Scuola Estiva di Filosofia: cura vs. consumo, distruzione, guerra
Con il tema della Cura inauguriamo quest’anno un progetto che ci accompagnerà
fino al 2026 e che avrà in Materia il secondo termine di riferimento della
nostra riflessione. È la materia viva come limite immanente della realtà il
soggetto e insieme l’oggetto della cura. L’idea è quella di ragionare sulla
coppia cura/materia nella forma di una interdipendenza reciproca, di un chiasmo:
l’una implica l’altra e viceversa. Chiediamoci allora in prima battuta che cosa
bisogna intendere con “cura“: l’occuparsi di sé che si esercita attraverso la
conoscenza introspettiva oppure, secondo un’accezione più materiale, l’attività
teorica e pratica con cui ci alleniamo ai diversi usi della nostra vita? Se la
cura è una specie di training preparatorio alle sfide dell’esistenza, sia in
senso individuale sia in senso collettivo, allora la cura non è contemplazione,
è riproduzione.
Nella filosofia contemporanea il tema della cura è centrale nei lavori di
Heidegger, di Foucault e nel pensiero femminista: che rapporto c’è con
l’epimeleia degli antichi? E quale significato ha la cura nel XXI secolo di
fronte alla questione della giustizia socio-ecologica? Una volta sganciata dalla
sfera privata e domestica e anche dall’ambito medico, ci convince il fatto di
attribuire alla cura un senso etico-politico in grado di rappresentare il
criterio utile a resettarci. La cura oggi come alternativa al consumo e alla
distruzione, la cura come parola chiave per rifiutare la guerra e come strumento
per attraversare le contraddizioni del mondo presente e per lavorare alla pace.
È questa la premessa della XVI edizione della Scuola Estiva di Filosofia “Remo
Bodei” di Roccella Jonica (www.filosofiaroccella.it), organizzata dal basso
dall’Associazione Scholé e che si svolgerà dal 22 al 29 luglio. Ventinove
iniziative tra lezioni, laboratori e incontri che vedranno la partecipazione
della cittadinanza interessata e di studentesse e studenti, dottorande e
dottorandi provenienti da diverse zone d’Italia e anche dall’estero. Filosofia,
studi classici, fisica e storia della scienza saranno i linguaggi attraverso i
quali declinare il concetto di cura, grazie ai contributi di tredici
relatori/relatrici. Per entrare nel merito di alcune delle questioni che saranno
oggetto di discussione, abbiamo invitato Arianna Fermani, dell’Università di
Macerata e direttrice della Scuola Estiva insieme a Bruno Centrone (Pisa),
Giancarlo Cella dell’Università di Pisa e dell’INFN e Paolo Godani
dell’Università di Macerata a un confronto su consumo, distruzione e guerra
intesi come termini opposti alla cura e proprio per questa ragione anche come
problemi e prove empiriche con cui fare i conti. Il tema sarà affrontato durante
l’incontro del 28 luglio, nella serata che anticipa la chiusura della Scuola
affidata quest’anno proprio a Godani.
“CURIA” E “INCURIA”
Ripartiamo dall’antico. Quali sono i termini della filosofia greca che esprimono
il senso della cura da cui possiamo prendere spunto per la nostra attualità? E
quali invece i termini contrari, che danno il senso dell’incuria? Risponde
Arianna Fermani: «Se è vero che, per dirla con Nietzsche, «proprio perché sono
partito da lontano – dico dai Greci – ho fatto un balzo più lontano degli
altri”», allora, forse, può essere utile mettersi nuovamente all’ascolto delle
parole antiche che “dicono” della cura e che dànno anche voce alle numerose
forme di incuria che, allora come ora, distruggono la vita degli individui e
della collettività. Alla grammatica della cura – di sé e degli altri – espressa
da termini quali, ad esempio, epimeleia, melete, therapeia, boetheia, si
contrappongono, nel vocabolario greco, svariate espressioni dell’incuria e
dell’indifferenza, quali, ad esempio, ameleia, oligoresis, aphylaxia o akedia
(da cui il nostro “accidia”)».
L’assenza di cura vissuta quindi come difetto, trascuratezza, negligenza?
«L’incapacità di prendersi cura di se stessi e del mondo – continua Fermani –
implica il cattivo uso del proprio tempo: la trasformazione della scholé, ovvero
del tempo libero da dedicare alla cura di sé e alla propria askesis (cioè al
lavoro, all’esercizio costante in direzione dell’acquisizione o del mantenimento
della propria forma) in rathymia, ovvero in indolenza, rappresenta solo uno dei
profili di una aergia (inattività) che può essere solo foriera di malattia,
bruttezza e squilibrio».
