Tag - agrobusiness

Cop30 in Brasile e la guerra a Madre Natura. Intervista a Antonio Lupo
Il Brasile ospiterà la Cop30, partendo già male in nome del greenwashing, dell’agrobusiness e della Guerra a Madre Natura. Ne parliamo con Antonio Lupo, oncologo ed ematologo ex-aiuto primario all’Ospedale Niguarda di Milano, membro di Medici per l’Ambiente -ISDE e del Comitato Amigos Sem Terra Italia. Ambientalista da molti anni a fianco del Movimento Sem Terra in Brasile, con cui ha avuto esperienza di medicina territoriale; del Movimento La Via Campesina, una delle più grandi organizzazioni contadine ed ecologiste del Sud del Mondo a cui aderiscono più di 200 milioni di contadini e di Navdanya International, organizzazione ecologista e contadina internazionale fondata dall’attivista indiana Vandana Shiva, che si occupa di agroecologia e conservazioni dei semi. Qual è la tua esperienza nei movimenti ecologisti internazionali? Sono un vecchio medico ospedaliero, negli ultimi anni di attività anche medico di Base.  Nei primi anni ’90, avendo collaborato per diversi anni con il NAGA , una importante associazione di volontariato di Milano, ancora molto attiva, che cura ogni giorno i migranti senza permesso di soggiorno, ho imparato dai migranti tante cose sul percorso di “malattia” di ogni persona, che è anche un fatto sociale e culturale, tutte cose che non mi avevano insegnato né insegnano all’Università. Essendo nato e vissuto a Milano fino alla pensione conoscevo ben poco di  Madre Natura e dei suoi cicli: ho iniziato a imparare qualcosa dal 2004, quando abbiamo iniziato ad andare in Brasile, conoscendo il Movimento Sem Terra (MST) e vivendo per lunghi periodi negli accampamenti  dei suoi meravigliosi contadini, che occupano le terre incolte, per restare contadini e non essere espulsi nelle tremende Favelas delle megalopoli del Brasile, dove vivono 16,4 milioni di persone (dati 2022), e dove in gran parte comandano le bande mafiose, spesso in “buoni” rapporti con la polizia. Siamo tornati in Brasile 6 volte e siamo andati a conoscere anche i contadini e i popoli di Bolivia, Cile, Argentina, Cuba e  Honduras in America Latina, un Continente ancora “sotto il tacco”,  non solo degli USA, ma di tutto il colonialismo europeo, che lo ha invaso e massacrato nel 1500 e continua a condizionarlo, con speculazioni sulla sua produzione di materie prime ed export. Da 28 anni siamo fuggiti da Milano e dalla sua aria velenosa, come quella di tutta la Pianura Padana, la terza  area per maggior inquinamento dell’aria in UE, dopo Polonia e Repubblica Ceca. Viviamo in una città della Liguria, a pochi metri dal mare, tutti giorni vediamo il nostro splendido Mediterraneo soffrire, ancor più di tutti mari e Oceani, e maledirci per l’inquinamento e il surriscaldamento dell’acqua marina di origine antropica, che continua a danneggiare il fitoplancton e quindi la metabolizzazione della CO2, che produce ossigeno. I Mari e gli Oceani ricoprono il 70% della superficie terrestre e con l’atmosfera, comandano e rego-lano tutti i cicli naturali e quindi anche la terra (che è solo il 30%) e i suoi abitanti. Ricordiamocelo! Da qualche anno non andiamo in Brasile, ma siamo sempre grandi amigos di Via Campesina Inter-nazionale (un movimento mondiale di 200 milioni di piccoli contadini) e dei contadini brasiliani Sem Terra, che sono diminuiti di numero per l’offensiva spietata delle multinazionali mondiali dell’agrobusiness, che li espellono dalla terra ( l’urbanizzazione in Brasile è arrivata al 92%, come in Argentina!) e continuano a deforestare, per coltivare prodotti per i mangimi, da esportare per gli allevamenti intensivi in Europa e Cina. Questi prodotti agricoli sono soprattutto  la soia OGM e Mais OGM, coltivati in Brasile  (e anche in Argentina), dove si utilizzano pesticidi proibiti in UE (atrazina, acefato, clorotalonil e clorpirifos, i 4 più usati, pesticidi venduti in Brasile, anche da aziende con sede in Ue. Che vergogna!. E poi noi italiani, dove finora è proibito fare coltivazioni OGM, mangiamo, beati, questi prodotti, spesso ultraprocessati, di animali nutriti nei nostri allevamenti intensivi con questi foraggi, coltivati con pesticidi proibiti  in Ue, perchè patogeni! Come siamo stupidi! D’altronde sulle etichette di questi prodotti è proibito scrivere cosa ha mangiato l’animale, la grande tedesca Bayer, che produce enormi quantità di pesticidi, anche proibiti, e medicinali  non vuole! Cosa pensi della Cop30 che si terrà in Brasile? Dal 10 al 21 novembre la COP 30 si svolgerà in Brasile a Belem, alla Foce del Rio delle Amazzoni, 6.400 Km, il secondo fiume più lungo del mondo, dopo il Nilo. Tranne che su media specializzati, se ne è parlato pochissimo sui media, anche perchè il genocidio  ( non  una guerra!) a Gaza e la guerra in Ucraina