comunitari. In ultimo, una certa plasticità del genere polar a incrociare registri linguistici differenti – il francese amministrativo dell’autorità e del potere, e il wolof popolare non di rado declinato secondo uno slang criminale  – e a farsi interprete di un bisogno di comprensione del reale non intercettato dalle altre forme del romanzo. UNA TRAMA ROCAMBOLESCA Le pagine iniziali dell’opera si aprono col racconto ironico della sconfitta dei Gaïndé, i giocatori della nazionale di calcio del Senegal, impegnati nella partita di ritorno contro la selezione ivoriana nel girone di qualificazione alla fase finale della XIII Coppa d’Africa delle Nazioni. In un hotel di Abidjan, alcuni degli astri della nazionale senegalese, la sera stessa del loro arrivo nella capitale ivoriana, sono scoperti a fumare yamba e messi in prigione. La notizia dell’arresto riecheggia sdegnosamente nel Paese della teranga: esercito, polizia e guardia costiera ricevono l’ordine di radere al suolo i campi di canapa, nella striscia di terra compresa tra Géjawaay e Saint-Louis, e sgominare le reti di produzione e commercializzazione del “tabacco dei geni”. Due sono gli elementi interessanti che emergono da questa particolare ambientazione. Il primo è il riferimento, da “prosa del reale”, alla XIII Coppa d’Africa effettivamente disputata in Libia e vinta dalla nazionale ghanese nel 1982, anno in cui nelle radio senegalesi spopolerà Omar Pene con la sua band, la Super Diamono, per la canzone Jaraaf dedicata all’omonimo club di calcio di Dakar. Il secondo elemento è strettamente intrecciato al primo. La costruzione di un racconto calcistico che apre il romanzo aiuta a stabilire una “connessione sentimentale” tra l’autore ed il suo pubblico di lettori. Il calcio, “la felicità degli uomini semplici”, per riprendere il fortunato titolo della raccolta di storie brevi composte da narratori africani e curata dal congolese Alain Mabanckou per la casa editrice 66thand2nd, diventa un rito letterario per la gioventù del continente. Sullo sfondo di questa caccia alla streghe contro i sipikat, gli spacciatori, e i fumatori di yamba, scorrono la vita e la morte di un gruppo di giovani amici del villaggio di Sambey Karang fustigato dalla calura e dall’assenza di piogge che vengono propiziate con una cerimonia espiatoria e l’immolazione di un toro perché «A SAMBEY KARANG, LE TRADIZIONI ANIMISTE ERANO ANCORA SALDE, MALGRADO L’ISLAMIZZAZIONE TOTALE.» Amuyaakar Ndooy, narratore interno e protagonista principale del romanzo, Laay Goté, Yaba Xanca, Bukari e Badara sono soliti fumare spinelli e s’ingegnano per sopperire all’interruzione della filiera dell’erba proibita. Provano prima con lo xompaay, la pianta degli spiriti maligni, ma finiscono in ospedale in preda a febbri deliranti e convulsioni. Una volta guariti dall’intossicazione da stramonio entrano in contatto con Ameth Ndaw, allievo della Scuola Ufficiali dell’Esercito che procura loro lo yamba ormai introvabile. Dopo un mese e mezzo di astinenza, i cinque amici rollano canne nel loro rifugio segreto, un blockhaus immerso nella boscaglia di Amsondeng. Mentre nell’edificio l’odore della carne grigliata si mescola con quello resinoso dell’erba bruciata, Amuyaakar Ndooy matura il proposito di diventare sipikat acquistando lo yamba direttamente dagli stessi contadini della Casamance da cui si rifornisce l’allievo ufficiale. Coi cervelli arrostiti dai fumi, «LA CONVERSAZIONE SI FECE RICCA, BRILLANTE, CONTRADDITTORIA: LA VITA INCERTA E LA MORTE ANCORA PIÙ INCERTA, LA LETTERATURA, I COLPI DI STATO, LE RELIGIONI