Tag - trasporto pubblico

Oggi, 24 ottobre, tutti in strada per le bambine e i bambini con #StreetsForKids!
Oggi, 24 ottobre, le nostre strade si riempiranno di energia e sorrisi! Con 130 azioni in più di 20 città italiane (450 in tutta Europa), si lancia un segnale fortissimo: vogliamo città più sicure, verdi e felici per bambine e bambini: https://italy.cleancitiescampaign.org/streets-for-kids-primavera-2025/. E una delle istanze che le nostre bambine e i nostri bambini avanzano con forza riguarda le strade/zone scolastiche, ovvero spazi accessibili intorno alle scuole per limitare il traffico motorizzato, attraverso la creazione di zone pedonali.  Le strade scolastiche permanenti sono un angolo di città più sicuro in cui bambine e bambini possono sperimentare e giocare in autonomia al di fuori della loro casa e/o scuola. Possono diventare occasioni per tutto il quartiere per svolgere attività culturali e ricreative e per passare del tempo all’aria aperta. Spesso incoraggiano l’interazione sociale e la cittadinanza attiva, accogliendo per esempio cinema all’aperto, pranzi sociali, tornei di carte e scacchi. Lavorare per strade scolastiche nelle nostre città significa intervenire per limitare sempre più l’invadenza dell’auto, che resta purtroppo ancora il mezzo dominante per il 77% degli italiani, che la utilizza per i propri spostamenti quotidiani, con una dipendenza dichiarata dal mezzo privato che coinvolge quasi 4 cittadini su 10. A dircelo è un’indagine dell’Istituto Piepoli per l’Osservatorio Eco Festival (https://ecofest.net/). Secondo tale indagine, il trasporto pubblico è utilizzato quotidianamente soltanto dal 5% (il 44% vi ricorre però almeno una volta alla settimana), anche se camminare (42%) resta una pratica diffusa, mentre i cittadini che usano la bici e i monopattini si fermano al 16%. Anche la sharing mobility (car, bike e scooter sharing) appare ancora residuale (2%). La maggioranza degli italiani, il 60%, afferma che nel proprio territorio vi siano alternative all’auto privata, una percentuale che cresce nei grandi Comuni – arrivando al 72 – e al Nord, ma calando nei piccoli centri e nel Sud. Tuttavia, quasi la metà degli intervistati non ha mai provato a rinunciare all’auto per una settimana o a sperimentare soluzioni come bici elettriche o auto elettriche condivise. Un dato che mostra tutta la distanza che intercorre tra la percezione teorica e le pratiche concrete di mobilità sostenibile. Soltanto l’8% possiede poi un veicolo elettrico e il 10% pensa di acquistarlo entro un anno. I principali motivi dell’ancora scarsa diffusione di tali mezzi vanno rinvenuti nel prezzo e nell’autonomia, citati rispettivamente dal 55% e dal 43%. Inoltre, solo il 20% considera le colonnine di ricarica sufficienti e facilmente accessibili, con grandi differenze territoriali tra Nord e Sud. In merito al trasporto merci e all’intermodalità, quasi 9 italiani su 10 riconoscono l’impatto ambientale del trasporto merci e l’intermodalità ferroviaria è ritenuta la soluzione più sostenibile (71%). I treni regionali giocano un ruolo chiave: il 57% degli italiani li utilizza e il 44% giudica positivamente la loro integrazione con altri mezzi, chiedendo però orari coordinati, biglietti integrati e stazioni più accessibili. Il 70% degli italiani chiede comunque di cambiare con urgenza i modelli di mobilità e gli incentivi economici (36%) e una maggiore copertura del trasporto pubblico locale (32%), che possono incentivare – a loro dire –  a cambiare mezzo. Il 38% poi pensa che tra 10 anni l’auto elettrica sarà il mezzo più diffuso, davanti all’auto tradizionale (23%) e al trasporto pubblico (13%). Insomma, l’indagine dell’Istituto Piepoli evidenzia come ci sia un’Italia ancora troppo dipendente dall’auto, ma con una domanda sempre più crescente d’innovazione, di infrastrutture e di politiche pubbliche in grado di trasformare la voglia di mobilità sostenibile in pratiche quotidiane. Mobilità sostenibile necessaria innanzitutto per i bambine e bambine, che sono i