Hartal day dedicato a Mandela, Firenze 18/7/2025
Ci siamo incontrati con Giampaolo Pancetti, ideatore del LavoraTorio della
nonviolenza e della nuova iniziativa Hartal day Mandela’s e gli abbiamo chiesto
come è arrivato a questa iniziativa, il percorso, le finalità.
Giampaolo Pancetti, informatico, diacono nella Chiesa e Counselor spirituale.
Sposato da oltre 20 anni con Gabriella Parissi, con la quale porta avanti
l’intero ministero diaconale di nonviolenza. Nel 2022 hanno abbracciato l’Ordine
Ecumenico Francescano e hanno dato vita ai corsi sulla nonviolenza, cercando di
esplorare le logiche della violenza e della nonviolenza, la comunicazione
nonviolenta di Marshall Rosenberg, la mediazione dei conflitti secondo il metodo
Transcend di Johan Galtung e le metodologie e le tecniche della nonviolenza. Nel
2025 hanno dato vita anche ad una nuova experience online, il LavoraTorio della
nonviolenza e hanno deciso di impegnarsi nell’anabattismo, una forma antica di
cristianesimo radicalmente pacifista, scevra da ogni forma di gerarchia e di
religiosità per rimettere al centro Gesù, la sua esperienza, la sua spiritualità
e il rivoluzionario avvento del Regno nel nostro mondo.
Giampaolo, come è nato e quali sono gli obiettivi del LavoraTorio della
nonviolenza?
“Il LavoraTorio della nonviolenza è una experience online nata quest’anno per la
richiesta di molte persone che vivono lontano da Firenze e che ci chiedevano di
poter crescere nella nonviolenza. Il LavoraTorio ha l’obiettivo di scoprire la
storia e l’esperienza dei molti seguaci ed episodi della nonviolenza. La storia
dei libri di scuola è fatta quasi esclusivamente di episodi di guerra che si
susseguono l’uno dopo l’altro, con l’assunto di base che in fondo l’essere umano
ha una violenza innata. Non è così! Abbiamo scelto di seguire l’anti-storia!
Il nostro è un ‘lavoratorio’, quindi lavoriamo ed elaboriamo. Prepariamo degli
artefatti che saranno pubblicati e che speriamo possano essere utili ad altri
dopo di noi. Noi prepariamo quindi un semi-finito: il prodotto finito lo deve
elaborare ciascuno di noi nella propria coscienza.
Abbiamo iniziato con Etty Hillesum, alla quale abbiamo intestato il LavoraTorio
stesso, e adesso stiamo elaborando l’esperienza e il pensiero di Nelson Mandela.
I casi della storia e dei personaggi che analizziamo ci donano nuove chiavi per
comprendere il presente e soprattutto per lasciarci ingaggiare nell’unica
battaglia che merita di essere combattuta, quella contro il male e la violenza
stessa. Per questo dobbiamo formarci, crescere, sperimentare”.
In cosa consiste la vostra proposta di Hartal per il “Mandela’s day?
“L’hartal è una forma di nonviolenza ideata da Gandhi. Questo hartal è stato
promosso dal LavoraTorio per rispondere all’esigenza di sperimentare nuovi
percorsi e alla preoccupazione della situazione di violenza nel mondo, non
ultimo di ciò che sta accadendo a Gaza, in Ucraina e in altre parti della Terra.
Quando abbiamo appreso dell’ennesimo cedimento alle logiche di sopraffazione dei
potentati di questo mondo e della decisione di aumentare al 5% del PIL la spesa
per gli armamenti abbiamo scelto di scendere in campo perché non possiamo in
coscienza accettare di essere complici di un governo che applica una triplice
violenza:
* violenza verso tutti coloro che saranno uccisi dalle armi italiane
* violenza verso tutti coloro che avranno a disposizione meno servizi sulla
salute, sulla scuola e sul lavoro a causa del dirottamento delle risorse
economiche verso le armi
* violenza strutturale che rafforza la sottomissione ai potentati della NATO e
degli USA.
A tutto questo abbiamo detto NO! E abbiamo deciso di lanciare un hartal in forma
light a partire dal giorno dedicato guarda caso proprio a Mandela, il 18
Luglio”.
Come sarà organizzato l’hartal e come pensate di misurarne l’efficacia?