RIVELATE, LA DEMOCRAZIA TRASFORMATA IN CORRENTE DI PENSIERO, BOB MARLEY, LA PROSTITUZIONE, I MARABUTTI, GLI INTERVENTI STRANIERI IN AFRICA, I RAPPORTI SESSUALI, L’APARTHEID.» Se lo yamba scioglie e libera parole impronunciabili, è altrettanto vero che accelera, per Amuyaakar Ndooy, il turbinio di sogni imprenditoriali nel mondo del crimine. Amuyaakar Ndooy, tassista abusivo, sceglie il rischioso mestiere del sipikat per mero calcolo economico. L’elemento hippy ed anticonformista del libero uso di cannabis si intreccia con una sorta di connotato yuppie di un giovane uomo che rompe le regole del villaggio di nascita per avventurarsi nel mondo scintillante e conturbante della città e costruire una carriera professionale nell’imbuto di un vortice criminoso che gli frutterà cospicui guadagni e una vita matrimoniale in cui ci sarà spazio per più di una moglie, ma che gli costerà la perdita degli amici. Dai campi di canapa della Casamance fino ai locali alla moda di Dakar, Amuyaakar Ndooy incontrerà un universo popolato da poliziotti e giudici corrotti, faccendieri bianchi misteriosi e contadini custodi di un sapere magico e al tempo stesso intriso di razionalità. RELIGIONE E MAGIA La piccola comunità di Sambey Karang non vede di buon occhio il consumo di cannabis ritenuto contrario ai precetti della religione islamica. Gli anziani convocano una riunione nel corso del quale Bukari prende la parola sferzandoli con una sequela di invettive: «VOI ANZIANI VI PREOCCUPATE SOLTANTO DEL VOSTRO ROSARIO E DELLA VOSTRA PELLE DI PECORA.» Nell’ammonimento pronunciato da Bukari si cela una profonda insoddisfazione nei confronti del posto che la religione è venuta ad occupare in una società che imbriglia qualsiasi possibilità di autodeterminazione in nome di un’adesione totale, a tratti ipocrita, alla fede musulmana. Non è in discussione l’Islam ma l’uso che se ne fa per prescrivere comportamenti sociali che nessuno rispetta sino in fondo. La costanza della presenza dell’elemento magico è tipico di questo polar. La carriera di sipikat di Amuyaakar Ndooy, infatti, prende avvio con la consegna allo stesso di un talismano da parte di Fa Kébuté, marabutto amico di Jombiku, il primo contadino che aiuta Ndooy a sfondare come procacciatore di yamba di altissima qualità. Il bracciale che riceve in dono è un gri-gri di cuoio che prima di essere bracciale era stato un serpente nero bicefalo. Il segreto di questa vita a spirale è tutto qui: nel precario equilibrio tra due spiriti, entrambi a forma di serpente, uno buono e l’altro malvagio.✎ INCIPIT «Il DC 10 della compagnia Air Afrique che riportava i Gaïndé s’immobilizzò in fondo alla pista. Bigé Pay, il commissario tecnico, lanciò un’occhiata dall’oblò e vide che ad aspettare c’erano i membri della Federazione nazionale calcio e alcuni giornalisti. In tutto una dozzina di persone. “L’accoglienza non è proprio la stessa di quattro giorni fa” disse, voltandosi verso i giocatori e i dirigenti della squadra seduti dietro di lui. Si sganciò la cintura di sicurezza e si alzò, un sorriso beffardo sulle labbra. “Avanti, ragazzi, si scende. Dovremo spiegare al popolo perché abbiamo perso la battaglia!”». Tags: Abasse Ndione, afro-polar, calcio, Casamance, Edizioni E/O, evidenza, francese, polar, Senegal CORRELATI SIPIKAT E ASSASSINI: QUANDO IL POLAR FA TAPPA IN SENEGAL 19 Settembre 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/09/Abasse-Ndione_Vita-a-spirale-slider.jpg 1152 2048 Eleonora Salvatore https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Eleonora Salvatore2021-09-19 