Source - Free All ANTIFAS – Italy

Campagna di solidarietà internazionale antifascista contro la repressione per i fatti di Budapest '23

Aggiornamento sulla casa di solidarietà
Uno degli strumenti fondamentali nel supporto agli antifascisti/e colpiti dalla repressione per le contromanifestazioni svoltesi a Budapest nel febbraio 2023, in occasione delle Giornate dell’Onore, è stata ed è tuttora la cassa di solidarietà. Oltre a iniziative, dibattiti, presidi, manifestazioni di solidarietà e prese di posizione pubbliche è stato ed è necessario anche venire incontro ai bisogni materiali degli imputati/e. Per questo già dal 2023 i vari collettivi e realtà a supporto dei prigionieri/e si sono attivat* per raccogliere fondi a sostegno delle varie spese. Fino ad oggi la cassa si è appoggiata al conto delle Brigate di Solidarietà attiva. COME Prima di cominciare: ad oggi sono stati raccolti 87.000 euro. Nel 2024 è stata aperta una raccolta fondi pubblica con il principale scopo di ottenere i soldi necessari al pagamento della cauzione di Ilaria Salis, fissata dal tribunale ungherese a 40.000 euro, obbiettivo pienamente raggiunto. Per questo l’Associazione di volontariato Brigate Volontarie per l’Emergenza ha aperto e messo a disposizione un conto totalmente dedicato, sul quale sono confluite donazioni e i fondi raccolti tramite il crowdfunding pubblico di Produzioni dal Basso. Il crowdfunding è stato sospeso a maggio del 2024 quando Ilaria ha deciso di candidarsi alle elezioni europee e la raccolta si è trasformata in una cassa collettiva per tutte le persone imputate nel procedimento, tuttora attiva. Tramite la vendita dei fumetti Questa notte non sarà breve e da Dicembre 2025 Nel nido dei Serpenti di Zerocalcare edito da Momo edizioni e Bao, il cui intero ricavato, tolte le spese di produzione, sarà versato nella cassa comune. QUALI SPESE SONO STATE SOSTENUTE Con particolare riferimento agli imputati italiani, Gabriele, Gino e Ilaria, sono state sostenute le seguenti spese: Legali. Basti pensare che fino ad ora è stato  necessario coinvolgere nella difesa un pool di oltre 10 avvocati, tra Italia, Francia, Ungheria, Germania ed esperti di Cedu (Corte europea per i diritti dell’uomo). Oltre ad onorari e consulenze la cassa ha coperto anche spese di viaggio, dovendo gli avvocati italiani presenziare alle udienze in Ungheria (per Ilaria) e in Francia (per Gino) ed essendo fondamentale uno stretto coordinamento tra legali di vari Paesi. Spese tecniche per la difesa, come la traduzione giurata in italiano di centinaia di pagine di atti processuali, fondamentale per rendere comprensibile agli arrestati e agli avvocati la loro posizione e per costruirne la difesa. Traduzione che non è stata in alcun modo fornita dal tribunale ungherese. Sostegno materiale in carcere ad arrestat*, tramite l’invio periodico di pacchi contenenti beni necessari: vestiti, prodotti di igiene personale, libri, ecc. Invio periodico di soldi in carcere per permettere ai detenuti di acquistare prodotti alimentari. Sostegno ai famigliari delle persone recluse: spese di viaggio necessarie ai genitori degli arrestati per recarsi alle visite e alle udienze. Sostentamento delle spese per gli arrestati sottoposti a detenzione domiciliare e quindi impossibilitati a lavorare. MA COME SAPPIAMO QUESTA NOTTE NON SARÀ BREVE…
Solidali e antifascist* con le nostr* compagn* ungheresi
