The Third WebAutore: tante < tante@tante.cc >
Revisione: 1.1
Data: 29 dicembre 2021
Licenza: CC-BY-SA 4.0
Traduzione: nebbia < nebbia@mastodon.bida.im >
Articolo orginale: https://tante.cc/2021/12/17/the-third-web/
INTRODUZIONE
Speravo di non dover scrivere niente di tutto questo. Speravo che blockchain e
NFT sarebbero scomparsi e che sarebbero stati soltanto un capitolo in un libro
riguardante strane truffe finanziarie, ma se il 2021 ci ha insegnato qualcosa è
che non c’è limite al peggio, quindi eccoci qui.
Se stai leggendo è perché hai un qualche interesse nel capire cosa siano il
“Web3” o gli “NFT”. Forse qualcuno ti ha dato un link, forse mi segui da qualche
parte. In questo articolo proverò a spiegare cosa indichino questi termini,
quali siano le idee, le e politiche su cui essi si basano e ciò che io penso a
riguardo. Farò del mio meglio per spiegare le idee di Web3/NFT nel modo più
imparziale possibile, ma per onestà intellettuale mi sento di dover specificare
che non sono un fan.
Perché qualcuno dovrebbe darmi ascolto? Quali sono le mie “credenziali”?
Lavoro nell'IT da anni ormai, facendo progetti come programmatore e
concettualizzando e gestendo grandi progetti di automazione e trasformazione IT
per diversi clienti. Ho molta esperienza non solo lato software ma anche con le
combinazioni hardware-software e con la progettazione dei processi sociali e
organizzativi intorno ai sistemi software in questione.
Sono stato interpellato come esperto dal Bundestag riguardo all’argomento delle
blockchain, al loro valore e la loro regolamentazione. Ne ho anche scritto
abbastanza diffusamente per diverse pubblicazioni e ho commentato apertamente
l’intero movimento blockchain/Web3 praticamente sin da quando il mainstream ha
iniziato ad interessarsene. Non posseggo nessuna forma di criptovaluta.
PER CHI È QUESTO TESTO?
Questo testo è per un pubblico generalista, per chi vuole capire perché di
questi argomenti se ne faccia così un gran parlare e perché ce ne si dovrebbe
occupare.
È per gli artisti che hanno sentito dire che gli NFT sono il futuro dell’arte e
per i videogiocatori che hanno sentito la stessa cosa.
È per chiunque abbia ricevuto qualche lezioncina su come il futuro del web
sarebbe stato costruito su questa nuova tecnologia che sembra difficile da
comprendere.
È per tutti coloro che sono bombardati da opportunità di investimento in NFT che
sembrano troppo belle per essere vere.
Per questo motivo mi soffermerò su degli aspetti che alcuni potrebbero già
conoscere e aver già approfondito. Spiegherò certi concetti tecnologici solo per
essere sicuro di partire tutti dalla stessa base; il titolo del paragrafo
dovrebbe permettere di saltare le parti che non si sente il bisogno di leggere.
Nelle mie intenzioni questo documento dovrebbe coprire la maggior parte di ciò
che è necessario sapere sull’argomento, con l’aggiunta di alcune osservazioni e
riflessioni da parte mia. Sarò tuttavia trasparente riguardo a quali sono le mie
opinioni e quello che è invece un tentativo di descrivere la realtà dei fatti.
Ho tentato di dare alle sezioni dei titolo descrittivi affinché si possa saltare
direttamente alle parti che si ritengono più interessanti.
Questo documento è infine un documento vivo, ciò comporta che potrebbero esserci
degli aggiornamenti. La versione del documento è segnalata in cima.
Cinture allacciate? Bene, si parte.
UN PO’ DI STORIA DEL WEB
Tim Berners-Lee coniò il termine World Wide Web nel 1990 e costruì la base di
quello che ora conosciamo col nome di Web 1.0 (che ancora vive nella maggior
parte delle tecnologie che usiamo oggi su internet). Il Web 1.0 era una cosa di
nicchia che permetteva forme molto limitate di design ed espressività visiva.
Ciò per cui era stato principalmente concepito era permettere alle persone ( per
lo più scienziati) di pubblicare il proprio lavoro, tuttavia le persone che vi
avevano accesso, cioè coloro che erano addentro gli ambienti universitari, vi si
appassionarono e iniziarono a pubblicare pagine web riguardo ai propri
interessi, sperimentando con il formato in maniera artistica.
Pubblicare sul web rimaneva comunque arduo. Per produrre qualcosa che la gente
potesse vedere e usare si necessitava almeno di una comprensione rudimentale di
un sacco di tecnologie e di linguaggi di markup. L’accesso ad uno “spazio web”
che potesse ospitare i propri dati era solitamente limitato alle persone che
lavoravano nelle università ed agli studenti. C’è voluto un bel po’ perché si
affermasse l’esistenza di provider terzi.
Verso la metà degli anni 90 emersero i primi negozi online ed iniziò la
commercializzazione di internet.
Nel 1999 venne coniato il termine Web 2.0. Non si trattava di un aggiornamento
come quello che si può effettuare al software di un computer, bensì della
cristallizzazione di diversi sviluppi sociali e tecnologici che vennero definiti
con l’uso di un termine onnicomprensivo.
Il Web 2.0 è caratterizzato da una maggiore facilità nella pubblicazione dei
contenuti con l’aiuto di strumenti visivi che permettono di creare un sito senza
avere la conoscenza dell’apparato tecnologico; questo è il motivo per cui viene
anche chiamato “social web” o “partecipatory web”.
Gli avanzamenti tecnologici hanno reso molto economico (o gratuito, tramite la
pubblicità) avere uno spazio web che si potesse utilizzare per costruire una
community con i propri pari. I forum sono stati un fenomeno importante e i blog
hanno avuto il loro periodo d'oro con reti di blog che scrivevano e commentavano
il lavoro degli altri formando connessioni che a volte durano fino ad oggi.
Il Web 2.0 è anche responsabile del successo di molte delle grandi piattaforme
che conosciamo oggi. Facebook/Meta esiste solamente grazie alla spinta verso il
contenuto generato dagli utenti. Google (ilmotore di ricerca) avrebbe potuto
tranquillamente sopravvivere anche nel mondo del Web 1.0, tuttavia la maggior
parte dei prodotti che l’azienda offre è connessa integralmente ai dati che gli
utenti forniscono sia esplicitamente sia tramite l’uso stesso della piattaforma.
In risposta al termine Web2.0 è stata sviluppata l’idea di un Web 3.0, una
cosiddetta “rete semantica” che avrebbe dovuto rendere i dati del web
comprensibili e utilizzabili a macchine e software. Questo paradigma non ha mai
veramente preso piede e nonostante alcune idee siano sopravvissute ed abbiano
trovato applicazioni nelle tecnologie moderne, l’idea del web semantico è
fallita sia perché i benefici sarebbero stati troppo pochi rispetto ai massicci
sforzi richiesti per la transizione, sia perché la maggior parte dei grandi
attori avevano poco interesse in tecnologie interoperabili di cui potessero
beneficiare anche i propri competitor.