soggetti particolarmente vulnerabili all’inquinamento atmosferico e a rischio per gli incidenti in auto. Per questo, l’appello di oggi affinché ogni scuola sia circondata soltanto da strade scolastiche rappresenta un modo per dare subito concretezza alla domanda di sostenibilità diffusa. Le Strade scolastiche ridistribuiscono lo spazio pubblico e producono benefici immediati alla salute, migliorando la qualità dell’aria nelle vicinanze della scuola e incoraggiando l’attività fisica; inoltre favoriscono il cambiamento nelle abitudini di spostamento delle famiglie dall’automobile al trasporto a piedi, in bici e col bus. Non dimentichiamo che il traffico da accompagnamento a scuola contribuisce in modo significativo ad aumentare il traffico motorizzato nelle ore di punta, come risulta evidente con il caos mattutino. Le strade scolastiche riducono – tra le altre – le emissioni di CO2 e portano quindi benefici per il clima. Scriviamo ai nostri sindaci e chiediamo con insistenza un loro impegno concreto a fare tante strade scolastiche, e a farle presto (https://italy.cleancitiescampaign.org/wp-content/uploads/2023/03/Email-your-mayor-text-IT.pdf). Qui per scaricare la ricerca effettuata dall’Istituto Piepoli per conto dell’Osservatorio Eco Festival: https://www.dropbox.com/scl/fi/qa8neblmfudz7006pzgar/Istituto_Piepoli_per_ECO_Indagine_mobilita_sostenibile_16_9_2025.pdf?rlkey=26wn7majttamf3193kyi0lv4a&e=1&st=rpl6ueou&dl=0 Giovanni Caprio
“Il Veneto deve avere il coraggio di cambiare.” Intervista a Beatrice Verzé
Beatrice Verzé, consigliera comunale di Verona e candidata alle elezioni regionali del 23 e 24 novembre con Manildo (centro-sinistra), racconta la sua visione su ambiente, trasporti e giustizia sociale. La lotta alla crisi climatica non può prescindere dalla giustizia sociale e dalla parità di genere. Ne è convinta Beatrice Verzé, consigliera comunale a Verona per il gruppo Traguardi, consigliera delegata della Commissione Pari Opportunità e ora candidata alle elezioni regionali con la lista di Giovanni Manildo. Un impegno che nasce, racconta, dalla necessità di dare risposte concrete ai cittadini e alle cittadine su temi che toccano la vita quotidiana. Verzé, nel corso del recente Festambiente 2025 lei ha parlato di crisi climatica come di un’urgenza non più rimandabile. Perché, secondo lei, non c’è ancora una risposta adeguata dalla politica? «La crisi climatica è un dato di fatto. Purtroppo, però, non tutte le forze politiche la riconoscono come priorità: c’è ancora chi nega i cambiamenti climatici o, peggio, porta avanti politiche che vanno nella direzione opposta alla lotta contro la crisi climatica. In questi anni la mia generazione e quelle vicine alla mia hanno avuto il merito di far crescere la consapevolezza, di aprire gli occhi a tante persone. Ma non basta. Ora serve che la politica usi la crisi climatica come lente attraverso cui programmare le scelte pubbliche, sia a livello locale che regionale. E serve anche coraggio, perché alcune decisioni non saranno popolari, ma sono necessarie per il futuro del nostro territorio.» Da quale tema partirebbe, se eletta in Regione? «Partirei dai trasporti. Il Veneto è la regione che cofinanzia meno il Fondo nazionale trasporti. Questo significa che regioni come Emilia-Romagna, Lombardia o Piemonte investono nel trasporto pubblico locale il doppio, a volte anche cinque volte tanto rispetto al Veneto. Non si tratta solo di sostenibilità ambientale, ma anche di giustizia sociale: non possiamo chiedere alle persone di usare mezzi pubblici che sono costosi, inefficienti e inaffidabili. È una questione di equità.» Parla di coraggio politico anche per le scelte sul territorio. Cosa intende? «Faccio un esempio molto concreto. Tutti concordiamo sull’importanza di piantare alberi per mitigare l’effetto delle isole di calore nelle città. Ma quando si propone di togliere cinque parcheggi per piantare cinque alberi, allora emergono le resistenze. Qui serve una politica che sappia osare, che abbia la forza di spiegare