Source - Cobas Scuola

Cobas Scuola

28 novembre sciopero generale dei COBAS e del sindacalismo di base. Manifestazioni territoriali: a Roma corteo da P. Indipendenza ore 9.30 a P. Barberini
I COBAS e tutto il sindacalismo di base hanno convocato per l’intera giornata del 28 novembre lo sciopero generale di tutti i settori privati e pubblici, a cui avremmo voluto partecipasse anche la Cgil per ripetere la grande e assai produttiva unità del 3 ottobre scorso: ma i nostri appelli non sono stati ascoltati e la Cgil ha preferito scioperare da sola e fuori tempo massimo il 12 dicembre quando l’iter della Legge di Bilancio sarà in conclusione. La Confederazione COBAS invita a scioperare PER : – massicci investimenti nella Scuola, Sanità, Trasporti, con il taglio drastico delle spese militari; – la stabilizzazione di tutti i precari/e e dei lavoratori/trici in appalto della P.A; – aumenti salariali che recuperino quanto perso (circa il 30%) nell’ultimo ventennio; – l’adeguamento delle pensioni alla inflazione, rendendole pari all’ultimo stipendio in servizio; – la riduzione dell’orario di lavoro e l’introduzione per legge del salario minimo; – la fine del sostegno militare allo Stato di Israele, in solidarietà con la lotta del popolo palestinese.  Lo sciopero è anche convocato CONTRO : – le politiche economiche e fiscali della Finanziaria e lo spostamento di risorse dalle spese sociali agli armamenti; – la privatizzazione delle aziende energetiche, delle poste, delle telecomunicazioni, del trasporto pubblico, dei servizi di igiene ambientale, della sanità, dell’istruzione; – la violenza di genere e ogni divario salariale di genere,  Il Ddl Sicurezza che criminalizza il conflitto sociale e l’Autonomia differenziata che acuisce le differenze sociali tra le diverse regioni.  Nella giornata del 28, i COBAS, insieme ad altre strutture sindacali e sociai, manifesteranno a TORINO, h 10 p.za XVIII dicembre – MILANO, h 9.30 Porta Venezia – PADOVA, h 9 parcheggio flixbus x Tessera|Leonardospa – h 18 a Padova corteo p.za Antenore- BOLOGNA , h 9.30 p.za Maggiore – FIRENZE,   h 9.30 p.za Montelungo – PISA, h 9 p.za XX settembre – LUCCA, h 9.30 p.za del Giglio – SIENA, h 9.30 Giardini della Lizza -TERNI, h 9 p.za Orologio – ANCONA, h 10 p.za Stamira – PESCARA, h 10 p.za Unione – TERMOLI,  h 9 p.za Donatori di Sangue – NAPOLI,  h 10.30 P.za Bovio – POTENZA , h 9 p.za Don Bosco – BRINDISI, h 9 p.za Stazione – COSENZA h 18 p.za XI settembre – CATANIA, h 10 p.za Stesicoro – SIRACUSA,  h 18 p.za Euridpide – PALERMO, h 10 p.za G.Cesare – CAGLIARI, h 9.30 p.za del Carmine A ROMA, in particolare un CORTEO  partirà da P.za Indipendenza (ore 9.30), attraverserà il centro e sfilando davanti al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e al Ministero dell’Economia e Finanze, terminerà  a P.za Barberini con una assemblea pubblica. Al corteo, oltre ai lavoratori/trici pubblici e privati in sciopero, parteciperanno centri sociali, strutture di movimento, studenti e giovani precari che porteranno in piazza la voce dei settori sociali più penalizzati dalle politiche del governo, dando così vita ad un grande SCIOPERO GENERALE E SOCIALE. Piero Bernocchi  portavoce Confederazione COBAS  
28 novembre  sciopero generale COBAS e di tutto il sindacalismo di base. A Roma corteo da P. Indipendenza (ore 9.30) a P. Barberini
 Il nostro Appello per uno sciopero unitario non è stato ascoltato: purtroppo la Cgil ha convocato il proprio sciopero il 12 dicembre, contrapponendosi a quello da tempo convocato dai COBAS e da tutti gli altri sindacati di base per il 28 novembre, dividendo colpevolmente quello che il 3 ottobre aveva unito. Dopo i due milioni in piazza il 3 ottobre, in occasione dello sciopero nazionale più unitario di sempre, abbiamo fatto tutto il possibile per convincere la Cgil che contro la Finanziaria del governo Meloni bisognasse di nuovo “fare come il 3 ottobre”, quando l’unità d’azione del 3 ottobre tra sindacati di base e Cgil aveva costituito il moltiplicatore delle presenze in piazza, e ottenuto un’enorme ”eccedenza” di presenze, ben oltre il classico lavoro dipendente sindacalizzato. Doveva essere evidente a tutti/e che, per costruire lo sciopero generale contro la Finanziaria del governo Meloni – con al centro, oltre alla difesa del popolo palestinese e al rifiuto dell’economia di guerra, le tematiche del lavoro, dei servizi pubblici e sociali, del salario, del precariato, delle pensioni, della scuola, sanità ecc. – non si  dovesse retrocedere dal quella unità. L’Appello a “fare come il 3 ottobre”, che abbiamo lanciato, ha riscosso un larghissimo consenso sia tra i lavoratori/trici sindacalizzati sia nelle aree sociali mobilitatesi il 3: ma, purtroppo, la Cgil ha rifiutato di trovare insieme una data unitaria e per giunta ne ha scelto una, il 12 dicembre, fuori tempo massimo rispetto all’iter della Finanziaria e che, oltretutto, gestirà in perfetta solitudine, essendosi rotta di fatto, dopo oltre 70 anni, la “Triplice”, ossia la stretta alleanza con Cisl e Uil. A rimanere deluse sono in questi giorni le centinaia di migliaia di persone che avevano creduto alla possibilità di un nuovo sciopero generale unitario, quelle numerose aree sociali, movimenti, reti e associazioni, dove operano congiuntamente militanti Cgil e dei sindacati di base, che tale unità hanno auspicato e sostenuto fino all’ultimo. Pur tuttavia, pur consapevoli del passo indietro che la Cgil impone alla più vasta unità del movimento palesatosi nelle ultime settimane, stiamo verificando che in molte città varie strutture sociali e di movimento, che hanno apprezzato gli intenti unitari che abbiamo perseguito e che la Cgil ha colpevolmente rifiutato, parteciperanno allo sciopero del 28 novembre e alle manifestazioni territoriali: e, in particolare, a Roma gestiranno con noi il corteo che andrà da P. Indipendenza (ore 9.30) a P. Barberini , passando accanto a ministeri e luoghi istituzionali di rilievo. Confederazione COBAS
Da Tecnica della Scuola “Le richieste Cobas per lo Sciopero del 28 Novembre”