Traduzione dell’articolo del blog AFA Europe: https://afaeurope.noblogs.org/?p=225 Mentre l’Ungheria, sotto Viktor Orbán, inserisce l’organizzazione “Antifa” tra i “gruppi terroristici”, estremisti di destra tedeschi e internazionali stanno già preparando la prossima grande marcia fascista per il “Giorno dell’Onore” nel febbraio 2026… Cosa è successo: Il governo ungherese ha dichiarato l’“Antifa” un’associazione terroristica. Il 26 settembre 2025 il relativo decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale “Magyar Közlöny”: Decreto governativo 297/2025 (IX. 26.) “sulle regole per le misure contro determinate persone e organizzazioni nella lotta al terrorismo in situazioni di pericolo”. Il decreto elenca – come presunta prova della pericolosità – alcune azioni antifasciste degli ultimi anni in Italia, Francia e Germania. Per la Francia, ad esempio, vengono citate proteste attribuite all’“Offensive Révolutionnaire Antifasciste”. Si menzionano anche azioni di solidarietà per gli antifascisti detenuti a Budapest, come vernice e vetri rotti all’edificio dell’istituto culturale nazionalista “Collegium Hungaricum” a Berlino nel gennaio 2024, classificati come “grave danneggiamento”, oppure l’occupazione solidale del consolato onorario ungherese a Venezia nel febbraio 2024. Naturalmente vengono citati anche gli episodi di febbraio 2023 a Budapest attualmente oggetto di processo in Ungheria e Germania tra cui anche il caso di Maja. (https://www.basc.news/die-vermeintlichen-opfer-im-budapest-verfahren/) Dopo questa lunga e mal documentata premessa, vengono nominate due organizzazioni come nuove associazioni terroristiche vietate: la “Gruppierung Antifa” (formulazione volutamente generica…) e la “Hammerbande / Antifa Ost”. Non è ancora chiaro cosa significhi concretamente. Formalmente sono possibili sanzioni finanziarie, divieti di espatrio o rifiuti di ingresso per persone ritenute collegate alle organizzazioni citate. I pochi media critici ungheresi parlano di “liste nere”. La classificazione terroristica può essere richiesta dal Ministro per la lotta al terrorismo (Sándor Pintér) o dal Ministro della giustizia (Bence Tuzson) sulla base di segnalazioni della polizia, dell’autorità nazionale delle dogane e delle imposte o del centro nazionale di informazione. Può essere considerato “terrorista” chiunque sia collegato alle attività di un gruppo presente nella lista e per cui si ritenga esista “il pericolo di compiere atti terroristici” – un chiaro diritto penale del nemico, basato su sospetti vaghi e utilizzato come intimidazione politica contro tutto ciò che è di sinistra. Orbán stesso, nel suo consueto intervento radiofonico settimanale, ha dichiarato che “l’Antifa e le sue sotto-organizzazioni” sono organizzazioni terroristiche e che il governo deve assumere un “ruolo di avanguardia”. Ha parlato di necessarie “misure di ritorsione”. Anche se gli attori nominati non avessero ancora commesso crimini, bisognerebbe agire contro di loro “prima che li commettano”, ha aggiunto. (https://hvg.hu/itthon/20250926_Megjelent-a-nemzeti-terrorszervezet-rendelet-a-Mi-Hazank-2-eve-meg-leszavazott-otletet-adja-elo-sajat-vivmanyakent-Orban-ebx) Questo atto politico-amministrativo contro gli antifascisti non avviene nel vuoto: poco prima Donald Trump, dopo la sparatoria mortale contro l’estremista di destra Charlie Kirk negli USA il 10 settembre, aveva annunciato l’intenzione di classificare “l’Antifa” come organizzazione terroristica. Successivamente il ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó ha chiesto all’UE di adottare una simile classificazione a livello europeo. L’Ungheria diventa così il primo governo europeo a seguire le orme di Trump, ordinando misure contro “l’Antifa” – anche se di “concreto” c’è ben poco… [Ndr vedi aggiornamenti: https://freeallantifas.noblogs.org/ieri-banditi-oggi-terroristi/] Dalla destra estrema fino alla cosiddetta “centro” La richiesta di classificare il movimento “Antifa” come organizzazione terroristica era già stata avanzata nel 2023 dal partito fascista “Mi Hazánk”. All’epoca il