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Campagna di solidarietà internazionale antifascista contro la repressione per i fatti di Budapest '23

Dal carcere di Moabit: Saluti di Nanuk a Maja
La lettera ci è arrivata solo a metà luglio, quando Maja aveva già terminato il suo sciopero della fame. Ciononostante, pubblichiamo qui la lettera di Nanuk sullo sciopero della fame di Maja.  Giugno 2025 – Carcere di Moabit, Berlino  Il 13 giugno ho appreso dalla stampa la decisione di Maja di iniziare uno sciopero della fame per lottare per migliori condizioni carcerarie e per il suo ritorno in Germania. Quel giorno, Maja aveva già rifiutato il cibo per una settimana e aveva già perso 7 kg. Trovo difficile esprimere a parole i miei pensieri: La mia preoccupazione per la salute di Maja, la mia paura: fino a che punto si spingerà il tribunale nell’autoritaria Ungheria? La magistratura metterà alla prova la volontà di Maja fino al processo e l’incompatibilità detentiva a causa delle gravi condizioni di salute? Verrà ordinata l’alimentazione forzata? Tutto per fare trionfare il sistema giudiziario ed estorcere una confessione?  Lo sciopero della fame di Maja, che dura ormai da oltre 20 giorni, rappresenta un passaggio da una percezione di impotenza a un’esperienza di autoaffermazione. Molti si chiederanno: perché una giovane dovrebbe arrivare al punto di usare la propria salute come arma? Perché rimane l’ultima risorsa nella lotta per la propria dignità umana. L’isolamento è e rimane una tortura. La privazione del sonno attraverso controlli orari è e rimane una tortura. Maja è stata sottoposta a questo trattamento per mesi; queste condizioni di detenzione lasciano cicatrici psicologiche e possono solo servire a costringerla a una resa totale.  Con il beneplacito del Tribunale Regionale Superiore, su decisione dell’Ufficio di Polizia Criminale dello Stato della Sassonia (LKA) nella persona dell’Unità Speciale Soko Linx, Maja è stata estradata illegalmente in Ungheria. Ciò significa che anche la Germania ha l’obbligo di riportare Maja indietro e quindi di rispettare e attuare la decisione del tribunale. Qui al carcere di Moabit, parlo spesso con i miei compagni di prigione delle condizioni di Maja. Molti detenuti hanno familiarità con il carcere anche al di fuori della Germania e sono sconvolti dalla situazione di Maja. Tutti le augurano coraggio e forza per la lotta che sta intraprendendo e sono solidali.  Riportiamo Maja in Germania e nessuna estradizione di Zaid in Ungheria!  Nanuk dal carcere di Moabit, Berlino -------------------------------------------------------------------------------- Di seguito un articolo pubblicato il 24 novembre 2024 AGGIORNAMENTO SULL’ARRESTO E SULLA SITUAZIONE ATTUALE DELL’ANTIFASCISTA NANUK Nanuk è stato arrestato dagli agenti dell’Ufficio Federale di Polizia Criminale (BKA)/Ufficio di Polizia Criminale Statale (LKA) della Sassonia nel pomeriggio del 21 ottobre 2024, mentre era in bicicletta a Berlino. Da Berlino, è stato prima condotto alla Corte Federale di Giustizia (BGH) di Karlsruhe, dove è stato portato davanti a un giudice il 22 ottobre 2024, che ne ha ordinato l’arresto. Da Karlsruhe, è stato riportato a Berlino e si trova in custodia cautelare nel carcere di Moabit dal 23 ottobre 2024. Dopo il suo arresto, sono state effettuate perquisizioni nel suo appartamento a Berlino e in un altro appartamento.  Per entrambi i viaggi gli è stato risparmiato un trasferimento in elicottero di alto profilo. Anche il ricevimento stampa a Karlsruhe, già noto per altri procedimenti nel “Complesso Antifa Est” („Antifa-Ost-Komplex“ in tedesco), non ha avuto luogo. Ciononostante, articoli sensazionalistici e incendiari sono apparsi sui tabloid e sulle reti di destra poco dopo il suo arresto e prima dei comunicati stampa ufficiali. Le informazioni sul suo arresto sono trapelate ancora una volta alla stampa, come ormai prassi comune nel “Processo Antifa Est”.  Persino Nancy Faeser non ha resistito a elogiare l’arresto: “Lo stato di diritto ha un potere duraturo nella lotta contro i pericolosi estremisti di sinistra. Nessuno può sentirsi al sicuro in clandestinità. Questo è un importante successo investigativo, tra gli altri, per l’Ufficio Federale di Polizia Criminale”. Secondo la teoria del ferro di cavallo”, qualsiasi antifascista che non si renda disponibile alle autorità di sicurezza deve essere “pericoloso”.  La realtà è ben diversa da questo plauso della stampa. Il mandato d’arresto della Corte Federale di Giustizia accusa Nanuk solo di aver sostenuto un'”organizzazione criminale” nell’ambito del “Processo Antifa-Est” tra il 2018 e il 2020 e di aver partecipato a un attacco al bar neonazista “Bulls Eye” di Eisenach nel 2019. E queste accuse, del tutto marginali, si basavano quasi esclusivamente sulle dichiarazioni del traditore e testimone chiave del primo “Processo Antifa Est”, Johannes Domhöver.  È in corso anche un altro processo riguardante gli incidenti della notte di Capodanno 2018/2019, quando la filiale della Corte Federale di Giustizia (BGH) e una confraternita studentesca a Lipsia furono attaccate. Al momento non è chiaro cosa sia accusato esattamente.  Sebbene Nanuk sia attualmente rinchiuso da 22 ore nel carcere di Moabit, le sue condizioni di salute, considerate le circostanze, sono buone. Riceve visite regolari dal suo avvocato, ha una radio, una televisione e accesso a due quotidiani, disponibili gratuitamente in carcere, e a riviste come Spiegel, che può ottenere a pagamento. Altri libri e riviste che desidera e che gli sono stati ordinati non gli sono ancora stati consegnati. Non ha ricevuto nemmeno posta, sebbene molte persone gli abbiano già scritto. Tutta la posta viene prima letta dai procuratori prima di essere consegnata a lui, e chiaramente non hanno fretta di permettergli di comunicare con il mondo esterno.  Ma questo non dovrebbe impedire a nessuno di continuare a scrivere lettere e cartoline a Nanuk. Le pareti grigie della sua cella aspettano di essere decorate con cartoline. Le dimostrazioni di solidarietà sono molto importanti e ce ne sono già state diverse dal suo arresto. C’è stato uno spettacolo pirotecnico davanti al carcere e una manifestazione in carcere il 2 novembre 2024. Nanuk accoglie ogni forma di solidarietà. Siate creativi. La solidarietà è la nostra arma. Ci aspettiamo che il procedimento si estenda per un periodo più lungo, quindi la solidarietà con Nanuk e il supporto per le spese legali continueranno a essere importanti anche nel 2025. Proprio come lo sono per tutti gli altri antifascisti criminalizzati.  Libertà per Nanuk! Libertà e felicità per tutti gli Antifa!