Così ad ora siamo nel Web2.0 (anche se ultimamente il termine non gode di molta
fortuna) e lo utilizziamo ogni giorno anche attraverso le app sul nostro
telefono. Nonostante sia stato un enorme successo, non è tutto oro quel che
luccica.
IL PERCHÉ DI UN WEB3
Ultimamente il termine Web3 ha guadagnato popolarità, non perché ci sia stato un
rinnovato interesse nelle idee e nelle tecnologie del web semantico, ma come
mero successore del Web 2.0.
Sebbene il termine sia nato principalmente da una comunità basata su una
specifica tecnologia di database chiamata "blockchain" (arriveremo a cosa sia
più tardi), non è solo una la motivazione che spinge a promuovere il passaggio a
un Web3: vi sono un insieme di motivazioni diverse e talvolta contrastanti. Non
è facile elencarle tutte ma cercherò di delinearne le principali:
1. Una motivazione va fatta risalire ad un’analisi dello stato attuale del web
che lo vede completamente controllato da una manciata di potenti
corporazioni (Facebook/Meta, Google, Amazon ecc). Per molti, questo potere
corporativo capitalista, che sembra ogni giorno più slegato dalla legge e
oltre ogni tentativo di regolamentazione, sarebbe un tradimento dei valori e
delle promesse di Internet. Ad esempio Facebook recentemente ha cambiato il
nome in Meta per costruire il “Metaverso”, appropriandosi di un account
Instagram preesistente per i propri fini. Questo tipo di potere totale che
la gente sente ogni giorno sulla propria pelle porta molti a spingere per
“aggiustare il web”.
2. I fan della blockchain stanno da tempo cercando nuovi modi per utilizzare la
loro tecnologia preferita. Costruire un nuovo web con strutture basate su
idee e tecnologia blockchain proverebbe il valore e l'utilità generale di
questa tecnologia oltre ogni ragionevole dubbio.
3. Artisti e creativi hanno visto nel Web3 un’opportunità per costruire un
sistema socio-tecnologico che renderebbe più facile vivere del proprio
lavoro creativo. Il modo in cui funzionano le tecnologie digitali ha reso
più difficile vivere di queste tipologie di lavoro rispetto a quanto
accadeva nel mondo analogico: vendere cd è concettualmente più facile di
provare a farsi pagare per un file MP3 che può essere inviato via streaming
ovunque gratuitamente. Generare degli introiti stabili lavorando come
creativi online può risultare difficoltoso quando i frutti del proprio
lavoro possono essere copiati, condivisi e immagazzinati virtualmente a
costo zero.
4. Era da un po’ che i fondi di investimento speculativo e gli investitori
erano alla ricerca della prossima gallina dalle uova d’oro. L'ondata di
investimenti alla ricerca dell’ "Uber del qualsiasi cosa" ha fatto il suo
corso e non rende più come un tempo. Attualmente c'è una quantità di
capitale senza precedenti che cerca opportunità di investimento e Web3 è
proprio questo: un nuovo mondo in cui si può essere il primo investitore nel
prossimo Google, un nuovo mondo in cui si può costruire un modo di generare
guadagni più facilmente che in quello attuale.
5. Infine molte persone desiderano essere “parte del futuro”, di essere
l’avanguardia. Sostenere di star costruendo il prossimo web, la versione
successiva a quella che il noioso mainstream sta utilizzando, dà non solo la
sensazione di essere più intelligenti degli altri, ma anche di star
plasmando il futuro dell’umanità.
Internet non è una tecnologia qualsiasi ed essere parte del movimento che
sta creando la prossima versione è innegabilmente motivante.
Ci sono altre motivazioni ed è raro che dietro ad una persona ve ne si celi una
sola.
Magari un fondo speculativo potrebbe sia vedere un’ opportunità di fare soldi
sia credere di star costruendo il futuro. Magari un’artista potrebbe averne le
tasche piene di Facebook/Meta, Amazon, Google e contemporaneamente vorrebbe
essere in grado di sostentarsi col proprio lavoro.
Credo comunque che le cinque motivazioni proposte coprano la maggior parte di
ciò che incalza le persone che spingono per il Web3.
È abbastanza ovvio che queste motivazioni siano spesso contrastanti: voler
costruire un web che non sia più alle mercé delle grandi corporazioni va in
contrasto con l’obbiettivo dei venture capitalist che investono nel Web3, che
poi sono spesso le stesse entità che hanno investito nei Moloc del vecchio web.
Se invece il tuo obbiettivo è quello di trovare un modo di utilizzare la
tecnologia della blockchain allora potrebbe non importartene granché se grazie
ad essa gli artisti riescono a vivere del proprio lavoro; potrebbe anche solo
fregartene che qualcosa venga costruito sulla blockchain, non importa cosa.
Web3 è ancora un insieme di idee non molto ben definite, quindi è difficile dire
con precisione cosa sia e cosa non sia, ma cercheremo di approssimarlo il meglio
possibile. Per farlo, dovremo prima capire le tecnologie utilizzate.
LA TECNOLOGIA
Si potrebbero scrivere intere enciclopedie sui diversi stack di tecnologie che
sono state costruite l’una sull’altra sotto l’egida del Web3. È effettivamente
possibile che qualcuno l’abbia fatto, tuttavia in questo articolo ci
concentreremo solo su tre di esse: le strutture di dati chiamate blockchain, uno
specifico prodotto delle blockchain chiamato non-fungible-token o NFT e infine
di una struttura organizzativa chiamata DAO.
Ci limiteremo a questo per amor di sintesi e per far sì che il testo sia
comprensibile a tutti. Se sai già cosa sono queste cose allora puoi saltare
questa parte. Se invece non lo sai allora non ti preoccupare, non è troppo lungo
e possiamo affrontare l’argomento insieme.
BLOCKCHAIN
Le blockchain sono un modo per memorizzare dati, un tipo molto specifico di
database. I database tradizionali tendono a funzionare su un server (o anche più
server, ma manteniamo il concetto semplice per chiarezza), mentre dei client che
vogliono memorizzare o leggere i dati si collegano ad esso.
Le blockchain memorizzano i dati in un modo decentralizzato, il che significa
che ogni nodo della rete ha tutti i dati localmente. Quando un server va in
panne e su di esso è presente un database tradizionale nessuno può accedere ai
dati memorizzati mentre negli approcci decentralizzati (di cui la blockchain è
solo uno dei tanti esponenti) non c’è questo problema.