hanno monopolizzato opinione pubblica e stampa. I Movimenti mondiali, soprattutto quelli contadini ed ecologisti, prevedono che ne uscirà ben poco. Joao Pedro Stedile, uno dei fondatori e leader  del MST, ha affermato pubblicamente che la COP30 sarà una grande farsa, nonostante l’urgenza di affrontare la crisi climatica in aumento vertiginoso, sopra-tutto il surriscaldamento globale, con conseguenti desertificazione, crisi idriche, eventi estremi ecc. Si parla genericamente di crisi climatica e di transizione ecologica, ma in realtà siamo nel CAOS climatico: l’unica sola via è smettere di fare la Guerra al Madre Natura ed  eliminare l’utilizzo di  carbonfossili e la conseguente emissione di gas serra. Il Re Petrolio continuerà ad essere centrale come sempre nelle politiche internazionali e nella geopolitica? Gli impegni assunti nel 2015 da 196 Paesi, con l’Accordo di Parigi alla COP21, per limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C  sono falliti, per “l’insufficienza degli stanziamenti finanziari, mentre 956 miliardi di dollari sono stati spesi dai governi nel 2023 in sussidi netti ai combustibili fossili.  Le strategie di aumento della produzione dei 100 colossi mondiali del petrolio e del gas porterebbero le loro emissioni a superare di quasi tre volte i livelli compatibili con il limite degli 1,5°C. E tuttora le banche private investono nel fossile.” Re Petrolio continuerà a comandare, all’aumento delle Rinnovabili in molti paesi “ricchi” non corrisponde una diminuzione dei consumi di Petrolio e gas: ad es. “in Italia nel 3° trimestre 2024, la produzione energetica da fonti rinnovabili è cresciuta dell’8%, ma accanto al calo del carbone, c’è stato un maggiore utilizzo di gas (+3%) e petrolio (+2,5%), con il primo in ripresa nella generazione elettrica e il secondo trainato dall’aumento della mobilità”  E’ inutile girarci attorno, il problema rimangono i Paesi più industrializzati… Abissali sono le differenze di consumi elettrici/ab ed emissioni di CO2/ ab tra i paesi ricchi e quelli del Sud del mondo, più che evidenti se confrontiamo ad es. i dati 2022 di USA e Nigeria, due paesi con centinaia di   milioni di abitanti: 1- Speranza vita: USA Uomini 74 anni, Donne 80 anni, Nigeria Uomini 53 anni, Donne 54 2- Consumi elettrici/ab :   -USA12.393 kWh , Nigeria  144 kWh 3-  Emissioni di CO2/ ab:  USA  14,95 Ton.,   Nigeria 0,59 Ton. Confrontiamo anche i dati 2022 del Brasile, una colonia fino al 1822, con 213 milioni di abitanti,  grande 27 volte l’Italia (densità 25 ab.Kmq), e dell’Italia, 59 milioni abitanti ( densità 195 ab.Kmq): 1- Speranza vita:              Brasile Uomini 70 anni, Donne 76 anni, Italia Uomini 79 anni, Donne 86 2- Consumi elettrici/ab :  Brasile 2710  kWh , Italia 4872 kWh 3-  Emissioni di CO2/ab:  Brasile 2,25 Ton.,    Italia 5,73 Ton. Alla Cop30 quindi si discuteranno le false soluzioni alla crisi climatica? A Belem (Stato del Parà), dal 12 al 16 novembre si terrà la Cupola dei Popoli, in parallelo alla riunione di COP30, organizzata dai movimenti dell’America Latina, compreso MST, a cui parteciperanno circa 15 mila delegati di tutti i movimenti mondiali,  per confrontarsi e sollecitare  ai Governi riuniti nella COP30 vere soluzioni, non quelle false come i Mercati del Carbonio, la geoingegneria, il sequestro e stoccaggio del carbonio. Tutti i movimenti sono contro i Crediti di Carbonio, una nuova forma di colonizzazione capitalista, uno strumento finanziario, per cui un’entità, che non può ridurre direttamente le proprie emissioni, può acquistare il diritto a emettere CO2, compensando tale emissione attraverso investimenti in progetti che la riducono altrove. In un manifesto pubblicato alla vigilia della COP30, 55 movimenti e organizzazioni di 14 paesi dell’America Latina e dei Caraibi si sono riuniti per respingere i mercati del carbonio e difendere i loro territori contro una valanga di progetti di compensazione del carbonio che sta causando danni in tutta la regione. Una nuova ricerca di Oxfam e del CARE Climate Justice Centre, pubblicata il 6 Ottobre 2025 rileva che per ogni 5 dollari ricevuti, i paesi in via di sviluppo ne restituiscono 7. A livello globale, quasi il 70% dei finanziamenti viene erogato sotto forma di prestiti anziché di sovvenzioni. Il fatto che la Cop30 avverrà nel Brasile di Lula è un segnale di multipolarismo o di ennesimo avallo all’estrattivismo? La Cop30 sarà presieduta da Lula, Presidente del Brasile, il cui Governo, che ha aderito all’Opec, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, nel febbraio 2025). Dopo 5 anni di battaglia tra Petrobras, l’industria petrolifera statale brasiliana, e Ibama, l’organismo di controllo ambientale, il governo Lula ha autorizzato il 20 ottobre 2025 l‘esplorazione, ai fini di successive trivellazioni di 19 