ai cittadini che alcune scelte, anche se possono sembrare impopolari nell’immediato, sono necessarie per il benessere collettivo. Senza un cambiamento culturale nelle nostre abitudini, anche le politiche pubbliche più efficaci rischiano di non produrre risultati.» Un altro concetto a lei caro è quello di “prevenzione”, non solo di interventi a emergenza avvenuta. Cosa manca oggi? «Manca la programmazione. Oggi le città non dispongono di strumenti adeguati per monitorare quello che accade durante eventi atmosferici straordinari, che ormai straordinari non sono più. A Verona stiamo lavorando su questo fronte, ma serve che la Regione si faccia carico di dotare i Comuni di sistemi che permettano di capire dove intervenire prima che i danni si verifichino. Non possiamo continuare a rincorrere le emergenze: dobbiamo agire prima, con strumenti di prevenzione e monitoraggio.» Altro tema cruciale è quello della transizione energetica. Quali sono, secondo lei, gli ostacoli principali? «Uno degli ostacoli più grandi è la burocrazia. È inutile parlare di transizione energetica se poi progetti come impianti fotovoltaici o soluzioni per il biometano si arenano in procedure infinite. Dobbiamo anche superare certi tabù e paure legate alle energie rinnovabili. Naturalmente serve equilibrio tra i vantaggi di queste soluzioni e l’impatto sui territori, ma non possiamo continuare a rimandare. Il Veneto ha bisogno di una strategia chiara e di regole semplici, che permettano a Comuni e imprese di agire.» Come vede il ruolo del Veneto nella lotta contro l’inquinamento? «Siamo nella zona più inquinata d’Europa, non solo d’Italia. Questo pesa sulla qualità della vita e sulla salute dei cittadini. Credo che la Regione debba fare squadra con altre realtà del Nord Italia per chiedere fondi straordinari all’Europa. Non possiamo affrontare questa sfida da soli: serve una rete forte di amministrazioni che sappiano far sentire la propria voce dove si prendono le decisioni. La vera sfida ambientale è questa: farci sentire, portare la nostra visione e le nostre proposte nei luoghi in cui si decide il futuro del territorio.»  Che tipo di approccio porterà in Regione, se eletta? «Credo che ciò che ci distingue sia lo sguardo con cui stiamo lavorando, sia a Verona sia ora a livello regionale. Uno sguardo che ha tre caratteristiche. La prima è generazionale. È arrivato il momento che la nostra generazione parli con la propria voce, senza che altri parlino al nostro posto. E che non si parli di giovani solo perché conviene in campagna elettorale. La seconda caratteristica è il metodo civico. In molte città del Veneto – penso a Verona, Vicenza, Treviso, Padova – i movimenti civici progressisti stanno mostrando che si può fare politica partendo dall’ascolto diretto dei cittadini e delle cittadine. Questo approccio ha portato a cambiamenti concreti e vogliamo portarlo anche in Regione. Il terzo elemento è la concretezza. Negli ultimi anni ho visto troppi slogan e poche soluzioni. Noi vogliamo parlare con i fatti, lavorando su priorità reali come i trasporti, che non sono solo una questione di spostamenti ma di qualità della vita e di welfare.» Ha citato i giovani: quali sono, secondo lei, le condizioni necessarie perché possano costruire il loro futuro qui, senza dover andare altrove? «Se un giovane o una giovane vuole restare in Veneto, deve poter contare su servizi efficienti e su opportunità concrete. Penso ai trasporti, che devono permettere di muoversi in modo semplice e sostenibile. Ma penso anche al welfare e al tema della casa, che non è direttamente collegato all’ambiente ma è fondamentale per la qualità della vita. Un giovane deve avere la possibilità di scegliere di restare, non essere costretto ad andarsene per mancanza di alternative. Questo significa creare una regione attrattiva, che investa nelle persone e nel loro futuro.» Recentemente ha preso una posizione netta nei confronti del Ministro Tajani sulla situazione a Gaza e a Verona come Consiglio Comunale avete approvato