Ciò che rende le blockchain speciali è il modo in cui i dati sono organizzati: i
dati sono messi all’interno di blocchi e ogni blocco si collega al suo
predecessore formando la "catena". La proprietà speciale delle blockchain,
mutuata da una vecchia idea chiamata Merkle Trees, è che la connessione dei
blocchi rende i blocchi stessi immutabili. Ora vi spiego come funziona.
Diciamo che hai un blocco con 10 nomi che vuoi memorizzare in una blockchain.
Dopo aver raccolto i dati del blocco (che includono i suoi metadati come ad
esempio la data di creazione del blocco e l'identificatore del blocco
precedente) lo "hashiamo".
L’hashing in informatica significa prendere un testo, passarlo attraverso un
programma che crea una nuova stringa di testo, solitamente più corta, che può
essere usata per controllare se il testo è stato cambiato.
Dato un determinato input una funzione hash crea sempre lo stesso output.
Cambiando anche di pochissimo il testo di input, ad esempio aggiungendo uno
spazio bianco da qualche parte, il risultato della funzione hash sarà
radicalmente diverso.
Ad esempio: la stringa "tante" hashata con sha256 (che è una funzione di hash
molto utilizzata) è:
eb4e5ad707b9c63725fdcb1fa645ec5cfdb284884ee3841eef274ed37fcc3c75.
La stringa "tante!" con un punto esclamativo aggiunto alla fine ha un hash di:
ead36ca04a4d325c493e3871274efef1c02aa1cfc2f00667e61d560734485a15.
Piccoli cambiamenti nel testo portano a massicci cambiamenti nell'hash, quindi
se qualcuno avesse manomesso il contenuto del blocco si potrebbe scoprirlo
immediatamente. Poiché i risultati di una buona funzione di hash sono così
imprevedibili, è quasi impossibile trovare un modo per manomettere i blocchi.
Inoltre, generare un hash è anche molto veloce, quindi controllare la
correttezza di un hash è molto facile.
Le blockchain usano proprio gli hash del contenuto dei blocchi per creare le
connessioni che formano la catena: il blocco nuovo si collega al suo
predecessore tramite il suo hash che a sua volta si collega al suo predecessore
con il suo hash ecc.
E poiché l'hashing è così economico e conveniente in termini di risorse di
computazione, è molto facile garantire che i blocchi non possano essere cambiati
in una blockchain. Poiché il collegamento al blocco precedente è l'hash, non si
può manipolare la catena. Anche se si provasse a puntare il collegamento ad un
altro blocco manipolato, cambierebbe l'hash del blocco in uso. Questo trucchetto
rende molto difficile, se non impossibile a tutti gli effetti, manipolare il
contenuto di una blockchain: quando qualcosa è dentro, è dentro, e non si può
cambiare.
Probabilmente ora avrai anche capito perché non si possono cancellare i dati
nella blockchain: rimuovere i dati cambierebbe un blocco il che renderebbe
necessario cambiare l'hash di praticamente ogni blocco successivo. Questa è
anche la ragione per cui non si può mai annullare una transazione nella
blockchain (perché ciò significherebbe cambiare un blocco). L'unico modo per
“invertire” una transazione è avere che il ricevente rimandi indietro l'oggetto
trasferito.
Suona tutto benissimo. Molti applicativi non basati sulla blockchain utilizzano
gli stessi concetti. Ciò che rende speciale le blockchain è che sono in grado di
garantire la coerenza pur essendo decentralizzate, il che significa che ogni
nodo della rete ha (in teoria) gli stessi dati, gli stessi blocchi.
Tutto ciò pone una questione non banale, soprattutto perché in un sistema
veramente decentralizzato senza alcun governante o arbitro non c’è nessuno a
risolvere i conflitti.
Così si è reso necessario inventare una strategia per generare il consenso
all’interno della rete.
STRATEGIE PER LA CREAZIONE DEL CONSENSO
Il problema del consenso è il motivo per cui la blockchain ha una reputazione
problematica, ed il motivo per cui alcune blockchain hanno bisogno di tanta
energia quanto un paese di medie dimensioni per esistere.
Il problema che le blockchain affrontano è in realtà piuttosto ostico: come ci
si assicura di avere una struttura di dati coerente quando non si ha né un
arbitro né tutti i nodi si conoscono o si fidano l'un l'altro? Come si può
proteggere il sistema dalla manipolazione? E inoltre, come si fa a decidere chi
deve creare il prossimo blocco?
L'approccio attualmente più popolare nelle blockchain (come in quelle di Bitcoin
e Ethereum) è chiamato "Proof of Work": per aggiungere il prossimo blocco alla
catena, si deve risolvere un problema piuttosto difficile la cui soluzione è
facilmente verificabile da tutti.
Nella blockchain di Bitcoin ad esempio, quando si crea un blocco si può
aggiungervi del testo extra, una specie di “commento”: non ha alcuna funzione
per quanto riguarda le transazioni incluse nel blocco, ma viene utilizzato per
calcolare l’hash (vedi sopra).
Diciamo che per esempio si dia alle persone il compito “trova un hash che inizia
con 123”. Anche selezionando diversi set di transazioni o spostando la loro
sequenza si potrebbe non essere in grado di soddisfare il compito; potrebbe non
esistere il blocco il cui contenuto crei quel tipo di hash. Il "commento" extra
dà abbastanza spazio di manovra per provare opzioni diverse. Le persone dovranno
ancora provare un sacco di volte a indovinare il testo giusto per creare un
blocco che inizia per 123, ma sarà sempre possibile.
Dopo aver trovato un testo/commento che ha creato il giusto tipo di hash tutti
gli altri possono facilmente vedere che la soluzione è corretta e tutti possono
iniziare la corsa verso la creazione del prossimo blocco. Il processo qui
descritto è esattamente il fantomatico processo di “mining”: aggiungere un nuovo
blocco alla catena ed ottenere la relativa ricompensa. (Nella blockchain di
Bitcoin si viene ricompensati per il mining di un blocco con alcune monete
"create dal nulla". Inoltre le persone che vogliono che le loro transazioni
siano aggiunte rapidamente ai blocchi possono aggiungere a loro volta
un’ulteriore ricompensa in Bitcoin.)
Quindi, la creazione del consenso tramite "Proof of Work" consiste solamente
nell'indovinare parole e numeri molto velocemente. Poiché nella maggior parte
delle catene la creazione del prossimo blocco è ricompensata, c'è una
motivazione per investire molta energia nel risolvere il problema e aggiungere
il blocco: più un Bitcoin vale, più energia ha senso bruciare per creare il
prossimo blocco ed essere ricompensati con altre monete.
Esistono anche altre strategie per la creazione del consenso. Un’altra molto
popolare è chiamata “Proof of Stake” e permette alla persona che possiede il
numero più alto di “token” (spiegheremo di cosa si tratta più avanti) di
decidere quale sarà il prossimo blocco, e se questa persona abusa del proprio
potere i suoi token potrebbero andare perduti. Questa strategia richiede meno
energia ma ha altri problemi (come ad esempio l'intrinseco sbilanciamento di
potere fra chi ha più e chi ha meno token: un ricco vincerà sempre il conflitto
con un povero).