Repressione contro gli antifa. Qui e in Ungheria – aggiornamenti attuali
Dalla rivista Transmitter, ed. agosto e settembre 2025, Freies Sender Kombinat Il processo contro Maja continua a Budapest. Le informazioni in merito si trovano sul sito dei collettivi antifascisti solidali di Budapest: basc.news. Da inizio giugno Maja si trovava in sciopero della fame contro le condizioni detentive, che ha interrotto dopo 40 giorni per il grave pericolo di collasso degli organi interni. Maja ha argomentato la propria scelta come segue: “Non sono ancora pront* a fare il passo verso la morte imminente. Certo, potrebbero volerci ancora giorni, forse settimane. Ma se dovessi perdere conoscenza, avrei un debito nei confronti delle persone che combattono al mio fianco, un debito che non sono pront* a gravare su nessuno. Così come non sono pront* a sottopormi a misure coercitive.” A fronte di una serie di scioperi della fame passati dei/delle prigionieri/e politici/che antifascisti/e, che spesso hanno prodotto martiri per il movimento militante e sono stati strumentalizzati a fini propagandistici, bisogna chiedersi se questo porti effettivamente ad una liberazione. Questo è un argomento con cui i futuri attivisti/e dovranno confrontarsi se dovessero scegliere di rischiare la propria vita in questo modo. Nonostante lo sciopero della fame possa non portare immediatamente ad un miglioramento delle condizioni di detenzione, sicuramente ha destato in Germania in concomitanza con azioni solidali (come la grande manifestazione a Jena a metà giugno), un’attenzione mediatica che ancora non si era vista. In particolare, l’impegno del papà di Maja che ad inizio giugno ha intrapreso una marcia di protesta da Berlino e che attualmente si trova sulla strada per Budapest, ha portato al fatto che non solo i media di sinistra abbiano iniziato a parlarne, ma che anche deputati dell’SPD come Falko Droßmann (deputato parlamentare di Amburgo) si siano espressi sul caso e che il Ministro degli Esteri tedesco abbia conferito con le istituzioni ungheresi sullo stesso. Può sembrare poco, ma considerando la politica intrapresa in passato dal parlamento tedesco riguardo alle persone prigioniere politiche antifasciste detenute all’estero, è un grande traguardo. Un traguardo che si basa sull’opinione della Corte Costituzionale tedesca che ha definito l’estradizione in Ungheria di Maja illegale. Il crescente interesse per la situazione di Maja non ha impedito alla magistratura tedesca di adottare misure severe contro altre persone antifasciste incriminate di aver preso parte ai fatti di Budapest. A metà giugno alla corte d’appello di Düsseldorf il Procuratore Federale Generale ha avanzato le accuse di tentato omicidio nei confronti delle persone antifa che si erano consegnate alla polizia in Germania. Gli avvocati degli imputati hanno dichiarato: “Il Procuratore Generale ignora deliberatamente anche la valutazione giuridica già effettuata dal Giudice Istruttore presso la Corte Federale di Giustizia. Il Giudice si era rifiutato di emettere mandati d’arresto per tentato omicidio perché non vi erano sospetti di tale reato: nessuno dei/delle nostr* client* è quindi in custodia cautelare con questa accusa. Il fatto che il Procuratore Generale presuma comunque l’intento omicida è preoccupante e fa temere che ciò sia motivato politicamente“. Questo avviene in un contesto dove in alcune parti della Germania fino al 40% della popolazione vota AfD e neonazisti militanti hanno piena libertà di azione, infatti la Corte d’Appello di Düsseldorf lo sottolinea. Essendo che la maggior parte delle persone imputate ha legami sociali a Jena, ci si sarebbe aspettati un atto di accusa pure lì, dal momento che molti delle persone imputate non presenti a Budapest hanno legami in Turingia. Tuttavia, non vi è alcun collegamento con la Renania Settentrionale-Vestfalia. Si ha l’impressione che un’incriminazione a Jena sia stata deliberatamente evitata, poiché minacce e attacchi da parte delle forze di destra sono all’ordine del giorno in questa regione. Date le circostanze, la questione della legittimità di un’incriminazione così esagerata si porrebbe in modo molto concreto dinanzi al Tribunale Regionale Superiore di Jena. Il Procuratore Generale Federale sembra inoltre voler evitare un processo in una città in cui le persone imputate possono contare sul sostegno delle loro famiglie, dei loro amici e sull’ampia solidarietà antifa, come è accaduto di recente in occasione di una manifestazione di 10.000 persone a Jena.
Anche Zaid rischia la deportazione in Ungheria
Zaid A. è un compagno con cittadinanza siriana, residente in Germania, che era latitante poichè accusato per i fatti in occasione della giornata dell’onore a Budapest nel 2023. Insieme ad altr* coimputat* aveva deciso di consegnarsi alle autorità a Febbraio del 2025 e ha passato 3 mesi in carcere. Il 2 maggio è stato scarcerato e si trova a piede libero anche se con molte restrizioni. Tuttavia su di lui pende ancora la richiesta di estradizione dell’Ungheria e nelle prossime settimane si capirà se la giurisdizione del suo caso sarà di competenza del tribunale di Colonia o del Tribunale Federale a Berlino. Le accuse che il Tribunale tedesco rivolge ai 6 compagn* di nazionalità tedesca che si sono consegnati (Nele A., Emilie D., Paula P., Luca S., Moritz S. e Clara W.,) includono: l’appartenenza a un’organizzazione criminale, lesioni personali gravi e tentato omicidio, ciascuna con diversi gradi di coinvolgimento. La Procura Generale Federale (GBA) li accusa essenzialmente di aver fondato un’organizzazione criminale nazionale e, in quanto tali, di aver teso imboscate e aggredito persone durante il “Giorno dell’Onore” in Ungheria. Per alcune di queste persone sono stati emessi mandati di arresto europei. Tuttavia, la GBA ha dichiarato che l’azione penale nazionale ha la precedenza sui cittadini tedeschi e che l’azione penale contro i tedeschi avrà quindi luogo in Germania. Il caso di Zaid è diverso perché è straniero. A causa della sua mancanza di cittadinanza, il principio di personalità attiva, che consente a uno Stato di perseguire penalmente i propri cittadini, non si applica a lui. Anche se potesse essere indagato per coinvolgimento in un’organizzazione criminale nazionale, le accuse di lesioni personali commesse contro di lui in Ungheria non potrebbero essere perseguite in Germania.
