“Il Veneto deve avere il coraggio di cambiare.” Intervista a Beatrice VerzéBeatrice Verzé, consigliera comunale di Verona e candidata alle elezioni
regionali del 23 e 24 novembre con Manildo (centro-sinistra), racconta la sua
visione su ambiente, trasporti e giustizia sociale.
La lotta alla crisi climatica non può prescindere dalla giustizia sociale e
dalla parità di genere. Ne è convinta Beatrice Verzé, consigliera comunale a
Verona per il gruppo Traguardi, consigliera delegata della Commissione Pari
Opportunità e ora candidata alle elezioni regionali con la lista di Giovanni
Manildo. Un impegno che nasce, racconta, dalla necessità di dare risposte
concrete ai cittadini e alle cittadine su temi che toccano la vita quotidiana.
Verzé, nel corso del recente Festambiente 2025 lei ha parlato di crisi
climatica come di un’urgenza non più rimandabile. Perché, secondo lei, non c’è
ancora una risposta adeguata dalla politica?
«La crisi climatica è un dato di fatto. Purtroppo, però, non tutte le forze
politiche la riconoscono come priorità: c’è ancora chi nega i cambiamenti
climatici o, peggio, porta avanti politiche che vanno nella direzione opposta
alla lotta contro la crisi climatica. In questi anni la mia generazione e quelle
vicine alla mia hanno avuto il merito di far crescere la consapevolezza, di
aprire gli occhi a tante persone. Ma non basta. Ora serve che la politica usi la
crisi climatica come lente attraverso cui programmare le scelte pubbliche, sia a
livello locale che regionale. E serve anche coraggio, perché alcune decisioni
non saranno popolari, ma sono necessarie per il futuro del nostro territorio.»
Da quale tema partirebbe, se eletta in Regione?
«Partirei dai trasporti. Il Veneto è la regione che cofinanzia meno il Fondo
nazionale trasporti. Questo significa che regioni come Emilia-Romagna, Lombardia
o Piemonte investono nel trasporto pubblico locale il doppio, a volte anche
cinque volte tanto rispetto al Veneto. Non si tratta solo di sostenibilità
ambientale, ma anche di giustizia sociale: non possiamo chiedere alle persone di
usare mezzi pubblici che sono costosi, inefficienti e inaffidabili. È una
questione di equità.»
Parla di coraggio politico anche per le scelte sul territorio. Cosa intende?
«Faccio un esempio molto concreto. Tutti concordiamo sull’importanza di piantare
alberi per mitigare l’effetto delle isole di calore nelle città. Ma quando si
propone di togliere cinque parcheggi per piantare cinque alberi, allora emergono
le resistenze. Qui serve una politica che sappia osare, che abbia la forza di
spiegare ai cittadini che alcune scelte, anche se possono sembrare impopolari
nell’immediato, sono necessarie per il benessere collettivo. Senza un
cambiamento culturale nelle nostre abitudini, anche le politiche pubbliche più
efficaci rischiano di non produrre risultati.»
Un altro concetto a lei caro è quello di “prevenzione”, non solo di interventi a
emergenza avvenuta. Cosa manca oggi?
«Manca la programmazione. Oggi le città non dispongono di strumenti adeguati per
monitorare quello che accade durante eventi atmosferici straordinari, che ormai
straordinari non sono più. A Verona stiamo lavorando su questo fronte, ma serve
che la Regione si faccia carico di dotare i Comuni di sistemi che permettano di
capire dove intervenire prima che i danni si verifichino. Non possiamo
continuare a rincorrere le emergenze: dobbiamo agire prima, con strumenti di
prevenzione e monitoraggio.»
Altro tema cruciale è quello della transizione energetica. Quali sono, secondo
lei, gli ostacoli principali?
«Uno degli ostacoli più grandi è la burocrazia. È inutile parlare di transizione
energetica se poi progetti come impianti fotovoltaici o soluzioni per il
biometano si arenano in procedure infinite. Dobbiamo anche superare certi tabù e
paure legate alle energie rinnovabili. Naturalmente serve equilibrio tra i
vantaggi di queste soluzioni e l’impatto sui territori, ma non possiamo
continuare a rimandare. Il Veneto ha bisogno di una strategia chiara e di regole
semplici, che permettano a Comuni e imprese di agire.»
Come vede il ruolo del Veneto nella lotta contro l’inquinamento?
«Siamo nella zona più inquinata d’Europa, non solo d’Italia. Questo pesa sulla
qualità della vita e sulla salute dei cittadini. Credo che la Regione debba fare
squadra con altre realtà del Nord Italia per chiedere fondi straordinari
all’Europa. Non possiamo affrontare questa sfida da soli: serve una rete forte
di amministrazioni che sappiano far sentire la propria voce dove si prendono le
decisioni. La vera sfida ambientale è questa: farci sentire, portare la nostra
visione e le nostre proposte nei luoghi in cui si decide il futuro del
territorio.»
Che tipo di approccio porterà in Regione, se eletta?