16:53:502021-09-19 16:53:50Sipikat e assassini: quando il polar fa tappa in Senegal TRA YEMANJÀ E AGUDA. IL GRANDE AZZURRO, AYESHA HARRUNA ATTAH 25 Aprile 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/04/Ayesha-Harruna-Attah-Il-grande-azzurro_slider2.jpg 844 1500 Maria Antonietta Maggio https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Maria Antonietta Maggio2021-04-25 09:12:492021-07-19 10:18:07Tra Yemanjà e aguda. Il grande azzurro, Ayesha Harruna Attah 20 CITTÀ AFRICANE TRA VIAGGI E FOTOGRAFIA. A STRANGER’S POSE, EMMANUEL IDUMA 12 Novembre 2019 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2019/10/AStrangersPose_banner.jpg 1440 2560 Veronica Sgobio https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Veronica Sgobio2019-11-12 21:15:362021-07-19 15:52:5720 città africane tra viaggi e fotografia. A Stranger’s Pose, Emmanuel Iduma L'articolo Sipikat e assassini: quando il polar fa tappa in Senegal proviene da Afrologist.
Dentro un regime: una reporter svela il Sudan
DENTRO UN REGIME: UNA REPORTER SVELA IL SUDAN Il vestito azzurro ✏ Antonella Napoli 9 Settembre 2021/di Arianna Obinu CATEGORIE: Libreria  / Saggistica Tempo di lettura: 6 minuti * Il vestito azzurro. Un regime dimenticato e il coraggio di una giornalista, Antonella Napoli, People, 2021. «È SOLAMENTE LA SORTE CHE CI FA NASCERE AL SICURO O IN PERICOLO. E CHI È PIÙ FORTUNATO HA DELLE RESPONSABILITÀ NEI CONFRONTI DEGLI ALTRI. SOPRATTUTTO QUANDO SEI UNA DONNA.» [ANTONELLA NAPOLI] Il giornalista inglese Robert Fisk, unico reporter occidentale ad aver incontrato in ben tre occasioni Osama Bin Laden, in Cronache Mediorientali (Il Saggiatore, 2006) ha descritto il Sudan come un Paese “con un’dentità debole, esausta ed irrisolta” a causa dei sessant’anni di dominio anglo-egiziano, di una parentesi nazionalista guidata da un religioso proclamatosi Mahdi*, di quarant’anni di indipendenza segnata da guerre civili e golpe militari. All’epoca della pubblicazione, l’analisi di Fisk non poteva prevedere che la tirannia di Omar Al-Bashir inaugurata nel 1989 sarebbe durata fino all’aprile del 2019, passando per un fatto epocale avvenuto nel 2011, ossia la divisione del Sudan in due Stati. Fino all’indipendenza del Sud Sudan, il Paese unito era stato il colosso d’Africa per dimensioni, nonché crocevia tra mondo arabo e Africa tropicale. Osservando una carta fisica, il Nord vi apparirà color giallo deserto, mentre il Sud verde foresta. Le differenze tra i due blocchi sudanesi non si esauriscono nelle caratteristiche del paesaggio: la parte settentrionale fu terra di migrazioni arabe che diffusero l’islam tra le popolazioni animiste, la parte meridionale fu terra di missione cristiana nel XIX secolo; la parte nord era la sede del potere dell’etnia araba e dello sviluppo, il sud dei nuer e dei dinka lasciato a se stesso, sebbene i giacimenti di petrolio si trovino nel suo territorio; a nord il sistema scolastico era imperniato sull’arabo, a sud sull’inglese poiché delegato ai comboniani. Il potere centrale in Sudan non ha mai tollerato disallineamenti rispetto al modello arabo-islamico propugnato con forza da Al-Bashir e dall’ideologo islamico Al-Turabi. La sharì’a fu introdotta nel Paese nel 1983 e solo nel 2020 il nuovo governo sudanese ha scelto di abolire alcune pene derivanti dall’applicazione letterale delle norme del diritto islamico: non più pena di morte per chi lascia l’islam per abbracciare una nuova fede; non più pubbliche frustate contro i consumatori di alcolici o le donne che indossavano i pantaloni o abiti giudicati