Maja conclude lo sciopero della fame. La sua lettera.
CARI FRATELLI, COMPAGNI E SOSTENITORI, Mi chiamo Maja. Sono in sciopero della fame dal 5 giugno. L’ho iniziato come protesta contro l’estradizione illegale e ancora irrisolta dalla Germania all’Ungheria un anno fa, contro la persecuzione repressiva degli antifascisti, contro lo svolgimento pregiudizievole e discutibile del processo, nonché contro l’isolamento permanente e le condizioni disumane nelle carceri ungheresi. Ora, dopo quasi sei settimane, ho deciso di interrompere lo sciopero della fame. Non voglio mettere ulteriormente a dura prova la mia salute, perché sento che se non torno indietro ora, sarà presto troppo tardi. Anche se le mie richieste venissero accolte, servirebbe a poco. Ne sarei segnat* a vita, e forse lo sono già. Non ho mai voluto che si arrivasse a questo punto; speravo ingenuamente che un passo così radicale come lo sciopero della fame avrebbe finalmente sensibilizzato chi ricopre posizioni di responsabilità e tutti coloro che possono fare la differenza, in modo che agissero dopo un anno di rassicurazioni, sorrisi e ignoranza. Ormai non rimane molto di me. Il mio corpo è uno scheletro, con uno spirito intatto, combattivo e vibrante. Sorride, cerca libertà e comunità all’orizzonte e si rifiuta di accettare che non ci sia giustizia. Ma non sono pronto a fare il passo verso la morte imminente. Certo, è incerto; potrebbero esserci ancora giorni, forse settimane. Ma se dovessi perdere conoscenza, avrei un debito nei confronti delle persone che combattono al mio fianco, un debito che non sono pronto a gravare su nessuno. Così come non sono pronto a sottopormi a misure coercitive. Il 1° luglio sono stat* trasferit* in un ospedale carcerario a 250 km da Budapest, perché già allora si temeva seriamente per la mia salute. Il nuovo posto è più tranquillo del carcere nella grande città, ma altrettanto isolato, se non di più. I contatti con la mia famiglia sono altrettanto limitati. Il mio avvocato, sempre un supporto indispensabile, ora ha bisogno di un giorno intero per farmi visita. Durante la mia passeggiata di un’ora nel cortile, non incontro altri detenuti. Trascorro le restanti 23 ore in cella, perché qui non ci sono attività ricreative. La solitudine mi sta dilaniando, la nostalgia di casa aleggia all’orizzonte. Dal punto di vista medico, è possibile curare il mio corpo fino alla guarigione qui, ma un recupero mentale sembra impossibile persino qui. Con un imminente trasferimento a Budapest, nulla sarebbe cambiato, perché ciò che ha reso necessario lo sciopero della fame mi attende lì. Né l’ospedale né il carcere in Ungheria possono essere una soluzione. Le mie richieste rimangono invariate! Devo essere rimpatriat* in Germania o posti agli arresti domiciliari e sottopost* a un regolare processo. Sono determinat* a non rimanere in silenzio domani e continuerò a protestare finché sarà necessario. Concludo lo sciopero ora affinché nessuno sia ritenuto responsabile di danni alla salute a lungo termine o permanenti. Tuttavia, questo passo non esonera nessuno dalla responsabilità di creare condizioni carcerarie umanitarie, libere da dolore e sofferenza per tutti, di condurre un processo indipendente e giusto che non pregiudichi, e di garantire l’integrità dei prigionieri, rispettandone la dignità anziché disprezzarli e punirli. Se ciò non accadrà, e se le mie richieste continueranno a essere ignorate, sono determinat* a riprendere lo sciopero della fame. Chiedo ciò che è necessario: poter tornare a casa con la mia famiglia, poter realizzare il mio potenziale attraverso la scuola, il lavoro, ecc., potermi preparare al processo in condizioni di parità e non essere sepolto vivo in una cella. Aspetto ancora una dichiarazione chiara e onesta, delle scuse da parte dei responsabili dell’estradizione e un’offerta di risarcimento. Anche se dovesse arrivare per ultima, è la cosa più importante per me. Grazie a tutti coloro che hanno parlato, che sono al nostro fianco, e a coloro che sono stati lì coraggiosamente per molto tempo, a coloro che sostengono con fermezza il necessario antifascismo, a coloro che sostengono, che sacrificano notte e giorno, che donano e sono punti di riferimento. Questa diversità significa resistenza e utopia allo stesso tempo. I miei pensieri sono sempre con la famiglia e i compagni più cari, percependo il dolore che stanno attraversando e ammirando il coraggio e l’altruismo con cui sopportano. Il mio ringraziamento di oggi ha parole. Ma state tranquilli, il seme della solidarietà con ciò che è possibile giace in terreno fertile. Quindi spero che non solo io, ma molti altri siamo stati in grado di unire coraggio e forza di volontà nelle ultime settimane per guardare al futuro mano nella mano, senza mai perdonare, ma con un sorriso. In solidarietà. A presto, mi farò viv*. Maja
Ipotesi di revoca dell’immunità ad Ilaria
La proposta di revoca dell’immunità di Ilaria, inizialmente calendarizzata per il 24 giugno, è stata rinviata nella giornata di ieri. La commissione affari giuridici e in seconda battuta il parlamento europeo, dovranno votare sulla legittimità della sua posizione istituzionale, consapevoli dei rischi per la sua persona in caso di ritorno alla condizione detentiva. La destra italiana e unghere speculano, la libertà non ha confini.
