Armi chimiche, segreti militari e degrado ambientale: la lunga storia del centro NBC di CivitavecchiaNato per mettere in sicurezza le armi chimiche del Novecento, il Centro Tecnico
Logistico Interforze NBC oggi è al centro di un’inchiesta per disastro
ambientale. Documenti parlamentari, relazioni ufficiali e testimonianze
raccontano una storia di silenzi, proroghe e allarmi rimasti inascoltati.
Il laboratorio segreto d’Italia
Il Centro Tecnico Logistico Interforze NBC di Civitavecchia nasce dalla fusione
di due enti preesistenti nel comprensorio militare di Santa Lucia: il Centro
Tecnico Militare Chimico Fisico e Biologico, dedicato alla sperimentazione nel
settore NBC (nucleare, biologico e chimico), e lo Stabilimento Militare
Materiali per la Difesa NBC, responsabile di sviluppo, produzione e collaudo di
materiali per la difesa.
Per anni, questa struttura ha rappresentato l’eccellenza della ricerca militare
italiana nel campo della protezione da agenti tossici. Oggi, però, torna sotto i
riflettori per ragioni ben diverse: il deterioramento dei contenitori di
stoccaggio e i rischi ambientali legati alla presenza di migliaia di ordigni
chimici risalenti alle guerre mondiali.
L’eredità delle guerre
Nel silenzio di decenni, a Santa Lucia sono state raccolte e messe in sicurezza
migliaia di munizioni chimiche provenienti da tutta Italia: residuati della
Prima e della Seconda Guerra Mondiale caricati con iprite, arsenico, fosgene e
adamsite. Materiali estremamente tossici ma non più utilizzabili, da custodire
fino alla distruzione definitiva prevista dagli accordi internazionali della
Convenzione sulle armi chimiche.
Il Centro divenne così l’unico impianto nazionale autorizzato al recupero e alla
distruzione delle armi chimiche, assumendo nel tempo un ruolo cruciale, ma
l’accumulo di materiali, la complessità tecnica e la lentezza delle procedure
hanno trasformato un deposito temporaneo in una struttura sovraccarica e
fragile.
Dal deposito protetto al sequestro giudiziario
Nel 2025, il centro è tornato al centro delle cronache. Indagini giornalistiche
e inchieste della magistratura hanno rivelato criticità strutturali gravi:
tonnellate di rifiuti militari ad alto rischio conservati in monoliti di cemento
deteriorati, con ferri d’armatura esposti e infiltrazioni.
La Procura di Civitavecchia, guidata da Alberto Liguori, ha disposto il
sequestro dell’area ipotizzando i reati di disastro ambientale colposo e omessa
bonifica. L’accusa: i sistemi di contenimento non sarebbero più sicuri e le
acque meteoriche potrebbero trascinare sostanze tossiche nel terreno. Venti alti
ufficiali dell’esercito sono finiti sotto indagine per omessa vigilanza.
Le autorità locali, dal Comune di Civitavecchia all’Osservatorio Ambientale,
hanno chiesto chiarezza. Le analisi di Acea sull’acqua potabile non rilevano
contaminazioni, ma gli esperti invocano monitoraggi costanti e un piano di messa
in sicurezza di lungo periodo.
Un allarme già scritto nei documenti ufficiali
Molto prima del sequestro, la Relazione annuale 2018 del Senato della Repubblica
sull’attuazione della Convenzione per la proibizione delle armi chimiche
descriveva Santa Lucia come “l’unico impianto nazionale abilitato al recupero,
immagazzinaggio e distruzione delle armi chimiche”.
A fine 2017, il centro custodiva 13.600 ordigni chimici prodotti prima del 1946,
classificati come Old Chemical Weapons. Quelle armi, secondo gli impegni
internazionali, avrebbero dovuto essere distrutte entro il 2012. L’OPAC,
l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, aveva concesso una
proroga, chiedendo all’Italia di completare l’operazione “il prima possibile”.
Il Senato segnalava anche la necessità di un “adeguamento urgente degli
impianti”, un intervento mai realizzato. Letto oggi, quel monito assume il
valore di una profezia.
Ogni anno, l’Italia invia all’OPAC una dichiarazione volontaria sulla situazione
del sito: un segno di trasparenza, ma anche la conferma che Santa Lucia resta un
luogo sotto osservazione internazionale.
La risoluzione Artini e le proteste del territorio
Già nel 2016, la Risoluzione Artini denunciava le condizioni precarie dei
monoliti di cemento e il malcontento della popolazione. Il Ministero della
Difesa aveva avviato uno studio con la società Dynasafe per introdurre un nuovo
impianto basato su ossidazione termica, ma il progetto suscitò forti
opposizioni.