partito di governo “Fidesz” non l’aveva nemmeno inserita all’ordine del giorno per motivi giuridici. Qui si manifesta un tipico processo di conquista del potere da parte della destra: rivendicazioni prima limitate ai partiti di estrema destra vengono gradualmente adottate da populisti e conservatori, scivolando così sempre più nel mainstream. Va ricordato anche che nell’aprile 2023 il terrorista di destra ungherese György Budaházy, condannato a una lunga pena detentiva, era stato graziato dall’allora presidente Katalin Novák. Antifascismo – ora più che mai! Non possiamo ancora valutare con precisione cosa significherà questa nuova politica. Le nostre compagne e i nostri compagni ungheresi hanno già lunga esperienza nel fare politica di sinistra in un sistema repressivo di destra. La reazione al divieto del Pride ungherese a Budapest nell’estate 2025 è stata un’esperienza potente e commovente: nonostante minacce di sanzioni e l’annuncio di identificare i partecipanti tramite software di riconoscimento facciale, centomila persone hanno riempito le strade di Budapest con i colori dell’arcobaleno. La repressione e l’intimidazione hanno un effetto, ma non portano automaticamente a letargia e paura: esistono sempre anche ribellione, coraggio e resistenza creativa. Come antifascisti tedeschi e internazionali ci sentiamo ancora responsabili di agire insieme e in solidarietà con i nostri compagni sul posto – contro la repressione, ma soprattutto contro il fascismo, che lì viene regolarmente portato in strada dai neonazisti tedeschi. Anche nel febbraio 2026 migliaia di estremisti di destra “celebreranno” il revisionista “Giorno dell’Onore” a Budapest. Ciò significa: fascisti in tutta la città, commemorazioni naziste con fiaccole e candele, la tradizionale marcia lungo la “rotta di fuga” del ’45 dei soldati nazisti tedeschi dalla Armata Rossa, concerti di musica di destra, ecc. Dal 1997 queste commemorazioni si svolgono, dal 2003 organizzate dal ramo ungherese di Blood & Honour, poi dal gruppo paramilitare Légió Hungária. Anche lo Stato utilizza il “Giorno dell’Onore” come narrazione nazionalista per mantenere vivo il mito vittimista dell’Ungheria. Si tace però sul fatto che l’Ungheria collaborò con la Germania nazista e che con i Croci Frecciati ebbe un proprio partito fascista, che organizzò attivamente la deportazione degli ebrei ungheresi. Negli anni il “Giorno dell’Onore” si è trasformato in un weekend-evento della scena di destra. Nel 2025 hanno partecipato molte note organizzazioni neonaziste internazionali: “Nacionalisté” dalla Repubblica Ceca, “Der III. Weg”, “Die Rechte”, “Freie Sachsen”, “Junge Nationalisten” dalla Germania, “Blood & Honour Switzerland”, “Infokanal Deutschösterreich”, “Division Wien”, il movimento giovanile ungherese delle 64 contee HVIM, “Kameradschaft Gemeinschaft der Wölfe”, “Betyársereg”, “Légió Hungária” e molti altri. Il culto fascista della morte e la glorificazione nazista si daranno di nuovo la mano nel febbraio 2026. Allo stesso tempo, i nazionalisti partecipanti da tutta Europa useranno gli eventi per fare rete e rafforzare il movimento di destra a livello internazionale. Per questo è tanto più importante che ogni anno ci sia una resistenza antifascista stabile! Lo faremo anche nel 2026. Osserveremo e analizzeremo gli sviluppi. Non ci lasceremo intimidire, ma non agiremo nemmeno in modo cieco e ottuso: agiremo insieme e in solidarietà. Conclusione – la parola d’ordine dalla chiamata del 2025 delle nostre compagne e compagni ungheresi: “Chi tace è complice! Se sei contro la glorificazione dei nazisti, se non vuoi vedere soldati nazisti marciare per le strade, allora vieni a protestare contro il ritorno del fascismo. Nessuno spazio al fascismo!”