Processo di Budapest: aggiornamenti su Maja, Tobi, Gabri e Ilaria
Da inizio giugno con la ripresa delle udienze del processo contro Maja, si sono moltiplicate le iniziative di solidarietà in Germania, Ungheria e in Europa. Il primo appuntamento pubblico è stato il 2 giugno a Budapest durante l’udienza di Maja. In quella giornata le decine di solidali antifascisti arrivati da Germania, Austria, Francia e Italia hanno presidiato il Tribunale supportando Maja con cori e striscioni nonostante la numerosa presenza di nazisti e poliziotti che hanno aggredito verbalmente e provocato di continuo i partecipanti al presidio. Maja con la sua dichiarazione ha espresso una grandissima soddisfazione per la solidarietà dimostrata e ha esortato a moltiplicare le azioni di lotta contro la repressione, inoltre ha iniziato uno sciopero della fame che ha oramai raggiunto i 10 giorni. Sabato 14 giugno si è tenuta una grande manifestazione a Jena in Germania con centinaia di partecipanti. Nel frattempo anche in Germania continua il processo contro gli Antifa in modo sempre più opprimente: a Tobi sono stati negati gli arresti domiciliari e il processo contro Hanna continua. Nemmeno in Francia e in Italia dobbiamo abbassare la guardia, infatti, nonostante siano state bloccate le istanze di estradizione, il procedimento contro Gino, Ilaria e Gabri continua e l’Ungheria non intende lasciar perdere. Il 24 giugno si terrà la votazione sulla proposta di revoca dell’immunità di Ilaria in commissione affari giuridici e a inizio luglio sarà la plenaria a doversi esprimere. Sulla stampa di destra sono già iniziate le speculazioni sulla probabile revoca. Per quanto riguarda Gabri, il Tribunale di Milano ha bloccato la sua richiesta di estrazione verso l’Ungheria, tuttavia rimane formalmente imputato per i fatti di Budapest e il processo va avanti anche per lui con l’eventualità di udienze da remoto di cui una teoricamente calendarizzata per il 20 di giugno. Nel suo caso non sono ancora chiare le implicazioni di un processo in contumacia rispetto alla giurisprudenza Ungherese, ma se venisse condannato ci sarebbe il rischio di dover scontare la sentenza decisa dall’Ungheria in Italia. Crediamo quindi che sia importante moltiplicare le azioni di solidarietà e di difesa politica e militante delle pratiche antifasciste in Europa: striscioni, presidi e assemblee informative, diffusione della controinformazione, manifestazioni e momenti benefit a sostegno delle casse anti-repressione devono diventare una pratica costante nel tempo e non solo dettata dall’emergenza del momento. — Una delle difficoltà di questa inchiesta transnazionale è anche il coordinamento delle informazioni, degli aggiornamenti e delle iniziative di solidarietà che avvengono nei vari paesi coinvolti. Di seguito una mappatura non esaustiva dei vari canali online a disposizione. Campagna Free All Antifas (ita) Aggiornamenti, documenti, iniziative benefit, iban per donazioni Web https://freeallantifas.noblogs.org/  Canale telegram t.me/freeallantifas Raccolta fondi (ita) Ospitata dalle Brigate Volontarie per l’Emergenza ODV IBAN: IT20Z0623001616000015293082 Paypal: https://www.paypal.com/paypalme/brigatevolontarie?country.x=IT&locale.x=it_IT Comité pour la libération de Gino (fr) Web https://free-gino.fr/  Instagram https://www.instagram.com/liberez_gino/ Free Maja (ger) Instagram https://www.instagram.com/free.maja/ Budapest Antifascist Solidarity Committee (ger) Web https://www.basc.news/  Instagram https://www.instagram.com/freebudapesttwo/ Siamo tutti Antifa Solidarietà con le persone colpite dall’articolo 129 del codice penale tedesco (ger) Web https://alleantifa.noblogs.org/
Aggiornamenti da Budapest
Diffondiamo da Basc.news Il processo a Budapest continua. La Procura continua ad attaccare gli imputat* e tenta di tutto per giustificare la minacciata condanna a due cifre. Nel frattempo, i neonazisti ungheresi si stanno mobilitando contro Maja e i suoi sostenitori. Vogliamo sostenere Maja sul posto e l’imputato di Berlino, processato in contumacia, con la nostra presenza, osservare criticamente l’operato della magistratura ungherese. Siamo uniti e solidali: per gli accusati del complesso di Budapest, per un antifascismo coerente, per un mondo migliore. Le date del processo sono il 4, 6, 12, 18 e il 20.6.2025 alle ore 9:00 presso il Tribunale della città di Budapest. Per ogni data sarà programmato un raduno a partire dalle ore 7:00 circa. Seguiranno ulteriori istruzioni e informazioni sulle precauzioni di sicurezza Per qualsiasi domanda o altro, potete contattarci scrivendo a: solibudapest_prozess@systemli.org.
Nuova udienza del processo a Gino
Alle 20 di mercoledì 12 marzo si è tenuta la 5ª udienza del processo al nostro compagno Gino. È stata discussa approfonditamente la documentazione inviata dall’Ungheria e da parte della difesa è stata avanzata una nuova richiesta per i domiciliari. Gino ha rilasciato una dichiarazione sul contesto politico dell’Ungheria e del giorno dell’onore, scenario dei fatti imputati. Alcuni punti del dossier ungherese non convincono la Corte francese: 1) la pena massima di 24 anni in caso di condanna, che nel mandato d’arresto per Gino non erano specificati, appaiono chiaramente sproporzionati rispetto alle accuse 2) la scarsa precisione della corte ungherese nell’indicare il carcere di detenzione preventiva in caso di sua estradizione   Il pubblico ministero sostiene che al netto delle condizioni carcerarie i capi d’accusa valgono in Ungheria tanto quanto in Francia, e di conseguenza incoraggia per l’ennesima volta la corte a procedere con l’estradizione. La nuova proposta degli avvocati difensori per far ottenere i domiciliari a Gino è stata ricevuta con la sua dose di dubbi (sollevati principalmente dal Pubblico Ministero): permane secondo la corte il rischio di fuga da parte dell’imputato. La decisione ultima riguardo ai domiciliari sarà il 26 marzo. La risposta, si pensa definitiva, alla domanda di estradizione arriverà invece all’udienza fissata per il 9 aprile. Gino rimane detenuto a Fresnes, ci auguriamo che presto possa uscirne, libero!
