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New York, l’ascesa di Zohran Mamdani tra paura, esclusione e alleanze
La campagna ribelle di Zohran Mamdani mette alla prova la capacità del movimento popolare di resistere ai media mainstream, alla politica delle élite e a un clima di paura artificiale, con i principali sindacati e i rappresentanti progressisti che fungono da contrappeso. In una città da tempo prigioniera dei meccanismi dell’establishment, la storica vittoria di Zohran Mamdani alle primarie per il sindaco di New York, ottenuta nonostante una spesa elettorale nettamente inferiore a quella degli avversari, è un segnale forte: l’insurrezione progressista è arrivata. Ora che le elezioni generali si avvicinano, la domanda è: la coalizione  di Mamdani riuscirà a respingere le forze dell’esclusione mediatica, dell’allarmismo delle élite e del consolidamento centrista? I sindacati si schierano con il Secondo Cerchio Dipinti dalla narrativa abituale come conservatori con una grande influenza, questa volta i sindacati si sono schierati con l’insurrezione. Il più grande sindacato sanitario del Paese, l’1199SEIU United Healthcare Workers East, che a New York ha 200.000 membri, ha formalmente appoggiato Mamdani, citando il suo impegno per l’accessibilità economica, l’edilizia popolare e i servizi pubblici. Nel frattempo, il New York City Central Labor Council (AFL-CIO), che riunisce 300 sindacati locali, lo ha appoggiato alla fine di giugno, elogiando la capacità della sua campagna di mobilitare volontari e di parlare direttamente ai lavoratori . Ampliando ulteriormente la sua base sindacale, il 32BJ SEIU, che inizialmente aveva sostenuto Andrew Cuomo, dopo le primarie è passato pubblicamente a Mamdani. Anche il DC37, il più grande sindacato dei lavoratori della città, si è schierato a suo favore. Questi appoggi non servono solo come capitale politico, ma confermano che la coalizione di Mamdani  comprende tutte le classi e tutti i settori, incarnando il Secondo Cerchio.  Il giornalismo dell’esclusione all’attacco Anche se il potere dei lavoratori sta cambiando, i cani da guardia dei media – il New York Times, la CNN e la Fox – continuano a svolgere il loro ruolo abituale: descrivere Mamdani come un pericoloso radicale non eleggibile. Il Times, ad esempio, lo ha definito “troppo inesperto” e una “versione turbo della sconcertante amministrazione di De Blasio”. Questo è il classico giornalismo dell’esclusione: eliminare le voci dei newyorkesi a favore dei salvatori dell’élite. È un déjà vu: le campagne di Bernie Sanders sono state sistematicamente emarginate – copertura mediatica distorta, tempo di trasmissione negato – anche se la sua base ha dato energia a intere regioni.  Mamdani ora affronta lo stesso atteggiamento dei media mainstream.  L’allarmismo sulla fuga dei ricchi – e la sua smentita Entra in gioco la prossima arma: la paura. I titoli dei giornali metteranno in guardia dalla fuga dei newyorkesi ricchi, dal crollo delle imprese e dall’evaporazione delle basi imponibili sotto un sindaco progressista. Questa narrativa è in sintonia con l’ansia dell’élite, ma ignora due realtà: 1.⁠ ⁠Le città governate da una leadership progressista, come Berlino o Amsterdam, spesso mantengono o aumentano gli investimenti attraverso politiche e pianificazioni infrastrutturali eque. 2.⁠ ⁠La vera resilienza economica deriva dall’inclusione, non dall’esclusione. Le proposte di Mamdani (autobus pubblici, congelamento degli affitti, cooperative alimentari) non sono generatrici di caos, ma ammortizzatori per le famiglie lavoratrici e gli ecosistemi locali. Possiamo introdurre questo concetto come segue: Sì, il piano di Mamdani comporta meno agevolazioni fiscali e più regolamentazione, ma la storia dimostra che le politiche basate sull’equità e la pianificazione non allontanano la ricchezza, ma rafforzano sia le comunità che le imprese. Non si tratta di un esodo, ma di un cambiamento verso una prosperità condivisa. Cronologia delle proiezioni settimana per settimana Ecco uno schema per una cronologia settimana per settimana che si può tradurre in grafici o infografiche: Settimane e sviluppi