Si possono memorizzare tutti i tipi di dati nelle blockchain, ma la maggior
parte delle blockchain ora viene utilizzata per memorizzare transazioni, cioè i
movimenti di token o di valore tra un portafogli e l’altro. Ora parliamo di
token.
TOKEN E NFT
Sappiamo come funziona la blockchain ma rimane ancora da capire cosa
effettivamente sia un Bitcoin, non a livello teorico, non andiamo a impelagarci
nelle teorie del valore e della moneta, ma a livello tecnico.
I blocchi della blockchain contengono transazioni fra i portafogli (o più
semplicemente, conti). Un portafoglio si crea generando una chiave crittografica
segreta ed in principio contiene 0 Bitcoin. Attraverso la creazione di un nuovo
blocco o ricevendo da qualcuno dei Bitcoin, il saldo del portafogli cambia. I
Bitcoin non sono un “oggetto” e nemmeno un “oggetto digitale”, sono piuttosto
l’astrazione di ciò di cui si tiene traccia in un registro. Si “possiede” un
Bitcoin se il portafoglio ha memorizzato che al suo interno c'è almeno un
Bitcoin, ma non è possibile prelevarlo come ad esempio si fa con il denaro in
banca.
I Bitcoin sono solo un’astrazione narrativa per parlare di numeri che si muovono
tra dei portafogli o conti.
Non tutte le blockchain seguono un modello semplice come quello di Bitcoin.
Ethereum per esempio, l’altra blockchain più famosa, integra il concetto degli
“Smart Contract”. Il nome è fuorviante poiché non viene messo in atto nessun
tipo di contratto: si tratta semplicemente di pezzi di codice che vengono
eseguiti quando si verfiicano determinate condizioni. Tramite questi pezzi di
codice si può fare qualsiasi cosa, anche creare nuove tipologie di oggetti
digitali.
In un certo senso si potrebbe dire che la blockchain di Bitcoin supporta
esattamente un solo tipo di smart contract, che consiste nel Bitcoin e nel modo
di trasferirlo da un portafogli all’altro. Invece sulla blockchain di Ethereum è
possibile creare nuovi contratti e funzionalità implementandoli nella catena
stessa. Volendo si potrebbe ad esempio creare un nuovo token chiamato "Testcoin"
sulla blockchain di Ethereum che è gestito dal proprio smart contract.
La maggior parte dei token è detta “fungible”: ciò significa che non importa
quale token tu abbia poiché sono tutti uguali. Ciò permette inoltre di dividere
il token, mandarne dei pezzettini da qualche parte e poi “rimetterli assieme”
con altri pezzetti provenienti da altri token. È praticamente ciò che è
possibile fare con la “valuta tradizionale”: non importa quale banconota da 10€
si abbia in tasca poiché è possibile tranquillamente pagare anche solo 50
centesimi di quei 10 euro.
Ad un certo punto qualcuno ha capito che si potevano creare dei token diversi,
“non-fungible”, non fungibili. Ciò significa che questi token non sono
frazionabili e che è importante sapere se il proprio è il token numero 1 o il
token numero 13. Questi token vengono spesso usati per rappresentare un bene
fisico o qualcos’altro che si presuppone sia unico e univoco: questo è l’NFT,
“non-fungible-token”.
Gli NFT sono speciali perché vanno contro uno dei principi cardine del digitale,
cioè l’infinita riproducibilità. Solo una persona può avere uno specifico NFT
nel proprio portafogli che non può essere clonato. Si potrebbe creare un token
diverso con lo stesso contenuto, ma sarebbe comunque un differente oggetto
all’interno della blockchain. Il secondo “falso” NFT verrebbe subito facilmente
riconosciuto come tale.
Per il resto gli NFT sono come altri token su una blockchain. Possono essere
spostati tra i portafogli e lo smart contract che li governa può per esempio
imporre che si spostino solo quando le condizioni richieste sulla blockchain
sono soddisfatte. Il trasferimento potrebbe per esempio scattare solo quando il
pagamento è andato a buon fine.
LE DAO
DAOs acronimo di “decentralized autonomous organizations” (organizzazioni
decentralizzate autonome) sono essenzialmente degli smart contract con uno
scopo. Quando di solito si pensa ad un’organizzazione si pensa ad un gruppo di
persone con un qualche obbiettivo comune ed un insieme di regole che governano
il modo in cui funziona l’organizzazione. Questo solitamente include un qualche
tipo di struttura gerarchica di potere o altre forme atte a prendere decisioni
collettive. Le DAO sono un tentativo di togliere il fattore umano dal processo
implementando una logica per cui è il codice a farla da padrone.
Una DAO è uno smart contract che prende decisioni a proposito di qualcosa
basandosi su dati ed eventi. Un’idea molto popolare per esempio è scrivere un
codice che decida quando e su cosa investire denaro. Le persone possono
investire i loro token nella DAO che poi prende decisioni su quei fondi secondo
il codice dello smart contract. Questo è solo un esempio, effettivamente le DAO
possono essere implementate per qualsiasi cosa.
Il concetto di DAO è importante perché nonostante dal punto di vista tecnologico
siano soltanto uno smart contract, esse sono in realtà una forma di
organizzazione (considerabile anche come forma di sistema tecnologico sociale)
che prima dell’avvento della blockchain non era mai stata implementata in questo
modo.
Con questo abbiamo coperto le basi tecnologiche. Sarebbe possibile ovviamente
approfondire oltre, esistono anche blockchain con altre caratteristiche, ma per
ora sappiamo abbastanza da poterci fare un’idea generale.
Cerchiamo ora di capire cos’è il Web3.
COS’È IL WEB 3?
Parliamo di Web3. Se hai deciso di saltare il capitolo sulla tecnologia,
bentornato. Proviamo a fare un riassunto di cosa sia il Web3. Il Web3 non è
un’insieme definito di tecnologie e protocolli, ma in effetti non lo era neanche
il Web2.0. Proprio come il Web 2.0, il Web3 porta con se alcuni presupposti
tecnologici, aspirazioni, idee, ideologie e obbiettivi sovrapposti. In un certo
senso il Web3 sta facendo qualcosa e quel qualcosa lo sta chiamando Web3. Ma
nonostante tutte le contraddizioni e le ambiguità, alcune questioni sono
fondamentali per il Web3.
Proviamo a dare una definizione sommaria:
Il Web3 consiste in un backend e un’infrastruttura basate sulla blockchain che
si interfacciano con le tecnologie di rete esistenti, che mira a ristrutturare
internet in modo radicalmente decentralizzato e individuale. I servizi necessari
agli individui per operare all’interno di questa nuova struttura (come ad
esempio gestione dell’identità, archiviazione dei contenuti ecc) sono forniti
tramite smart contract decentralizzati o tramite servizi basati su di essi.