«Credo che ciò che ci distingue sia lo sguardo con cui stiamo lavorando, sia a
Verona sia ora a livello regionale. Uno sguardo che ha tre caratteristiche. La
prima è generazionale. È arrivato il momento che la nostra generazione parli con
la propria voce, senza che altri parlino al nostro posto. E che non si parli di
giovani solo perché conviene in campagna elettorale. La seconda caratteristica è
il metodo civico. In molte città del Veneto – penso a Verona, Vicenza, Treviso,
Padova – i movimenti civici progressisti stanno mostrando che si può fare
politica partendo dall’ascolto diretto dei cittadini e delle cittadine. Questo
approccio ha portato a cambiamenti concreti e vogliamo portarlo anche in
Regione. Il terzo elemento è la concretezza. Negli ultimi anni ho visto troppi
slogan e poche soluzioni. Noi vogliamo parlare con i fatti, lavorando su
priorità reali come i trasporti, che non sono solo una questione di spostamenti
ma di qualità della vita e di welfare.»
Ha citato i giovani: quali sono, secondo lei, le condizioni necessarie perché
possano costruire il loro futuro qui, senza dover andare altrove?
«Se un giovane o una giovane vuole restare in Veneto, deve poter contare su
servizi efficienti e su opportunità concrete. Penso ai trasporti, che devono
permettere di muoversi in modo semplice e sostenibile. Ma penso anche al welfare
e al tema della casa, che non è direttamente collegato all’ambiente ma è
fondamentale per la qualità della vita. Un giovane deve avere la possibilità di
scegliere di restare, non essere costretto ad andarsene per mancanza di
alternative. Questo significa creare una regione attrattiva, che investa nelle
persone e nel loro futuro.»
Recentemente ha preso una posizione netta nei confronti del Ministro Tajani
sulla situazione a Gaza e a Verona come Consiglio Comunale avete approvato una
mozione per sostenere la popolazione palestinese. Cosa l’ha spinta a farlo e
quale ruolo possono avere secondo lei le istituzioni locali e regionali su un
tema internazionale come questo?
«Ciò che mi ha spinto e ci ha spinto è la profonda convinzione che
il genocidio a cui stiamo assistendo ci rende tutte e tutti responsabili. La
politica, anche quella locale, non può e non deve essere privata di una visione
globale. I diritti umani e il diritto internazionale sono universali e vanno
difesi sempre e ovunque. Le istituzioni devono scegliere da che parte stare. Per
noi, a Verona, abbiamo scelto di stare dalla parte del diritto internazionale e
dei diritti umani, che il governo di Israele sta negando a tutti i livelli in un
processo di occupazione decennale (gli insediamenti illegali, ndr).
Il ruolo delle istituzioni locali e regionali è cruciale: siamo il primo punto
di contatto con la cittadinanza e abbiamo il dovere morale di agire come cassa
di risonanza. A Verona, siamo passati dalle parole ai fatti, dimostrando che
l’impegno non è solo retorica. Tra le azioni approvate in Consiglio Comunale ci
sono state: l’approvazione dell’ordine del giorno per il “Cessate il
fuoco” (febbraio 2024), l’ordine del giorno per il riconoscimento dello Stato di
Palestina e la condanna al genocidio (giugno 2024), con la richiesta esplicita
di sospendere la vendita di armi da e verso Israele e sanzioni contro i coloni,
l’adesione alla campagna di mobilitazione “50.000 sudari per Gaza” e il supporto
alla Global Sumud Flotilla attraverso una lettera del sindaco a Giorgia Meloni.
Le istituzioni locali possono e devono essere un pungolo per il governo
centrale e un segnale di civiltà per l’Europa, dimostrando che l’empatia e la
difesa dei diritti non conoscono confini amministrativi.»
Guardando alla politica italiana nel suo complesso, crede che stia facendo
abbastanza per affrontare la crisi a Gaza? Che tipo di azioni concrete vorrebbe
vedere a livello nazionale e nel suo impegno in Regione?
«Assolutamente no, la politica italiana nel suo complesso non sta facendo
abbastanza. L’approccio attuale è troppo timido e privo di coraggio diplomatico.
È necessario un cambio di rotta netto. A livello nazionale, chiediamo azioni
immediate e vincolanti: Stop immediato all’invio di armi e interruzione dei
rapporti economici e militari con Israele. Non possiamo essere complici di un
genocidio; Riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. È un passo dovuto,
non più rimandabile, per riaffermare il diritto internazionale e la soluzione
dei due Stati; Un vero protagonismo in Unione Europea. L’Italia deve smettere di
agire come semplice amico degli USA e assumere un ruolo diplomatico all’altezza
della sua storia, spingendo per una posizione europea unitaria e decisa. A
livello regionale, l’impegno sarà quello di mantenere alta l’attenzione politica
e di spingere per atti che vadano nella direzione della pace e del diritto. La
Regione può promuovere atti di solidarietà e di diplomazia dal basso, ad esempio
rafforzando i legami con la popolazione palestinese e condannando ogni forma di
discriminazione e violenza.»
