Le primarie del Pacto Histórico in Colombia tra tensioni politiche e sfide futureA poco meno di un anno dalle elezioni, le tensioni nel paese sono cresciute su
più fronti e la campagna elettorale ha fatto irruzione sullo scenario politico
colombiano: tra riforme sociali, elezioni primarie delle sinistre e tensioni
internazionali, il cammino verso le presidenziali che definiranno il futuro
governo del paese, e la continuità o meno di un processo di trasformazione
sociale, si iscrive in un contesto di pesanti ingerenze statunitensi nella
regione.
L’approvazione della riforma del lavoro dello scorso giugno ha sbloccato il
cammino delle riforme sociali promesse dal governo e votate da milioni di
persone alle scorse presidenziali. Si tratta di una delle questioni più
importanti del programma politico progressista: l’approvazione al Congresso e al
Senato è stata ottenuta solamente dopo imponenti mobilitazioni sociali,
significative tensioni sociali e politiche nel paese e nelle istituzioni, fino
all’annuncio di una consulta popolare, poi ritirata dallo stesso Petro dopo
l’approvazione della riforma. Mentre l’ambivalente riforma delle pensioni, che
istituisce un fondo minimo universale per tutte le persone escluse dal sistema
pensionistico, ma al tempo stesso finisce per rafforzare i fondi privati, è
stata approvata, ma poi sospesa dalla Corte Costituzionale, la riforma della
salute è ancora blocccata al Senato e rappresenta l’ultima delle grandi riforme
che il governo cercherà di approvare prima della fine del mandato di Gustavo
Petro.
LA VIOLENZA NEL PAESE
La violenza, che caratterizza la storia e, in modi diversi, il presente del
paese, si espande nei periodi elettorali, con un aumento degli omicidi contro i
leader sociali nel paese, come denunciato dall’ONG Indepaz, che ha pubblicato un
documento denunciando 158 leader sociali assassinati nel 2025 (fino all’11
novembre, data di pubblicazione del report), e 34 ex guerriglieri che hanno
firmato la pace (nel 2024 erano stati rispettavamente 173 e 31). Intanto, dallo
scorso giugno, la violenza politica ha fatto nuovamente irruzione sulla campagna
elettorale, con l’attentato durante un comizio a Bogotà lo scorso giugno contro
il candidato di estrema destra Miguel Uribe (poi deceduto dopo due mesi di
ospedale, ad inizio agosto), colpito da un colpo di pistola alla nuca da un
sicario minorenne (da chiarire ancora chi siano stati i mandanti).
Una successiva accelerazione su grande scala si è avuta con gli attentati di
fine agosto a Cali (autobomba di fronte ad una scuola militare, con sette morti
e 78 feriti, tra i quali diversi civili) e nel territorio di Antioquia (12
poliziotti uccisi nell’abbattimento di un elicottero militare impegnato
nell’attacco contro coltivazioni illecite) quando diversi gruppi armati, legati
alle dissidenze delle ex Farc e ai paramilitari del Clan del Golfo, hanno
attaccato forze militari, in risposta all’offensiva militare dell’esercito
colombiano. Nel pieno di uno scenario di profonda riconfigurazione delle logiche
e delle forme del conflitto armato, come analizzato da Alejandro Cortés Ramirez,
l’obiettivo della Pace Totale, proposto dal nuovo governo con l’obiettivo di
costruire tavoli di negoziazione con le diverse formazioni armate che operano
nel paese, si sta confrontando con la ripresa di ondate di violenza: dopo la
crisi nel Catatumbo precipitata nel mese di gennaio, gli sfollamenti forzati in
diverse regioni del paese e le autobombe ad agosto, nelle scorse settimane in
particolare sono stati effettuati una serie di bombardamenti da parte
dell’esercito colombiano contro diversi gruppi armati in vari territori del
paese.
MOBILITAZIONI SOCIALI
In questo contesto, negli scorsi mesi, si sono tenute una serie di mobilitazioni
sociali e popolari in diverse città colombiane: in primo luogo, a fine
settembre, diversi movimenti sociali del paese hanno organizzato a Bogotà la
Cumbre Nacional Popular “La città per chi?”. Con la partecipazione di oltre
millecinquecento militanti di organizzazioni popolari, per tre giorni
all’Università Pedagogica nei laboratori, nelle assemblee e nelle riunioni
centinaia di persone hanno discusso l’agenda di lotta dei movimenti popolari nel
paese: dall’ecologia al femminismo, dalle economie popolari al diritto alla
città, dalla sicurezza nei territori fino alle resistenze nel mondo dell’arte e
della cultura, hanno costruito uno spazio di dibattito, articolazione e
confluenza di movimenti provenienti da oltre quindici città e regioni del paese.
L’ultimo giorno un corteo ha attraversato la zona finanziaria e i quartieri
ricchi della città, reclamando diritti e giustizia sociale, e denunciando gli
interessi e le violenze delle elite finanziarie e oligarchiche del paese.