Il frontend per utilizzare il nuovo internet del Web3 rimane simile a quello
attuale (browser, app ecc) ma i contenuti non provengono più da server
centralizzati ma da fornitori di contenuti basati su blockchain, dando agli
individui proprietà effettiva dei dati e dei contenuti che creano e/o
acquistano.
Il Web3 non è stato creato per farvi buttare via il browser. Tutt’altro, molte
cose non cambierebbero: si potrebbe per esempio scrivere un commento sotto un
articolo in un blog, ma quel commento non risiederebbe sul server del gestore
del blog, sarebbe memorizzato in una blockchain e collegato all’identità del
commentatore, il che significa che non potrebbe mai essere completamente
cancellato. Il gestore del blog potrebbe decidere di nascondere l’articolo ma il
commento sarebbe sempre comunque in qualche modo disponibile e collegato
all’articolo originale.
L’identità è molto importante per il concetto di Web3, non nel senso di identità
legale, ma nel senso di “avere un insieme di identità utilizzabili a cui sono
collegati contenuti/token” poiché i token hanno un senso solo quando hanno un
proprietario.
Il Web3 permette comunque di avere tutte le identità che si vuole, di associarvi
dei token ed interagire nel Web: non è un sistema per cui ad una persona
corrisponde una sola identità.
I teorici del Web3 hanno un’ossessione per i token. Tutto dovrebbe essere un
token. Un dominio? Un token. Un post su un blog? Un token. Il tuo account sulla
versione basata su blockchain di Twitter? Un token. Il Web3 trasforma tutto il
possibile in token, sia perché è ciò che funziona bene sulle blockchain, sia
soprattutto perché il token garantisce la possibilità di accertare un diritto di
proprietà "reale". Quando un dominio internet è un NFT che qualcuno possiede non
ci può mai essere una disputa su chi sia il proprietario del dominio. È
ovviamente chi possiede il token. Chi può cancellare o modificare un contenuto
(non “cancellare” o “modificare” veramente, in realtà “caricare una nuova
versione”)? Ovviamente la persona che possiede il token corrispondente. Esistono
anche sistemi in cui attraverso uno smart contract più persone detengono un
token e il contratto definisce le regole su come raggiungere il consenso sul
trasferimento del token.
È tutto un po’ strano, ma alcune cose non sembrano così male vero? Ora
addentriamoci in quelle che sono le convinzioni politiche dietro l’idea di Web3,
prima di tuffarci in qualche osservazione critica.
LE CONVINZIONI POLITICHE ALLA BASE DEL WEB3
Ogni tecnologia come ogni artefatto umano è portatrice intrinseca di idee
politiche. Alcuni artefatti sono talmente pregni di una visione politica che
senza di essa non hanno senso di esistere (una pistola “racchiude” in se la
politica della violenza). Altri artefatti ereditano la loro politica dalle
persone e dalle comunità che li progettano e li usano. Tutto ciò è molto
evidente anche per quanto riguarda il Web3. Web3 non è un mero aggiornamento
tecnologico del web attuale, non è una patch per implementare alcune nuove
caratteristiche e forse risolvere alcuni bug. È una completa riprogettazione
tecnica, ma ancora di più una riprogettazione sociale e politica.
Potrebbe essere difficile notarlo dato che i servizi offerti dal Web3 sembrano
indistinguibili da quelli che già conosciamo, ma sotto di essi si cela una nuova
ideologia, o almeno una forma molto più radicale di un'ideologia di una già
esistente.
La lista che segue non è completa, ho scelto solo quelli che considero gli
aspetti più importanti.
DECENTRALIZZAZIONE
La comunità Web3 ha molto a cuore la decentralizzazione. Le blockchain sono
state sviluppate all'indomani della recente crisi finanziaria globale, quando le
banche "troppo grandi per fallire" hanno quasi trascinato l'economia globale
all'inferno con loro. Le blockchain sono state costruite proprio per evitare che
ciò possa accadere, e questa è un'ideologia che Web3 ha pienamente abbracciato.
La “decentralizzazione” è sempre una delle caratteristiche principali
sbandierate dai progetti basati su Web3.
La decentralizzazione è considerata come una sorta di garanzia, o forse più
precisamente una precondizione necessaria, per la giustizia e/o l'uguaglianza. I
sistemi centralizzati sono visti non solo come inaffidabili e corrotti, ma anche
come un pericolo per la libertà perché permettono di rimuovere o bloccare
contenuti per un qualsivoglia motivo.
TRASPARENZA
Oltre alla decentralizzazione, il Web3 ama la trasparenza. Chiunque può guardare
nella blockchain e scoprire da sé la verità. Non esiste alcun dibattito su quale
sia la verità e nessuna informazione viene nascosta. Tutti sanno esattamente le
stesse cose e possono quindi agire di conseguenza.
Trasparenza e decentralizzazione sono i principi cardine grazie ai quali si
dovrebbe poter proteggere le persone e l'integrità della rete.
LIBERTÀ NEGATIVA E CENSURA
Il Web3 è basato su una definizione negativa di libertà, non nel senso di
giudizio di valore, ma in senso strutturale: principalmente nel Web3 la libertà
significa libertà dalle restrizioni. L’idea di una (possibile) censura si
riallaccia molto al pensiero del Web3: la cancellazione o la restrizione dei
contenuti è uno dei punti principali di chi sostiene l’idea che il web attuale
dovrebbe essere sostituito con il Web3.
Questa visione molto libertaria del concetto di libertà si riflette in molti dei
costrutti politici e sociali proposti dal Web3: “lo stato” o “il governo” sono
percepiti come entità malvagie e inette con le loro “politica”. Continuando sul
percorso delineato da J.P. Barlow con la “Dichiarazione d’indipendenza del
cyberspazio”, il Web3 non riconosce nel governo un attore chiave del proprio
esistere: i governi vengono visti come una minaccia alla libertà, e se è chiaro
che il Web3 non può direttamente rimpiazzare gli stati, viene spesso avanzata
comunque l’idea delle DAO come una forma più efficiente di organizzazione delle
persone in contrasto con le gigantesche e lente strutture degli apparati
politici. Il Web3 vede le regole come qualcosa in cui "investire" accettando uno
smart contract.
LA LEGGE DEL CODICE
Nel Web3 non c’è spazio per la politica intesa come lo spazio dove le persone
dibattono al fine di prendere una decisione. Le strutture sociali sono costruite
in maniera da rimuovere l’elemento umano codificando la struttura stessa
all’interno di uno smart contract.