Blocchi alla Foce del Rio delle Amazzoni. “Il progetto prevede la perforazione di un pozzo esplorativo nel Blocco 59, un sito offshore a 500 km dalla foce del Rio delle Amazzoni e a 160 km dalla costa, ad una profondità di oltre 2.800 metri. L’area, nota come Margine equatoriale, è considerata una promettente nuova frontiera petrolifera, sull’onda delle grandi scoperte offshore operate nella vicina Guyana. Secondo Petrobras, le trivellazioni,  inizieranno immediatamente e dureranno cinque mesi. E’ un  progetto prioritario per Lula, che sostiene che le maggiori entrate derivanti dal petrolio saranno fondamentali per finanziare la transizione climatica del Brasile, un Paese che, pur essendo l’8° produttore mondiale di petrolio, ricava circa metà della sua energia da fonti rinnovabili.”   “Mentre lo shale oil sta calando, a livello mondiale quello estratto con trivellazioni offshore da acque profonde (Deep Water) vedrà un’impennata del 60% entro il 2030. Per trovare giacimenti di petrolio e gas sotto il fondo marino, le compagnie energetiche usano cannoni ad aria compressa per creare mappe sismiche”. Dopo la fase di esplorazione l’ANP, l’Agenzia Nazionale Petrolio brasiliana, ha già concesso alle industrie petrolífere Petrobras, ExxonMobil, Chevron e CNPC 19 blocchi per lo sfruttamento di petrolio e gas alla Foce del Rio Amazonas: 10 blocchi alla statale Petrobras e alla ExxonMobil, in un consorzio 50/50 gli altri 9 blocchi a un consorzio composto da Chevron (65%) e dalla statale cinese CNPC (35%), che nel frattempo  ha dato il via a trivellazioni in acque ultra-profonde, fino 11 mila metri per la ricerca di petrolio e gas, per cercare di affrancarsi dal petrolio straniero . In Brasile il Petrolio è ora il principale prodotto di esportazione, avendo superato la soia.Nel 2006 c’è stata in Brasile la prima estrazione di Petrolio PreSal, a profondità fino ai 7000 metri, sotto uno strato di sale spesso fino a 2.500 metri, ma nell’ultimo trimestre 2024 la produzione di  è diminuita del 3,4%, per la necessità di più frequenti fermate per manutenzione dell’estrazione dai pozzi, ma il petrolio da presal, estratto nei bacini di Santos e Campos,  rappresenta ancora a novembre 2024 il 71,5 della produzione totale di petrolio in Brasile. Anche per questa crisi del PreSal il governo punta ad estrazioni offshore a minor profondità e in altre località del mare. Inoltre è da tener presente che il Brasile produce Petrolio greggio da raffinare, ma ha solo 14 raffinerie ( l’Italia ne ha 11), molte  vecchie e con limitazioni tecnologiche per la lavorazione del petrolio pre-sal, che è più leggero e richiede adattamenti. Il Brasile esporta attualmente il 52,1% della sua produzione di petrolio (dati 2024 INEEP (Istituto per gli Studi Strategici su Petrolio, Gas e Biocarburanti). Questo petrolio finisce per essere raffinato in altri Paesi e una parte torna persino in Brasile come combustibile. La Cina importa il 50% del petrolio estratto dal presal non raffinato. Il Brasile importa ancora fino al 25% del suo gasolio ( con cui alimenta  camion, trattori, autobus e macchinari agricoli) e il 10% della  benzina che consuma. Non c’è una Sovranità energetica.  I colli di bottiglia nella raffinazione mostrano una contraddizione che grava pesantemente sulle tasche dei brasiliani, secondo i dati dell’OEC. E’ bene sapere che in Brasile la popolazione è costretta a viaggiare in bus e auto, i binari per trasporto di treni passeggeri sono solo 1500 km, rispetto ai 30.129 mila Km per trasporto merci dei quali solo 1121 elettrificati. E’ un bene che in Brasile nel 2024  ci sia stato una diminuzione delle emissioni di CO2 del 16,7% , secondo l’Osservatorio brasiliano sul clima, una rete di ONG ambientaliste, attribuita al successo del governo di Lula nella lotta alla deforestazione, ma le enormi contraddizioni di Lula stanno esplodendo alla vigilia della sua presidenza della COP 30. Lula ha sempre considerato il Petrolio fondamentale per lo sviluppo del Paese e nell’ultimo anno l’ha difesa più volte dal essere considerata responsabile dell’aumento dei prezzi dei combustibili, ma nell’ultimo anno le ha chiesto di non pensare solo agli azionisti. Che posizione ha il Movimento Sem Terra di fronte a queste contraddizioni? Nell’ultimo mese come Comitato Amigos MST Italia abbiamo chiesto al MST  la sua posizione ufficiale in merito all’autorizzazione per le trivellazioni alla foce del Rio delle Amazzoni, concessa dal governo Lula, che include, per il 65% aziende americane (ExxonMobil e Chevron). Abbiamo scritto: “Il Brasile fa parte dei BRICS (che includono anche governi razzisti e autoritari, come Iran, India, Egitto, ecc.) permetterà agli Stati Uniti di massacrare il Mar del Pará (un oceano che, essendo il più forte, reagirà inevitabilmente, con conseguenze gravi e non del tutto prevedibili per i cambiamenti climatici e anche per la regione amazzonica), tutto questo alla vigilia della COP 30, che il governo Lula presiederà?”