Di Alessandro Giuliani 25/11/2025 C’è tanta scuola nello sciopero dei Cobas proclamato per venerdì 28 novembre assieme a diversi altri sindacati di base (Usb, Cub, Unicobas, Ssb e altri) anche per altri contesti lavorativi, come quello dei trasporti e della sanità. Lo si evince dalla piattaforma pubblicata dallo stesso sindacato, attraverso la quale i Cobas Scuola spiegano i motivi dello “sciopero di tutti gli ordini di Scuola”: è una protesta che va quindi oltre la Legge di Bilancio 2026 e che punta l’indice pure sulla “riforma a pezzi” del ministro Giuseppe Valditara e contro l’Autonomia differenziata. AUMENTI DEL 30% “Negli ultimi 30 anni – scrivono i Cobas -, il potere d’acquisto di docenti ed ATA si è ridotto di circa il 30%, a causa di contratti scaduti, aumenti irrisori e un’inflazione galoppante. Ad aggravare la situazione, gli aumenti del contratto-miseria, appena firmato, non solo non compensano minimamente il forte calo del valore dei salari degli ultimi decenni, ma sono anche ben lontani dal coprire l’inflazione del 14,8% dell’ultimo triennio, visto che gli aumenti sono solo del 6%, con una perdita ulteriore di oltre l’8%. Questa continua perdita svaluta la funzione educativa, impoverendo le condizioni di vita di docenti e ATA”. IN PENSIONE CON ASSEGNO PARI ALL’ULTIMO STIPENDIO, NO ALL’ESPERO Secondo i Cobas Scuola, “il personale scolastico merita” un assegno della “pensione corrispondente all’ultimo stipendio”, mentre “il Fondo Espero, promosso e amministrato dai sindacati “rappresentativi” e dall’amministrazione, rappresenta un modello inaccettabile di privatizzazione strisciante della previdenza pubblica, così come è inaccettabile il meccanismo liberticida del silenzio- assenso per i neo assunti“. “È necessario invece destinare risorse pubbliche per rafforzare il sistema previdenziale, garantendo un’uscita dal lavoro a un’età compatibile con la fatica fisica e psicologica che l’insegnamento e i compiti ausiliari comportano (lavori gravosi e usuranti)”. ASSUNZIONI SU TUTTI I POSTI LIBERI CON DOPPIO CANALE Il sindacato di base ricorda, poi, che nelle scuole pubbliche lavorano  “più di 200.000 docenti e ATA”, i quali “vivono in una condizione di instabilità cronica, passando da un contratto all’altro, spesso lontani da casa, privi di continuità didattica e di tutele. Questa situazione non solo penalizza i lavoratori/trici, ma danneggia la qualità dell’insegnamento e la continuità educativa”. Dunque, “è necessario assumere ‘in ruolo’ su tutti i posti vacanti e disponibili in organico, procedendo a stabilizzazioni immediate tramite procedure snelle e trasparenti e ripristinando il ‘doppio canale’”. RUOLO UNICO DOCENTI DALL’INFANZIA ALLE SUPERIORI “La frammentazione della professione docente in una molteplicità di ruoli e contratti differenziati – sostengono i Cobas – ha creato disuguaglianze ingiustificate e un indebolimento complessivo della categoria. La proposta di un ruolo unico dei docenti, che comprenda l’intero arco dell’istruzione statale, dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, intende riconoscere la natura unitaria della funzione docente”. “L’insegnamento, pur con le specificità dei diversi ordini e gradi, è fondato sulla medesima finalità educativa e formativa. Il ruolo unico permetterebbe di superare disparità contrattuali e percorsi di carriera disomogenei, favorendo una retribuzione equa e commisurata alla professionalità”. NO ALLA “RIFORMA A PEZZI” DELLA SCUOLA DI VALDITARA Ai Cobas Scuola non piacciono i nuovi istituti “tecnici e professionali quadriennali, il Made in Italy” applicato all’Istruzione, il tutor e orientatore, i docenti incentivati e la riforma degli organi collegiali”. “Seppur diviso in provvedimenti specifici, si tratta di un disegno complessivo che punta a completare l’aziendalizzazione della scuola tramite la differenziazione e gerarchizzazione dei docenti e la subordinazione degli organi collegiali al dirigente-manager, asservendo la scuola pubblica alle scelte imprenditoriali che privilegiano lavoratori precari, a basso costo e dequalificati”. CLASSI CON MASSIMO 20 ALUNNI, 15 IN PRESENZA DI ALUNNI CON DISABILITÀ “La qualità dell’istruzione – sostiene il sindacato – passa anche attraverso le condizioni materiali in cui si apprende e si insegna. Classi sovraffollate con oltre 25 o 30 alunni/e impediscono un lavoro didattico efficace, aumentano lo stress dei docenti, riducono l’attenzione verso i singoli e l’inclusione. Va fissato per legge un numero massimo di 20 alunni/e per classe, che scenda a 15 in presenza di alunni/e con disabilità: è un investimento per la qualità, la sicurezza, l’inclusione e per la salute psico-fisica del personale e degli studenti/tesse”. Perchè, chiosa il sindacato, “ridurre il numero degli alunni/e significa anche creare nuovi posti di lavoro, migliorare la relazione educativa e consentire una didattica realmente individualizzata”. No alle Indicazioni Nazionali 2025 Quello prodotto dal ministero dell’Istruzione, sostengono i Cobas nella piattaforma dello sciopero di fine novembre, è “un documento fortemente ideologico, intriso di nazionalismo e retorica, che utilizza la ‘personalizzazione’ e la ‘valorizzazione dei talenti’ come strumenti di selezione classista L’obiettivo politico è costruire nel tempo l’egemonia politico-culturale della destra”. Inoltre, i Cobas denunciano “in particolare l’ossessione identitaria e occidentalista, evidente soprattutto nell’impostazione dell’insegnamento della storia, e la deriva autoritaria che attraversa l’intero impianto, in contrasto con l’idea di una scuola attiva, democratica, pluralista e aperta. In tale direzione è’ un segnale grave che il MIM abbia recentemente censurato un corso di formazione sull’educazione alla pace”, sottolineano i Cobas Scuola. NO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA La Legge sull’Autonomia differenziata, voluta a tutti i costi dalla Lega, secondo il sindacato di base “non garantisce i servizi essenziali e i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, frammenta scuola e sanità creando disuguaglianze nell’offerta formativa, nei diritti sociali, in particolare nei diritti all’istruzione e alla salute della popolazione. I Cobas Scuola hanno confermato che venerdì 28 novembre si svolgeranno anche una serie di manifestazioni territoriali, in particolare a Roma, dove il corteo si sposterà da Piazza Indipendenza, da dove partirà alle ore 9.30, verso piazza Barberini, passando accanto a ministeri e luoghi istituzionali di rilievo.