una mozione per sostenere la popolazione palestinese. Cosa l’ha spinta a farlo e quale ruolo possono avere secondo lei le istituzioni locali e regionali su un tema internazionale come questo? «Ciò che mi ha spinto e ci ha spinto è la profonda convinzione che il genocidio a cui stiamo assistendo ci rende tutte e tutti responsabili. La politica, anche quella locale, non può e non deve essere privata di una visione globale. I diritti umani e il diritto internazionale sono universali e vanno difesi sempre e ovunque. Le istituzioni devono scegliere da che parte stare. Per noi, a Verona, abbiamo scelto di stare dalla parte del diritto internazionale e dei diritti umani, che il governo di Israele sta negando a tutti i livelli in un processo di occupazione decennale (gli insediamenti illegali, ndr). Il ruolo delle istituzioni locali e regionali è cruciale: siamo il primo punto di contatto con la cittadinanza e abbiamo il dovere morale di agire come cassa di risonanza. A Verona, siamo passati dalle parole ai fatti, dimostrando che l’impegno non è solo retorica. Tra le azioni approvate in Consiglio Comunale ci sono state: l’approvazione dell’ordine del giorno per il “Cessate il fuoco” (febbraio 2024), l’ordine del giorno per il riconoscimento dello Stato di Palestina e la condanna al genocidio (giugno 2024), con la richiesta esplicita di sospendere la vendita di armi da e verso Israele e sanzioni contro i coloni, l’adesione alla campagna di mobilitazione “50.000 sudari per Gaza” e il supporto alla Global Sumud Flotilla attraverso una lettera del sindaco a Giorgia Meloni. Le istituzioni locali possono e devono essere un pungolo per il governo centrale e un segnale di civiltà per l’Europa, dimostrando che l’empatia e la difesa dei diritti non conoscono confini amministrativi.» Guardando alla politica italiana nel suo complesso, crede che stia facendo abbastanza per affrontare la crisi a Gaza? Che tipo di azioni concrete vorrebbe vedere a livello nazionale e nel suo impegno in Regione? «Assolutamente no, la politica italiana nel suo complesso non sta facendo abbastanza. L’approccio attuale è troppo timido e privo di coraggio diplomatico. È necessario un cambio di rotta netto. A livello nazionale, chiediamo azioni immediate e vincolanti: Stop immediato all’invio di armi e interruzione dei rapporti economici e militari con Israele. Non possiamo essere complici di un genocidio; Riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. È un passo dovuto, non più rimandabile, per riaffermare il diritto internazionale e la soluzione dei due Stati; Un vero protagonismo in Unione Europea. L’Italia deve smettere di agire come semplice amico degli USA e assumere un ruolo diplomatico all’altezza della sua storia, spingendo per una posizione europea unitaria e decisa. A livello regionale, l’impegno sarà quello di mantenere alta l’attenzione politica e di spingere per atti che vadano nella direzione della pace e del diritto. La Regione può promuovere atti di solidarietà e di diplomazia dal basso, ad esempio rafforzando i legami con la popolazione palestinese e condannando ogni forma di discriminazione e violenza.» Come delegata alle pari opportunità per il Comune di Verona, quali risultati ha raggiunto finora e come pensi di portare questa esperienza su scala regionale se verrà eletta? «Il mio mandato a Verona è partito dalla consapevolezza che il tema delle pari opportunità è complesso e urgente, al di là della retorica. I dati parlano chiaro: una donna ogni tre giorni viene uccisa da un uomo, l’Italia è al 79° posto per gender gap, il 73% delle dimissioni femminili è legato alla difficoltà di conciliare vita professionale e familiare. Il primo obiettivo è stato rendere la parità di genere trasversale a tutti gli assessorati e non un tema isolato. Dal potenziamento del Centro Antiviolenza Petra all’impegno per la formazione e la prevenzione della violenza nelle relazioni. Abbiamo intrapreso un lavoro culturale stabile sul tema della parità di genere e del femminismo, uscendo