I cittadini temevano che il nuovo impianto potesse funzionare come un
inceneritore. Le associazioni — tra cui ISDE, i medici per l’ambiente — chiesero
la sospensione del piano e l’avvio di una bonifica dell’area, partendo dalla
rimozione dei monoliti.
Il 9 giugno 2016 il Sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano, durante un
incontro ufficiale si impegnò a valutare soluzioni alternative e garantire
maggiore trasparenza. La risoluzione chiedeva inoltre che Santa Lucia fosse
riconosciuta come sito di interesse nazionale, con interventi di bonifica,
monitoraggio e informazione pubblica costante.
Un impianto ad alto rischio controllato
Nel Piano di Emergenza Comunale di Civitavecchia del 15 gennaio 2024, il
deposito militare di Santa Lucia è classificato come impianto a rischio di
incidente rilevante.
Il documento descrive un sito blindato, sorvegliato 24 ore su 24, dotato di
sistemi antincendio automatici e monitoraggio continuo, progettato per evitare
qualsiasi fuga di sostanze tossiche. Nonostante le misure di sicurezza, il
rischio resta alto: la normativa europea lo definisce “antropico-tecnologico”,
cioè derivante da attività umane. Il Piano individua Santa Lucia come uno dei
nodi più sensibili del territorio, richiedendo aggiornamento costante dei
protocolli di prevenzione.
Il piano di rilancio: SMD 29/2023
L’8 maggio 2024, in Commissione Difesa, il deputato Anastasio Carrà (Lega) ha
illustrato il programma SMD 29/2023, destinato alla distruzione delle Old
Chemical Weapons.
Il piano prevede l’acquisto di un impianto Dynasafe SDC-1200, tecnologia capace
di decomporre ordigni chimici a temperature tra i 400 e i 550 gradi, con sistemi
di trattamento dei gas per evitare dispersioni.
Finanziato con 29 milioni di euro del Ministero della Difesa, il progetto
include cinque anni di assistenza tecnica e formazione del personale.
L’obiettivo è riportare il Centro alla piena operatività entro quattro anni e
completare la distruzione delle armi chimiche ancora presenti in Italia.
La voce dei militari
Anche il Sindacato Unitario Militari (S.U.M.) ha espresso profonda
preoccupazione per le condizioni ambientali del sito. Secondo le segnalazioni
ricevute, i monoliti — nati per isolare le sostanze tossiche — risulterebbero
oggi fortemente deteriorati. Il S.U.M. ha chiesto interventi immediati
all’Ufficio per il Coordinamento dei Servizi di Vigilanza d’Area e ha
sollecitato al Ministero della Difesa a individuare soluzioni alternative di
stoccaggio, tutelando il personale e le loro famiglie. “Chiediamo che le
risultanze dei controlli vengano comunicate al S.U.M. — si legge nella nota —
per garantire la massima trasparenza e la tutela dei diritti collettivi”.
Una verità ancora sospesa
L’inchiesta giudiziaria è solo all’inizio, ma la sua lentezza preoccupa.
Conoscendo i tempi della giustizia e la natura militare dell’impianto, il
rischio è che la vicenda si trascini per anni, senza arrivare a una verità né a
una bonifica.
È uno scenario già visto in altre storie italiane, come ricordato nel
documentario Terra a Perdere di Chiara Pracchi, dove procedimenti complessi
finiscono per dissolversi nel tempo.
Serve un intervento deciso del governo, non per interferire con la magistratura,
ma per risolvere le criticità strutturali e accelerare le operazioni di messa in
sicurezza.
Solo così si potrà impedire che un centro nato per proteggere il Paese diventi
l’ennesimo simbolo di emergenza ambientale irrisolta.
Fonti:
https://www.fivedabliu.it/wp-content/uploads/2025/11/Dossier-Senato-n.-6_336222.pdf
https://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/317702?
https://civitavecchia-api.municipiumapp.it/s3/2166/allegati/allegati/pec-cvt-ii-parte_compressed.pdf
https://documenti.camera.it/leg19/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2024/05/08/leg.19.bol0303.data20240508.com04.pdf?
https://www.sindacatounicodeimilitari.it/s-u-m-preoccupazione-per-la-situazione-ambientale-del-comprensorio-di-santa-lucia-a-civitavecchia-sede-del-centro-tecnico-logistico-interforze-nbc/
https://www.fivedabliu.it/2021/11/10/processo-per-i-veleni-del-poligono-di-quirra-tutti-assolti/
Fivedabliu