La Cgil rifiuta l’Appello all’unità con il suo sciopero del 12 dicembre: quindi, il sindacalismo di base conferma quello del 28 novembre
 Il nostro Appello per uno sciopero unitario non è stato ascoltato: purtroppo oggi la Cgil ha confermato la convocazione di uno sciopero il 12 dicembre, che di fatto si contrappone a quello da tempo convocato da vari sindacati di base per il 28 novembre, dividendo colpevolmente quello che il 3 ottobre aveva unito. Dopo i due milioni in piazza il 3 ottobre, in occasione dello sciopero nazionale più unitario di sempre, abbiamo fatto tutto il possibile per convincere la Cgil che contro la Finanziaria del governo Meloni bisognasse di nuovo “fare come il 3 ottobre”, proponendo una nuova data comune. L’unità d’azione del 3 ottobre tra sindacati di base e Cgil, mai accaduta in quaranta anni di vita dei COBAS e del sindacalismo di base, aveva costituito il moltiplicatore delle presenze in piazza, e ottenuto un’enorme ”eccedenza” di presenze, ben oltre il classico lavoro dipendente sindacalizzato. Doveva essere evidente a tutti/e che, per costruire lo sciopero generale contro la Finanziaria del governo Meloni – con al centro, oltre alla difesa del popolo palestinese, le tematiche del lavoro, dei servizi pubblici e sociali, del salario, del precariato, delle pensioni, della scuola, sanità ecc. – non si  dovesse retrocedere dall’unità del 3 ottobre. Abbiamo dunque lanciato un Appello a “fare come il 3 ottobre” che ha riscosso un larghissimo consenso, sia tra i lavoratori/trici sia nelle aree sociali mobilitatesi il 3, che richiedevano un nuovo sciopero unitario: e a tale Appello altri ne sono seguiti da parte di varie aree politiche, sindacali e sociali e anche tra tante RSU, militanti e iscritti/e della stessa Cgil.  Ma, purtroppo, la Cgil si è mostrata sorda agli Appelli, rifiutando di trovare insieme una data unitaria e per giunta scegliendone una, il 12 dicembre, fuori tempo massimo rispetto all’iter della Finanziaria e a un passo dalle feste di Natale.  Oltretutto, la Cgil va a questo sciopero in perfetta solitudine, essendosi rotta di fatto, dopo oltre 70 anni, la “Triplice”, ossia la stretta alleanza con Cisl e Uil. Al punto che a molti commentatori appare inspiegabile la volontà di “fare da soli” e in particolare il rifiuto della “mano tesa” offerta da un sindacalismo di base che, pure, in questi decenni ha dovuto subire il peso schiacciante del monopolio sindacale imposto in Italia da Cgil, Cisl e Uil, dovendo superare una marea di ostacoli alla propria piena agibilità sindacale, assai spesso a cause di leggi e norme imposte dai sindacati “rappresentativi”. Ma la spiegazione è che la Cgil non ha mai digerito la nascita del sindacalismo di base, che riteneva fenomeno di breve durata, e non ha mai voluto accettare e riconoscere l’esistenza di qualcosa di consistente, “alla sua sinistra”: e la fuga odierna da un’unità, così ampiamente invocata, conferma quanto sia difficile invertire questa tendenza “storica”.   A rimanere fortemente deluse saranno soprattutto le centinaia di migliaia di persone, e non solo attivisti/e, che in questi giorni hanno creduto alla possibilità di un nuovo sciopero generale unitario, quelle numerose aree sociali, movimenti, reti e associazioni, dove operano congiuntamente militanti Cgil e dei sindacati di base, che avrebbero partecipato con rinnovato entusiasmo a manifestazioni unitarie in un’unica giornata: entusiasmo che potrebbe “raffreddarsi” dovendosi dividere tra date e cortei separati. Comunque, pur pienamente consapevoli del netto passo indietro che la Cgil impone al grande movimento palesatosi nelle ultime settimane, ci auguriamo che almeno vengano premiate le spinte unitarie emerse dal sindacalismo di base e non raccolte dalla Cgil, garantendo il miglior successo allo sciopero e alle manifestazioni territoriali (che verranno comunicate nei prossimi giorni) del 28 novembre. Piero Bernocchi portavoce Confederazione COBAS
Non ci sarà lo sciopero unitario, la Cgil ne convoca un altro il 12 dicembre: intervista a Piero Bernocchi
Dopo la grande mobilitazione unitaria del 3 ottobre, i sindacati scendono in piazza divisi per protestare contro la manovra 2026 del governo Meloni. Si va verso due giornate di sciopero generale nazionale del settore pubblico e privato, il 28 novembre e il 12 dicembre.  Piero Bernocchi, portavoce della Confederazione Cobas, a Fanpage.it: “Questa divisione segna un passo indietro rispetto al 3 ottobre”. A cura di Annalisa Cangemi Si va verso due giornate di sciopero generale nazionale contro la manovra 2026, che coinvolgeranno tutte le categorie del settore pubblico e privato. Il primo sciopero, convocato dall’Usb, a cui aderiscono anche Cobas, Cub, Adl, Clap, Sgb, Sial, si svolgerà il 28 novembre. Il secondo sciopero generale non è stato ancora proclamato ufficialmente, ma la Cgil lo scorso 31 ottobre ha sottoposto la data del 12 dicembre alla Commissione di garanzia, che ha dato già il suo ok. Per l’ufficializzazione della giornata di sciopero generale si dovrà attendere comunque domani, 7 novembre, quando si terrà l’assemblea delle delegate e dei delegati ‘Democrazia al lavoro’ a Firenze, alla quale parteciperà anche il segretario Maurizio Landini. Lo scorso 3 ottobre i sindacati avevano scioperato uniti: Cgil, Usb, Cub, Sgb, Cobas, Cib Unicobas, Cobas Sardegna si sono mobilitati a sostegno di Gaza e dell’iniziativa della Global Sumud Flotilla. Il Garante per gli scioperi ha successivamente annunciato l’apertura di un procedimento di valutazione nei confronti delle sigle sindacali, per aver indetto la mobilitazione senza il mancato preavviso di dieci giorni, previsto dalla legge 146/90, e ha ritenuto inconferente il richiamo da parte delle organizzazioni all’articolo 2, comma 7, che prevede la possibilità di effettuare scioperi senza preavviso