Come delegata alle pari opportunità per il Comune di Verona, quali risultati ha
raggiunto finora e come pensi di portare questa esperienza su scala regionale se
verrà eletta?
«Il mio mandato a Verona è partito dalla consapevolezza che il tema delle pari
opportunità è complesso e urgente, al di là della retorica. I dati parlano
chiaro: una donna ogni tre giorni viene uccisa da un uomo, l’Italia è al 79°
posto per gender gap, il 73% delle dimissioni femminili è legato alla difficoltà
di conciliare vita professionale e familiare. Il primo obiettivo è stato rendere
la parità di genere trasversale a tutti gli assessorati e non un tema isolato.
Dal potenziamento del Centro Antiviolenza Petra all’impegno per la formazione e
la prevenzione della violenza nelle relazioni. Abbiamo intrapreso un lavoro
culturale stabile sul tema della parità di genere e del femminismo, uscendo
dalla logica degli eventi spot per le ricorrenze del 25 novembre e dell’8 marzo.
Abbiamo poi introdotto le Linee guida per l’utilizzo del genere nel linguaggio
amministrativo e stiamo avviando un percorso per introdurre un Atlante di genere
per avere una fotografia chiara della condizione femminile nella nostra città a
tutti i livelli.
In Regione, voglio portare un approccio sistemico e strutturale, agendo su tre
assi portanti: 1. Introdurre il Bilancio di Genere regionale è la priorità.
Dobbiamo valutare come i soldi pubblici influenzano in modo differente donne e
uomini. Significa costruire politiche pubbliche più eque, con dati disaggregati
e monitoraggio annuale, estendendo poi le linee guida a Comuni e Province. 2.
Aumentare in modo stabile e pluriennale i fondi regionali per i Centri
Antiviolenza e le Case Rifugio. Riconoscere i CAV come presidi essenziali,
garantendo personale formato e finanziamenti che non dipendano solo dai
trasferimenti statali.3. Il Veneto è una delle Regioni con il più alto tasso
di obiezione di coscienza (oltre il 70% dei ginecologi). Questo ostacola il
diritto all’autodeterminazione.
La nostra proposta è netta: piano regionale per la 194 con obiettivi chiari e
monitoraggio pubblico, potenziamento dei Consultori: Devono garantire
la presenza obbligatoria di personale non obiettore e l’abilitazione alla
somministrazione della RU486 e tutela contro l’obiezione organizzativa, con
l’introduzione di norme per evitare che interi reparti siano composti solo da
obiettori. La parità non è un’appendice, è una trasformazione trasversale che
riguarda i diritti, il lavoro, la salute e l’economia del nostro Veneto.»
Lei si presenta come una “voce nuova”. Quali valori e quale visione vuole
portare in Consiglio regionale e in che modo la sua generazione può portare un
cambiamento rispetto alla politica tradizionale?
«La retorica del “Veneto Regione modello” ci ha nascosto un malfunzionamento
profondo. La nostra generazione non si nasconde più dietro quel velo e chiede
che le cose fondamentali tornino a funzionare. ‘Voce nuova’ non è il mio slogan,
è un amplificatore per le voci di chi non è ascoltato. I valori che porto sono
quelli di una politica che deve garantire i diritti essenziali, non lasciarli
alla fortuna o al privilegio: la casa, in Veneto, è diventata una sfida
impossibile. Chiediamo un fondo regionale per ristrutturare alloggi sfitti e
progetti di social housing. Vogliamo che la casa torni a essere un diritto, non
un miraggio. Oggi il Veneto è fanalino di coda nei finanziamenti del trasporto
pubblico: serve un piano straordinario che renda il trasporto pubblico così
efficiente da essere la scelta più logica per tutti. Dobbiamo poi fare
dell’asilo nido per tutti la battaglia principale, restituendo tempo e dignità
alle famiglie e alle donne lavoratrici. Ci sono poi temi come la salute
riproduttiva, il fine vita, l’inclusione sociale che devono diventare parte
integrante di tutte le politiche regionali, non solo ‘belle parole’.
La mia generazione porta una capacità di guardare ai problemi
con intersezionalità – capendo come casa, lavoro, trasporti e diritti si
intrecciano. Ma soprattutto, portiamo l’urgenza di passare dalla discussione
all’investimento. Ci parlano di noi, ma raramente con noi. Ci chiedono di
restare, ma non investono sugli strumenti che ci permetterebbero di farlo. Il
cambiamento che portiamo è questo: non più solo promesse, ma strumenti
strutturali e misurabili per un Veneto in cui tutti abbiano la possibilità di
costruire il proprio futuro, e dove nessuno sia lasciato indietro.»
In chiusura, qual è il messaggio che vuole lanciare agli elettori e alle
elettrici?
«Credo che la mia candidatura rappresenti la volontà di portare in Regione la
voce di una generazione che vuole un Veneto più giusto, sostenibile e
coraggioso. Non sarà un percorso facile, ma ora è il momento di agire. Vogliamo
costruire insieme il Veneto del futuro, con una politica che ascolta e che
sceglie, anche quando questo significa prendere decisioni difficili per il bene
comune.»
Heraldo