. Stedile ci ha risposto: “Avete assolutamente ragione. In effetti, stiamo vivendo molte contraddizioni in ambito ambientale sotto il governo Lula …. ma le forze del capitale sono più forti.” I movimenti ecologisti, contadini, indigeni e terzomondisti continueranno la loro lotta contro quella che Vandana Shiva chiama “ecoapartheid”? Tutta Via Campesina, i movimenti ambientalisti mondiali e  tutti movimenti brasiliani lottano e lotteranno contro questo ecocidio. Anche la Commissione per l’Ecologia Integrale dei vescovi brasiliani CNBB ha preso una posizione durissima: “La Conferenza episcopale brasiliana (CNBB) condanna le trivellazioni petrolifere nel Margine equatoriale e mette in guardia dall’incoerenza del governo in materia di clima” CNBB ha ricordato che due anni fa, Papa Francesco, nella sua esortazione Laudato Deum sulla crisi climatica, avvertiva: «Le compagnie petrolifere e del gas hanno l’ambizione di realizzare nuovi progetti per espandere ulteriormente la loro produzione. (…) Ciò significherebbe esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori impatti dei cambiamenti climatici”(LD 53). Vedremo come i movimenti riusciranno a incidere sulla COP 30 dei Governi. La nostra lotta, senza guerra, continua, come ci hanno insegnato in America Latina. Ricordiamoci sempre le parole illuminanti di Papa Bergoglio “Dio perdona sempre, l’uomo qualche volta, la Natura non perdona mai”, di certo non perchè Madre Natura sia matrigna, come affermava l’illustre oncologo Umberto Veronesi.E’ l’uomo e il patriarcato che sono spesso patrigni. Stop alla Guerra a MADRE NATURA! Stop all’estrazione di Petrolio e al Massacro dei Mari! Lorenzo Poli
Il Cancer Establishment ha origini dalla società industriale di massa
Il cancro rappresenta la seconda causa di morte nel mondo dopo le malattie cardiovascolari ed in Italia è responsabile del 27% di tutti i decessi. In Italia, nel 2024, sono stimati 390.100 nuovi casi di tumore, con 214.500 negli uomini e 175.600 nelle donne, un numero sostanzialmente stabile rispetto agli anni precedenti. Le diagnosi più frequenti sono carcinoma mammario, colon-rettale, polmone, prostata e vescica. Si registra un aumento delle persone in vita dopo una diagnosi di tumore e una diminuzione della mortalità nei giovani adulti (20-49 anni), ma questo è un dato temporaneo e non incoraggiante. La sua incidenza, infatti, è in costante aumento a livello globale ed un singolare e preoccupante incremento è stato segnalato in diversi paesi negli anni più recenti[1]. In questa situazione devastante, sia umanamente sia sanitariamente, mi sovviene alla mente uno dei padri del glocalismo, nonché grande sostenitore dell’ecologia profonda e fondatore di The Ecologist, il grande ambientalista Edward Goldsmith, il quale in un articolo dal titolo “Cancro: gli esperti mentono?” spiegò le ragioni dell’atteggiamento ostruzionistico nei confronti della verità sulle morti premature da cancro – e annessi costi economici – da parte di quello che definiva “l’establishment del cancro”[2], spiegando che le cause del cancro risiedono “nell’esposizione a sostanze chimiche cancerogene presenti nel cibo che mangiamo, nell’acqua che beviamo e nell’aria che respiriamo; le radiazioni ionizzanti, dai raggi X usati per scopi medici alle emissioni radioattive prodotte dagli esperimenti atomici e dagli impianti nucleari” e che il “Cancer Establishment”, ovvero il National Cancer Institute (USA) e l’Imperial Cancer Research Fund (UK), non lo ammetteranno mai. Proseguiva: “Né lo ammetteranno le industrie chimiche, farmaceutiche e nucleari che finanziano quasi tutta la ricerca sul cancro e si dicono certe che l’attuale “epidemia” sia attribuibile a tutto fuorché all’esposizione a sostanze chimiche o alla radioattività, ciò le porta fino al punto di non pubblicare i risultati degli esperimenti che rivelano la cancerogenicità delle sostanze chimiche prodotte dalle stesse industrie, come ha recentemente rivelato l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente negli USA”.