solo “nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”. Secondo le sigle sindacali la situazione di pericolo in cui si trovava al Global Sumud Flotilla, bloccata da Israele, giustificava il ricorso all’articolo 2 della legge. In quel momento è stata la guerra a Gaza a portare in piazza nello stesso momento tutte le sigle sindacali, una situazione senza precedenti, che mai si era verificata dalla nascita del sindacalismo di base, circa 40 anni fa. Ma la Palestina e il no alla guerra non possono fare da collante anche questa volta. I sindacati scenderanno di nuovo in piazza contro la legge di Bilancio, ma non protesteranno in modo unitario, anche se le rivendicazioni sono praticamente identiche: aumento di salari e pensioni, maggiori investimenti su scuola e sanità, contrasto della precarietà, sostegno alle politiche industriali. Stesse piattaforme, dal punto di vista dei contenuti, ma date separate. L’appello dei Cobas per uno sciopero generale unitario è caduto nel vuoto. I Cobas hanno provato nei giorni scorsi a lanciare un appello per uno sciopero generale unitario, per ripetere il blocco del 3 ottobre, con due milioni di persone in piazza. Un primo appello è stato lanciato lo scorso 29 ottobre. Nel testo, che inizia con l’invito “Facciamo come il 3 ottobre!”, si legge: “Nostra convinzione è che quella unità d’azione, che centinaia di migliaia di militanti/attivisti ci chiedevano da anni, abbia costituito il moltiplicatore delle presenze, che in media sono state al di sopra di ogni altra partecipazione a scioperi del passato. Le due ulteriori novità sono state: a) a differenza di quel che succede di solito negli scioperi “tradizionali” , la gran parte degli scioperanti è andata a manifestare; b) si è realizzata un”eccedenza’ di presenze, ben oltre il classico lavoro dipendente sindacalizzato: in generale, nei cortei gli spezzoni “sociali” sono stati anche più numerosi e partecipati di quelli delle strutture sindacali “tradizionali”. Ci pare indubbio che tutto questo si sia realizzato per essere riusciti, per la prima volta in quasi 40 anni, a mettere in campo, unito, tutto il sindacalismo ‘di sinistra’”. Due giorni dopo però, nonostante l’appello, la Cgil si è mossa in autonomia, indicando appunto alla Commissione di Garanzia la data del 12 dicembre, che domani potrebbe essere formalizzata. A questo punto i Cobas sono tornati a chiedere ieri l’organizzazione di uno sciopero unitario, che possa vedere Cgil e sindacati di base insieme in piazza contro la legge di Bilancio. Secondo i Cobas, in occasione di uno sciopero generale contro la Finanziaria del governo Meloni – che non può avere come unico elemento trainante la Palestina, ma che deve tenere dentro le tematiche del lavoro delle pensioni, della scuola e della sanità – non è possibile “retrocedere dall’unità del 3 ottobre”. L’organizzazione sindacale guidata da Landini ha però rifiutato l’offerta. In considerazione del fatto che la Cgil sembra orientata ormai sulla data del 12 dicembre, e non sembra essere intenzionata ad aderire alla data del 28 novembre lanciata da Usb, i Cobas hanno provato a proporre una terza data alternativa, revocando i due scioperi già convocati, individuando un’unica data intermedia tra quelle già indette, per evitare una divisione che risulterebbe dannosa e incomprensibile a coloro che hanno partecipato alla mobilitazione del 3 ottobre. “Il 3 ottobre è accaduto un fatto senza precedenti: la gran parte di quelli che hanno scioperato sono andati in piazza. Addirittura è andato in piazza qualcuno che non ha scioperato. E questo si è verificato per certi versi anche il 22 settembre” ha detto a Fanpage.it Piero Bernocchi, portavoce della Confederazione Cobas. “Normalmente il rapporto tra scioperanti è manifestanti è di dieci a uno, cioè dieci scioperano e uno va in piazza. E invece questa enorme partecipazione ha decretato il successo dello sciopero nazionale del 3 ottobre.  Il secondo fenomeno che abbiamo riscontrato è stata la partecipazione le aree ‘sociali’, cioè quelle persone che non fanno parte del lavoro dipendente classico, ovviamente con una forte presenza studentesca e giovanile, che sono scese in piazza anche trainate dall’effetto unitario, senza il quale quel risultato non si sarebbe avuto. Tutto questo è chiaro anche alla Cgil, che in questo momento ha anche un altro problema: non esiste più la “la Triplice”, cioè la confederazione dei tre sindacati Cgil, Cisl e Uil che dalla metà degli anni Cinquanta in poi ha sempre operato insieme. Hanno rotto, difficile dire chi ha rotto con chi. Ma basta guardare il rinnovo contrattuale del comparto Istruzione, che è stato firmato da Cisl e Uil, ma non dalla Cgil”, ha aggiunto il portavoce sindacale. “Quindi il 12 dicembre la Cgil rischia parecchio andando da sola, non avendo accettato una proposta unitaria offerta da noi”, secondo Bernocchi. “Di questa separazione non verremo accusati noi. I risultati, che saranno sicuramente più ridotti, rispetto al 3 ottobre, danneggeranno più loro che noi. Tra l’altro indicheranno una data, dopo il nostro sciopero generale del 28 novembre, a due settimane da Natale, quando ormai la partita della manovra sarà praticamente chiusa. Da quando siamo nati, la Cgil ha fatto sistematicamente come se noi non esistessimo, nella migliore tradizione comunista, che di solito nega coloro che si trovano a sinistra. Difficile invertire all’improvviso questa tendenza. Forse servirebbe una forte pressione interna, che non mi pare di individuare. A rimanere deluse saranno soprattutto le centinaia di migliaia di persone che sono scese in piazza, che avevano creduto nello sciopero generale unitario dello scorso 3 ottobre. Questa divisione segna un passo indietro”. Nonostante queste sollecitazioni, la Cgil sembra ormai decisa ad andare da sola, confermando il secondo sciopero generale e formalizzando la data al termine dell’assemblea di domani. L’idea della Cgil è quella di proseguire la protesta per contrastare la legge di Bilancio, ammesso che ci siano ancora margini di modifica in Parlamento. In una nota si legge che l’obiettivo delle prossime decisioni che verranno prese è “dare continuità alla mobilitazione avviata e proseguire l’impegno della Cgil su tutti i temi che l’hanno vista protagonista nelle piazze e nei luoghi di lavoro nelle ultime settimane”. Considerati i paletti da rispettare, i dieci giorni di preavviso richiesti dalla legge 46, e la “rarefazione oggettiva”, cioè l’insieme di norme che impongono un intervallo minimo tra le azioni di sciopero per garantire la continuità del servizio pubblico essenziale, calendario alla mano la data del 12 appare come quella più probabile. 