“Dal 18 Luglio e poi ogni venerdì dalle 18:00 alle 20:00 andremo avanti ad
oltranza, finché il governo non recederà dalle sue posizioni, ci asterremo da
ogni contributo economico, da ogni attività commerciale. Se possibile ci
asterremo dal lavoro, staremo a casa, nel nostro ambiente, senza clamore di
piazza, solo silenzio e recupero della nostra dimensione interiore. Sarà l’urlo
del silenzio. Quello delle troppe vittime della violenza. Sarà un momento per
ritrovare noi stessi attraverso la meditazione. Dunque, un’azione con risvolti
sociali ed interiori. Questo è l’hartal, un’azione nonviolenta più volte
praticata da Gandhi in India e nel Sudafrica.
Non bastano più conferenze e talk show. Non bastano più digiuni e preghiere. Non
bastano più cartelli e marce della pace. Occorre incidere sull’economia, occorre
riprenderci la nostra vita, occorre riprendere il valore e la forza della
meditazione, la forza della trascendenza che può rafforzare il nostro io
profondo e può aprire a energie spirituali di connessione: l’individualismo è
una bugia ed è illusione. Dobbiamo ricominciare a far scorre lo spirito nelle
nostre relazioni.
Abbiamo scelto di affidare la campagna nonviolenta al tam tam mediatico, al
passa parola, perché dobbiamo smantellare il potere gerarchico che viene
dall’alto; le persone devono potersi riappropriare del loro potere, senza più
delegarlo a partiti e partitini dai quali si sentono sempre più disaffezionati.
La democrazia non basta più, occorre, come diceva Capitini, l’omnicrazia. Ecco
perché è necessario partire dal basso, partire dal popolo.
Ci vorrà qualche mese prima che possa sentirsi qualche effetto. Ma quando saremo
milioni gli effetti sull’economia e sulle coscienze sarà visibile a tutti e il
governo non potrà più ignorare il fatto che il popolo italiano si è rialzato, è
vivo e non vuole più sottostare a logiche di guerra e di dominio Questo hartal è
solo il primo passo. La nonviolenza è gradualità”.
Siete d’accordo che in questo momento così drammatico tutte le persone, i
movimenti, le associazioni dovrebbero unirsi per contrastare la corsa al riarmo,
la negazione del diritto internazionale e la perdita di umanità in generale?
Siamo assolutamente d’accordo. Esiste già una rete di associazioni che si
occupano di pace e nonviolenza. In occasione di questo hartal abbiamo contattato
30 associazioni che operano in questo ambito affinché l’azione possa avere
risonanza. Siamo partiti con questo approccio unitario. Noi in quanto
LavoraTorio della nonviolenza vogliamo comunque restare un punto di riferimento
del rafforzamento delle coscienze. Al momento non abbiamo né la struttura, né
l’intenzione di trasformarci in un comitato d’azione, ma abbiamo invitato ogni
operaio della nonviolenza del nostro LavoraTorio a contribuire ciascuno a modo
proprio nella partecipazione alle lotte associative e non solo: la pace e la
nonviolenza hanno un punto di partenza, sé stessi. Dobbiamo cominciare
smantellando le logiche di violenza che ci portiamo dentro, dobbiamo cominciare
dalle nostre relazioni.
Se noi stessi non diventiamo pace rischiamo di portare egoicità ovunque attorno
a noi, comprese le campagne di nonviolenza e questa è l’ultima cosa che deve
accadere se vogliamo costruire la pace. “Se vuoi la pace prepara la pace”
(Ernesto Balducci), se vuoi la pace, sii pace.
Molti sono atterriti e affranti dalla situazione di guerra e di violenza nel
mondo e nella società. Molti si chiedono: da dove posso cominciare? Posso fare
qualcosa? Sì – diciamo noi – puoi fare molto: puoi cominciare a lasciarti
trasformare dalla spiritualità della nonviolenza e invertire le logiche di
guerra attorno a te. Come cristiani diciamo: dobbiamo aprirci al Regno che
sovverte le logiche di questo mondo. E’ la rivoluzione della nonviolenza. Ecco
perché il nostro LavoraTorio è innestato in un percorso più ampio che chiamiamo
di spiritualità sovversiva della nonviolenza”.
Paolo Mazzinghi