[3] Se allora, queste teorie, venivano viste come teorie di anarchici, no-global, ecologisti e pauperisti, oggi abbiamo la certezza che il cancro abbia certe cause. Eppure il “Cancer Establishment” si cela dietro ai soliti argomenti secondo cui: * “il tasso di tumori non è in crescita”, affermazione refrain che saltuariamente viene ripetuta in netto contrasto con gli storici dati ufficiali pubblicati dallo stesso National Cancer Institute, secondo cui l’incidenza generale dei tumori nella popolazione bianca degli Stati Uniti è aumentata tra il 1950 e il 1988 del 43,5% e tra il 1950 e il 1994 del 54%. Inoltre l’incidenza di tumori è continuamente in aumento fin dall’inizio dell’era industriale, visto che i casi di cancro registrati precedentemente erano piuttosto rari e, in alcune aree, del tutto inesistenti; * “rispetto ad una volta, si vive più a lungo”, affermazione parziale che fa della vita una questione quantitativa e non qualitativa mentre i dati parlano chiaro: l’aspettativa di vita aumenta, ma diminuisce sempre di più l’aspettativa di vita sana. A fronte di un recupero e un superamento dei livelli pre-pandemici per la speranza di vita alla nascita complessiva nel 2024, l’indicatore che stima gli anni attesi di vita in buone condizioni di salute mostra una dinamica opposta. Dopo un picco “anomalo” registrato nel 2020 (interpretato come un possibile effetto della valutazione soggettiva del proprio stato di salute nel contesto pandemico), il numero medio di anni di vita attesi in buona salute alla nascita continua a ridursi di recente. https://www.fondoasim.it/speranza-di-vita-italia-istat/#:~:text=L’Italia%20si%20conferma%20tra,2025%2C%20superando%20le%2023.500%20unit%C3%A0. * “le sostanze chimiche utilizzate in agricoltura e nella produzione di cibo sono per norma sottoposte a severi controlli che ne garantiscono la sicurezza”. Nulla di più lontano dalla verità se pensiamo al glifosato prodotto da Monsanto, che per anni è stato definito come un “potenziale cancerogeno”, quando si trattava di un “cancerogeno” vero e proprio. Inoltre solo una parte insignificante dei nuovi agenti chimici e delle nuove sostanze emesse ogni anno viene testata. Quando i test sono realmente eseguiti, vengono infatti condotti su sostanze chimiche isolate, mentre ognuno di noi è continuamente esposto ad un vero cocktail di agenti diversi, e tutto sembra suggerire che in varie combinazioni le sostanze chimiche possono diventare decine, se non centinaia di volte più cancerogene di quanto lo siano se prese separatamente le une dalle altre. Inoltre le sostanze chimiche si trasformano negli anni: spesso si alterano ed i prodotti di un simile deterioramento sono, in genere, più nocivi della sostanza originaria come nel caso del protossido d’azoto, che si forma con l’evaporazione dell’acqua dai campi inquinati di pesticidi, diventando un gas serra 300 volte più letale dell’anidride carbonica; senza dimenticare l’eptacloro, pesticida che deteriorandosi origina un altro agente chimico, l’epossido di eptacloro, e quindi si trasforma ancora in un altro chiamato epossido di eptacloro-ketone, ognuno dei quali è più cancerogeno della forma precedente. Come scriveva all’epoca Goldsmith: “Un altro problema consiste nel fatto che tende ad esserci un lungo periodo di latenza, che può arrivare fino a quaranta anni, tra l’esposizione ad una sostanza cancerogena e lo sviluppo di una neoplasia. Alcuni tipi di cancro possono addirittura manifestarsi soltanto nella generazione successiva: come, ad esempio, nel caso del DES, un ormone un tempo prescritto alle donne in gravidanza, le cui figlie, in alcuni casi, sviluppano una rara forma di tumore vaginale. Naturalmente è “economico” effettuare test per periodi molto più brevi, al massimo di qualche anno, ed anche utilizzando dosi più elevate, è improbabile che i risultati ci dicano quali effetti a lungo termine è possibile che si manifestino.” * “La gran parte del cibo che consumiamo contiene cancerogeni naturali in misura molto maggiore di quelli artificiali”, introdotti dall’uomo (per esempio, nei funghi e nel formaggio con muffe blu). Una teoria, questa, che non può essere accettata in quanto lo storico aumento dell’incidenza di tumori si ha con la produzione industriale di sostanze chimiche sintetiche che è aumentata di 500 volte dal 1950 in avanti. * “c’è più cancro perché semplicemente viviamo più a lungo”, altra affermazione falsa. Come già spiegava Goldsmith: “Il cancro è una malattia della vecchiaia, ci spiega Bate. Chiaramente, se aumenta il numero degli anziani aumenterà anche l’incidenza del cancro. Ma questo, che un tempo poteva essere vero, non lo è più. Il cancro infatti è diventato una delle maggiori cause di mortalità anche tra i bambini. Secondo le cifre ufficiali del NCI, i tumori infantili sono aumentati del 21,3% nella popolazione bianca degli Stati Uniti tra il 1950 e 1988, e il cancro dei testicoli, una patologia nuova che colpisce in prevalenza i giovani dai venti ai trenta anni, è aumentato del 96% nello stesso periodo.” * “Il cancro sta diventando sempre più curabile”, un’affermazione che si sente spesso ma rimane uno spot pubblicitario. Purtroppo la salute dei malati passa in secondo piano quando c’è di mezzo il PIL, l’indotto dei malati di cancro e, soprattutto, gli utili stratosferici delle multinazionali della chemio. Due volte l’anno sui media compaiono fantomatici studi