dalla logica degli eventi spot per le ricorrenze del 25 novembre e dell’8 marzo. Abbiamo poi introdotto le Linee guida per l’utilizzo del genere nel linguaggio amministrativo e stiamo avviando un percorso per introdurre un Atlante di genere per avere una fotografia chiara della condizione femminile nella nostra città a tutti i livelli. In Regione, voglio portare un approccio sistemico e strutturale, agendo su tre assi portanti: 1. Introdurre il Bilancio di Genere regionale è la priorità. Dobbiamo valutare come i soldi pubblici influenzano in modo differente donne e uomini. Significa costruire politiche pubbliche più eque, con dati disaggregati e monitoraggio annuale, estendendo poi le linee guida a Comuni e Province. 2. Aumentare in modo stabile e pluriennale i fondi regionali per i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio. Riconoscere i CAV come presidi essenziali, garantendo personale formato e finanziamenti che non dipendano solo dai trasferimenti statali.3. Il Veneto è una delle Regioni con il più alto tasso di obiezione di coscienza (oltre il 70% dei ginecologi). Questo ostacola il diritto all’autodeterminazione. La nostra proposta è netta: piano regionale per la 194 con obiettivi chiari e monitoraggio pubblico, potenziamento dei Consultori: Devono garantire la presenza obbligatoria di personale non obiettore e l’abilitazione alla somministrazione della RU486 e tutela contro l’obiezione organizzativa, con l’introduzione di norme per evitare che interi reparti siano composti solo da obiettori. La parità non è un’appendice, è una trasformazione trasversale che riguarda i diritti, il lavoro, la salute e l’economia del nostro Veneto.» Lei si presenta come una “voce nuova”. Quali valori e quale visione vuole portare in Consiglio regionale e in che modo la sua generazione può portare un cambiamento rispetto alla politica tradizionale? «La retorica del “Veneto Regione modello” ci ha nascosto un malfunzionamento profondo. La nostra generazione non si nasconde più dietro quel velo e chiede che le cose fondamentali tornino a funzionare. ‘Voce nuova’ non è il mio slogan, è un amplificatore per le voci di chi non è ascoltato. I valori che porto sono quelli di una politica che deve garantire i diritti essenziali, non lasciarli alla fortuna o al privilegio: la casa, in Veneto, è diventata una sfida impossibile. Chiediamo un fondo regionale per ristrutturare alloggi sfitti e progetti di social housing. Vogliamo che la casa torni a essere un diritto, non un miraggio. Oggi il Veneto è fanalino di coda nei finanziamenti del trasporto pubblico: serve un piano straordinario che renda il trasporto pubblico così efficiente da essere la scelta più logica per tutti. Dobbiamo poi fare dell’asilo nido per tutti la battaglia principale, restituendo tempo e dignità alle famiglie e alle donne lavoratrici. Ci sono poi temi come la salute riproduttiva, il fine vita, l’inclusione sociale che devono diventare parte integrante di tutte le politiche regionali, non solo ‘belle parole’. La mia generazione porta una capacità di guardare ai problemi con intersezionalità – capendo come casa, lavoro, trasporti e diritti si intrecciano. Ma soprattutto, portiamo l’urgenza di passare dalla discussione all’investimento. Ci parlano di noi, ma raramente con noi. Ci chiedono di restare, ma non investono sugli strumenti che ci permetterebbero di farlo. Il cambiamento che portiamo è questo: non più solo promesse, ma strumenti strutturali e misurabili per un Veneto in cui tutti abbiano la possibilità di costruire il proprio futuro, e dove nessuno sia lasciato indietro.» In chiusura, qual è il messaggio che vuole lanciare agli elettori e alle elettrici? «Credo che la mia candidatura rappresenti la volontà di portare in Regione la voce di una generazione che vuole un Veneto più giusto, sostenibile e coraggioso. Non sarà un percorso facile, ma ora è il momento di agire. Vogliamo costruire insieme il Veneto del futuro, con una politica che ascolta e che sceglie, anche quando questo significa prendere decisioni difficili per il bene comune.»   Heraldo
