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Il Cancer Establishment ha origini dalla società industriale di massa
Il cancro rappresenta la seconda causa di morte nel mondo dopo le malattie cardiovascolari ed in Italia è responsabile del 27% di tutti i decessi. In Italia, nel 2024, sono stimati 390.100 nuovi casi di tumore, con 214.500 negli uomini e 175.600 nelle donne, un numero sostanzialmente stabile rispetto agli anni precedenti. Le diagnosi più frequenti sono carcinoma mammario, colon-rettale, polmone, prostata e vescica. Si registra un aumento delle persone in vita dopo una diagnosi di tumore e una diminuzione della mortalità nei giovani adulti (20-49 anni), ma questo è un dato temporaneo e non incoraggiante. La sua incidenza, infatti, è in costante aumento a livello globale ed un singolare e preoccupante incremento è stato segnalato in diversi paesi negli anni più recenti[1]. In questa situazione devastante, sia umanamente sia sanitariamente, mi sovviene alla mente uno dei padri del glocalismo, nonché grande sostenitore dell’ecologia profonda e fondatore di The Ecologist, il grande ambientalista Edward Goldsmith, il quale in un articolo dal titolo “Cancro: gli esperti mentono?” spiegò le ragioni dell’atteggiamento ostruzionistico nei confronti della verità sulle morti premature da cancro – e annessi costi economici – da parte di quello che definiva “l’establishment del cancro”[2], spiegando che le cause del cancro risiedono “nell’esposizione a sostanze chimiche cancerogene presenti nel cibo che mangiamo, nell’acqua che beviamo e nell’aria che respiriamo; le radiazioni ionizzanti, dai raggi X usati per scopi medici alle emissioni radioattive prodotte dagli esperimenti atomici e dagli impianti nucleari” e che il “Cancer Establishment”, ovvero il National Cancer Institute (USA) e l’Imperial Cancer Research Fund (UK), non lo ammetteranno mai. Proseguiva: “Né lo ammetteranno le industrie chimiche, farmaceutiche e nucleari che finanziano quasi tutta la ricerca sul cancro e si dicono certe che l’attuale “epidemia” sia attribuibile a tutto fuorché all’esposizione a sostanze chimiche o alla radioattività, ciò le porta fino al punto di non pubblicare i risultati degli esperimenti che rivelano la cancerogenicità delle sostanze chimiche prodotte dalle stesse industrie, come ha recentemente rivelato l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente negli USA”.[3] Se allora, queste teorie, venivano viste come teorie di anarchici, no-global, ecologisti e pauperisti, oggi abbiamo la certezza che il cancro abbia certe cause. Eppure il “Cancer Establishment” si cela dietro ai soliti argomenti secondo cui: * “il tasso di tumori non è in crescita”, affermazione refrain che saltuariamente viene ripetuta in netto contrasto con gli storici dati ufficiali pubblicati dallo stesso National Cancer Institute, secondo cui l’incidenza generale dei tumori nella popolazione bianca degli Stati Uniti è aumentata tra il 1950 e il 1988 del 43,5% e tra il 1950 e il 1994 del 54%. Inoltre l’incidenza di tumori è continuamente in aumento fin dall’inizio dell’era industriale, visto che i casi di cancro registrati precedentemente erano piuttosto rari e, in alcune aree, del tutto inesistenti; * “rispetto ad una volta, si vive più a lungo”, affermazione parziale che fa della vita una questione quantitativa e non qualitativa mentre i dati parlano chiaro: l’aspettativa di vita aumenta, ma diminuisce sempre di più l’aspettativa di vita sana. A fronte di un recupero e un superamento dei livelli pre-pandemici per la speranza di vita alla nascita complessiva nel 2024, l’indicatore che stima gli anni attesi di vita in buone condizioni di salute mostra una dinamica opposta. Dopo un picco “anomalo” registrato nel 2020 (interpretato come un possibile effetto della valutazione soggettiva del proprio stato di salute nel contesto pandemico), il numero medio di anni di vita attesi in buona salute alla nascita continua a ridursi di