IERI BANDITI, OGGI TERRORISTI
Due riflessioni a margine dell’iscrizione di movimenti rivoluzionari nelle liste terroristiche. Cattivi pensieri, fanno il giro del mondo e poi ritornano. Dopo l’omicidio dell’influencer suprematista Charlie Kirk per mano di un cane sciolto dalle idee ambigue, il Dipartimento di Stato USA ha preso la palla al balzo per iscrivere la sigla ANTIFA nelle liste terroristiche (https://www.state.gov/releases/office-of-the-spokesperson/2025/11/terrorist-designations-of-antifa-ost-and-three-other-violent-antifa-groups/). Era dal 2020, quando gli USA erano squassati dalle rivolte a seguito dell’assassinio poliziesco di George Floyd, che Trump serbava questo desiderio, e questo settembre è riuscito a realizzarlo per decreto. A seguire, ha fatto lo stesso il suo triste clone Viktor Orban, motivando la sua decisione con i fatti del “Processo di Budapest”. È notizia di settimana scorsa, la decisione di Marco Rubio di mettere nella lista anche quattro organizzazioni europee: FAI/FRI per l’Italia, Antifa Ost per la Germania, e i due gruppi militanti greci “Giustizia Proletaria Armata” e “Autodifesa di Classe Rivoluzionaria”. La natura strumentale di questo provvedimento emerge già dalle sigle nominate. FAI/FRI è stata una firma anarchica informale, che pertanto rifiutava di identificarsi come organizzazione, inattiva da diversi anni, mentre “Antifa Ost” è un teorema giudiziario che ad oggi non trova riscontri fattuali sull’essere un gruppo strutturato. Ma appunto, i cattivi pensieri fanno il giro del mondo e poi ritornano, e quindi guardando il passato possiamo arguire che abbiamo già vissuto tutto questo. Nel biennio 1919–1920, mentre l’Europa è attraversata da rivolte operaie e dall’ombra lunga della rivoluzione sovietica, gli Stati Uniti reagiscono con quello che passerà alla storia come “Red Scare”. L’assioma ideologico vigente è che se il conflitto sociale cresce, non è perché milioni di lavoratori vivono condizioni insostenibili, ma perché un “virus rosso” li agita. Le mobilitazioni sindacali, gli scioperi generali, le lotte nei porti e nelle fabbriche non vengono letti come espressioni di tensioni strutturali del capitalismo americano, ma come avvisaglie di una rivoluzione eterodiretta. Così l’intero apparato statale si ricompatta intorno a una funzione precisa: difendere il capitale sotto la bandiera della sicurezza nazionale. La violenza poliziesca, le deportazioni, la criminalizzazione degli stranieri stabiliscono la repressione preventiva come metodo di governo, così da sterilizzare l’idea stessa che il mondo del lavoro possa organizzarsi come soggetto. E infatti il Red Scare opera soprattutto sul piano simbolico: costruisce una narrativa in cui ogni forma di conflitto diventa minaccia, ogni tentativo di autogestione diventa infiltrazione, ogni sindacato combattivo diventa “agente del caos”. Ciò che rimane, alla fine, è la prova generale di un dispositivo storico che si sta ripetendo proprio ora: quando il capitalismo attraversa una fase di instabilità e deve per forza di cose aprire una fase imperialista per ristrutturarsi, si inventa il “nemico interno” per disciplinare il corpo sociale. Oggi, il fatto che la potenza imperialista egemone criminalizzi l’antifascismo militante è un modo per dare mandato agli imperialismi subalterni d’Europa di stringere il nodo scorsoio della repressione sulle organizzazioni conflittuali. I grandi blocchi e scioperi in solidarietà al popolo palestinese che hanno attraversato vari Paesi europei, Italia in primis, questo autunno sono stati l’avvisaglia che le masse possono reagire alle decisioni della classe dominante e quest’ultima, con l’orizzonte ormai quasi certo della guerra guerreggiata contro le potenze emergenti, non si può permettere un fronte interno. Il nodo intorno alle nostre gole si stringerà sempre di più, ma oltre a contrastarlo materialmente, è utile anche disvelare il carattere fittizio di questi ridicoli provvedimenti. Il dominio non teme il terrorismo, spauracchio agitato per giustificare lo stato d’eccezione permanente, ma l’organizzazione della classe che abolisce lo stato di cose presente. I servi del denaro sono i veri banditi. Free All Antifas – Italy
Processo di Budapest: l’estradizione di Zaid, inseguito da tutta la polizia d’Europa per il suo antifascismo