I COBAS: non sostituendo i collaboratori scolastici assenti si mette a rischio sicurezza e diritto allo studio
Ci sono pervenute numerose segnalazioni da parte di collaboratori scolastici di diverse istituzioni scolastiche. Tutte denunciano una criticità sempre più diffusa: la mancata sostituzione, attraverso supplenze brevi, dei colleghi assenti per malattia, permessi o altri legittimi motivi. Si tratta di una prassi che, purtroppo, non si limita più alle assenze di un solo giorno, per le quali già in passato le scuole tendevano a non procedere con la nomina di supplenti, ma si protrae anche per periodi più lunghi, talvolta di diverse settimane. Una situazione che mette in seria difficoltà l’intero sistema di funzionamento delle scuole, con ripercussioni dirette sulla sicurezza, sull’igiene e sulla sorveglianza quotidiana degli alunni. L’organico attualmente assegnato alle istituzioni scolastiche per il profilo dei collaboratori scolastici risulta assolutamente insufficiente a garantire, in modo continuativo, i livelli minimi di sorveglianza e sicurezza richiesti dalla normativa. Le scuole si trovano costrette a redistribuire il personale presente, riducendo o eliminando temporaneamente servizi fondamentali come la sorveglianza, la pulizia e l’igiene dei locali scolastici, l’assistenza agli alunni con disabilità. A ciò si aggiungono le fisiologiche assenze per malattia o altre. Come tutti i lavoratori, anche i collaboratori scolastici usufruiscono, con pieno diritto, delle tutele previste dalla legge, inclusi i permessi garantiti dalla L. 104/1992 per l’assistenza a familiari con disabilità grave. A questi si somma il personale con mansioni ridotte per motivi di salute, che non può essere impiegato in tutte le attività ordinarie di servizio. Il risultato è un quadro complesso in cui il carico di lavoro grava su un numero sempre più ristretto di persone, costrette spesso a coprire più plessi scolastici. Occorre ricordare che il divieto di sostituzione del personale appartenente al profilo di collaboratore scolastico è stato superato dalla nota MIUR n. 2116 del 30 settembre 2025. Tale disposizione consente ai dirigenti scolastici di derogare al divieto e di stipulare contratti di supplenza breve esaltuaria, fin dal primo giorno di assenza del personale. Pertanto, è prioritario garantire l’incolumità e la sicurezza degli alunni, assicurando la necessaria assistenza a quelli diversamente abili e preservando il corretto funzionamento del servizio scolastico. La nota, infatti, specifica che in caso di mancata sostituzione si verrebbero a creare “necessità obiettive non procrastinabili, improrogabili e non diversamente rimediabili”, tali da rendere impossibile garantire le condizioni minime di sicurezza e da compromettere, in modo determinante, il diritto allo studio costituzionalmente garantito. Nonostante la chiarezza delle indicazioni ministeriali, molti dirigenti scolastici continuano a negare la possibilità di nominare supplenti nei primi 7 giorni di assenza dei collaboratori scolastici, richiamando il presunto rischio di un “danno erariale” per lo Stato. Questa giustificazione, divenuta ormai una sorta di “formula magica” ripetuta automaticamente, viene utilizzata per giustificare scelte organizzative per scaricare sui lavoratori la carenza di risorse. In realtà, la citata nota n. 2116 chiarisce inequivocabilmente che non sussiste alcun danno erariale qualora la supplenza venga disposta per garantire la sicurezza e l’incolumità degli alunni, la pulizia degli ambienti e la regolare erogazione del servizio. Anzi, il mancato intervento potrebbe configurare una responsabilità per omissione, in quanto la scuola non avrebbe assicurato il rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sull’assistenza agli alunni con disabilità. Le scuole non possono funzionare regolarmente senza la piena operatività dei collaboratori scolastici. I collaboratori scolastici sono fondamentali nella vita quotidiana degli istituti in quanto garantiscono l’apertura e la chiusura dei locali, la pulizia e l’igiene degli ambienti, la sorveglianza durante l’ingresso, la ricreazione, l’uscita e l’assistenza agli alunni con disabilità. Pensare di poter “risparmiare” su queste figure significa ignorare la funzione che esse svolgono all’interno della comunità scolastica. Alla luce di quanto sopra, invitiamo i dirigenti scolastici a procedere alla sostituzione dei collaboratori scolastici assenti fin dal primo giorno, nel pieno rispetto delle norme e nell’interesse primario degli alunni e dei lavoratori. È necessario che ogni decisione organizzativa sia orientata non al mero contenimento della spesa, ma alla tutela dell’incolumità, della sicurezza e dell’inclusione. La scuola non può essere considerata un luogo in cui si fanno economie. Il presunto risparmio di bilancio non può mai prevalere sul diritto allo studio e sull’inclusione scolastica, valori fondamentali sanciti dalla Costituzione e ribaditi più volte dalla Corte Costituzionale. È tempo che le istituzioni scolastiche e l’amministrazione centrale riconoscano in modo concreto il ruolo imprescindibile dei collaboratori scolastici nel garantire la qualità e la sicurezza della Scuola. La loro presenza quotidiana è la prima garanzia di funzionamento della scuola pubblica. Chiediamo, quindi, che si ponga fine a prassi amministrative distorte e che si applichino correttamente le disposizioni vigenti, assicurando sostituzioni tempestive e adeguate. Solo così  una scuola può definirsi davvero inclusiva, sicura e rispettosa dei diritti di tutti i  lavoratori/trici e alunni/e. Domenico Montuori   Esecutivo Nazionale COBAS Scuola