recente. https://www.fondoasim.it/speranza-di-vita-italia-istat/#:~:text=L’Italia%20si%20conferma%20tra,2025%2C%20superando%20le%2023.500%20unit%C3%A0. * “le sostanze chimiche utilizzate in agricoltura e nella produzione di cibo sono per norma sottoposte a severi controlli che ne garantiscono la sicurezza”. Nulla di più lontano dalla verità se pensiamo al glifosato prodotto da Monsanto, che per anni è stato definito come un “potenziale cancerogeno”, quando si trattava di un “cancerogeno” vero e proprio. Inoltre solo una parte insignificante dei nuovi agenti chimici e delle nuove sostanze emesse ogni anno viene testata. Quando i test sono realmente eseguiti, vengono infatti condotti su sostanze chimiche isolate, mentre ognuno di noi è continuamente esposto ad un vero cocktail di agenti diversi, e tutto sembra suggerire che in varie combinazioni le sostanze chimiche possono diventare decine, se non centinaia di volte più cancerogene di quanto lo siano se prese separatamente le une dalle altre. Inoltre le sostanze chimiche si trasformano negli anni: spesso si alterano ed i prodotti di un simile deterioramento sono, in genere, più nocivi della sostanza originaria come nel caso del protossido d’azoto, che si forma con l’evaporazione dell’acqua dai campi inquinati di pesticidi, diventando un gas serra 300 volte più letale dell’anidride carbonica; senza dimenticare l’eptacloro, pesticida che deteriorandosi origina un altro agente chimico, l’epossido di eptacloro, e quindi si trasforma ancora in un altro chiamato epossido di eptacloro-ketone, ognuno dei quali è più cancerogeno della forma precedente. Come scriveva all’epoca Goldsmith: “Un altro problema consiste nel fatto che tende ad esserci un lungo periodo di latenza, che può arrivare fino a quaranta anni, tra l’esposizione ad una sostanza cancerogena e lo sviluppo di una neoplasia. Alcuni tipi di cancro possono addirittura manifestarsi soltanto nella generazione successiva: come, ad esempio, nel caso del DES, un ormone un tempo prescritto alle donne in gravidanza, le cui figlie, in alcuni casi, sviluppano una rara forma di tumore vaginale. Naturalmente è “economico” effettuare test per periodi molto più brevi, al massimo di qualche anno, ed anche utilizzando dosi più elevate, è improbabile che i risultati ci dicano quali effetti a lungo termine è possibile che si manifestino.” * “La gran parte del cibo che consumiamo contiene cancerogeni naturali in misura molto maggiore di quelli artificiali”, introdotti dall’uomo (per esempio, nei funghi e nel formaggio con muffe blu). Una teoria, questa, che non può essere accettata in quanto lo storico aumento dell’incidenza di tumori si ha con la produzione industriale di sostanze chimiche sintetiche che è aumentata di 500 volte dal 1950 in avanti. * “c’è più cancro perché semplicemente viviamo più a lungo”, altra affermazione falsa. Come già spiegava Goldsmith: “Il cancro è una malattia della vecchiaia, ci spiega Bate. Chiaramente, se aumenta il numero degli anziani aumenterà anche l’incidenza del cancro. Ma questo, che un tempo poteva essere vero, non lo è più. Il cancro infatti è diventato una delle maggiori cause di mortalità anche tra i bambini. Secondo le cifre ufficiali del NCI, i tumori infantili sono aumentati del 21,3% nella popolazione bianca degli Stati Uniti tra il 1950 e 1988, e il cancro dei testicoli, una patologia nuova che colpisce in prevalenza i giovani dai venti ai trenta anni, è aumentato del 96% nello stesso periodo.” * “Il cancro sta diventando sempre più curabile”, un’affermazione che si sente spesso ma rimane uno spot pubblicitario. Purtroppo la salute dei malati passa in secondo piano quando c’è di mezzo il PIL, l’indotto dei malati di cancro e, soprattutto, gli utili stratosferici delle multinazionali della chemio. Due volte l’anno sui media compaiono fantomatici studi e successi della medicina ufficiale nella lotta contro il cancro, tutti, naturalmente “saranno pronti per l’uomo tra una decina di anni”. Compaiono in genere nel periodo