Traduzione dell’intervista a Zaid comparsa su Contre-Attaque Il ritratto di Zaid e la sua citazione: «Vorrei poter decidere autonomamente della mia vita. Per due anni sono stato nascosto o in prigione, e la mia vita è stata messa tra parentesi». La caccia agli antifascisti continua in tutta Europa a seguito di una rissa avvenuta in Ungheria più di due anni fa. Questa persecuzione politica deve preoccuparci e mobilitarci, perché riguarda tutti noi. Dimostra che tutte le forze di polizia europee sono già pronte a coordinarsi, su richiesta di un regime autoritario, per dare la caccia a persone la cui unica colpa è quella di essersi opposte ai neonazisti. Abbiamo incontrato Zaid, che è tra le persone perseguite e che attualmente è rifugiato in Francia. L’Ungheria di Viktor Orban, presidente di estrema destra, amico di Trump e Putin, ne chiede l’estradizione. E la giustizia francese dovrà pronunciarsi il 12 novembre. È quindi imperativo far conoscere la sua storia. Zaid è uno dei sospetti identificati durante le indagini ed è ricercato con un mandato d’arresto europeo. È perseguito per “aggressione fisica”, “partecipazione a un’organizzazione criminale” e “tentato omicidio”. Il giovane che ci accoglie con un ampio sorriso ha un percorso singolare: aveva 19 anni al momento dei fatti, è nato in una famiglia siriana e palestinese e ha trascorso la sua infanzia in Siria, prima di rifugiarsi in Germania all’età di 11 anni, durante la guerra civile siriana. Al suo arrivo, «impara il tedesco ascoltando la musica», continua gli studi e si impegna politicamente fin dall’adolescenza in particolare contro l’estrema destra. Ad oggi, Zaid non ha ancora la cittadinanza tedesca, ma lo status di rifugiato. A partire dal 2023, la macchina si mette in moto: «È stato molto veloce», spiega Zaid, «i giornali tedeschi hanno pubblicato le foto e i nomi dei sospetti ricercati». Ma non il suo, almeno all’inizio. Qualche settimana dopo, il suo nome finisce per comparire nell’indagine. «A marzo sono state effettuate perquisizioni in diversi luoghi, ho iniziato a nascondermi. Mi rifiutavo di essere mandato in Ungheria, dove le condizioni di detenzione sono molto dure». La polizia tedesca ha finito per presentarsi a casa dei suoi genitori con un mandato nel novembre 2023. «Io non c’ero». Alcuni antifascisti vengono arrestati mentre sono in fuga. Altri si consegnano alle autorità tedesche e vengono estradati in Ungheria. «La giustizia è stata molto severa», spiega Zaid, che cita il caso di Maja, una persona non binaria, attualmente detenuta in Ungheria e vittima di maltrattamenti in carcere. «Lo Stato tedesco l’ha estradata poco prima della decisione della Corte Suprema, che ha annullato l’estradizione quando l’elicottero era già decollato da un’ora. La polizia tedesca ha detto ‘è troppo tardi’. La stampa ha riconosciuto che questa estradizione era illegale, ma Maja era già in Ungheria”, racconta Zaid. In Germania, questo caso fa regolarmente notizia e dimostra quanto le autorità collaborino già con un regime di estrema destra. Nel Paese si organizza quindi una campagna di sostegno. Stanchi di essere perseguitati a febbraio del 2025, otto antifascisti si recano alla stazione di polizia, tra cui Zaid. «Siamo stati messi in prigione. Una compagna, Hanna, ha ricevuto una condanna a cinque anni di reclusione, mentre il pubblico ministero ne chiedeva nove. Ha paragonato le sue azioni al “terrorismo”». Il procedimento giudiziario è tentacolare e diversi processi si svolgono a ondate, con una durata prevista di anni. Da parte ungherese, le condizioni di detenzione sono terribili e le autorità pronunciano pene detentive enormi. Ad esempio, hanno proposto un accordo a Maja: 14 anni di carcere in cambio di una dichiarazione di colpevolezza, ma lei ha rifiutato. A Budapest, la giustizia intende anche aggravare la pena di alcuni sospetti, aggiungendo condanne per atti militanti precedenti. Tutto questo per una semplice rissa contro dei neonazisti, ricordiamolo. «Per quanto mi riguarda, il mio avvocato ha fatto un ottimo lavoro e sono uscito dopo 108 giorni di carcere», continua Zaid, sempre sorridente. «Dietro le sbarre ho fatto molto sport per mantenermi in forma, ho suonato con altri detenuti, è stata una bella esperienza politica. C’è un potenziale politico interessante nelle carceri». Una volta fuori, vuole evitare che il procedimento venga esaminato in Germania, poiché il Paese ha estradato illegalmente in Ungheria alcuni imputati. Due