Stella Maris – Le ombre di una sentenza che condanna gli operatori ma assolve i livelli apicali
Il 4 novembre scorso il Tribunale di Pisa ha emesso la sentenza sui maltrattamenti nei confronti delle persone disabili ospitate nella struttura Stella Maris di Montalto di Fauglia. Così, dopo un lungo ed estenuante percorso processuale che ha visto Famiglie ed Associazioni seguire l’iter giudiziario, senza perdere nessuna della sue delicate e dolorose fasi, è stata riconosciuta la responsabilità penale di dieci operatori (ma non dei medici della struttura) per i maltrattamenti perpetrati  ai danni degli ospiti della Stella Maris e la stessa Fondazione è stata ritenuta civilmente (ma non penalmente) responsabile. Le pene inflitte vanno dai quattro mesi ai quattro anni  di reclusione e l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici con la condanna al pagamento dei danni a favore delle parti civili. La sentenza lascia insoddisfatte le Famiglie delle persone abusate e maltrattate e delle Associazioni più attente e vicine ai familiari, tra cui il Telefono Viola, che ha seguito il processo ed è stato concretamente rappresentato dall’avvocato Gioacchino Di Palma in tutte le sue fasi, perché hanno ravvisato, nella mancata condanna dei medici interni alla struttura, una torsione delle responsabilità penali e civili di tutte e tutti coloro che hanno in affidamento persone fragili e non solo dell’anello più “debole” della struttura in cui sono “ristrette”. Non a caso, infatti,  dopo la pubblicazione della sentenza la Fondazione IRCCS Stella Maris ha fatto pervenire alla stampa un comunicato in cui si esprime soddisfazione per il riconoscimento della completa estraneità dei medici responsabili del Centro Riabilitativo di Montalto di Fauglia, assolti insieme al direttore sanitario. Il Telefono Viola esprime vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime degli abusi, comprendendone delusione, amarezza e sconforto per una  giustizia che ancora una volta, nei casi di abusi psichiatrici, non ascolta la voce dei più deboli, ma proprio per questo, in un momento di generale arretramento nella difesa dei diritti di tutte le persone private della libertà personale  invita a mantenere alta l’attenzione partecipando alle attività delle associazioni e affiancandole. Con il Centro Ascolto e gli operatori volontari che ne fanno parte, il Telefono Viola, da parte sua , continua a svolgere attività di tutela e supporto per tutti coloro che si rivolgono all’Associazione, raccogliendo le innumerevoli denunce che quotidianamente vengono rappresentate. Anna Grazia Stammati (Presidente Telefono Viola)  
Purtroppo la Cgil ha convocato un altro sciopero generale per il 12 dicembre. Ma come COBAS insistiamo: confluiamo in un unico sciopero contro la Finanziaria
Dopo i due milioni di presenze in piazza il 3 ottobre, in occasione dello sciopero nazionale più unitario di sempre, abbiamo maturato la ferma convinzione che contro la Finanziaria del governo Meloni bisognasse di nuovo “fare come il 3 ottobre”. I fatti ci sembrano inconfutabili: quella unità d’azione tra sindacati di base e Cgil, mai accaduta da quando, circa 40 anni fa, nacque il sindacalismo di base, e che centinaia di migliaia di militanti/attivisti ci chiedevano da anni, ha costituito il moltiplicatore delle presenze in piazza il 3 ottobre, che in media sono state al di sopra di ogni altra partecipazione a scioperi del passato. E in particolare, ovunque si è realizzata un’”eccedenza” di presenze, ben oltre il classico lavoro dipendente sindacalizzato: in generale, nei cortei gli spezzoni “sociali” sono stati anche più numerosi e partecipati di quelli delle strutture sindacali “tradizionali”. La conclusione che ne abbiamo tratto per costruire lo sciopero generale contro la Finanziaria del governo Meloni – che non potrà avere come unico elemento trainante la Palestina, ma che dovrà dare grande rilievo anche alle tematiche del lavoro, dei servizi pubblici e sociali, del salario, del precariato, delle pensioni, della scuola, sanità ecc. – è che esso non può e non deve retrocedere dall’unità del 3 ottobre. Abbiamo dunque lanciato un Appello a “fare come il 3 ottobre” che ha riscosso un larghissimo consenso, oltre che tra i lavoratori/trici, nelle aree sociali ampiamente mobilitatesi il 3, che richiedono “uno sciopero di tutti/e e per tutti/e”, che non venga frammentato su più scioperi e più manifestazioni, da realizzare scegliendo la stessa giornata con manifestazioni unitarie, e preferibilmente usando la data che era già in campo, il 28 novembre. Ma, purtroppo, leggiamo sul sito della Commissione di garanzia che, pur non avendolo ancora annunciato ufficialmente, la Cgil ha convocato invece un altro sciopero generale per il 12 dicembre. Ciò malgrado, come COBAS insistiamo, sicuri di interpretare la volontà della stragrande maggioranza di chi ha scioperato e manifestato unitariamente il 3 ottobre. E proponiamo a Cgil e sindacati di base di revocare gli scioperi che abbiamo già convocato e confluire in un’unica data intermedia tra quelle già indette, evitando una divisione dannosissima e incomprensibile per tutti/e coloro che il 3 ottobre hanno garantito una partecipazione di piazza senza precedenti. Tante aree sociali, movimenti, reti e associazioni, dove operano congiuntamente militanti Cgil e dei sindacati di base, parteciperebbero da protagonisti e molto volentieri a manifestazioni unitarie in un’unica giornata; mentre, se dovessero dividersi tra date e cortei separati, si sentirebbero ben meno motivati ad impegnarsi per la miglior riuscita della giornata. E il risultato, altamente negativo, sarebbe che con lo straordinario 3 ottobre verrebbero confrontati gli scioperi separati, di proporzioni inevitabilmente minori, con conseguenti valutazioni brutalmente critiche che ricadrebbero su chi non avesse voluto o saputo “fare come il 3 ottobre”. Confederazione COBAS