natalizio e in occasione della denuncia dei redditi, per convincere ignari e sprovveduti cittadini a destinare l’8×1000 ad associazioni che, almeno ufficialmente, dovrebbero finanziare ricerche sul cancro. La verità è che chemioterapia, radioterapia, chemio sperimentali e molto altro non sembrano aver soddisfatto le aspettative e, in verità, molti scienziati concordano oggi nell’affermare che si è progrediti ben poco nella ricerca contro il cancro e che si dovrebbe spostare l’attenzione sulla prevenzione primaria (allenamento fisico salutare, alimentazione e stile di vita sani). Ma questo oggi, con l’esposizione multipla ad agenti chimici e fisici, non può essere nemmeno la sola via d’uscita poiché si tratta di sostanze che oltre ad essere cancerogene o potenzialmente tali, influiscono a livello epigenetico a medio e lungo termine. Come scriveva Goldsmith: “Se anche mangiassimo solo verdura e frutta biologica fresca saremmo lo stesso esposti ad agenti chimici cancerogeni di tutti i tipi nell’aria che respiriamo, nelle piogge che cadono sui nostri raccolti e nell’acqua che scorre dai rubinetti. Un grosso e impellente problema delle industrie è come affrontare la gestione dei rifiuti.” Visto che le discariche si riempiono e i rifiuti che si accumulano sono sempre più rifiuti che non sono troppo riciclabili, continua a cresce la tendenza a incenerire i rifiuti, compresi i materiali plastici, con dispersione nell’ambiente di diossine, altamente cancerogene, e di altre sostanze tossiche e si assiste: * ad un aumento nell’uso come combustibili dei rifiuti chimici che sono spesso forniti gratuitamente per essere bruciati nei forni di cemento, il che significa anche dispersione di queste sostanze tossiche nel terreno; * i rifiuti radioattivi vengono inceneriti, o, più precisamente, viene incenerito il materiale in cui sono contenute particelle radioattive le quali non possono venire distrutte dal fuoco e si disperdono ancora una volta sulla campagna e naturalmente sui territori/paesi ad essa circostanti. * In molti paesi è del tutto legale introdurre rifiuti chimici nei materiali da costruzione, come mattoni e blocchi di calcestruzzo, e, per quanto possa sembrare incredibile, vengono aggiunti al fango e perfino ai fertilizzanti artificiali che vengono sparsi sui terreni agricoli, visto che alcuni scienziati governativi hanno avuto perfino l’impudenza di assicurarci che questo migliora la fertilità della terra. In Italia ci sono 36 inceneritori/termovalorizzatori operativi, di cui 25 nel Nord, 5 nel Centro e 6 nel Sud, secondo il Catasto Nazionale Rifiuti ISPRA. In particolare, la Lombardia è la regione con il maggior numero di impianti, con 13 inceneritori (e va verso il 14esimo che si pensa di costruire in Provincia di Bergamo), seguita dall’Emilia-Romagna con 7. A causa dell’involontà politica di localizzare l’economia, di rigenerare ecologicamente l’agricoltura, dell’assenza di un serio piano europeo di riconversione ecologica delle aziende, dell’assenza di un serio piano internazionale di politiche dei rifiuti e della mancanza di un piano internazionale per la messa al bando di sostanza tossiche e inquinanti, l’esposizione multipla ad agenti chimici e fisici sarà sempre più un fenomeno irrefrenabile. Come già sosteneva Goldsmith: “Vivremo dunque sempre di più in un ambiente pieno di sostanze chimiche e radioattive in cui la percentuale dei malati di cancro non può che aumentare fino a interessare alla fine tutta l’umanità. Per queste ed altre ragioni, prevenzione – almeno per coloro con un minimo di senso di responsabilità – può significare soltanto netta inversione e rapida trasformazione di queste tendenze. Semplicemente non si può più concedere agli industriali di avvelenare il nostro ambiente con i loro materiali cancerogeni. Devono smettere di produrli. È necessaria una vasta campagna popolare per obbligarli a questo. Non esiste nessun’altra alternativa socialmente o moralmente accettabile.” https://www.toscanachiantiambiente.it/edward-goldsmith-e-lindustrializzazione-come-prima-causa-del-disastro-ambientale/ https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=30002   [1] Report “I numeri del cancro in Italia 2023” https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2023/12/2023_AIOM_NDC-web.pdf [2] The crisis in U.S. and international cancer policy https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12456121/ [3] Edward Goldsmith, CANCRO: GLI ESPERTI MENTONO? http://www.ecologist.it/cancro04.html Lorenzo Poli