A metà ottobre, con lo slogan “Aquí en la lucha” decine di manifestazioni hanno
attraversato il paese denunciando il ritorno e l’impunità del paramilitarismo e
della violenza nei territori, rivendicando potere popolare e diritto alla città,
sovranità nazionale contro le ingerenze statunitensi, fine del paramilitarismo e
della criminalizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici ambulanti nelle
città, denunciando l’impatto della turistificazione nei territori dei Caraibi.
Nelle diverse città, nei blocchi stradali e nelle proteste di fronte alle
istuituzioni, con l’occupazione simbolica di una serie di Ministeri (a cui il
ministro degli Interni Bendetti ha risposto con gravi e preoccupanti
dichiarazioni di criminalizzazione delle lotte sociali), i movimenti hanno
chiesto un impegno del governo Petro nell’affrontare l’emergenza umanitaria,
approvare le riforme sociali, gli accordi sottoscritti con le comunità nelle
diverse regioni del paese.
IN PIAZZA CONTRO L’INGERENZA DI TRUMP
A fine ottobre, venerdì 24, in un momento di forti tensioni internazionali con
il governo statunitense, il presidente Gustavo Petro ha convocato una
mobilitazione nella centralissima Plaza de Bolívar a Bogotá. Denunciando le
misure economiche e militari del governo degli Stati Uniti di Donald Trump che
colpiscono la sovranità nazionale, dall’aumento dei dazi sui prodotti colombiani
alle azioni armate nei Caraibi e sul Pacifico con il pretesto delle operazioni
antidroga, Gustavo Petro ha annunciato nuove alleanze economiche globali per
fare fronte a questa situazione. Ha poi rivendicato il tasso più alto di
sequestri di cocaina degli ultimi decenni nel paese, segnalando come queste
operazioni non abbiano comportato né i massacri, né le altissime cifre di morti
che hanno caratterizzato la “guerra alla droga”, né esecuzioni extragiudiziali,
come quelle che le forze militari statunitensi stanno compiendo negli ultimi
mesi impunemente nei Caraibi e nel Pacifico.
Non è un caso che la de-cecertificazione della Colombia, da parte degli Stati
Uniti, rispetto alla lotta contro il narcotraffico sia arrivata proprio pochi
mesi prima delle elezioni: Petro ha denunciato l’inclusione del suo nome, e di
alcuni suoi familiari, assieme al ministro degli Interni Benedetti, nella
cosiddetta Lista Clinton – ufficialmente la Specially Designated Narcotics
Traffickers List (SDNT), amministrata dagli Uffici del Controllo di fondi
stranieri del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti – una misura politica di
pressione contro il governo colombiano che include l’impedimento di accedere al
sistema finanziario. Una avanzata gravissima contro il governo progressista e
contro la Colombia, assieme al ritiro dei fondi e degli aiuti nella cooperazione
militare.
Una manovra che interviene nella politica interna di un paese con l’obiettivo di
delegittimare il governo e rafforzare l’estrema destra in vista delle elezioni:
le condizioni che pone il segretario di Stato Rubio sono quelle di cooperare con
gli Stati Uniti, come affermato poco prima di partire per Tel Aviv a sostenere
il genocidio in Palestina. Dal palco di Plaza Bolivar, Petro ha qualificato
questo atto come una persecuzione politica ed un affronto alla sovranità
colombiana. L’attacco contro il governo ha sequestrato il numero più alto di
tonnellate di cocaina negli ultimi decenni arriva come segnale politico,
esplicitamente voluto da Trump, parte del nuovo progetto interventista ed
imperialista statunitense in America Latina, alla pari con le portaerei militari
di fronte alle coste venezolane.
Infine, davanti alla piazza gremita di manifestanti, Gustavo Petro ha annunciato
che il prossimo 20 luglio (anniversario dell’indipendenza colombiana) il suo
governo presenterà al Congresso un progetto di legge per l’Assemblea Nazionale
Costituente, con l’obiettivo di trasformare la struttura politica ed economica
del paese secondo i principi di giustizia sociale, sovranità e partecipazione
popolare.
LE PRIMARIE DEL PACTO HISTÓRICO
In questo clima teso nel paese, poche ore dopo la mobilitazione, si sono tenute
domenica 26 ottobre le primarie del Pacto Histórico, che hanno visto la
partecipazione di oltre 2 milioni e settecentomila votanti, un risultato
definito come straordinario da diversi analisti politici e dallo stesso Pacto
Histórico (le attese era di circa un milione e mezzo di votanti, per una
consulta primaria inedita e senza che coincidesse con alcuna data elettorale nel
paese). L’elezione ha definito sia il prossimo candidato unitario delle sinistre
alle presidenziali del maggio del 2026, sia l’ordine delle liste per la Camera e
il Senato, alle elezioni parlamentari del prossimo mese di marzo.