La piattaforma COBAS per lo sciopero nella Scuola, all’interno dello sciopero generale della Confederazione COBAS del 28 novembre
Il 28 novembre la Confederazione COBAS ha convocato lo sciopero generale dell’intera giornata per tutti i settori del lavoro pubblico e privato. I COBAS Scuola, che fanno parte della Confederazione COBAS, promuovono lo sciopero di tutti gli ordini di Scuola sulla base di questa piattaforma.  Recupero del potere d’acquisto del personale scolastico del 30% Negli ultimi 30 anni, il potere d’acquisto dei lavoratori/trici della scuola si è ridotto di circa il 30%, a causa di contratti scaduti, aumenti retributivi irrisori e un’inflazione galoppante che ha eroso i salari reali. Questa perdita si è tradotta in una svalutazione materiale e simbolica della funzione educativa, in un impoverimento delle condizioni di vita di docenti e ATA. Il recupero del 30% del potere d’acquisto è una necessità di giustizia e dignità sociale. La qualità dell’istruzione dipende anche dal riconoscimento economico di chi quotidianamente costruisce il sapere e le relazioni. Per docenti ed ATA pensione corrispondente all’ultimo stipendio e in età compatibile con un lavoro gravoso e usurante – No al Fondo Espero e al silenzio -assenso Il personale scolastico merita una pensione corrispondente all’ultimo stipendio. Il Fondo Espero, promosso e amministrato dai sindacati “rappresentativi” e dall’amministrazione, rappresenta un modello inaccettabile di privatizzazione strisciante della previdenza pubblica, così comeè inaccettabile il meccanismo liberticida del silenzio- assenso per i neo assunti. È necessario invece destinare risorse pubbliche per rafforzare il sistema previdenziale, garantendo un’uscita dal lavoro a un’età compatibile con la fatica fisica e psicologica che l’insegnamento e i compiti ausiliari comportano (lavori gravosi e usuranti).  Assunzione su tutti i posti disponibili e ripristino del “doppio canale” per eliminare il precariato Il precariato nella scuola italiana è una ferita aperta che dura da decenni. Più di 200.000docenti e ATA vivono in una condizione di instabilità cronica, passando da un contratto all’altro, spesso lontani da casa, privi di continuità didattica e di tutele. Questa situazione non solo penalizza i lavoratori/trici, ma danneggia la qualità dell’insegnamento e la continuità educativa. È necessario assumere “in ruolo” su tutti i posti vacanti edisponibili in organico, procedendo a stabilizzazioni immediate tramite procedure snelle e trasparenti e ripristinando il “doppio canale”. Ruolo unico docenti dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado La frammentazione della professione docente in una molteplicità di ruoli e contratti differenziati ha creato disuguaglianze ingiustificate e un indebolimento complessivo della categoria. La proposta di un ruolo unico dei docenti, che comprenda l’intero arco dell’istruzione statale, dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, intende riconoscere la natura unitaria della funzione docente. L’insegnamento, pur con le specificità dei diversi ordini e gradi, è fondato sulla medesima finalità educativa e formativa. Il ruolo unico permetterebbe di superare disparità contrattuali e percorsi di carriera disomogenei, favorendo una retribuzione equa e commisurata alla professionalità.  No alla “riforma a pezzi” della scuola di Valditara ( tecnici e professionali quadriennali- Made in Italy – tutor e orientatore- docenti incentivati-  riforma degli organi collegiali)  Seppur diviso in provvedimenti specifici, si tratta di un disegno complessivo che punta a completare l’aziendalizzazione della scuola tramite la differenziazione e gerarchizzazione dei docenti e la subordinazione degli organi collegiali al dirigente-manager, asservendo la scuola  pubblica alle scelte imprenditoriali che privilegiano lavoratori precari, a basso costo e dequalificati. Classi con un massimo di 20 alunni, e 15 in presenza di alunni con disabilità La qualità dell’istruzione passa anche attraverso le condizioni materiali in cui si apprende e si insegna. Classi sovraffollate con oltre 25 o 30 alunni/e impediscono un lavoro didattico efficace, aumentano lo stress dei docenti, riducono l’attenzione verso i singoli e l’inclusione. Va fissato per legge un numero massimo di 20 alunni/e per classe, che scenda a 15 in presenza di alunni/e con disabilità: è un investimento per la qualità, la sicurezza, l’inclusione e per la salute psico-fisica del personale e degli studenti/tesse. Ridurre il numero degli alunni/e significa anche creare nuovi posti di lavoro, migliorare la relazione educativa e consentire una didattica realmente individualizzata.  No alle Indicazioni Nazionali 2025 E’ un documento fortemente ideologico, intriso di nazionalismo e retorica, che utilizza la “personalizzazione” e la “valorizzazione dei talenti” come strumenti di selezione classista L’obiettivo politico è costruire nel tempo l’egemonia politico-culturale della destra.  Denunciamo in particolare l’ossessione identitaria e occidentalista, evidente soprattutto nell’impostazione dell’insegnamento della storia, e la deriva autoritaria che attraversa l’intero impianto, in contrasto con l’idea di una scuola attiva, democratica, pluralista e aperta. In tale direzione è’ un segnale grave che il MIM abbia recentemente censurato un corso di formazione sull’educazione alla pace. No all’Autonomia differenziata    L’AD non garantisce i servizi essenziali e i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, frammenta scuola e sanità creando disuguaglianze nell’offerta formativa, nei diritti sociali, in particolare nei diritti all’istruzione e alla salute della popolazione. COBAS  Scuola