e successi della medicina ufficiale nella lotta contro il cancro, tutti, naturalmente “saranno pronti per l’uomo tra una decina di anni”. Compaiono in genere nel periodo natalizio e in occasione della denuncia dei redditi, per convincere ignari e sprovveduti cittadini a destinare l’8×1000 ad associazioni che, almeno ufficialmente, dovrebbero finanziare ricerche sul cancro. La verità è che chemioterapia, radioterapia, chemio sperimentali e molto altro non sembrano aver soddisfatto le aspettative e, in verità, molti scienziati concordano oggi nell’affermare che si è progrediti ben poco nella ricerca contro il cancro e che si dovrebbe spostare l’attenzione sulla prevenzione primaria (allenamento fisico salutare, alimentazione e stile di vita sani). Ma questo oggi, con l’esposizione multipla ad agenti chimici e fisici, non può essere nemmeno la sola via d’uscita poiché si tratta di sostanze che oltre ad essere cancerogene o potenzialmente tali, influiscono a livello epigenetico a medio e lungo termine. Come scriveva Goldsmith: “Se anche mangiassimo solo verdura e frutta biologica fresca saremmo lo stesso esposti ad agenti chimici cancerogeni di tutti i tipi nell’aria che respiriamo, nelle piogge che cadono sui nostri raccolti e nell’acqua che scorre dai rubinetti. Un grosso e impellente problema delle industrie è come affrontare la gestione dei rifiuti.” Visto che le discariche si riempiono e i rifiuti che si accumulano sono sempre più rifiuti che non sono troppo riciclabili, continua a cresce la tendenza a incenerire i rifiuti, compresi i materiali plastici, con dispersione nell’ambiente di diossine, altamente cancerogene, e di altre sostanze tossiche e si assiste: * ad un aumento nell’uso come combustibili dei rifiuti chimici che sono spesso forniti gratuitamente per essere bruciati nei forni di cemento, il che significa anche dispersione di queste sostanze tossiche nel terreno; * i rifiuti radioattivi vengono inceneriti, o, più precisamente, viene incenerito il materiale in cui sono contenute particelle radioattive le quali non possono venire distrutte dal fuoco e si disperdono ancora una volta sulla campagna e naturalmente sui territori/paesi ad essa circostanti. * In molti paesi è del tutto legale introdurre rifiuti chimici nei materiali da costruzione, come mattoni e blocchi di calcestruzzo, e, per quanto possa sembrare incredibile, vengono aggiunti al fango e perfino ai fertilizzanti artificiali che vengono sparsi sui terreni agricoli, visto che alcuni scienziati governativi hanno avuto perfino l’impudenza di assicurarci che questo migliora la fertilità della terra. In Italia ci sono 36 inceneritori/termovalorizzatori operativi, di cui 25 nel Nord, 5 nel Centro e 6 nel Sud, secondo il Catasto Nazionale Rifiuti ISPRA. In particolare, la Lombardia è la regione con il maggior numero di impianti, con 13 inceneritori (e va verso il 14esimo che si pensa di costruire in Provincia di Bergamo), seguita dall’Emilia-Romagna con 7. A causa dell’involontà politica di localizzare l’economia, di rigenerare ecologicamente l’agricoltura, dell’assenza di un serio piano europeo di riconversione ecologica delle aziende, dell’assenza di un serio piano internazionale di politiche dei rifiuti e della mancanza di un piano internazionale per la messa al bando di sostanza tossiche e inquinanti, l’esposizione multipla ad agenti chimici e fisici sarà sempre più un fenomeno irrefrenabile. Come già sosteneva Goldsmith: “Vivremo dunque sempre di più in un ambiente pieno di sostanze chimiche e radioattive in cui la percentuale dei malati di cancro non può che aumentare fino a interessare alla fine tutta l’umanità. Per queste ed altre ragioni, prevenzione – almeno per coloro con un minimo di senso di responsabilità – può significare soltanto netta inversione e rapida trasformazione di queste tendenze. Semplicemente non si può più concedere agli industriali di avvelenare il nostro ambiente con i loro materiali cancerogeni. Devono smettere di produrli. È necessaria una vasta campagna popolare per obbligarli a questo. Non esiste nessun’altra alternativa socialmente o moralmente accettabile.” https://www.toscanachiantiambiente.it/edward-goldsmith-e-lindustrializzazione-come-prima-causa-del-disastro-ambientale/ https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=30002   [1] Report “I numeri del cancro in Italia 2023” https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2023/12/2023_AIOM_NDC-web.pdf [2] The crisis in U.S. and international cancer policy https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12456121/ [3] Edward Goldsmith, CANCRO: GLI ESPERTI MENTONO? http://www.ecologist.it/cancro04.html Lorenzo Poli
Manifestazione 20 luglio ad Idro, Gianluca Bordiga: “Il Lago d’Idro non è un serbatoio d’acqua per l’agrobusiness!”