*
*
*
*
*
LA CURA E IL LIMITE
È molto interessante la connessione tra incuria, inattività e disagio
psicofisico; nel mondo contemporaneo però è l’iperattività tecnico-scientifica
della società di mercato a mostrare disinteresse per la cura generando caos e
squilibri al livello planetario: «Abbiamo un’evidenza largamente condivisa che
l’essere umano sia diventato una forza capace di modificare profondamente
l’equilibrio planetario e questo impone una responsabilità nuova e profonda» –
afferma Giancarlo Cella. «La scienza rende possibile definire indicatori globali
che identificano i limiti entro i quali l’umanità può operare senza
compromettere la stabilità del sistema Terra. Il superamento di questi limiti
(climatico, della biodiversità, dei cicli dell’azoto e del fosforo, etc.) indica
una crisi della cura».
Di fronte alle forme di violenza e distruzione che stiamo vivendo tuttavia la
scienza, fin dall’età moderna e poi dalla seconda metà dell’Ottocento in avanti,
non è esente da responsabilità: «La scienza è uno strumento potentissimo –
dichiara Cella. Può essere usata sia per il progresso e la cura, sia per la
distruzione. Penso che lo stesso uso del termine “progresso” sia problematico e
necessiti di essere approfondito. Lo sviluppo industriale, basato su scoperte
scientifiche, ha contribuito all’inquinamento, al riscaldamento globale e alla
perdita di biodiversità. La scienza è stata ed è al servizio di un modello
economico estrattivo che non considera le conseguenze ecologiche a lungo
termine, per non parlare delle tecnologie militari sofisticate e distruttive
rese possibili da fisica, informatica, biologia e chimica». Oltre a mutare la
rappresentazione scientifica della natura per concepire la Terra sempre più come
un sistema complesso, vivente e interconnesso, occorre trasformare la
rappresentazione che abbiamo della scienza stessa. «Credo – continua Cella – che
la scienza possa essere anche parte della soluzione che andiamo cercando. Essa
fornisce strumenti per la diagnosi del cambiamento climatico, propone tecnologie
sostenibili e può guidare transizioni ecologiche se unita a valori etici e
visioni politiche inclusive. Il dubbio è se sia possibile passare da una visione
della scienza che vede come parole chiave ‘controllo’ e ‘dominio’ a un’altra che
le sostituisce con “conoscenza” e “cura”».
CURARE LE MALATTIE SOCIALI?
Abbiamo bisogno di un nuovo Seicento, che teorizzi e metta in pratica riforme
epistemologiche e politiche per una società della cura a venire. «Sono piuttosto
pessimista sul fatto che le prossime generazioni possano vedere nascere una
qualche “società della cura” – interviene Paolo Godanì– Non credo cioè che le
nostre società occidentali, per come si sono degradate negli ultimi decenni e
per il modo in cui oggi stanno correndo alla guerra, avranno la capacità di
autoriformarsi». Però il problema resta. Con quali mezzi possiamo affrontare la
“malattia” della civiltà occidentale? «Ogni “malattia” è un fenomeno collettivo.
Chiama in causa le relazioni che intessiamo tra noi umani e con il resto della
natura». Perciò non esiste cura che non sia politica? «Immagino – e credo che
questo sia anche il compito politico di chi vede come stanno realmente le cose –
che si produrranno sempre più spesso delle forme di abbandono del regime sociale
dominante e del suo modo di vivere, delle pratiche di diserzione o di esodo che
avranno da fondarsi su nuovi modi di stare insieme, su un nuovo modo di
intendere e di realizzare concretamente l’amicizia, la solidarietà e la cura, su
un nuovo modo di praticare una vita comune» – conclude Godani.
La Scuola di quest’anno avrà un enorme vuoto da attraversare, con coraggio e
determinazione ce ne faremo carico collettivamente. Fortunato Maria Cacciatore
non c’è più, il mare e la filosofia per lui facevano parte di un rito
rigenerante al quale non avrebbe mai voluto mancare. Grazie, Fortunato, per il
tuo materialismo, per il tuo comunismo, per la tua generosità.
L'articolo Scuola Estiva di Filosofia: cura vs. consumo, distruzione, guerra
proviene da DINAMOpress.