Il web attuale è costruito attorno molti sistemi politici e sociali. Quando per
esempio qualcuno registra un dominio internet per il quale qualcun altro ha
registrato il marchio esistono dei modi per liberare il dominio, tuttavia è
un’operazione complessa non sempre equa. Nel Web3 la questione si risolve con il
possesso del token. Quella è la legge. Non c’è alcun dibattito su come la legge
dovrebbe essere applicata. Possiedi il token? Allora sei tu il proprietario di
ciò che è ad esso collegato.
Quest’ideale rimuove la necessita di molte sovrastrutture di supporto esistenti
nei sistemi tradizionali: se quello che dice lo smart contract è vero e tu hai
mandato il token a qualcun altro allora qualsiasi cosa fosse collegata a quel
token non è più tua, che tu lo abbia fatto volontariamente o meno.
“TRANSAZIONALISMO” E PROPRIETÀ
Infine, come avevo già precedentemente accennato, il Web3 è il web della
proprietà. Ogni oggetto è di proprietà di qualcuno, ogni oggetto può essere
scambiato con qualcun altro. Attualmente attraverso la legge abbiamo già un
sistema di regole a tutela di chi possiede artefatti intellettuali, ma Web3
rende queste strutture di tutela alla proprietà solide, trasparenti e
inattaccabili. La proprietà può essere venduta o data. Sono possibili anche
altre forme di accesso ai contenuti, per esempio non è necessario vendere il
token di un post su un blog per farlo leggere a qualcuno. Questa nuova struttura
a tutela della proprietà costituisce la base per molte nuove forme di attività
economica che finora non sono state ragionevolmente possibili: si potrebbero per
esempio implementare uno smart contract secondo il quale si viene pagati quando
qualche azienda vuole usare i tuoi dati personali, ipotesi che alcuni attivisti
per la privacy sostengono.
Queste sono quindi le idee politiche e le convinzioni fondamentali su cui si
basa il Web3 e la tecnologia blockchain su cui esso è costruito. Infatti la
stessa blockchain condivide molte delle medesime propensioni. Questo conclude la
parte descrittiva. Passiamo all'atto finale.
ALLORA QUALE DIAVOLO È IL PROBLEMA DEL WEB3?
Complimenti per essere arrivato fin qui. Arriviamo ora al motivo per cui ho
buttato tutto questo tempo scrivendo questo articolo. Perché non possiamo
lasciare che la gente faccia quello che vuole? Perché continuo a rompere le
scatole e criticare pubblicamente il Web3?
Qui di seguito ci sono le mie critiche in ordine sparso. A seconda del caso
specifico alcune potrebbero avere più senso di altre, ma tutto sommato ritengo
che tutte quante siano applicabili alla sfera del Web3. Inoltre da qui in avanti
smetterò ogni qualsivoglia pretesa di neutralità sull’argomento.
IL PUNTO DI VISTA TECNICO
Come ho spiegato all'inizio dell’articolo, sono un informatico, ho studiato e ho
molta esperienza. Uno dei problemi principali che ho con Web3 è che è un caso
eclatante di pessima ingegneria.
LE BLOCKCHAIN NON SCALANO E NON SONO PERFORMANTI
Ethereum, la blockchain che tutti utilizzano, ha la potenza computazionale di un
Apple II. Utilizza la stessa quantità di elettricità dei Paesi Bassi ma da un
punto di vista della performance è di una lentezza immane, del tipo che un
vecchio Raspberry Pi riesce a fare di meglio. Ma il problema non sono solo le
performance: visto che la rete necessita di tempo per costruire il consenso per
ogni blocco, l’aggiungere una transazione alla blockchain è un’operazione
ridicolmente lenta. La blockchain di Bitcoin può gestire 4,5 transazioni al
secondo. E questo per TUTTI I BITCOIN DEL MONDO. Ethereum fa un po’ meglio con
30 transazioni al secondo. Di nuovo, è ridicolo. La rete che VISA utilizza per
processare i pagamenti con carta di credito gestisce fino a 24000 transazioni al
secondo (e attualmente ne sta gestendo solo 1740). Provate a mettere questi
numeri uno vicino all’altro per capire di cosa stiamo parlando.
Allo stato attuale i servizi Web3 funzionano perché ad utilizzarli sono solo una
manciata di nerd. Non sono semplicemente stati progettati per scalare.
Esistono dei modi per rendere tutto più veloce. Per esempio, rimuovendo il
requisito della formazione del consenso e incaricando un arbitro tutto potrebbe
velocizzarsi, ma alla fine il risultato sarebbe un database centralizzato, di
quelli anche abbastanza fastidiosi da utilizzare.
WEB3 È UN DISASTRO PER LA SICUREZZA
Le carte di credito vengono rubate ogni giorno, e se capita alla tua è una gran
seccatura. Bisogna farsi dare una nuova carta, chiamare la banca e dire che
quelle transazioni non le hai fatte tu. Di nuovo, una seccatura. Tuttavia
esistono dei sistemi per proteggerti e farti riavere i soldi. Non sono perfetti,
ma funzionano.
Con un sistema basato su blockchain tutte queste protezioni non possono esistere
perché non c’è modo di invertire le transazioni. Se i tuoi risparmi di una vita
sono in Bitcoin e qualcuno riesce ad avere accesso al tuo portafogli quei soldi
si volatilizzano e sei fottuto. Visto quanto è facile cliccare su bottone
sbagliato, quanto è facile convincere la gente a cliccare in una mail di
phishing o quanto è facile infettare i computer con dei virus, accettare il
rischio che ciò accada è una posizione indifendibile. Se in questo mondo un
virus può mandare in fumo tutti i tuoi soldi e non esiste un modo per annullare
l’operazione allora questo è un mondo che non dobbiamo volere. Abbiamo bisogno
di più protezione per la gente, non di meno.
IL WEB3 È UN TENTATIVO DI TROVARE UN CASO D’USO PER LA BLOCKCHAIN
Quando un ingegnere deve costruire un sistema per prima cosa si chiede quali
siano i requisiti. Cosa deve fare il sistema che devo costruire? Come devo
farlo? Per chi? In seguito ci si rivolge alle tecnologie esistenti e si vedrà
quale tecnologia e piattaforma si adattano meglio ai requisiti. Con il Web3 è il
contrario. Abbiamo la blockchain, buona solo per eseguire transazioni sicure non
regolamentate senza pagare le tasse (i Bitcoin) ma vogliamo per forza usarlo
anche per altro. Siccome nei 10 anni in cui le blockchain sono esistite non è
emerso alcun caso d'uso reale i fan della blockchain hanno deciso di rimodellare
il problema del web centralizzato e controllato da poche aziende forzandoci
dentro la blockchain per poi sostenere di aver trovato la panacea. E no, non
l’hanno trovata, e questo segna un altro anno in cui non è stato trovato alcun
caso d’uso per la blockchain all’infuori dell’evasione fiscale.
GLI NFT NON FANNO QUELLO CHE DICONO DI FARE
Uno degli obbiettivi di Web3 è plasmare anche il mondo reale e ciò che si trova
al di fuori della blockchain attraverso i token, in particolar modo gli NFT.
