Poste Italiane e il regalo del governo: prescrizione anticipata, diritti negati
Proprio mentre Poste Italiane potrebbe trovarsi ad affrontare una valanga di
ricorsi per ore di lavoro non pagate, il governo italiano cerca di introdurre
una modifica legislativa che, se approvata, complicherebbe notevolmente la vita
dei lavoratori che intendono reclamare i propri crediti. Un emendamento al
decreto Ilva, proposto da Fratelli d’Italia, sposta l’inizio del termine di
prescrizione per stipendi arretrati, straordinari e altre indennità.
Finora, i dipendenti avevano cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro
per intraprendere azioni legali e richiedere quanto dovuto. La nuova norma,
invece, stabilisce che questi cinque anni iniziano a decorrere già “in costanza
del rapporto di lavoro” per le aziende con più di 15 dipendenti. Non solo:
impone al lavoratore di agire in Tribunale entro 180 giorni dall’invio di una
diffida.
Questo significa che, se un dipendente di Poste Italiane o di qualsiasi altra
azienda volesse reclamare compensi non versati, sarebbe costretto a intentare
una causa contro il proprio datore di lavoro mentre è ancora impiegato. È facile
immaginare le inevitabili conseguenze negative: dal rischio di ritorsioni alla
creazione di un ambiente lavorativo ostile, fino a possibili licenziamenti.
Ancora una volta, si palesa una scollatura inaccettabile tra il Paese legale e
il Paese reale. L’Italia del privilegio sembra ormai ostaggio di una classe
politica moralmente irresponsabile. Non stupisce, dunque, che i giovani facciano
bene a guardare oltre i confini, cercando altrove le opportunità e la giustizia
che qui faticano a trovare.
Come Associazione Precari in Rete, che da tempo denuncia la condotta furbesca di
Poste Italiane consistente nel non pagare sistematicamente le ore di lavoro ai
propri dipendenti, esprimiamo ferma condanna per questa proposta legislativa.
Essa non solo legalizza, di fatto, un comportamento aziendale scorretto, ma
mette anche a rischio la già precaria posizione dei lavoratori, costringendoli a
scegliere tra il proprio posto di lavoro e la rivendicazione di ciò che gli è
dovuto. È un attacco diretto ai diritti fondamentali e alla dignità di migliaia
di persone.
Carmine Pascale
Associazione Precari in Rete
Redazione Italia