Dax Resiste contro guerra e stato di polizia
Sono passati 22 anni dalla notte nera di Milano. La campagna FreeAllAntifas supporta e partecipa in pienezza la tre giorni in programma a Milano dal 14 al 16 marzo. -------------------------------------------------------------------------------- DAX RESISTE CONTRO GUERRA E STATO DI POLIZIA Milano / 14.15.16 marzo 2025 Scendiamo in strada a Milano per violare le loro zone rosse, unire le lotte contro fascisti, polizia e capitalismo e costruire comunità resistenti. Contro la repressione che avanza e che vorrebbero farci passare per sicurezza, per fermare la guerra e il genocidio, a fianco della Resistenza dei popoli. Con Dax e Ramy nel cuore. NO DDL 1660 – FREE PALESTINE – FREE ALL ANTIFAS ************** Venerdì 14 marzo 2025 Ore 18 @ Università Statale Via Festa del Perdono, Milano ASSEMBLEA PUBBLICA “Dalla guerra imperialista e il genocidio del popolo palestinese alla repressione delle lotte sociali e dell’antifascismo”. Introduzione a cura dell’Assemblea per la costruzione delle giornate per Dax A seguire “Dalla Palestina al ventre della bestia imperialista: La Resistenza e l’unica via per la Liberazione” a cura di Giovani Palestinesi d’Italia A seguire TAVOLO 1 Guerra, repressione e genocidio “Banditə: l’antifascismo militante in Europa tra repressione e solidarietà” Testimonianze dai comitati a supporto dei prigionierə in Italia (Comitato Gino Libero), Francia (Comité pour la libération de Gino) e Germania (Rote Hilfe) “Origini, organizzazione e prospettive della rete nazionale contro il DDL Sicurezza” Intervento a cura della Rete Liberi/e di Lottare – Fermiamo insieme il DDL1660 “Nuove frontiere della repressione e nuove sfide per le lotte” A cura di Impliquées (Milano/Bologna) “Primi Passi. Attraverso il DDL Sicurezza verso uno stato di guerra” A cura del collettivo Materiale Piroclastico (Catania) “Vogliamo rompere un tabù” Presentazione appello a cura di Panetteria Occupata (Milano) TAVOLO 2 Lotte sociali, lotte territoriali “Olimpiadi insostenibili: cronache dell’opposizione al grande evento” A cura di Comitato Insostenibili Olimpiadi (Milano) “Contro la speculazione, la gentrificazione e la criminalizzazione, la nostra sicurezza è la lotta” A cura del Comitato di lotta Casa e territorio (Milano) “Non è forse questa guerra?! Uno scenario dallo Stretto” A cura di alcunx compagnx No Ponte (Messina) “Bisogno di sicurezza e necessità di un cambiamento radicale” A cura di Quarticciolo Ribelle (Roma) “La nostra sicurezza: lotta, comunità, solidarietà” A cura di ZAM (Milano) ************** Sabato 15 marzo 2025 Ore 15.30 @ Piazza XXIV Maggio CORTEO #NoDDL1660 #StopGenocide #FreePalestine #FreeAllAntifas Ore 21 @ Secret Location CONCERTO “DAX RESISTE – IL POPOLO BALLA” Serata benefit a sostegno della campagna 130mila e della campagna FREE ALL ANTIFAS Sul palco CARIBB ROOTS players The Bluebeaters DJ Session (Feat. De Angelo Parpaglione, Cato Senatore, Count Ferdi & Danilo Scuccimarra) MISSIN RED Djset RAPCAVERNAPOSSE BAZE Ingresso 5€ ************** Domenica 16 marzo 2025 Dalle ore 10 @ Parco Argelati SPORT POPOLARE Contro olimpiadi e gentrificazione Dalle 10 Torneo di calcio a 5 Ore 11 Allenamento di pugilato Ore 12.30 Allenamento di rugby Ore 13 Torneo basket 3 vs 3 Ore 15 Allenamento aperto di parkour Ore 14.30 Incontro discussione con Daniel Pont, membro fondatore della COPEL, organizzazione di lotta dei detenuti spagnoli durante la transizione post franchista. Ore 15.30 Laboratorio per bambini “Sta nel fondo dei tuoi occhi” con merenda Ore 18.30, @ Via Brioschi CORTEO nel quartiere Ticinese
Processo di Budapest: A che punto siamo?
Negli ultimi mesi con l’arresto di Gino e la consegna spontanea di 7 compagn* tedeschi che erano ancora latitanti, la geografia del processo si è ulteriormente allargata, complicandone sia l’aspetto politico che quello repressivo. Ricordiamo che tutto questo sproposito di indagini, azioni repressive e carcerazioni preventive si basa sulle dichiarazioni, tanto infami quanto ridicole, di alcuni neo-nazisti che si trovavano a Budapest per celebrare la parata nazista denominata “Giornata dell’Onore”.  Il seguente riassunto, oltre che a rispondere a un’esigenza di cronaca, vuole essere uno stimolo per i solidali non solo a lottare con sempre maggiore determinazione contro quelle che sono le cause e i responsabili di questo enorme apparato repressivo, ma anche a rafforzare le reti transnazionali di collaborazione, solidarietà e lotta. GINO Gino è un cittadino albanese e un italiano senza cittadinanza, detenuto nella prigione di Frenes (Parigi), in Francia, dal 12 novembre 2024. È stato arrestato dalla polizia antiterrorismo francese (SDAT) dopo aver lasciato la Finlandia, dove risiedeva e da dove sarebbe stato estradato in Ungheria. È attualmente in corso il processo per decidere se dovrà essere estradato dalla Francia e consegnato alle autorità ungheresi. L’udienza del 12 marzo non ha deciso né sulla sua estradizione né sulla richiesta di domiciliari e quindi dovrà rimanere ancora in carcere. La prossima udienza è stata fissata per il 9 di aprile. MAJA Maja è un* compagn* tedesc* digenere non binario, attualmente detenut* a Budapest dopo essere stata illegalmente estradat* dalla Germania nel giugno 2024. Il suo processo è iniziato il 21febbraio 2025. E’ accusat* di lesioni potenzialmente letali, commesse all’interno di una presunta associazione a delinquere, e rischia fino a 24 anni di carcere duro. Nonostante le terribili condizioni di detenzione, Maja ha rifiutato la proposta di patteggiamento del Pubblico Ministero ungherese e ha ribadito il suo impegno di solidarietà e di lotta. Qui la sua ultima dichiarazione pubblica.   TOBI Tobi è stato arrestato a Budapest nel febbraio 2023 ed è stato condannato a 22 mesi di carcere, dopo aver sottoscritto l’offerta di patteggiamento della procura. Allo scadere della pena in Ungheria, nel dicembre 2024, è stato trasferito nel carcere di Karlsruhe, in Germania, e ora dovrà affrontare il processo per il caso Antifa Ost.   HANNA Hanna è attualmente detenuta a Norimberga. All’inizio di marzo è iniziato, a Monaco di Baviera, il suo processo relativo ai fatti di Budapest – che per lei si svolge in Germania e non in Ungheria – con l’accusa di tentato omicidio e associazione a delinquere.     UN NUOVO CAPITOLO PER SETTE COMPAGN* Il 20 gennaio, sette compagn* (Paul, Nele, Clara, Zaid, Moritz, Luca e Paula), ricercati da oltre un anno, si sono consegnati alle autorità tedesche. Al momento si trovano nelle carceri di Lipsia, Colonia, Amburgo, Chemnitz e Bielefeld, in attesa della decisione delle autorità tedesche sulla richiesta di estradizione formulata dall’Ungheria. L’inizio dei processi non è ancora stato fissato.   FUGGITIV* Alcun* compagn* sono latitanti e a loro va la nostra massima solidarietà e il nostro sostegno!   ILARIA Ila, dopo 16 mesi di detenzione a Budapest, è stata liberata nel giugno 2024 perché eletta al Parlamento europeo. Il governo ungherese ha chiesto al Parlamento di revocarle l’immunità ed è in corso la procedura per decidere in merito. Qualora l’immunità venisse revocata, il processo a suo carico riprenderebbe e Ilaria rischierebbe nuovamente di essere arrestata ed estradata in Ungheria.   GABRI Gabri è attualmente libero in Italia, perché nel marzo del 2024 la corte d’appello di Milano ha respinto la richiesta di estradizione dell’Ungheria a causa delle condizioni disumane di detenzione nelle carceri magiare. Tuttavia, per lui inizierà il processo in contumacia a Budapest il 6 maggio.    