Domenica 20 luglio 2025 alle ore 18:00 a Idro, sul Lago d’Idro, nel piazzale principale della Pieve Vecchia (Chiesa di Santa Maria ad Undas), via Trento, strada principale verso il Trentino – indetta dall’Associazione Amici della Terra Lago d’Idro Valle Sabbia, con la partecipazione di tutta la Federazione del Fiume Chiese ed il Comune di Idro – avrà luogo la grande Manifestazione a Difesa della Naturalità del Lago d’Idro, nonché dell’ambiente dell’intero corpo idrico del Fiume Chiese, di cui il lago ne è un meraviglioso rilassamento morfologico. Con un importante coinvolgimento degli operatori turistici, si attende una grandissima partecipazione da parte di attivisti provenienti dal Trentino, dalla Val di Edro, dalla Val Trompia, da Desenzano, dalla pianura bresciana alle aree mantovane, da Bagolino a Calvisano passando per Montichiari, Acquanegra e Remedello. Per capire i temi che le associazioni ambientaliste porteranno alla manifestazione, abbiamo intervistato Gianluca Bordiga, membro dell’Associazione Amici della Terra e portavoce della Federazione del Fiume Chiese, coordinamento di associazioni e comitati ambientalisti in difesa dell’omonimo fiume.   Come nasce la vostra lotta in difesa del Lago d’Idro? Il Lago d’Idro è un bacino lacustre di origine glaciale situato tra la Lombardia e il Trentino-Alto Adige, è un ecosistema fragile e un importante nodo ecologico all’interno della Rete Natura 2000. Il Lago d’Idro è un rilassamento morfologico del fiume Chiese, è parte di un bacino idrografico complesso e transregionale, cinque macroaree diverse tra esse, 31 Comuni su due Regioni e tre Province. Dal 2007, dopo brutti decenni di gestione predatoria dei livelli – originata da un Regio Decreto del 25.10.1917 per scopi meramente produttivi – è stata introdotta mediante un accordo prefettizio una regola di gestione più equilibrata, simile al naturale, limitando l’escursione del lago a 1,3 metri verticali, determinando una evidente rigenerazione ecologica che ha fermato l’erosione delle rive e favorito la ripresa della vitalità della fauna ittica, quindi anche del fenomeno turistico. Però, il 5 agosto 2008 Regione Lombardia ingannò i sindaci di Idro, Anfo e Bagolino dicendo che sarebbe stato necessario intervenire con l’avvio di un progetto infrastrutturale volto a reintrodurre escursioni verticali innaturali fino a 3,5 metri per prevenire la paleofrana. Il fenomeno, denominato paleofrana, in corrispondenza della diga di ritenuta a paratoie mobili, era noto da molto tempo ma è stato trascurato fino all’epoca in cui è scaduta la concessione della gestione delle acque (durata 70 anni) da parte della SLI – ovvero dal 1987 – e sono cominciate le trattative sulle possibili quantità d’acqua prelevabili dal lago. Subito, noi del coordinamento “Salviamo il Lago d’Idro” invitammo i sindaci a non firmare per quel progetto, ma loro firmarono. Quella firma diede inizio a 21 anni di battaglie in difesa del nostro lago da progetti invadenti ed esclusivamente finalizzati a scopi speculativi da parte dell’agrobusiness. Cosa sta succedendo ora? E’ successo che dopo anni nell’ombra, questo progetto non è finito nel dimenticatoio ma è stato modificato e in senso peggiorativo. A settembre 2025, il Commissario Nazionale per l’Emergenza Idrica – a cui hanno affidato il progetto con l’obiettivo “risparmia-acque” – ha voluto far partire il bando per nuove opere infrastrutturali. Il progetto ora prevede la costruzione di nuove opere di regolazione del Lago d’Idro per permettere una gestione più aggressiva delle acque, ossequiando le richieste irrigue intensive e a scorrimento della pianura medio alta orientale lombarda. Questo porterebbe ad un abbassamento del lago fino a 3,3 metri. Si tratta di progetti che favorirebbero l’irrigazione selvaggia su modello delle opere per la captazione artificiale delle acque del lago d’Idro formulata nel 1855, ovvero lo “scorrimento”. Quest’opera inciderebbe sul lago ed il fiume Chiese, prevedendo anche una Savanella all’incile del lago e infrastrutture invasive finalizzate a eludere la normativa sul deflusso ecologico, per sfruttare in maniera abnorme queste acque. Il progetto, modificato rispetto alla versione VIA 2013, è privo di nuova valutazione di impatto ambientale, come invece richiesto per variazioni progettuali rilevanti. Tutto ciò è assurdo se pensiamo che dal 2007 – con la fine delle folli gestioni – è andato incontro ad un’autorigenerazione ecologica importante dal punto di vista della flora e della fauna ittica. Quale impatto avrebbe questo progetto su zone particolarmente tutelate? Sulla sponda nord c’è la Zona Speciale di Conservazione (ZSC/ZPS) IT3120155 “Biotopo di Baitoni – Lago d’Idro”, interamente trentina. Si tratta di un habitat di interesse comunitario che funge da corridoio ecologico per specie di avifauna, anfibi e pesci. Il “Biotopo di Baitoni” è soggetto a tutela provinciale ed è classificato come “zona umida di pregio”. Le escursioni forzate dei livelli, previste dal progetto, impatterebbero in modo permanente sull’habitat, sui popolamenti bentonici e sulla vegetazione riparia. Il rischio è la perdita della qualifica di ZSC/ZPS a causa dell’interruzione delle funzioni ecologiche dell’area. Sono state riscontrate violazioni procedurali e partecipative su questo progetto? Il progetto era stato sottoposto a Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) nel 2013 e successivamente prorogato due volte (2019 e 2023), nonostante cambiamenti significativi nel contesto ambientale e progettuale, con un costo raddoppiato da 48 a 97 milioni di euro. Le proroghe, come evidenziato in diverse interrogazioni parlamentari e petizioni ai Consigli della