Manifestazione 20 luglio ad Idro, Gianluca Bordiga: “Il Lago d’Idro non è un serbatoio d’acqua per l’agrobusiness!”
Domenica 20 luglio 2025 alle ore 18:00 a Idro, sul Lago d’Idro, nel piazzale principale della Pieve Vecchia (Chiesa di Santa Maria ad Undas), via Trento, strada principale verso il Trentino – indetta dall’Associazione Amici della Terra Lago d’Idro Valle Sabbia, con la partecipazione di tutta la Federazione del Fiume Chiese ed il Comune di Idro – avrà luogo la grande Manifestazione a Difesa della Naturalità del Lago d’Idro, nonché dell’ambiente dell’intero corpo idrico del Fiume Chiese, di cui il lago ne è un meraviglioso rilassamento morfologico. Con un importante coinvolgimento degli operatori turistici, si attende una grandissima partecipazione da parte di attivisti provenienti dal Trentino, dalla Val di Edro, dalla Val Trompia, da Desenzano, dalla pianura bresciana alle aree mantovane, da Bagolino a Calvisano passando per Montichiari, Acquanegra e Remedello. Per capire i temi che le associazioni ambientaliste porteranno alla manifestazione, abbiamo intervistato Gianluca Bordiga, membro dell’Associazione Amici della Terra e portavoce della Federazione del Fiume Chiese, coordinamento di associazioni e comitati ambientalisti in difesa dell’omonimo fiume.   Come nasce la vostra lotta in difesa del Lago d’Idro? Il Lago d’Idro è un bacino lacustre di origine glaciale situato tra la Lombardia e il Trentino-Alto Adige, è un ecosistema fragile e un importante nodo ecologico all’interno della Rete Natura 2000. Il Lago d’Idro è un rilassamento morfologico del fiume Chiese, è parte di un bacino idrografico complesso e transregionale, cinque macroaree diverse tra esse, 31 Comuni su due Regioni e tre Province. Dal 2007, dopo brutti decenni di gestione predatoria dei livelli – originata da un Regio Decreto del 25.10.1917 per scopi meramente produttivi – è stata introdotta mediante un accordo prefettizio una regola di gestione più equilibrata, simile al naturale, limitando l’escursione del lago a 1,3 metri verticali, determinando una evidente rigenerazione ecologica che ha fermato l’erosione delle rive e favorito la ripresa della vitalità della fauna ittica, quindi anche del fenomeno turistico. Però, il 5 agosto 2008 Regione Lombardia ingannò i sindaci di Idro, Anfo e Bagolino dicendo che sarebbe stato necessario intervenire con l’avvio di un progetto infrastrutturale volto a reintrodurre escursioni verticali innaturali fino a 3,5 metri per prevenire la paleofrana. Il fenomeno, denominato paleofrana, in corrispondenza della diga di ritenuta a paratoie mobili, era noto da molto tempo ma è stato trascurato fino all’epoca in cui è scaduta la concessione della gestione delle acque (durata 70 anni) da parte della SLI – ovvero dal 1987 – e sono cominciate le trattative sulle possibili quantità d’acqua prelevabili dal lago. Subito, noi del coordinamento “Salviamo il Lago d’Idro” invitammo i sindaci a non firmare per quel progetto, ma loro firmarono. Quella firma diede inizio a 21 anni di battaglie in difesa del nostro lago da progetti invadenti ed esclusivamente finalizzati a scopi speculativi da parte dell’agrobusiness. Cosa sta succedendo ora? E’ successo che dopo anni nell’ombra, questo progetto non è finito nel dimenticatoio ma è stato modificato e in senso peggiorativo. A settembre 2025, il Commissario Nazionale per l’Emergenza Idrica – a cui hanno affidato il progetto con l’obiettivo “risparmia-acque” – ha voluto far