Aggiornamento sul processo di Maja (6 mar 2025)
In occasione della terza udienza del processo, tra i 50 e i 100 nazisti si sono riuniti davanti al tribunale di Budapest, indossando uniformi, portando bandiere e striscioni e filmando i sostenitori di Maja nel tentativo di intimidirli. La maggior parte di loro indossava giacche e bandiere del gruppo neonazista Betyarsereg. La gran parte dei sostenitori è entrata rapidamente in tribunale, mentre quelli che aspettavano altr* compagn* sono stati molestati e presi a sputi dai fascisti che filmavano. Circa 20 di loro sono entrati anche in aula. Tuttavia, li abbiamo superati di 30-40 unità e abbiamo occupato le prime file. Dopo aver ripetuto con forza per quindici minuti le regole del processo (divieto di coprirsi la testa, di gridare, di manifestare solidarietà, ecc) si è entrati nel vivo. In aula era presente anche il noto neonazista Georgy Budahazy, condannato, tra l’altro, per aver commesso attentati incendiari e dinamitardi contro le abitazioni di politici liberali e di sinistra, per aver pianificato un tentato omicidio e per aver ferito gravemente un produttore televisivo. Non solo all’interno dell’aula, ma anche all’esterno, la sorveglianza giudiziaria è stata molto più severa oggi rispetto all’udienza precedente e non è stato possibile avvicinarsi a Maja fuori dall’aula. L’udienza di oggi si è concentrata sull’interrogatorio di tre testimoni. Prima delle loro dichiarazioni, Maja si è ancora una volta rifiutat* di rispondere alle domande, scegliendo invece di leggere una breve dichiarazione in cui ribadiva la mancanza dello stato di diritto in questo processo. Sono state poi interrogate le due presunte vittime, Lazlo Dudog e sua moglie, e una cameriera di un bar vicino al luogo del presunto attacco. Tutte le testimonianze sono state incoerenti e piene di contraddizioni. Ricordiamo che l’intero processo di Budapest, così come l’intero sistema delle lunghissime detenzioni preventive e dei mandati di arresto europei, si basa su queste infami dichiarazioni! Le prossime cinque udienze sono state fissate tra il 4 e il 20 giugno 2025. Siamo riusciti a salutare Maja con forti applausi e canti per la sua libertà. I tre fascisti in aula, con il loro ridicolo canto “Antifa hahaha”, sono stati completamente sovrastati dal nostro rumore. Ai parenti di Maja è stato permesso di parlare con loro solo per due minuti ciascuno, uno alla volta. Tutti gli altri sono stati immediatamente allontanati dal corridoio che circondava l’aula. Dobbiamo e vogliamo essere più preparati ad affrontare situazioni simili in occasione di eventi futuri, e abbiamo bisogno che il maggior numero possibile di persone venga a Budapest per mostrare solidarietà. alcun* antifa presenti
Lettera di Maja, 21 febbraio
Questa è la traduzione della lettera con cui Maja, durante l’udienza del 21 febbraio, ha rifiutato la proposta di patteggiamento del PM ungherese e ha lanciato un messaggio di speranza e di lotta a noi tutt* -------------------------------------------------------------------------------- Sì, ho qualcosa da dire, vorrei parlare con voi, che rappresentate lo Stato ungherese e i suoi cittadini e siete in grado di giudicare a loro nome. Come a tutte le persone che mi ascoltano. So di non essere sol* qui oggi e questo mi riempie di profonda gratitudine. Con la più profonda gratitudine. Non sono nemmeno l’unico imputato in questo processo, la repressione ha una continuità opprimente. Ma quello che ho letto oggi parla solo per me, tutto il resto mi è sembrato presuntuoso. Una cosa voglio dire con certezza: non sarei qui oggi se non conoscessi i tanti cuori ardenti di umanità e solidarietà. Quindi eccomi qui, incatenat* e accusat* in un Paese per il quale io, in quanto essere umano non binario, come Maja, non esisto. È uno Stato che esclude apertamente le persone a causa della loro sessualità o del loro genere. Sono accusat* da uno Stato europeo perché sono antifascista. Nonostante questo, ho deciso di parlare perché sono qui oggi perché otto mesi fa sono stata rapit* con un atto di violazione della legge e sono stata estradat* qui dalla Germania e sono stato estradat* qui – da un Paese la cui costituzione prometteva di rispettare e proteggere la mia dignità, ma i cui presunti organi costituzionali hanno scavalcato la più alta corte tedesca, sapendo che stavano agendo illegalmente e che io ero minacciata qui. Mi hanno portato in un Paese il cui impegno nei confronti dei diritti umani e dei principi democratici stanno già svanendo sulla carta e le cui prigioni sono piene di persone che che osano difendere l’autodeterminazione di tutti i popoli, che osano promettere “Mai più fascismo”. Sono consapevole di essere qui perché la mia nascita portava con sé una promessa da cui sono cresciut*, è la promessa di essere umano. Non è cresciuta da sola: mai completamente libera, privilegiata eppure piena di sofferenza, sempre alla ricerca di come poterla realizzare, che ciò che nessun diavolo può compiere non si ripeta mai più. Solo l’uomo era ed è capace di questo uomo, per cui ancora oggi crea strutture statali totalitarie, oppressive e distruttive, guidato dall’odio e dall’invidia, fuggendo dall’imperfezione. L’uomo ha creato la Shoa e più atrocità di quante ne dia il cielo con le sue stelle, pur non perdendo mai la speranza di un domani di pace. Sono accusat* da una Procura che è in grado di riconoscere l’odio fiammeggiante dentro di me odio dentro di me, mentre vedono in quelle persone che esaltano gli autori e i crimini dell’Olocausto come una minoranza da proteggere. È quindi essenziale chiarire che la Procura sostiene che io abbia aggredito fisicamente delle persone che che erano venute in questa città due anni fa per partecipare al cosiddetto “Giornate dell’Onore”. Si tratta di giornate di manifestazioni, passeggiate e concerti che servono come incontro internazionale per gli di estremisti di destra, legittimati e promossi da attori statali. Lì persone si riuniscono per venerare orgogliosamente e apertamente le strade percorse un tempo dai fascisti tedeschi e ungheresi. I fascisti tedeschi e ungheresi scelsero un tempo di fuggire dalle loro responsabilità di assassini. Festeggiano ai concerti di gruppi musicali profondamente razzisti e antisemiti che incitano all’odio e alla violenza e donano denaro a reti terroristiche di destra come “Blood and Honour”. E ora siamo qui riuniti