Anche se ho creato un NFT che sostiene che io possegga la Monna Lisa (cosa che
qualcuno ovviamente ha fatto) ciò semplicemente non è vero, indipendentemente da
quel che dice il token.
Gli NFT inoltre non creano alcun diritto legale su nulla. Si può possedere un
NFT che rimanda ad una schifosa immagine di una scimmia, ma ciò non crea
automaticamente una licenza d’uso per l’immagine, né te ne conferisce la
proprietà. Si possiede una cosa che dice che se ne possiede un'altra, ma non si
ha alcuna autorità o diritto su di essa. Ci sono un mucchio di blockchain e
smart contract NFT concorrenti che rivendicano tutti la proprietà dello stesso
oggetto. Puoi effettivamente creare un NFT che punti alla "tua" scimmia
sostenendo che sia tua, ma perché il tuo NFT dovrebbe essere migliore del mio?
Gli NFT sono molto affascinanti perché sembrano così facili: crei una cosa e ora
puoi vendere la cosa, come accadeva nel mondo analogico. Ma la gente può ancora
cliccare con il tasto destro sull'immagine, scaricarla e usarla. Quindi cosa
significa "proprietà" in questo contesto? Che cos'è la proprietà se non ti dà
alcun diritto applicabile? È per caso l’opportunità di essere lo zimbello di
Twitter quando inveisci contro la gente che ha scaricato la tua scimmia e l’ha
messa come foto del profilo?
Gli NFT sono solo una strana truffa e non servono a nulla. Se si trattasse
davvero di vendere arte digitale lo faremmo da secoli. In Fortnite, come tutti i
videogiochi free to play, si vendono oggetti cosmetici per soldi veri. È da un
pezzo che si vende l’arte digitale. Il videogioco Diablo aveva persino un
mercato per vendere gli oggetti digitali guadagnati ad altri giocatori. Gli NFT
non sono una rivoluzione, ma un'ingombrante reimplementazione di cose che già
facevamo o che stiamo già facendo meglio e in modo più efficiente.
II PROBLEMA DELL’ORACOLO
Questo punto vale per tutto ciò che nel Web3 (e nella blockchain) è collegato a
oggetti e relazioni nel mondo reale, oltre che per le astrazioni e la produzione
dei diritti. Questo è quello che in informatica chiamiamo “Il Problema
dell’Oracolo”.
In parole povere il Problema dell'Oracolo dice che dall'interno di un sistema
non si può determinare la veridicità delle affermazioni sull'esterno di quel
sistema. Ad esempio, se il sistema in questione è un programma per computer,
esso non può dirvi nulla sul meteo del mondo reale perché il meteo non è
all'interno del sistema computer. Si possono costruire sensori o interfacce che
traducono il meteo per il computer, ma a questo punto tutto dipenderebbe da quel
sensore: sarà buono abbastanza? Potremo fidarci? Starà funzionando
correttamente?
Il Web3 vuole che tutto venga integrato nel sistema della blockchain, ma molte
di queste cose (come la proprietà di un oggetto fisico) potrebbero essere
integrate solo attraverso oracoli di cui ci si dovrebbe fidare. Ed ecco che va
in fumo la storia dell’“approccio decentralizzato senza nessuna autorità”. E se
qualcuno decidesse di trasferire un oggetto nel mondo fisico senza aggiornare la
blockchain? Cade tutto a pezzi.
La convinzione che si possa controllare il mondo reale mettendo dei rimandi a
oggetti e relazioni in una struttura di dati immutabile a sola aggiunta non solo
è ingenua, ma va contro quello che viene insegnato in ogni corso di base di
informatica.
AVETE MAI SENTITO PARLARE DI CAMBIAMENTO CLIMATICO?
Questa devo proprio tirarla fuori. Attualmente Ethereum, la blockchain
utilizzata per la maggior parte delle strutture del Web3, consuma circa la
stessa quantità di elettricità dei Paesi Bassi a causa del suo algoritmo di
consenso Proof of Work. Tutto questo è indifendibile. Questo "computer
mondiale", che può fare meno di uno smartphone economico di 5 anni fa, crea
inquinamento da CO2 come uno stato di medie dimensioni. Anche se stessimo
correndo in pericolo di perdere i migliori scritti di questo pianeta a causa
della censura (e non lo siamo) e solo e soltanto la blockchain potesse salvare
questi scritti dalla cancellazione (e non è vero) non sarebbe comunque facile
sostenere a voce alta che la distruzione dell'ambiente ne varrebbe la pena.
È stato detto che Bitcoin utilizza per lo più energia rinnovabile (e non è
vero), ma anche se lo fosse la domande da porsi è, dovremmo davvero spendere
l'energia di un paese di medie dimensioni per un casinò per nerd o dovremmo
usarla per alimentare ospedali, trasporti o riscaldare le case?
Sì, Ethereum passerà ad un algoritmo di consenso più sostenibile in pochi mesi.
Già. Sono anni che passerà ad un nuovo algoritmo in pochi mesi.
Non parliamo nemmeno di tutti i rifiuti elettronici che produce l'estrazione
delle criptovalute.
I sostenitori della blockchain e del Web3 si riempiono spesso la bocca con i
diritti umani, ma il diritto a un pianeta abitabile con aria respirabile e senza
inondazioni o siccità che affogano e affamano le persone più povere del pianeta
è anch’esso un diritto umano in netta contrapposizione all’uso delle blockchain.
È UNO SCHEMA PIRAMIDALE
Le criptovalute sono un gioco a somma zero: ciò significa che perché qualcuno
possa tirare fuori dei soldi, qualcun altro deve metterli dentro. I guadagni di
una persona sono le perdite di un'altra persona. Questo è un problema per chi
possiede un mucchio di criptovalute che hanno un valore teorico elevato ma che
non si ha alcun modo di venderle per soldi veri.
verificare Questo è uno dei motivi per cui gli NFT hanno fatto il botto: hanno
portato più persone nel sistema, i quali hanno dovuto comprare Ether (il token
di Ethereum) per creare o comprare i loro NFT. Le persone che possedevano i
token E questi sono soldi che le persone che possedevano i token hanno potuto
usare per incassare. verificare
Alcuni definiscono addirittura le blockchain come "giochi a somma negativa"
perché mentre finanziariamente nessuno può vincere senza che altri perdano,
l'intero gioco distrugge l'ambiente mentre lo fa, lasciando il mondo peggiore di
quanto fosse prima, indipendentemente dalla distribuzione della ricchezza.
Sapendo tutto questo è moralmente sbagliato far entrare altre persone nel giro.