succinti. La transizione democratica è tuttavia contrassegnata dalle violenze tra gruppi etnici e tra compagini politiche contrapposte. Il vecchio despota che fine ha fatto? La Corte Penale Internazionale (CPI) dal 2009 ha steso dei capi d’accusa nei suoi confronti che fanno raccapricciare la pelle: genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Di agosto la notizia che il Sudan ha dato il via libera all’estradizione di Al Bashir affinché subisca il processo nella sede dell’Aja. All’epoca del primo mandato internazionale contro di lui, l’arroganza del potere gli fece dire che la CPI non era che “una zanzara nell’orecchio di un elefante”. Di fatto, continuò a viaggiare all’estero indisturbato, segno che la sua presenza a capo del Sudan, non dispiaceva, nonostante tutto, alla comunità internazionale. Il Darfur, regione dell’ovest abitata dalle etnie fur, zaghawa e masalit, è stato negli anni terreno di scontro e violenze inaudite. Oltre trecentomila morti tra il 2003 e il 2009 secondo le Nazioni Unite. Due milioni gli sfollati costretti a vivere in immensi campi profughi nella precarietà sanitaria ed economica, nella promiscuità, senza protezione alcuna. «UN RETICOLO DI QUADRATI IRREGOLARI DI CAPANNE, BARACCHE DI FANGO E LAMIERE SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ. IMMENSE DISTESE NEL DESERTO, LONTANE DAGLI INSEDIAMENTI URBANI, CHE SI ESTENDONO FINO AI CONFINI CON IL SUD SUDAN. GIÀ SOLO L’IMPATTO VISIVO DELLA FOTO DEI CAMPI PROFUGHI IN DARFUR SULLA COPERTINA DEL RAPPORTO ONU SUGGERISCE LA VASTITÀ DELL’EMERGENZA UMANITARIA IN CORSO NELLA REGIONE OCCIDENTALE SUDANESE. EPPURE, NONOSTANTE RESTI TRA LE PIÙ GRAVI CRISI AL MONDO, È ORMAI DIMENTICATA DA TUTTI. O QUASI.» Le donne sono state crudelmente stuprate, con quel che significa in queste culture in cui la vittima è doppiamente vittima: prima lo stupro e poi l’abbandono dei familiari o l’uccisione. Laddove l’onore del gruppo dipende dalla condotta sessuale delle sue donne, e laddove detta condotta è lecita unicamente all’interno del patto matrimoniale, non si soccorrono le vittime di stupro, non c’è pietas per loro, solo lo sdegno e l’urgenza di dissociarsi dalla prova vivente dell’accaduto, in pratica dalla vittima. I sudanesi affrontano la loro storia sanguinosa senza che la loro causa assurga agli onori della cronaca. Eppure durante le rivolte del 2019, una giornalista italiana era lì, pronta a testimoniare con i propri occhi quel che avveniva nella capitale Khartoum ed in altre zone periferiche come il Darfur. Si chiama Antonella Napoli e al pari di Robert Fisk afferma di avere il dovere di raccontare la verità, perché nessuno abbia a dire che non sapeva. Nel suo libro Il vestito azzurro (People, 2021) veniamo a sapere. Scopriamo un regime razzista e onnipotente e assistiamo ai suoi ultimi istanti di vita. Scopriamo il sangue freddo di una giornalista fermata dai Servizi di sicurezza sudanesi mentre faceva delle riprese nei giorni delle rivolte contro Al Bashir. Leggiamo storie al femminile raccolte nei campi profughi da cui trapela grande tenerezza e dignità. Vestiamo i panni di una reporter intelligente, empatica e rispettosa delle persone che incontra al punto da non rendere il suo inquietante fermo protagonista delle pagine che scorriamo. Al centro dei suoi pensieri ci sono i colleghi sudanesi, le donne sudanesi, i profughi, le vittime di interminabili guerre intestine e tutte le persone coraggiose che, dal dicembre 2018, hanno creduto di poter cambiare qualcosa nel Paese scrivendo nuove pagine di una storia finalmente democratica. «HO