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Yona Roseman, 19 anni: “Israele sta commettendo un genocidio e noi dobbiamo opporci”
Domenica prossima, 18 agosto, alle ore 10:00, al campo di arruolamento di Haifa, Yona Roseman, una ragazza di 19 anni di Haifa, rifiuterà di arruolarsi per protestare contro il genocidio a Gaza e probabilmente sarà processata e mandata in prigione. Gli attivisti della rete Mesarvot la accompagneranno fuori dall’ufficio di leva in una manifestazione. Roseman è una donna trans e si teme che l’esercito decida di imprigionarla in isolamento, come è successo recentemente alla trans Ella Kedar-Greenberg, che ha rifiutato di arruolarsi. Nella sua dichiarazione di rifiuto, Roseman ha scritto: “Il vero riconoscimento della dimensione della distruzione che il nostro Stato semina, nella sofferenza totale che infligge alla gente, richiede un’azione adeguata. Se vedete la portata delle atrocità e vi considerate persone morali, non potete continuare come se nulla fosse, nonostante il costo sociale o legale. Lo Stato di Israele sta commettendo un genocidio. La sua autorità morale viene annullata con ogni bambino che seppellisce sottoterra; dopo decine di migliaia di morti, essa scompare come se non fosse mai esistita. Le sue istituzioni non hanno bisogno di soldi, ma di essere macchiate dai fiumi di sangue che versano. Israele non commette alcun atto che non meriti condanna, non impiega alcun agente che meriti rispetto, non dà alcun ordine che meriti obbedienza e non promulga alcuna legge che non meriti di essere violata. Lo Stato di Israele sta commettendo un genocidio e noi dobbiamo opporci.” Roseman si unirà agli obiettori di coscienza Ayana Gerstmann e Yuval Pelleg, condannati rispettivamente a 30 e 20 giorni di carcere alla fine di luglio, e all’obiettore “R”, un diciottenne di Holon che ha rifiutato di arruolarsi all’inizio di questa settimana ed è stato condannato a 30 giorni di carcere. Questi obiettori sono accompagnati dalla rete Mesarvot. Inoltre, ci sono molti altri obiettori anonimi, sia soldati regolari che riservisti, attualmente detenuti nella prigione militare di Neve Tzedek. Insieme ai molti che rifiutano di presentarsi senza essere incarcerati, ciò costituisce una chiara ondata di rifiuto. Noa Levy, consulente legale di Mesarvot, ha dichiarato: “I piani del governo per una nuova invasione di Gaza City e il prolungamento a tempo indeterminato della guerra hanno portato a un’importante ondata di obiezione di coscienza. Sempre più soldati, riservisti e giovani in età di leva si rivolgono a noi per chiedere aiuto per evitare di partecipare alla campagna. Questa ondata di rifiuto nei confronti dell’arruolamento dimostra che c’è un’ampia opposizione popolare alla guerra di distruzione in corso a Gaza e un crollo della fiducia nell’esercito e nelle sue missioni”. La protesta si terrà domenica 18 agosto alle ore 10:00 presso il campo di arruolamento di Haifa (https://maps.app.goo.gl/nLHvX).   Mesarvot
Yona Roseman, obiettrice di coscienza israeliana: «Non mi arruolo in un esercito che sta commettendo un genocidio»
In Israele la leva militare è obbligatoria. Yona Roseman ha 19 anni e ad agosto andrà in un carcere militare perché ha rifiutato di arruolarmi. Ha scelto di rendere pubblica la sua decisione ed è entrata a far parte delle rete di attivisti Mesarvot, un’associazione che offre supporto e sostegno legale ai giovani che scelgono di non combattere. «La mia famiglia non l’ha presa bene, alcuni amici di scuola hanno tagliato i ponti con me. Spero in uno Stato democratico in cui tutti abbiano uguali diritti e i rifugiati palestinesi possano tornare. Penso che prima o poi succederà» A Yona Roseman, 19 anni, è stato chiesto di indossare la mimetica, armarsi, e andare a combattere. L’arruolamento è previsto per agosto ma «io non combatterò», dice. E sa già che questo rifiuto le costerà il carcere militare. Non sa per quanto tempo dovrà restarci, ma per chi come lei si è rifiutata più di una volta la permanenza può variare dai 30 ai 200 giorni consecutivi. In Israele il servizio militare è obbligatorio sia per gli uomini che per le donne, al compimento dei 18 anni. L’obbligo di leva si estende anche ai cittadini israeliani che vivono all’estero e a quelli con doppio passaporto. Dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas il governo israeliano ha approvato un’estensione della leva a 3 anni per uomini e donne per i prossimi 5 anni. Mentre il governo di Netanyahu continua a bombardare senza sosta la Striscia di Gaza e porta avanti l’occupazione illegale della Cisgiordania, cresce il numero di soldati che rifiutano di servire e aumentano i casi di suicidio tra i militari. Yona Roseman fa parte della rete Mesarvot, un gruppo di attivisti che rifiuta di prestare il servizio militare obbligatorio. Una realtà che offre agli adolescenti che devono arruolarsi aiuto per evitare che accada e supporto legale. Non esiste un dato preciso di obiettori nel Paese. Mesarvot entra principalmente in contatto con quelli che rendono pubblica la loro decisione. Dall’inizio della guerra ne hanno sostenuti già quindici. «Vengo dal Nord di Israele, ora vivo ad Haifa». Per presentarsi Roseman di se stessa dice: «Sono una giornalista e un’attivista contro il genocidio, l’apartheid e gli sfollamenti forzati. Quasi due anni fa ho maturato la scelta di rifiutarmi di combattere, mi ero resa conto di non poter servire in un esercito che sta sostenendo un regime illegale e antidemocratico a discapito di milioni di persone. Ma col passare del tempo la scelta di non combattere è diventata molto più semplice: non ci si arruola in un esercito che sta commettendo un genocidio». Per Yona rifiutarsi di combattere e basta non bastava: «Dopo aver già deciso di non arruolarmi, mi sono resa conto che avrei dovuto rendere pubblico quel rifiuto. La sensazione di potere che deriva dal rifiutare a gran voce quella che si presume essere la norma mi ha convinto che fosse la cosa giusta per me. La mia famiglia non l’ha presa bene, non ha appoggiato questa scelta, ma col tempo ha imparato a capirmi. Alcuni amici di scuola hanno tagliato i ponti con me per questa decisione, a parte questo non ha avuto grandi conseguenze finora. Ma il mese prossimo andrò in un carcere militare perché ho rifiutato il servizio». Roseman ha incontrato la rete Mesarvot nel 2023, durante una protesta contro l’occupazione israeliana. «Mi aiuta con il supporto legale e mediatico, nella relazione con i miei genitori e, soprattutto, mi fa sentire parte di una comunità che sostiene e celebra la mia decisione». Si può sostenere Mesarvot con delle donazioni, ma anche con atti simbolici come «inviare lettere a chi si è rifiutato di combattere e ora si trova in carcere». Yona ha una speranza chiara sul futuro: «Desidero uno Stato democratico in cui tutti abbiano uguali diritti e i rifugiati palestinesi possano tornare. Credo che prima o poi succederà. Spero di poter continuare a lottare per ciò che è giusto qui, non mi vedo vivere da nessun’altra parte».   Redazione Italia