Anche se ci fossero servizi Web3 incredibilmente utili (e non ci sono), così
facendo si stanno esponendo le persone a rischi enormi. È comodo fare appello
alla libertà del singolo di fare quello che vuole, ma io come tecnologo sento
l'obbligo morale di proteggere le persone dai rischi derivanti dall'uso di certe
tecnologie pericolose. Lo scopo di un sistema è ciò che produce, e se un sistema
produce truffe e schemi piramidali allora quello è il suo scopo. E questo
sistema deve essere eliminato.
NON MANTIENE LE PROMESSE
Web3 promette un sacco di cose parlando di "decentralizzazione". Ma l’uso che
viene fatto di questo termine è quello di un un feticcio vuoto che sostituisce i
necessari dibattiti su giustizia, uguaglianza e sulla posta in gioco. Gridare
semplicemente "è decentralizzato non cambia i rapporti di potere: la posta
elettronica è decentralizzata e il mio server di posta elettronica ha gli stessi
protocolli e la stessa merda di tecnologia che ha utilizza Google, ma non sono
in alcun modo la stessa cosa. Se Google blocca il mio server di posta, non posso
più raggiungere la maggior parte di internet. La decentralizzazione è un'idea
vuota, fumo negli occhi per nascondere che la comunità Web3 non ha alcuna
risposta alle questioni dell’eguaglianza o dei monopoli.
Sono convinto che alcune persone si siano avvicinate al Web3 in buona fede.
Odiano che il web sia controllato da poche aziende, fondamentalmente in un
regime di monopolio, e hanno ragione. Ma la loro nuova struttura non ha
protezioni contro il ripetersi della stessa dinamica. Il web non è centralizzato
perché lo è la tecnologia. Anche il nostro attuale web è tecnologicamente capace
di funzionare in modo decentralizzato. Sono le strutture economiche e sociali a
lavorare per la centralizzazione. E lo faranno anche con il Web3.
Il loro intero stack tecnologico in questo momento è già centralizzato. Ci sono
solo pochi mercati per comprare e vendere token, ci sono solo pochissimi mercati
NFT. Il Web3 esiste a malapena, ma è già centralizzato.
Più che di trasparenza stiamo parlando di vuotezza: a cosa serve vedere che i
tuoi token sono stati rubati quando non puoi fare nulla per riaverli? La
trasparenza senza la possibilità di agire è solo crudeltà.
IL WEB3 NON È APOLITICO, È ANTIPOLITICO
Ai sostenitori di Web3 piace molto affermare di essere apolitici. "Tutti sono
benvenuti, noi siamo neutrali". Facciamo pure a meno di chiederci se qualcuno
voglia unirsi a una comunità basata su idee reazionarie e libertarie di destra.
Questa storia dell’essere apolitici è banalmente una bugia.
Web3 vuole togliere di mezzo la politica per come la conosciamo da molte cose,
ma non perché voglia essere "neutrale", bensì per togliere i diritti democratici
e le regole di partecipazione. Quando è solo il codice a decidere e non c'è uno
spazio per il dibattito e la lotta politica, come fa chi non ha diritti ad
essere ascoltato? Come fanno gli indifesi a organizzarsi e a ribellarsi?
La politica è fatta di lotte, di persone che hanno interessi diversi e lottano
per difenderli spesso contro avversari politici. Web3 non vuole "starne fuori",
vuole che non vi sia alcuna lotta politica. Il mondo deve essere organizzato
dagli smart contract creati da coloro che hanno risorse e competenze, e tu
potresti essere autorizzato ad utilizzarli. O forse no.
WEB3 È SOLO UN ALTRO SPAZIO DI ACCUMULAZIONE CAPITALISTICA
C'è una ragione per cui così tanti venture capitalist sono entusiasti del Web3,
c’è una ragione per cui investitori come Andreesen Horowitz stanno spingendo
così tanto il Web3. È un nuovo spazio di accumulazione. Ciò che attualmente non
è ancora completamente monetizzato e finanziarizzato può finalmente diventare
veicolo di accumulo capitalistico rendendo finalmente i venture capitalist
ancora più ricchi.
Ci sono parti della vita digitale che non si possono ancora vendere, ed è questo
che si vuole cambiare. Tutto deve essere comprato e venduto, tutto è solo
veicolo per ulteriori speculazioni. La ragione per cui il grande capitale vuole
che tu sia in grado di rivendere il tuo token di accesso a qualsivoglia servizio
(invece di comprarlo o affittarlo come oggi) è che in questo modo è possibile
creare ancora più mercati per la speculazione e gli smart contract possono
essere impostati in modo che da tutto sia possibile trarre profitto.
È un disegno politico: insegnare alla gente che tutto si può comprare e vendere
è un'idea di destra che era caduta in disgrazia, e Web3 è qui per cambiare
questa nozione. E dopo aver messo in discussione tutti quei fastidiosi diritti
umani nel modo digitale, metterli in discussione nel mondo analogico reale sarà
molto più facile. Perché non puoi venderti un rene se puoi vendere tutti i tuoi
dati?
CONSIDERAZIONI FINALI
Capisco molte delle motivazioni che spingono la gente a voler ripensare il web.
I monopoli, gli squilibri di potere, l'ineguaglianza e l'ingiustizia.
Capisco che i creativi siano alla disperata ricerca di modi per guadagnarsi da
vivere decentemente e che vendere NFT sembri un modo molto semplice per fare un
po' di soldi. Lo capisco, abbiamo bisogno di trovare un modo di vivere che
permetta alle persone di lavorare alla propria arte o a qualsiasi altra cosa
vogliano ed essere comunque vestiti, nutriti, protetti e aiutati.
Dignitosamente.
Ma il Web3 non è la soluzione.
Non è la soluzione perché semplicemente non fa quello che vorrebbe fare. Non
impedirebbe a una nuova entità centralizzata di emergere e non redistribuirebbe
il potere. In realtà toglierebbe importanti meccanismi di protezione che
attualmente esistono.
Ma c'è di più. Web3 è un progetto estremamente offensivo dal punto di vista
morale.
La promessa con cui è nata Internet, quella di dare alle persone accesso alle
informazioni e alla pubblicazione delle informazioni verrebbe sostituita da un
casinò senza regole che letteralmente brucia il pianeta. Davvero non riesco a
pensare a qualcos’altro di così spregevole. Siamo animali sociali destinati alla
distruzione quando lasciati a noi stessi ma i sostenitori del Web3 vogliono
un’ulteriore individualizzazione, trasformando tutto ciò che riguarda il nostro
io digitale e analogico in oggetti per la speculazione mentre un commercio
semi-automatico di beni sostituisce la politica. La completa finanziarizzazione
e depoliticizzazione della vita senza alcun riguardo per le conseguenze
ecologiche.
Non è una visione utopica. È una dichiarazione di guerra contro i progressi
politici e sociali degli ultimi decenni. E io non sono disposto a sventolare
bandiera bianca. Aside from the question whether everyone wants to join a
community that’s largely based on reactionary and right-wing libertarian ideas
that’s factually untrue.