casi gli danno un po’ di speranza. Nel marzo 2024, la giustizia italiana si oppone all’estradizione di Gabriele Marchesi in Ungheria, ritenendo che l’Ungheria non offra garanzie per un processo equo e una detenzione in condizioni accettabili. Nell’aprile 2025, Gino, un antifascista albanese ricercato nell’ambito di questo caso, viene arrestato in Francia e incarcerato a Fresne. A seguito di un’intensa campagna di sostegno, anche lui ottiene che la giustizia francese blocchi la sua estradizione in Ungheria. Con questi esempi in mente, Zaid si reca in Francia nell’ottobre 2025 e si presenta alle autorità per essere processato qui. Da allora, il suo passaporto è stato confiscato e deve presentarsi alla stazione di polizia. Sarà quindi la giustizia francese a esaminare le richieste di estradizione dell’Ungheria, il 12 novembre. Per decidere, la Francia chiede all’Ungheria garanzie sulle condizioni carcerarie e sull’equità dei processi, ma ovviamente «l’Ungheria mente, per ottenere l’estradizione». Da qui a quella data, è quindi urgente dare risalto mediatico al caso di Zaid, mobilitare l’opinione pubblica per impedire la sua estradizione ed esigere la cessazione di tutte le azioni legali relative a questo scandaloso caso. Mentre l’estrema destra moltiplica le violenze in tutta Europa e si prepara alla guerra civile, sono gli antifascisti ad essere perseguitati! «Vorrei che si parlasse del mio caso. Gli antifascisti e le loro idee subiscono una repressione sempre più forte. Vorrei poter decidere autonomamente della mia vita, trovare un lavoro, un alloggio. Per due anni sono stato nascosto o in prigione, e la mia vita è stata messa in pausa», lamenta Zaid. Una richiesta che solo la nostra solidarietà con Zaid e con le persone represse nel caso di Budapest può soddisfare. #FreeZaid #FreeAllAntifas
Sulla criminalizzazione del movimento Antifa in Ungheria – ovvero come vanno a braccetto Stato e fascismo
Traduciamo e diffondiamo questo articolo pubblicato su basc.news l’8 ottobre: Alla fine di settembre 2025, l’Ungheria, seguendo il modello statunitense, ha inserito il movimento Antifa in una nuova lista di organizzazioni terroristiche. Questa mossa è profondamente antidemocratica e autoritaria e dimostra ancora una volta quanto sia a destra il governo Fidesz di Budapest. L’obiettivo evidente dell’Ungheria è criminalizzare la sinistra antifascista. L’obiettivo, secondo Orbán, è consentire il perseguimento penale degli attivisti antifascisti, anche se non hanno commesso alcun reato. Questa è una classica strategia per intimidire gli oppositori politici Viktor Orbán sta ancora una volta mettendo in pratica una richiesta proveniente dalla scena neonazista. Vogliamo usare l’esempio dei raduni neonazisti davanti al tribunale di Budapest durante il processo a Maja T. per dimostrare quanto siano vicini la scena neonazista ungherese e il governo ungherese. I tentativi di intimidazione neonazista come modello per Orbán Oltre alla criminalizzazione degli antifascisti, negli ultimi mesi ha fatto notizia anche la criminalizzazione della manifestazione del Budapest Pride. Questa doppia criminalizzazione era già stata anticipata dalle azioni dei neonazisti per le vie di Budapest. Queste sono le immagini del nemico dipinte da Viktor Orban: la sinistra e le persone queer. Durante gli ultimi giorni del processo a Maja T. a Budapest, i suoi sostenitori si sono trovati regolarmente di fronte a domande come: “Sei gay? Sei un terrorista?”. Simili tentativi di intimidazione sono stati attuati ad un livello politico più elevato dallo stesso presidente, prima con il tentativo di vietare le marce del Budapest Pride, ora con la dichiarazione del movimento antifascista come organizzazione terroristica. Per le strade, i principali responsabili dei tentativi di intimidazione sono i neonazisti del “movimento giovanile” ungherese HVIM. Secondo le loro stesse dichiarazioni, ciò ha spinto il partito di estrema destra Mi Hazánk Mozgalom (MHM; in italiano: “Movimento per la nostra Patria”) a presentare una richiesta al Ministro degli Interni ungherese pochi giorni prima per criminalizzare “Antifa” in Ungheria, chiedendo la messa al bando del movimento stesso. Il governo ungherese apparentemente ha ottemperato a questa richiesta; se la richiesta neonazista sia la ragione di ciò rimane però una speculazione. Tuttavia, il fatto è che il governo ungherese sta perseguendo