Carovana Calais Abriendo Frontera
È iniziata da due giorni la Carovana Migranti italiana che insieme alla carovana
spagnola abriendo frontera è arrivata a Parigi partecipando alla manifestazione
del 14 luglio con i sanpapiers e oggi siamo arrivati a Calais dove abbiamo
incontrato gli attivisti e le attiviste della Caritas e delle varie associazioni
che lavorano con i migranti sparsi in tende e in dormitori di fortuna nella
costa tra Dunquerque e Calais.
Oggi purtroppo appena arrivati abbiamo appreso della notizia che un ragazzo del
Sudan di 24 anni è morto tentando di attraversare la frontiera per andare in
Inghilterra.
Con noi viaggiano alcuni familiari delle vittime di Cutro, tre donne afgane, la
mamma e le due sorelle, che dà tre anni chiedono al governo italiano di ottenere
un visto, un atto di pietà che non andrebbe negato, un visto per i loro parenti
e per i parenti delle altre vittime del naufragio per poter prendere coscienza
della scomparsa dei loro cari. Un visto che finora non è arrivato.
Nel suo intervento di fronte a centinaia di persone a Parigi, Fatima Maleki
sottolinea come molti dei deceduti fossero giovani e bambini: “In quel disastro,
si è spenta per sempre la voce di bambini che avevano davanti a sé un futuro
luminoso. Tanti sogni e desideri che vivevano nei cuori dei giovani e degli
adolescenti non sono mai riusciti a realizzarsi”.
L’appello rivolto al governo italiano e alle istituzioni europee è chiaro,
profondo e incontestabile: sia concesso un visto ai familiari delle vittime che
si trovano soprattutto in Afghanistan per venire in Italia e in Europa per
prendere contatto con i propri morti, pregare per loro sulle loro tombe e poter
in futuro elaborare questo lutto.
“Chiediamo al governo italiano e all’Unione Europea di concedere un visto ai
genitori che hanno perso i propri cari in questa grande tragedia, affinché
possano recarsi, forse per l’ultima volta, presso le tombe dei loro figli e
stringere la terra che ora li custodisce.
Non vogliamo che padri, madri, nonni e nonne che attendevano di rivedere i loro
figli e nipoti restino ancora nell’attesa. È un loro diritto naturale poter
salutare, il prima possibile, i propri cari scomparsi.
Non vogliamo che queste voci spente e questi sogni interrotti rimangano sepolti
nel silenzio del cuore e del mondo. Questa richiesta non è solo un appello
umano, ma una necessità morale per affermare un diritto e onorare la memoria di
chi non è più tra noi.
Quando coloro che avrebbero dovuto garantire la sicurezza della nave hanno
ricevuto le chiamate di soccorso, non hanno prestato alcuna attenzione. Anche la
vostra polizia non è intervenuta.
Ora, in quanto Stato, considerando che queste persone erano sotto la vostra
giurisdizione e nelle mani dei vostri servizi, siete voi che dovete rispondere.“
Manfredo Pavoni Gay