Con oltre un milione e mezzo di voti, corrispondete al 65% delle preferenze, ha
vinto la consulta popolare Iván Cepeda Castro, leader del Movimiento Nacional de
Víctimas de Crímenes de Estado (Movice), figura di riferimento delle
negoziazioni di pace con le FARC e con l’ELN, mentre al secondo posto, con poco
meno di settecentomila voti, è arrivata Carolina Corcho, ex ministra della
Salute del governo attuale, che sarà la prima candidata al Senato. Un voto
significativo per il paese, che rilancia il Pacto Histórico come il principale
partito a livello nazionale, e prepara le elezioni primarie del Frente Amplio
annunciate per marzo, per definire la coalizione più ampia di centrosinistra che
punterà alla continuità di un governo progressista nel 2026. Cepeda ha
annunciato che lavorerà per una ampia coalizione e come punti salienti del
programma, in continuità con il governo attuale, ha segnalato che punterà ad una
rivoluzione etica, economica e ambientale, per consolidare la Colombia come una
“potenza mondiale della vita”.
Iván Cepeda è una figura di riferimento nel paese per le denunce contro il
paramilitarismo, figlio di Manuel Cepeda, un dirigente del partito comunista
assassinato dai paramilitari nel 1994, nell’ambito dello sterminio della Unión
Patriótica, molto conosciuto per il processo portato avanti contro l’ex
presidente Álvaro Uribe Vélez che, condannato in primo grado a a 12 anni a fine
luglio per corruzione e frode procedurale , dopo un mese di arresti domiciliari
è stato assolto in secondo grado, a fine ottobre. L’istanza decisiva passerà
adesso alla Corte Suprema, l’istituzione più temuta dall’ex presidente, per la
cui liberazione si è speso direttamente il presidente statunitense Trump in più
occasioni. Allo stesso modo, Trump ha difeso Bolsonaro dopo la condanna per il
tentato golpe, aumentando i dazi per i prodotti provenienti dal Brasile: non è
un caso che le pressioni statunitensi sulla Colombia e su Petro sono arrivate
puntuali dopo la condanna in primo grado dell’ex presidente. L’interventismo
statunitense è stato decisivo anche in Argentina con il prestito a garanzia
della stabilità del peso rispetto al dollaro condizionato dalla vittoria
elettorale di Milei, annunciato poco prima delle elezioni di Midterm, che ha
pesato sul voto di fine ottobre.
MANOVRE DI GUERRA NEI CARAIBI
I tentativi delle destre a livello nazionale, in articolazione con gli Stati
Uniti, di screditare e colpire il governo colombiano si succedono senza sosta di
settimana in settimana, mostrando quelle trame di potere e complicità che sono
tornate al centro dello scenario e della contesa politico già diversi mesi fa,
quando il presidente Gustavo Petro aveva denunciato il tentativo di golpe di
Leyva, suo ex cancelliere, che aveva negoziato con esponenti del partito
repubblicano statunitense una transizione post democratica in Colombia. Un
tentativo fallito che ha però mostrato le implicazioni tra paramilitari, destra
colombiana e il partito repubblicano statunitense, denunciate da Petro e da
diversi media a livello internazionale.
Queste manovre si situano all’interno di un nuovo scenario di scontro nei
Caraibi, attraverso l’offensiva di Trump contro il Venezuela, atttraverso una
riedizione della guerra alla droga, cominciato con la mobilitazione dei marines
e delle navi portarei militari Usa nel Caribe, con le provocazioni e le minacce
a pochi chilometri dalle coste venezolane, l’attacco contro il governo Petro in
Colombia, i missili sparati contro presunte lance di narcotrafficanti, in alcuni
casi contro pescatori colombiani e venezuelani nei Caraibi e sulle coste
dell’oceano Pacifico, con oltre 79 esecuzioni extragiudiziarie accertate, veri e
propri assassinii compiuti dalle forze militari Usa.
La risposta di Petro arriva in occasione della riunione dell’ONU di fine
settembre, con un discorso di denuncia dei venti di guerra nei Caraibi, e delle
connivenze tra il partito repubblicano e il narcotraffico. Ieri intanto, è stata
lanciata anche l’operazione Lancia del Sud, annunciata da Trump, con una ancora
più grande mobilitazione militare che estende le operazioni già attive dal mese
di agosto, con minacce dirette contro il Venezuela, e la destabilizzazione
dell’area caraibica come nuovo teatro di operazioni di guerra.
Le sfide della coalizione progressista in Colombia, così come quelle dei
movimenti sociali e popolari che hanno l’obiettivo di costruire la pace con
giustizia sociale, in questo scenario, diventano ancora più complesse ed
urgenti, ed al tempo stesso decisive, per accumulare forze contro il regime di
guerra, contro la riedizione del Plan Colombia, evocato come primo punto del
programma elettorale a venire dall’estrema destra da parte dello stesso Álvaro
Uribe Vélez, e per mantenere aperta la possibilità di un cambiamento sociale, di
pace e giustizia in Colombia e in America Latina.
Tutte le immagini in questo articolo sono di Sebastián Bolaños Pérez, fotografo
e collaboratore di Dinamopress, da Bogotá, Plaza Bolivar, 24 ottobre 2025
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