le politiche richieste dalla scena neonazista locale. Il MHM ha ottenuto un risultato di poco inferiore al 6% nelle ultime elezioni parlamentari ed è attualmente il terzo potere politico più forte in Ungheria. È stato fondato dal neonazista László Toroczkai, che nel 2001 ha anche fondato l’HVIM. Questo dimostra anche quanto profondamente il neonazismo sia presente nella società e politica ungherese. Immagine: conferenza stampa marziale dell’MHM 2022. Con la maglia bianca: László Toroczkai; 2° da terzino destro: Gábor Barcsa-Turner HVIM: Terroristi di destra in polo HVIM sta per Hatvannégy Vármegye Ifjúsági Mozgalom (in italiano: “Movimento Giovanile delle Sessantaquattro Contee”). Il gruppo è un’organizzazione neonazista che si presenta al mondo esterno come un’organizzazione giovanile. Il gruppo è sempre apparso al processo di Maja a Budapest come parte di una manifestazione neonazista davanti al tribunale, comparendo sui media e molestando i sostenitori di Maja T. Particolarmente assurda risulta allora la richiesta della classificazione del movimento Antifa come organizzazione criminale da parte di un gruppo apertamente neonazista terrorista come l’HVIM. Nel 2015, l’ex leader dell’HVIM Zoltan Szocs è stato arrestato insieme al deputato dell’HVIMIl Istvan Attila Beke e condannato a cinque anni di carcere in Romania per aver pianificato un attentato dinamitardo durante una festa nazionale. Diversi anni prima, l’HVIM aveva una propria copia del manifesto del terrorista Anders Breivik. L’HVIM gestisce una sotto-organizzazione chiamata Gruppo per la Preservazione delle Tradizioni e l’Educazione dei Giovani Farkasok (abbreviato: Farkasok; in italiano: “Lupi”). Solo gli uomini di età compresa tra 16 e 35 anni possono diventare membri del Farkasok. Il gruppo organizza addestramenti paramilitari sullo stile dei gruppi sportivi militari. L’HVIM addestra i neonazisti all’uso delle armi da fuoco. Immagine: Neonazisti dell’HVIM/Lupi si esercitano con le armi Il 22 settembre 2025, ad esempio, l’attuale leader dell’HVIM, Gábor Barcsa-Turner, era presente al processo di Maja T. a Budapest. Barcsa-Turner è anche nel Farkasok, e il suo volto è uno dei pochi a non essere oscurato nelle immagini dell’organizzazione. Sembra che svolga il ruolo di istruttore. Immagine: Gábor Barcsa-Turner (a sinistra) e Tamás Horváth (a destra) il 22 settembre 2025. Horváth è attualmente redattore capo di Magyar Jelen, il principale portavoce del Movimento nazionalsocialista ungherese (MHM). Tra l’altro, l’HVIM vanta reti internazionali, anche a Vienna. Nel 2016, ad esempio, il neonazista Nárai Balázs, allora ancora attivo nell’HVIM, fu invitato a parlare alla Wiener Burschenschaft Olympia (per maggiori informazioni su Balázs, si veda il nostro testo in AIB 147). Quale impatto sull’antifascismo Resta da vedere quale impatto avrà la criminalizzazione dell’antifascismo sulle proteste in Ungheria a lungo termine: finora si sono potute tenere manifestazioni di stampo antifascista, con grande costernazione della scena neonazista. Tuttavia, queste manifestazioni vengono pesantemente represse in Ungheria ed il diritto alla libertà di espressione è stato limitato. Ad esempio, nei giorni del processo, il 29 settembre e il 2 ottobre 2025, il tribunale adiacente ha proibito completamente ai manifestanti di utilizzare un impianto musicale per futili motivi. Ciononostante, è ancora possibile partecipare a proteste antifasciste in piazza in Ungheria. Vogliamo continuare a incoraggiare tutti gli antifascisti a partecipare a cortei e presidi e a sostenere i nostri compagni sul campo. Resta da vedere come si evolverà la situazione. Mentre i neonazisti in Ungheria possono apparentemente addestrarsi indisturbati per un colpo di stato armato, gli antifascisti sono trattati come terroristi. Le condizioni in Ungheria sono da tempo assurde, ma lo stanno diventando sempre di più. I neonazisti possono operare in completa libertà in Ungheria. Vogliamo sottolineare ancora una volta che sono proprio queste circostanze a giustificare e rendere necessario un antifascismo coerente. Le azioni del governo Fidesz, il desiderio apertamente espresso da Orbán di criminalizzare persone antifasciste indipendentemente da effettivi illeciti commessi mostrano anche come Maja non abbia la possibilità di accedere ad un processo equo, giusto ed imparziali. Free Maja Free All Antifas Fuck Orbàn!