Ennesimo contratto-miseria per docenti ed ATA
Aumenti del 6% di contro ad un’inflazione triennale del 14,8%, mentre i salari hanno perso il 30% in 30 anni Il 5 novembre è stato firmato il Contratto nazionale del comparto Istruzione e Ricerca per il triennio 2022-2024 da parte dei sindacati “rappresentativi” del settore, con l’eccezione della FLC CGIL che questa volta non ha firmato. Anche stavolta i sindacati firmatari hanno enfatizzato gli aumentistipendiali che, al contrario, non solo non compensano minimamente il forte calo del valore dei salari accumulato negli ultimi decenni (-30% in 30 anni), ma sono anche ben lontani dal coprire l’inflazione dell’ultimo triennio: in media gli aumenti sono del 6% ma l’inflazione del triennio è stata del 14,8%, con una perdita ulteriore in percentuale di più dell’8%.Il risultato è che gli stipendi di insegnanti e personale ATA, già tra i più bassi d’Europa, arretrano ulteriormente, e non di poco, mentre il costo della vita continua a crescere. Insomma, la retribuzione reale di docenti e ATA continua a diminuire sempre più. Si tratta di una tendenza strutturale, che penalizza la capacità del sistema scolastico di valorizzare il personale docente e quello ATA, e di metterlo nelle migliori condizioni per lavorare efficacemente. D’altra parte, questo rinnovo non affronta nessuna delle emergenze della scuola pubblica come la precarietà, l’aumento insostenibile dei carichi di lavoro, l’elevata età dei docenti ed ATA a causa del continuo innalzamento dell’età pensionabile, oltre, appunto,  a retribuzioni sempre più misere. Docenti ed ATA continuano ad essere trattati come manodopera marginale, indispensabile per il funzionamento quotidiano delle scuole ma priva di qualsiasi vero riconoscimento economico e professionale. Con il contratto viene erogato un emolumento “una tantum” di 111 euro per i docenti e 277 euro per il personale ATA. L’emolumento sarà riconosciuto soltanto a chi era in servizio nell’anno scolastico 2023/24 e a condizione che il rapporto di lavoro sia iniziato entro il 31/12/2023 e non sia cessato anticipatamente. Anche questo contratto non prevede la Retribuzione Professionale Docenti (RPD) per i docenti destinatari di un contratto breve e saltuario, anche se fino al termine delle lezioni.  Anche al personale ATA destinatario di una supplenza breve e saltuaria non viene riconosciuto il Compenso Individuale Accessorio (CIA). La giurisprudenza ha già sancito che tale esclusione viola il principio di parità di trattamento tra lavoratori/trici che svolgono le stesse funzioni, ma il contratto firmato ignora di fatto tali pronunce. Il risultato è un contenzioso permanente che costringe migliaia di lavoratori/trici a ricorrere ai tribunali per ottenere il riconoscimento di diritti elementari: ricorsi che continueremo a promuovere e sostenere. Un ulteriore grande nodo irrisolto riguarda la rappresentanza sindacale. La firma del contratto da parte della maggioranza delle sigle “rappresentative” mostra la persistente forza del modello concertativo, a danno dei lavoratori/trici. La logica del “meglio poco che niente”, evocata per giustificare accordi pessimi, alimenta un circolo vizioso di compromessi al ribasso: è un sistema che serve a mantenere la “pace sociale”, non a tutelare i diritti dei lavoratori/trici. Le sigle che hanno firmato questo contratto, come quelle che hanno sottoscritto i precedenti, accettano ancora una volta di barattare il consenso governativo e la loro visibilità con l’interesse reale di chi rappresentano. Come COBAS denunciamo, oramai da quasi quaranta anni, questa complicità e rivendichiamo un sindacalismo di base capace di dire no a un modello di scuola che si regge sull’abuso, sulla precarietà e sull’erosione costante degli stipendi/salari. Sosteniamo con forza un modello contrattuale trasparente e partecipato, che valorizzi pienamente il ruolo dei docenti e ATA. Per noi, un vero contratto deve partire da principi irrinunciabili come il recupero integrale del potere d’acquisto, parità di trattamento tra personale stabile e precario, riduzione dei carichi di lavoro, riconoscimento del ruolo del personale docente e ATA, stabilizzazione di tutti i lavoratori precari. Serve un massiccio investimento strutturale nella scuola pubblica e in chi la fa funzionare. La scuola pubblica non può essere terreno delle politiche di risparmio e precarizzazione del governo di turno. Essa è un bene comune, e come tale va difesa, a cominciare da chi ogni giorno garantisce la formazione, il pensiero critico, il diritto allo studio e la sicurezza dei futuri cittadini/e. Di fronte a questo ennesimo “contratto-miseria” non basta l’indignazione,  serve la mobilitazione, a partire dalla partecipazione dei docenti e ATA allo sciopero generale convocato dai COBAS e da altri sindacati di base per il 28 novembre, nella cui piattaforma, per quel che riguarda la scuola, gli obiettivi qui indicati assumono una priorità programmatica rilevante. Ed è decisivo che i docenti e gli ATA in sciopero il 28 novembre partecipino in massa alle manifestazioni territoriali che verranno comunicate nei prossimi giorni.                                                                                                                    COBAS Scuola