partire il bando per nuove opere infrastrutturali. Il progetto ora prevede la costruzione di nuove opere di regolazione del Lago d’Idro per permettere una gestione più aggressiva delle acque, ossequiando le richieste irrigue intensive e a scorrimento della pianura medio alta orientale lombarda. Questo porterebbe ad un abbassamento del lago fino a 3,3 metri. Si tratta di progetti che favorirebbero l’irrigazione selvaggia su modello delle opere per la captazione artificiale delle acque del lago d’Idro formulata nel 1855, ovvero lo “scorrimento”. Quest’opera inciderebbe sul lago ed il fiume Chiese, prevedendo anche una Savanella all’incile del lago e infrastrutture invasive finalizzate a eludere la normativa sul deflusso ecologico, per sfruttare in maniera abnorme queste acque. Il progetto, modificato rispetto alla versione VIA 2013, è privo di nuova valutazione di impatto ambientale, come invece richiesto per variazioni progettuali rilevanti. Tutto ciò è assurdo se pensiamo che dal 2007 – con la fine delle folli gestioni – è andato incontro ad un’autorigenerazione ecologica importante dal punto di vista della flora e della fauna ittica. Quale impatto avrebbe questo progetto su zone particolarmente tutelate? Sulla sponda nord c’è la Zona Speciale di Conservazione (ZSC/ZPS) IT3120155 “Biotopo di Baitoni – Lago d’Idro”, interamente trentina. Si tratta di un habitat di interesse comunitario che funge da corridoio ecologico per specie di avifauna, anfibi e pesci. Il “Biotopo di Baitoni” è soggetto a tutela provinciale ed è classificato come “zona umida di pregio”. Le escursioni forzate dei livelli, previste dal progetto, impatterebbero in modo permanente sull’habitat, sui popolamenti bentonici e sulla vegetazione riparia. Il rischio è la perdita della qualifica di ZSC/ZPS a causa dell’interruzione delle funzioni ecologiche dell’area. Sono state riscontrate violazioni procedurali e partecipative su questo progetto? Il progetto era stato sottoposto a Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) nel 2013 e successivamente prorogato due volte (2019 e 2023), nonostante cambiamenti significativi nel contesto ambientale e progettuale, con un costo raddoppiato da 48 a 97 milioni di euro. Le proroghe, come evidenziato in diverse interrogazioni parlamentari e petizioni ai Consigli della Regione Lombardia (INP/4/XII) e della Provincia autonoma di Trento (4/XVII), sono avvenute in assenza di adeguata informazione e consultazione dei cittadini e degli enti locali, in violazione della Convenzione di Aarhus e delle direttive europee 2011/92/UE (VIA) e 2000/60/CE (acque). Le proroghe della VIA a questo progetto sono avvenute con la mancata attivazione dell’accordo operativo della convenzione tra Agenzia Interregionale Del Fiume Po (AIPo), Regione Lombardia e Comunità Montana. Sarebbe dovuta essere proprio Comunità Montana a coordinare il coinvolgimento dei soggetti locali. Queste proroghe sono avvenute senza informazione ambientale adeguata né ai cittadini né agli enti locali territorialmente coinvolti; e senza una nuova consultazione pubblica, nonostante modifiche sostanziali al progetto e mutamenti ambientali. Inoltre, l’erogazione di fondi europei FESR ai Comuni (programmazione 2007-2013) è stata subordinata a un Accordo di Programma che, come condizione, imponeva la rinuncia preventiva degli enti beneficiari ad avviare qualsiasi azione amministrativa o giudiziaria per la tutela dello stesso lago d’Idro, nel contesto del progetto delle nuove opere di gestione del lago. Tale clausola condiziona il libero esercizio delle funzioni pubbliche di controllo e tutela ambientale, viola il principio di leale cooperazione istituzionale e pone seri dubbi di compatibilità con il diritto dell’Unione, con i principi di partecipazione effettiva e indipendenza amministrativa sanciti dalla Convenzione di Aarhus, dalla direttiva 2011/92/UE e dal Regolamento FESR 2021/1058. Tutto ciò rischia di introdurre distorsione nell’accesso ai fondi europei, subordinando