chiave Da ora a metà settembre (settimane 1-3): Circolano voci sull’incarico di ambasciatore in Arabia Saudita che Trump potrebbe offrire all’attuale sindaco di New York Eric Adams. Il sostegno dei sindacati a Mamdani guadagna terreno. Cuomo si appoggia a figure dell’establishment come Bill Clinton. Metà settembre (settimana 4): I media intensificano le narrazioni allarmistiche: fuga dei ricchi, allarmismo fiscale, panico sulla governance. Fine settembre – inizio ottobre (settimane 5-6): La campagna di Mamdani punta i riflettori sulla coalizione sindacale, rivela la parzialità dei media, confuta i timori economici con fatti e storie. Metà ottobre (settimana 7): Attenzione a potenziali cambiamenti di sostegno, in particolare da parte del senatore democratico Chuck Schumer. Un sostegno che darebbe credibilità a Mamdani in tutti gli schieramenti dell’establishment. Fine ottobre (settimana 8): Ultima ondata di tattiche allarmistiche: storie spaventose su legge e ordine, panico finanziario. Mamdani deve sostenere il messaggio della base. Inizio novembre (settimana delle elezioni): Se il pubblico capisce che si tratta di una messinscena, il Secondo Cerchio potrebbe resistere. Schumer: silenzioso o strategico? Nel nostro ultimo articolo abbiamo sottolineato la posizione cauta di Chuck Schumer. Finora il suo silenzio continua, descritto dalle fonti della campagna come “nessun sostegno immediato”, mentre sono in corso discussioni. Questo vuoto è importante: la voce di Schumer potrebbe influenzare i moderati che cercano legittimità. Senza di essa, quella fascia rimane politicamente orfana. Conclusione: il lungo arco dell’inclusione Questa competizione per la carica di sindaco di New York è ben lungi dall’essere un duello politico a breve termine. È una prova per verificare se la democrazia americana è ancora in grado di intrattenere un’unità e una speranza radicali, o se i nostri poteri istituzionali chiuderanno ancora una volta le porte. Una vittoria di Mamdani convaliderebbe simbolicamente e materialmente il Secondo Cerchio, dimostrando che i lavoratori, i giovani, gli immigrati e i newyorkesi comuni possono strappare il potere alle élite centriste. Anche se fosse sconfitta, la coalizione ribelle ha già smascherato il giornalismo dell’esclusione e gettato le basi per future conquiste. Traduzione dall’inglese di Anna Polo       Partha Banerjee
Mamdani, il volto di una nuova sinistra statunitense?
La vittoria di Zohran Mamdani, originario dell’Uganda, alle primarie per il candidato sindaco di New York sembra aver confermato l’avanzamento nella sinistra statunitense di politici con background migratorio. Il risultato sembra inoltre riflettere l’emergere di una nuova visione politica rivolta alle persone migranti della classe operaia e radicata in una dura critica alle disuguaglianze sociali e influenzata da esperienze personali di instabilità, austerità e repressione nel Sud del mondo. Il vincitore delle primarie democratiche per l’elezione del sindaco di New York è il socialista Zohran Mamdani, di origini indiane-ugandesi trasferitosi a New York all’età di sette anni. Il candidato democratico ha condotto una campagna elettorale incentrata sulle questioni relative all’accessibilità economica con un’attenzione incessante al costo della vita, una presenza online affidabile e un esercito di volontari forte di decine di migliaia di persone. In campagna elettorale, Mamdani ha dato spazio ai newyorkesi della classe operaia, spesso costretti a lasciare la città a causa dell’inaccessibilità economica e dell’aumento dei costi, specie delle abitazioni: dalle zone più dense di Manhattan ai quartieri sul lungomare di Brooklyn e Queens, i prezzi sono infatti cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni. Nella sua difesa della giustizia abitativa, dei diritti delle persone con background migratorio e delle persone migranti, oltre alle richieste di parità di trattamento, Mamdani veicola non solo l’urgenza dei movimenti sociali, ma anche la chiarezza della critica postcoloniale. Quella del candidato democratico è una politica informata non solo dalla protesta, ma da una vita immersa nella