SEMPRE SCRITTO, FOTOGRAFATO, FATTO RIPRESE CHE DOCUMENTASSERO IN MODO INEQUIVOCABILE CIÒ CHE STAVO VIVENDO […]. NON POTREI E NON SAPREI FARE ALTRO. PERCHÉ QUESTO MESTIERE NON È UN LAVORO, È UNA PASSIONE CHE DIVENTA DOVERE. A TRENTADUE ANNI DAI MIEI PRIMI PASSI NEL GIORNALISMO, SO CHE QUESTO NON POTRÀ MAI CAMBIARE. ILLUMINARE LE PERIFERIE DEL MONDO È STATA, È E RESTA UNA PRIORITÀ. SEMPRE. ANCHE DOPO LE MINACCE DEI FRATELLI MUSULMANI […].» Protagonista è volutamente il popolo sudanese in rivolta. Protagoniste sono le donne, scese in piazza come gli altri, e che grazie alla fine della tirannide possono ora sperare in un futuro diverso, senza più infibulazioni, fustigazioni, umiliazioni e ingiuste condanne a morte. Donne come Meriam, Alaa, Amina, Kalima, Hiba «che resteranno l’immagine migliore della battaglia per la libertà e la giustizia che si è compiuta nel Paese».✎ *Il Mahdì (in ar. “il guidato” sottinteso da Allah) nell’islam è una figura che comparirà alla fine del mondo e istituirà la giustizia in terra. Il libro è stato presentato il 3 settembre a Udine, in un evento organizzato da Time for Africa e Borgo Stazione Udine. Qui ritrovate il dialogo fra l’autrice e Arianna Obinu. INCIPIT «Quando il 15 maggio del 2014 in Sudan un giudice pronunciava la sentenza che condannava a morte Meriam Ishag Ibrahim per apostasia, in una Khartoum più ostile che mai verso chiunque si opponesse alle violazioni dei diritti umani e alle repressioni delle libertà, o chi come me le raccontava, non pensavo che sarei diventata un bersaglio per il regime guidato da Omar Hassan al-Bashir. Il Presidente sudanese, al potere da trent’anni, aveva pendente su di sé un mandato di arresto della Corte penale internazionale per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Chiunque ne scrivesse, o parlasse del governo in chiave critica, diventata un “nemico del Sudan”. Cinque anni dopo, mentre raccontavo un’altra storia, quella che avrebbe cambiato per sempre il Paese – e la mia vita -, venivo privata della libertà per diverse ore. Avevo rischiato di subire lo stesso trattamento riservato alla protagonista della vicenda che nel 2014 avevo contribuito a far conoscere al mondo.» Tags: Antonella Napoli, evidenza, giornalismo, Italia, italiano, Khartoum, People Pub, Sudan CORRELATI RISCOPRENDO LA FALCE D’ORO TRA CAMPI STELLATI. IL LIBRO DELLA LUNA, DI FATOUMATA KÉBÉ 26 Settembre 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/09/Fatoumata-Kebe_Il-libro-della-luna_slider2.jpg 844 1500 Adele Akinyi Manassero https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Adele Akinyi Manassero2021-09-26 11:17:212021-09-26 11:30:21Riscoprendo la falce d’oro tra campi stellati. Il libro della Luna, di Fatoumata Kébé DENTRO UN REGIME: UNA REPORTER SVELA IL SUDAN 9 Settembre 2021 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2021/09/Antonella-Napoli_Il-vestito-azzurro_slider.jpeg 844 1500 Arianna Obinu https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Arianna Obinu2021-09-09 20:44:002021-09-09 20:44:00Dentro un regime: una reporter svela il Sudan DIARIO DI UNA SOPRAVVIVENZA 27 Giugno 2020 / 0 Commenti Continua a leggere https://www.afrologist.org/wp-content/uploads/2020/06/IMG_20200613_152725-scaled.jpg 1439 2560 Eleonora Salvatore https://afrologist.org/wp-content/uploads/2019/02/Logo-bozza-Letture-afropolitane-con-libro-tutta-scritta-con-A-bis-1030x202.png Eleonora Salvatore2020-06-27 12:39:152021-07-19 11:29:50Diario di una sopravvivenza L'articolo Dentro un regime: una reporter svela il Sudan proviene da Afrologist.