Regione Lombardia (INP/4/XII) e della Provincia autonoma di Trento (4/XVII), sono avvenute in assenza di adeguata informazione e consultazione dei cittadini e degli enti locali, in violazione della Convenzione di Aarhus e delle direttive europee 2011/92/UE (VIA) e 2000/60/CE (acque). Le proroghe della VIA a questo progetto sono avvenute con la mancata attivazione dell’accordo operativo della convenzione tra Agenzia Interregionale Del Fiume Po (AIPo), Regione Lombardia e Comunità Montana. Sarebbe dovuta essere proprio Comunità Montana a coordinare il coinvolgimento dei soggetti locali. Queste proroghe sono avvenute senza informazione ambientale adeguata né ai cittadini né agli enti locali territorialmente coinvolti; e senza una nuova consultazione pubblica, nonostante modifiche sostanziali al progetto e mutamenti ambientali. Inoltre, l’erogazione di fondi europei FESR ai Comuni (programmazione 2007-2013) è stata subordinata a un Accordo di Programma che, come condizione, imponeva la rinuncia preventiva degli enti beneficiari ad avviare qualsiasi azione amministrativa o giudiziaria per la tutela dello stesso lago d’Idro, nel contesto del progetto delle nuove opere di gestione del lago. Tale clausola condiziona il libero esercizio delle funzioni pubbliche di controllo e tutela ambientale, viola il principio di leale cooperazione istituzionale e pone seri dubbi di compatibilità con il diritto dell’Unione, con i principi di partecipazione effettiva e indipendenza amministrativa sanciti dalla Convenzione di Aarhus, dalla direttiva 2011/92/UE e dal Regolamento FESR 2021/1058. Tutto ciò rischia di introdurre distorsione nell’accesso ai fondi europei, subordinando l’ottenimento con la rinuncia ad agire nell’interesse pubblico e ambientale, configurando un conflitto con i principi generali del diritto ambientale europeo e con i criteri di ammissibilità e condizionalità ex ante previsti dai regolamenti UE. Chi spinge per questo progetto altamente invasivo? La politica regionale della Lombardia è soggiogata e condizionata da un comparto agricolo che irriga 45mila ettari di 40 comuni della pianura medio-alta orientale lombarda con le acque del corpo idrico del fiume Chiese tramite un sistema obsoleto. Con queste opere il comparto agricolo vuole arrivare a poter derivare, cioè togliere quando vuole d’estate tutta l’acqua che gli serve. Noi lo diciamo da molto tempo che tra i nemici giurati degli ecosistemi del Lago d’Idro e del Fiume Chiese c’è Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti, che nel 2018 ha dichiarato: “Il Lago d’Idro è stato concepito per l’agricoltura”. Dichiarazioni assurde se pensiamo che il Lago d’Idro è un bacino di origine glaciale. Questi si credono onnipotenti a tal punto da poter modificare un ambiente naturale per i loro profitti, fatti su un disastro ecologico ed un modello di sviluppo assurdo. La crisi climatica ha reso ancor più evidente quanto sia irresponsabile considerare il lago d’Idro come una semplice riserva idrica da sfruttare in modo innaturale e megalomane, mentre è un ecosistema fragile da proteggere. Secondo l’ultimo rapporto OCSE, luglio 2025, il 40% delle terre emerse è già esposto a rischio siccità e l’agricoltura – che consuma circa il 70% dell’acqua dolce disponibile – è chiamata a trasformarsi radicalmente per garantire resilienza climatica e sostenibilità. Quali sarebbero gli obiettivi da perseguire per il Lago d’Idro? Tra le priorità urgenti figurerebbero la riconversione dei sistemi irrigui verso l’irrigazione a goccia con un potenziale risparmio fino al 76%; la riforma della tariffazione dell’acqua per promuoverne un uso efficiente e responsabile; investimenti in pratiche agricole e piani territoriali basati sulla Natura e i suoi cicli naturali. Invece di seguire queste indicazioni, sembra che le istituzioni vogliano mettere fondi pubblici per aumentare i prelievi dal lago, senza affrontare le reali inefficienze del sistema irriguo della pianura, noto per dispersioni e sprechi. Questa scelta istituzionale non solo è miope, rischia di aggravare la condizione ecologica del lago e del fiume Chiese, in contrasto con gli obiettivi europei. La vera “messa in sicurezza” è quella che protegge il lago, le comunità locali e il clima; e non quella che impone prelievi coatti per alimentare un sistema irrigatorio inefficiente ed insostenibile già nel medio termine. Cosa si sente di dire in vista della vostra manifestazione? Riproporre progetti del genere significa andare incontro ad un rischio di deterioramento degli ecosistemi che è stato riconosciuto anche da due risposte della Commissione Europea (E-003863/2022 e E-002855/2024) a interrogazioni parlamentari che richiamano il principio di prevenire il deterioramento degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri dipendenti e l’obbligo di informazione ambientale e di partecipazione del pubblico. Chi ama la Natura, l’ambiente, la giustizia sociale e crede che l’interesse industriale non debba assolutamente andare a discapito degli ecosistemi, venga alla manifestazione. Dobbiamo impedire questo progetto nel solco della civiltà. Fate forza a questa manifestazione con la vostro solidarietà.   Per ulteriori info: https://youtube.com/live/7bPFQ39onJo?feature=share https://www.youtube.com/live/sAgX8phi1_g?si=jrNuQfwtuaH6G79i https://www.rainews.it/tgr/lombardia/video/2025/07/lago-didro-la-protesta-contro-il-nuovo-sbarramento-delle-acque-2aec9cb8-49ab-4efb-8d7c-bbab1412b51c.html?wt_mc=2.www.wzp.rainews http://www.salviamoillagodidro.it/ https://www.radiondadurto.org/2025/04/09/lago-didro-non-diventi-serbatoio-al-servizio-di-unagricoltura-che-spreca-lacqua/ Redazione Sebino Franciacorta