per preparare un processo in cui sono già stato condannat*, in cui la detenzione è già l’esecuzione di una pena, come lo sono stato io. Da otto mesi mi trovo di fronte a condizioni di detenzione che violano le garanzie dell’Ungheria. Non vengono rispettate né le “Regole penitenziarie europee” né le “Regole di Nelson Mandela” delle Nazioni Unite. Ciò è avvenuto sottoponendomi a un isolamento continuo e prolungato, in particolare a meno di 30 minuti di contatto umano al giorno, per oltre 200 giorni. È una detenzione preventiva in cui non mi è permesso studiare, non mi è permesso lavorare, non mi sono stati dati abbastanza libri, non mi sono stati dati gli integratori vitaminici necessari o le visite mediche tempestive, non c’è luce sufficiente e cibo sano. Sono stat* consegnaté a un carcere che impone misure di sicurezza umilianti e degradanti per le quali non c’è ancora alcuna giustificazione o spiegazione. Quando glielo si chiede, restano in silenzio e così ho dovuto portare le manette anche in cella, durante le visite ufficiali o le chiamate via Skype. Ero ormai costrett* da diverse decine di persone a spogliarmi nudo davanti a loro e non osavo ancora cambiarmi nella mia cella per la vergogna, visto che una telecamera era appesa lì illegalmente da tre mesi. Le cimici e gli scarafaggi rimangono ancora oggi, così come la luce dei controlli orari che mi tolgono il sonno di notte. Sonno in cui sogno di poter finalmente stringere tra le braccia la mia famiglia, persone al cui fianco non mi è stato permesso di elaborare il lutto e che mi è consentito vedere dietro a lastre di plexiglass solo per due ore al mese. Oggi sono qui e sto già subendo danni fisici e mentali. La mia vista si sta affievolendo e il mio corpo è esausto, mentre il carcere mi costringe a parlare da solo, vietandomi un contatto sufficiente con i compagni di detenzione a causa della mia identità queer, il cui unico scopo è punirmi e impedirmi di essere viv*. Non è solo il sistema giudiziario ungherese a essere responsabile di tutto ciò, ma anche, contrariamente alle loro affermazioni, ogni tribunale che ha prolungato la mia detenzione. L’ultima volta l’hanno fatto per i prossimi 2,5 anni o fino alla fine di questo processo. Ci sono ragioni per cui oggi sono seduto qui da sol* sul banco degli imputati, perché la magistratura ungherese ha ormai perso ogni credibilità e altri tribunali europei si rifiutano di collaborare. Questa è la cosa giusta da fare. Questo processo contro di me avrebbe dovuto svolgersi anche in Germania, insieme a tutti gli altri imputati, dove avrei potuto difendermi e prepararmi, e mi aspetto che finalmente si ponga fine a tutto questo, che io possa prepararmi a un processo su un piano di parità, senza essere privat* di alcuna opportunità di autosviluppo, e che non venga più punito con una disumana detenzione in isolamento, che lascia dietro di sé danni a lungo termine che stanno già fiaccando le mie forze. Non sono solo le condizioni di detenzione a creare una punizione da condannare, ma anche il fatto che non esiste un rischio oggettivo di fuga o di recidiva. Non sono mai stato informato dalle autorità tedesche o ungheresi del mandato di cattura emesso un mese prima del mio arresto, né ho mai manifestato l’intenzione di sottrarmi a qualsiasi procedimento. Vorrei precisare che dovrei difendermi da presunte prove che non mi è stato permesso di vedere. Ancora oggi mi manca il materiale completo del fascicolo, dovrei difendermi da un atto di accusa le cui montagne di documenti non sono state tradotte per me, la maggior parte delle quali ho ricevuto solo in ungherese. Avrei dovuto prepararmi da solo mentre i miei avvocati venivano ripetutamente respinti al cancello della prigione, avvocati ai quali non è stato permesso di mostrarmi i fascicoli e che ora si aspettano che io commenti un atto d’accusa che consiste in mere ipotesi…! In cui non riesco a trovare una sola parola che delinei la mia vita, la mia personalità e che sia basata su fatti, né tanto meno che spieghi come nasce l’accusa di far parte di un’organizzazione criminale. Vi aspettate davvero che io faccia mie queste accuse, che le confessi e che poi mi faccia rinchiudere dietro le sbarre per il periodo della mia giovinezza appena trascorso? Per 14 anni nel più severo regime carcerario, senza possibilità di libertà vigilata, solo per risparmiarvi l’imbarazzo di veder crollare le vostre fragili sentenze per mancanza di credibilità. Caro pubblico ministero, sii onesto, speri che l’isolamento mi faccia morire di fame e costringa a una sentenza senza processo. Devo rendermi conto che sono stat* imprigionat* per 14 mesi, privat* della mia vita precedente dall’11 dicembre 2023, privat* della possibilità di iniziare i miei studi e continuare il mio lavoro, privato della mia famiglia, privato della possibilità di sostenerla e di partecipare a una società alla quale voglio contribuire. Privato del bisogno di svilupparmi e realizzarmi come essere umano. Mi è stato tolto tutto questo con l’obiettivo di distruggermi come persona politica. Ma ho ancora le parole che scrivo e parlo, e non smetterò di farlo finché sarò e penserò.   Così ho scritto anche un atto di accusa, che racconta ciò che ho vissuto l’anno scorso, mi ha aiutato a sopportare le ferite e si ritrova in parte in ciò che presento qui. Taccio i suoi dettagli angoscianti, perché oggi e in questo processo si tratta di molto più che di me stess*. Si tratta di capire in che tipo di società vogliamo vivere e se possiamo accettare un’azione governativa che contraddice i nostri valori morali. Non sono di casa in questo Paese, né sono riuscito a imparare la sua lingua. Ma so cosa fa ai suoi cittadini, ho sentito come tratta le persone che sono indifese alla sua mercé. Sì, ho sentito le urla e i colpi provenienti dalle altre celle, i lamenti e i pianti, la rabbia e la disperazione che col tempo perdono ogni melodia umana. Ho visto sguardi smarriti e spaventati, ho sentito parole sprezzanti che nascono quando le persone creano sistemi e luoghi in cui cercano di togliere il libero arbitrio agli altri per creare e riempire il potere degli altri con parole giudicanti e azioni punitive. Ho visto le carceri in Germania e in Ungheria e vorrei dire che qui le persone vengono derubate della loro dignità, indipendentemente dal fatto che siano sorvegliate o meno. Non posso avere la presunzione di giudicare