teoria, nella storia e nello studio dei sistemi che emarginano ed escludono: su questo versante appare preponderante l’influenza intellettuale che Zohran ha ricevuto dal padre Mahmood, il cui pensiero e ricerca rimangono fondamentale nello studio del colonialismo, dell’autoritarismo e della politica della conoscenza: gli scritti di Mamdani senior continuano infatti a influenzare il modo in cui accademici e politici interpretano le eredità durature del governo coloniale e della violenza di stato. Sul piano politico, la vittoria di Mamdani ha confermato una tendenza che era in atto da tempo all’interno del Partito Democratico: quella di una nuova politica per le persone migranti o con background migratorio della classe operaia, radicata nell’organizzazione, nella solidarietà e in una dura critica alle disuguaglianze. Questomovimento travalica la città di New York. Ilhan Omar, rifugiata, ex guardia giurata, prima donna di origini somale e una delle prime due donne musulmane ad essere elette al Congresso, ha contribuito a definire questa nuova sinistra. Insieme a lei c’è Rashida Tlaib, la prima e unica donna palestinese americana a far parte del Congresso, che ha voluto autodefinirsi “una madre che lavora per la giustizia per tutti”. Tlaib, Omar e Mamdani rappresentano una politica plasmata non solo dalla disuguaglianza negli Stati Uniti, ma anche da esperienze personali di instabilità, austerità e repressione nel Sud del mondo. Sono emersi come volti pubblici di una tendenza più ampia: politici provenienti da contesti di immigrazione che costituiscono la spina dorsale di una sinistra democratica in ascesa. D’altra parte non mancano le sfide che dovrà affrontare l’aspirante sindaco democratico. Oltre a consolidare il successo ottenuto in alcuni quartieri, come Kensington a Brooklyn, Mamdani dovrà cercare di mobilitare un elettorato più ampio. La sua attenzione all’accessibilità economica ha permesso di conquistarsi il sostegno dei bianchi progressisti e liberali ma non è stato sufficiente per ottenere quello degli afroamericani, che hanno scelto di votare per lo sfidante Andrew Cuomo. Mamdani dovrà cercare di invertire questa tendenza visto che ripone anche sulla conquista di questa fetta di elettori le sue possibilità di vittoria. Il programma di spesa pubblica proposto da Mamdani, che si basa sull’aumento delle tasse per i ricchi e le aziende, sembra infatti non aver ancora convinto gli elettori neri più anziani e più abbienti, tra i quali quelli proprietari di casa, che temono che un candidato come Mamdani possa non condividere le loro priorità; sempre questi risultano essere scettici nei confronti delle proposte populiste di Mamdani visto che le misure, che includenderebbero piani per offrire un servizio di autobus e asilo nido gratuito, supermercati di proprietà comunale e il congelamento degli affitti degli appartamenti a canone regolamentato, sarebbero finanziate con tasse più alte per l’1% dei redditi più alti. Per cercare di conquistare l’elettorato nero (ma anche quello latino) è possibile che Mamdani ripeta già quanto fatto durante la campagna delle primarie, quando è apparso regolarmente su media incentrati sulla comunità black, tra i quali programmi radiofonici con un vasto pubblico di colore come “The Breakfast Club” e “Ebro in the Morning“. In questa ottica si inquadra la scelta del democratico che dopo la vittoria alle primarie ha parlato all’Harlem del National Action Network del reverendo Al Sharpton del suo disegno per New York come un luogo in cui i lavoratori possano vivere con dignità. Visitare Harlem potrebbe aver giovato a Mamdani per iniziare a superare la diffidenza nei suoi confronti dell’elettorato nero. Al tempo stesso, Mamdani proverà a intercettare il voto degli elettori neri, ispanici e giovani newyorchesi che avevano votato per Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali. Il democratico proverà a portare dalla sua parte “nuovi” Malik Zindani, trentenne, residente a Morris Park nel Bronx e arrivato negli Stati Uniti dallo Yemen a 15 anni, che ha dichiarato di aver votato per Trump a novembre e per Mamdani alle primarie. Africa Rivista