l’ottenimento con la rinuncia ad agire nell’interesse pubblico e ambientale, configurando un conflitto con i principi generali del diritto ambientale europeo e con i criteri di ammissibilità e condizionalità ex ante previsti dai regolamenti UE. Chi spinge per questo progetto altamente invasivo? La politica regionale della Lombardia è soggiogata e condizionata da un comparto agricolo che irriga 45mila ettari di 40 comuni della pianura medio-alta orientale lombarda con le acque del corpo idrico del fiume Chiese tramite un sistema obsoleto. Con queste opere il comparto agricolo vuole arrivare a poter derivare, cioè togliere quando vuole d’estate tutta l’acqua che gli serve. Noi lo diciamo da molto tempo che tra i nemici giurati degli ecosistemi del Lago d’Idro e del Fiume Chiese c’è Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti, che nel 2018 ha dichiarato: “Il Lago d’Idro è stato concepito per l’agricoltura”. Dichiarazioni assurde se pensiamo che il Lago d’Idro è un bacino di origine glaciale. Questi si credono onnipotenti a tal punto da poter modificare un ambiente naturale per i loro profitti, fatti su un disastro ecologico ed un modello di sviluppo assurdo. La crisi climatica ha reso ancor più evidente quanto sia irresponsabile considerare il lago d’Idro come una semplice riserva idrica da sfruttare in modo innaturale e megalomane, mentre è un ecosistema fragile da proteggere. Secondo l’ultimo rapporto OCSE, luglio 2025, il 40% delle terre emerse è già esposto a rischio siccità e l’agricoltura – che consuma circa il 70% dell’acqua dolce disponibile – è chiamata a trasformarsi radicalmente per garantire resilienza climatica e sostenibilità. Quali sarebbero gli obiettivi da perseguire per il Lago d’Idro? Tra le priorità urgenti figurerebbero la riconversione dei sistemi irrigui verso l’irrigazione a goccia con un potenziale risparmio fino al 76%; la riforma della tariffazione dell’acqua per promuoverne un uso efficiente e responsabile; investimenti in pratiche agricole e piani territoriali basati sulla Natura e i suoi cicli naturali. Invece di seguire queste indicazioni, sembra che le istituzioni vogliano mettere fondi pubblici per aumentare i prelievi dal lago, senza affrontare le reali inefficienze del sistema irriguo della pianura, noto per dispersioni e sprechi. Questa scelta istituzionale non solo è miope, rischia di aggravare la condizione ecologica del lago e del fiume Chiese, in contrasto con gli obiettivi europei. La vera “messa in sicurezza” è quella che protegge il lago, le comunità locali e il clima; e non quella che impone prelievi coatti per alimentare un sistema irrigatorio inefficiente ed insostenibile già nel medio termine. Cosa si sente di dire in vista della vostra manifestazione? Riproporre progetti del genere significa andare incontro ad un rischio di deterioramento degli ecosistemi che è stato riconosciuto anche da due risposte della Commissione Europea (E-003863/2022 e E-002855/2024) a interrogazioni parlamentari che richiamano il principio di prevenire il deterioramento degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri dipendenti e l’obbligo di informazione ambientale e di partecipazione del pubblico. Chi ama la Natura, l’ambiente, la giustizia sociale e crede che l’interesse industriale non debba assolutamente andare a discapito degli ecosistemi, venga alla manifestazione. Dobbiamo impedire questo progetto nel solco della civiltà. Fate forza a questa manifestazione con la vostro solidarietà.   Per ulteriori info: https://youtube.com/live/7bPFQ39onJo?feature=share https://www.youtube.com/live/sAgX8phi1_g?si=jrNuQfwtuaH6G79i https://www.rainews.it/tgr/lombardia/video/2025/07/lago-didro-la-protesta-contro-il-nuovo-sbarramento-delle-acque-2aec9cb8-49ab-4efb-8d7c-bbab1412b51c.html?wt_mc=2.www.wzp.rainews http://www.salviamoillagodidro.it/ https://www.radiondadurto.org/2025/04/09/lago-didro-non-diventi-serbatoio-al-servizio-di-unagricoltura-che-spreca-lacqua/ Redazione Sebino Franciacorta