le persone che ho incontrato lì, so solo che qui la società sta fallendo. Consapevole di ciò, non posso negare i momenti in cui mi siedo alla scrivania della mia cella e mi sembra impossibile tenere con me la bellezza del mondo, la mia mente si limita a seguire la sofferenza dei compagni di prigionia, interrotta dal pulsare delle mie stesse ferite. Fugge dall’impotenza, si perde nel sentimento di impotenza, strappato dal mio corpo, strappato da ieri e da domani, allora vedo solo ciò che al momento sembra irraggiungibile, ma da cui germoglia per me l’umanità, l’eredità di cercare un terreno comune con l’altro senza giudicare l’essere umano per il suo essere, il suo corpo e le sue capacità, cercando di creare insieme qualcosa di valore senza sfruttare e opprimere, sapendo perdonare i fallimenti senza tacere e infine meravigliandosi di come da tutto questo germogli la fiducia in un domani prossimo e pacifico. Ma le lacrime di dolore si attenuano, al più tardi quando leggo le vostre lettere, quando il giornale mi parla del mondo e apprendo che le loro utopie sono preservate da persone. Persone che non sono abbandonate da valori morali evidenti, che sono pronte a difenderli e a crearli, che non riescono a distogliere lo sguardo da chi commette atrocità, che cercano l’imperfezione umana, che non paralizza né abbruttisce, ma che invece vive in un tentativo di creatività e solidarietà, cercando una via d’uscita dalla violenza guidata dal potere, dall’avidità e dalla compiacenza. Ammiro ogni persona comune che cerca di cogliere la complessità del nostro mondo e agisce dove sembra umanamente possibile. Voglio condividere il cammino con chi dubita, senza scambiare la propria moralità e tenerezza con ingannevoli promesse di felicità individuale. Rispetto tutti coloro che cercano di comprendere l’umanità come un tutt’uno e riescono a non perdere di vista l’unicità di ogni persona, che è germogliata da ciò che ha vissuto. Non è un’esistenza perfetta – no, falliamo, non possiamo sfuggire a noi stessi o al mondo. Ma siamo in grado di agire, possiamo imparare a fidarci l’uno dell’altro e di noi stessi, siamo in grado di crescere oltre noi stessi quando cerchiamo di capire, comprendere e decidere a partire dall’impulso dell’umanità, siamo in grado di aiutare dove c’è un incendio, dove manca la protezione e le persone fuggono, possiamo condividere e stare dove il dolore e la sofferenza sono più grandi, sapendo sempre che non siamo soli. Ora nemmeno io riesco a evitare che gli occhi mi facciano sempre più spesso male, che si chiudano per la stanchezza e che i sensi vengano meno. Ma anche con le palpebre chiuse, non posso sfuggire al fatto che guerre, fame, distruzione dell’ambiente e distribuzione ingiusta continuano a creare realtà dolorose. In Europa infuria ancora una guerra di aggressione ed è impossibile ignorare il fatto che il fascismo e i suoi seguaci stanno nuovamente mettendo radici, sia in un continente apparentemente lontano che nel giardino vicino. I desideri totalitari e gli intrecci autoritari nelle nostre società, l’emarginazione e l’isolamento stanno vivendo una rinascita. Mi chiedo cosa accadrebbe se ognuno si salvasse da solo. È così che sfuggiamo alla nostra impotenza collettiva? Dove ci lasciamo guidare dalla paura e dalla disperazione? Nelle ultime settimane ho sperimentato personalmente come queste possano paralizzare la mia mente e il mio corpo, come mi abbiano spinto ad appendere le mie speranze e ad allontanarmi dalla vita. Ma poi ho visto spuntare una tenera pianta in un luogo dove per mesi non è caduto il sole, sapendo che l’inverno sarebbe passato. Al suo fianco, ho dovuto ammettere a me stess* che – per quanto infernale sia questo posto sulla terra – i fiori possono crescere lì, nelle crepe del muro o nel mio essere. Non ci vuole molto, ma prima la fiducia che il coraggio e la fiducia creano grandi cose dalle piccole cose, perché da esse nasce la resilienza contro l’attesa di giorni migliori, in cui sperimentiamo che ogni nostra azione determina ciò che si ramifica nel nostro giardino davanti a noi e fiorisce nei prossimi giorni di primavera. Spesso non so come, so solo che è necessario osare e, se siamo onesti, sappiamo che è possibile incontrando persone sconosciute come noi. Oggi ho visto alcuni dei vostri volti, ho letto dei vostri sogni, ho potuto condividere tempi di vita, sentirmi solidale, ammirarvi e invidiarvi mentre vi battete per un’umanità che resiste, supera i confini arrugginiti del ferro freddo della parola e del pensiero e si dispiega nell’essere queer, nell’amore, nell’autoemancipazione femminista di un’umanità senza confini e in tutte le lotte emancipatorie per la giustizia tra tutte le persone. Ora la mia parola per oggi finirà presto, se necessario la contraddirò, soprattutto se si continua a mettermi in catene, a rinchiudermi e a cercare di spezzare la mia dignità con la forza. Perché sì, oggi si tratta ancora della questione di una procedura costituzionale, della questione di come sia possibile che io sia esposto a queste condizioni di detenzione e che si cerchi di punirmi in questo modo umiliante e offensivo. Tuttavia, non è nelle mie mani cambiare la situazione. Le autorità tedesche mi hanno estradato e non hanno rispettato la loro massima corte, l’Ungheria sta violando le garanzie e la legge europea, dimostrando ancora una volta come si stia allontanando dai presunti valori democratici. Non mi resta che denunciare tutto questo, oppormi e fare appello a tutti affinché facciano lo stesso. So che l’esperienza di tutto questo non è solo mia e quindi spero che le mie parole arrivino anche a tutti coloro che sono perseguitati e imprigionati per essersi opposti all’estremismo di destra, al fascismo, al patriarcato, allo sfruttamento della natura e delle persone, alla violenza strutturale e razzista e alla repressione, per aver creato alternative e per l’emancipazione, l’esistenza queer e una vita dignitosa per tutti. Non ci vuole molto, ma prima la fiducia che il coraggio e la fiducia creano grandi cose dalle piccole cose, perché da esse nasce la resilienza contro l’attesa di giorni migliori, in cui sperimentiamo che ogni nostra azione determina ciò che si ramifica nel nostro giardino davanti a noi e fiorisce nei prossimi giorni di primavera. E a tutti gli altri, voglio esprimere la mia sincera gratitudine per aver trovato il tempo di ascoltarmi. Maja