Vertenza sindacale AMAT: continua lo stato di agitazione del personale viaggiante a Palermo
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa della  CUB-Trasporti Palermo, con il quale il segretario generale dell’O.S., Antonio Vitale, fa il punto sulla situazione vertenziale relativa al personale viaggiante (gli Operatori d’Esercizio) dell’Azienda del trasporto cittadino_   In diverse date di  luglio 2025, un numero notevole di Operatori di Esercizio è stato ricevuto in sede sindacale per portare alla luce un quadro, estremamente critico, che evidenzia profonde problematiche nella gestione aziendale di AMAT Palermo. Le lavoratrici e i lavoratori, attraverso numerose segnalazioni, hanno manifestato la necessità urgente di un cambiamento radicale, a fronte di una situazione sempre più insostenibile. In particolare i nodi sintetici delle criticità raccolte dal sindacato sono 1. Punti della vertenza: Rinnovo della CQC (Carta di Qualificazione del Conducente) –Ricordiamo che la vertenza è stata ufficialmente aperta con richiesta di convocazione in data 2 dicembre 2024, seguita da una prima azione di sciopero con alta adesione. Ad oggi, l’Azienda non ha fornito risposte concrete, lasciando i lavoratori nell’incertezza e nel silenzio. 2. Turn-over e condizioni di lavoro del personale over 55 con parametro aziendale 183 –Riteniamo inaccettabile la mancata revisione delle condizioni di impiego degli operatori più anziani. 3.  Penalità economiche per cambi turno consensuali – Ribadiamo la richiesta di abolizione dell’Art. 2 dell’accordo aziendale del 29 luglio 2005, che penalizza economicamente i cambi turno consensuali con una trattenuta di 80 euro, per il cambio turno regolamentato dal già citato Art. 2 che riteniamo sia un atto umiliante e ingiustificabile, specie alla luce degli sforzi straordinari richiesti al personale. 4.  Tutela legale –Non c’è traccia né interesse per questa necessità, nonostante le numerose richieste fatte. Un atteggiamento che definiamo irrispettoso e vergognoso. 5. Massa vestiaria –Ancora ad oggi non si riscontra alcuna fornitura né regolamentazione in merito. Non abbiamo un’immagine aziendale che rappresenti l’identità visiva e concettuale dell’azienda, fondamentale per erigere il giudizio. 6. Condizioni di lavoro del personale Tram –Gli operatori della divisione Tram sono sottoposti a turni estenuanti, spesso oltre le 8 ore e 20 minuti giornalieri, con evidenti ricadute sullo stato psico-fisico. A questo si aggiungono condizioni igieniche inadeguate, mancanza di confronto con l’azienda e una comunicazione interna inesistente. Il ringraziamento aziendale per “risultati chilometrici raggiunti” risulta, in questo contesto, offensivo e disumano. 7. Climatizzazione nella sala PCC – È inaccettabile che in pieno orario di servizio venga spento il sistema di climatizzazione nella sala PCC con la motivazione del “risparmio energetico”. Chiediamo una gestione equa e automatizzata dei sistemi di condizionamento in tutte le sedi e ambienti di lavoro AMAT, nel rispetto della dignità dei lavoratori. 8. Anticipo della 14ª mensilità per chi va in ferie – Proponiamo che, in occasione dell’avvio del periodo feriale anticipato (dal 16 giugno), venga valutata l’erogazione anticipata della 14ª mensilità ai dipendenti in ferie in tale periodo, per garantire un riposo dignitoso e sereno. Alla luce delle criticità sopra elencate, CUB-Trasporti Palermo ribadisce che la mobilitazione sindacale non è conclusa. Pertanto chiediamo un confronto urgente e costruttivo con la direzione aziendale di AMAT Palermo. In mancanza di risposte, ci riserviamo di proseguire le iniziative sindacali e di informare la cittadinanza e la stampa su quanto sta accadendo. Rimaniamo disponibili al dialogo, ma non tollereremo oltre il silenzio e l’inerzia che stanno colpendo con forza la dignità professionale e personale delle lavoratrici e dei lavoratori. IL SEGRETARIO GENERALE CUB-TRASPORTI PALERMO Redazione Palermo