Fermare l’economia di guerra, riprendersi il futuro
La guerra è il massimo dell’incuria. Distrugge vite, famiglie e relazioni.
Devasta territori e ambiente. Sradica le esistenze delle persone, esaspera le
disuguaglianze sociali, ingabbia le culture, uccide la democrazia, scatena la
repressione. La guerra sembra divenuta la dimensione del presente e del prossimo
futuro. Non solo sul terreno direttamente militare, che investe attualmente
sessanta aree del pianeta. La guerra penetra l’economia, la società, la natura,
la cultura, le relazioni sociali e la democrazia.
La dimensione della guerra permette al modello capitalistico di non affrontare
le enormi contraddizioni che lo attraversano: la crisi eco-climatica, che è
giunta a livelli drammatici e rischia di rendere inabitabile il pianeta per
fasce sempre più estese di popolazione; la disuguaglianza sociale, che ha
raggiunto dimensioni sinora mai conosciute e sta di fatto polarizzando le
esistenze delle persone in vite degne (quelle dei ricchi) e vite da scarto
(tutte le altre); la pervasività del potere finanziario, che ha investito
direttamente la democrazia, espropriandola al punto da renderla neppure più
desiderabile per le fasce più svantaggiate della popolazione.
Con l’approvazione, nella scorsa primavera, del “Libro Bianco per la Difesa
Europea – Prontezza 2023”, accompagnato dal piano “ReArm Europe”, che, nel
considerare il presente quadro come un contesto di minaccia militare perpetua,
prevede l’attivazione di 800 miliardi di euro per investimenti nella difesa e
nell’industria degli armamenti; e con la decisione presa nel vertice Nato di
fine giugno scorso, di portare entro il 2035 le spese per la difesa e per gli
armamenti al 5% del Pil, il nostro Paese e il continente europeo hanno deciso di
abbandonare ogni residuo del modello di welfare, che per lungo tempo aveva
costituito la cifra del modello europeo, sostituendolo con il warfare, il tempo
della guerra.
> Possiamo arrenderci a tutto questo, come fosse un destino ineluttabile?
> Possiamo permettere che si disegni per il futuro delle nostre figlie e dei
> nostri figli un destino di arruolamento militare e culturale? Non possiamo.
Per questo, se nelle precedenti edizioni delle nostre università estive abbiamo
sviscerato a fondo il tema della società della cura come alternativa al modello
capitalistico fino a delineare il tema della “cura del futuro” nella scorsa
sessione, quest’anno vogliamo provare a capire, approfondire e confrontarci
sulla dimensione della guerra e sulla sua penetrazione nella società, proprio
per riappropriarci di un futuro differente da quello che stanno predisponendo i
grandi capitali finanziari, industriali e militari e i governi che li
assecondano.
Una riflessione che vogliamo dipanare attraverso diversi seminari. Il primo si
intitola “Il nuovo disordine mondiale” e affronteremo i cambiamenti geopolitici
che stanno attraversando il pianeta dentro questa fase di crisi della
globalizzazione liberista e di guerra come strumento prioritario per la
regolazione dei conflitti; dentro questo quadro, analizzeremo cosa succede in
Usa e in Europa e faremo un focus sulla Cina e sul Medio Oriente. Ne discuteremo
con Luigi Pandolfi (giornalista economico e saggista), Giulia Torrini
(co-presidente di Un Ponte Per) e Simone Pieranni (giornalista, esperto di
Cina).
Il secondo si intitola “Verso il post-umano? Strapotere finanziario e IA” e
affronteremo, da un lato la diretta compenetrazione fra la dimensione della
guerra e gli interessi dei grandi fondi finanziari; dall’altro, approfondiremo
il tema delle nuove tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale affrontandone
opportunità e rischi attraverso la lettura femminista di un’alternativa di
società. Ne discuteremo con Alessandro Volpi (docente di Storia contemporanea
all’Università di Pisa) e Maria Francesca De Tullio (ricercatrice di Diritto
Costituzionale all’Università Federico II di Napoli e attivista di Attac
Italia).
Il terzo seminario si intitola “Guerra alla natura, guerra al lavoro” e
affronteremo, da un lato, il tema della relazione fra capitalismo e natura e di
come sia necessario un diverso paradigma per interrompere la guerra alla natura;
dall’altro affronteremo il tema del lavoro, della produzione e della conversione
dei sistemi produttivi dall’uso bellico all’uso civile e delle esperienze di
conversione ecologica della produzione. Ne discuteremo con Alice Dal Gobbo
(ricercatrice di Sociologia all’Università di Trento), Gianni Alioti
(ex-sindacalista e attivista per la riconversione dell’industria bellica) e
Dario Salvetti (collettivo di fabbrica ex-Gkn).
Il quarto seminario si intitola “In fila per tre – il disciplinamento sociale” e
affronteremo il tema di come a ogni guerra esterna si accompagni una guerra
interna, sia come costruzione del nemico e di leggi liberticide verso chi
dissente e si oppone, sia come penetrazione della guerra dentro i sistemi
formativi, la cultura, le relazioni sociali e la democrazia. Ne discuteremo con
Antonio Mazzeo (saggista e militante eco-pacifista) e Alice Cauduro
(ricercatrice di Giurisprudenza all’Università di Torino).
La sessione si chiuderà con una tavola rotonda che si intitola “Se verrà la
guerra, chi ci salverà?” nella quale, alla luce delle considerazioni emerse nei
precedenti seminari, cercheremo di fare il punto sulla costruzione di
un’alternativa di società, facendo dialogare culture ed esperienze tra loro
diverse ma capaci di offrire nuovi punti di osservazione e proposte per il
comune cammino collettivo. Ne discuteremo con Raffaella Bolini (campagna Stop
ReArm Europe), Sandra Burchi (ricercatrice di Scienze Politiche all’Università
di Pisa), Murat Cinar (giornalista esperto dell’esperienza del popolo curdo),
Andrea Cegna (giornalista esperto del movimento zapatista) e Marco Bersani
(Attac Italia).
Visita il sito dell’iniziativa.
L’immagine di copertina è di Attac
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