Resoconto dell’udienza di Maja, 08.10.2025
Traduciamo questo articolo diffuso sui canali tedeschi: Resoconto dell’ultimo giorno del processo prima dell’aggiornamento a gennaio. Questo significa altri quattro mesi di isolamento per Maja, e per noi quattro mesi per lottare per Maja e richiamare l’attenzione sulla situazione. Non dobbiamo arrenderci, non dobbiamo mollare, ma rimanere forti, come Maja. Segnatevi anche le date sul calendario: il processo durerà quattro giorni, dal 14 gennaio, e il verdetto sarà annunciato il 22 gennaio 2026. Se possibile, recatevi a Budapest per sostenere Maja, la sua famiglia e i suoi amici e per dimostrare a Orbán che non ci lasceremo intimidire. Aspettatevi anche mobilitazioni in Germania dopo il verdetto. IL GIORNO DEL PROCESSO Fin dalle prime ore del mattino, la gente si è radunata di nuovo davanti al carcere in segno di solidarietà. All’arrivo, è già chiaro che l’atmosfera è tesa: i fascisti hanno imbrattato il luogo del raduno con acido butirrico e feci. L’aspetto positivo della situazione: al presidio solidale è consentito di sostare direttamente sotto la finestra dell’aula di tribunale. Una cinquantina di neonazisti sono fermi davanti al tribunale. Nonostante i tentativi di intimidazione, il sostegno a Maja rimane intatto. Oggi c’è più stampa rispetto ai giorni scorsi. Giornalisti da Italia, Germania e Ungheria. Anche Martin Schirdewan, membro del Parlamento europeo del Partito della Sinistra, è di nuovo presente. L’aula è di nuovo piccola e i posti si riempiono rapidamente. Alcune richieste di osservatori solidali sono state respinte mentre i fascisti ci stanno col fiato sul collo. Mentre Maja viene portata in aula alle 8:53, un uomo cerca di filmarla con il suo cellulare. Il personale del tribunale le fa scudo, e la persona viene accompagnata fuori. Da fuori, attraverso le finestre, risuonano grida: “Liberate Maja!” e “Amore e forza a te in prigione!” Dentro, Maja chiede di poter parlare e che le venga finalmente concesso di riprendere le visite famigliari in carcere. La seduta odierna dovrebbe riguardare il confronto tra due testimoni: Tamas, considerato un testimone indipendente, e Dudog, che, insieme alla moglie, è una delle presunte vittime. INFORMAZIONI DI BASE SU DUDOG László Dudog è una figura importante nella scena rock ungherese di destra. È un membro attivo della band ungherese Blood & Honor “Divine Hate” ed è co-fondatore della band “Divizio Hungária”. Dudog ha eseguito “Divine Hate” l’11 febbraio 2022 al concerto “Blood and Honor” come parte del Giorno dell’Onore. L’etichetta della sua band, Nordic Sun Records Budapest, è partner di Blood&Honour Ungheria. Ha un tatuaggio del Klu Klux Klan sul braccio e un 88 sul petto, incorniciato da una corona d’onore. In un’intervista ad “Il Giornale” racconta di partecipare da tempo alle manifestazioni della Giornata dell’Onore per dimostrare il suo rispetto verso i caduti, che considera eroi. IL CONFRONTO Entrambi i testimoni sono posizionati nella parte anteriore con i microfoni. Tamas aveva già testimoniato di aver visto simboli delle SS sulla giacca di Dudog. Dudog ora porta una giacca nera – senza mostrine – e sostiene che sia la stessa che indossava allora. Sua moglie lo sostiene, spiegando che la polizia ha esaminato gli abiti dopo il crimine e li ha conservati perché erano insanguinati. Quando viene mostrato il vecchio filmato, un teschio è chiaramente visibile sugli abiti di Dudog. Descrive il simbolo come “apolitico”. Tamas non è d’accordo: per lui è chiaro che si tratta di un simbolo delle SS. Tamas e la coppia ripercorrono gli eventi della serata. Tamas rimane fedele alla sua versione: ha visto solo l’uomo aggredito, non la donna. Lei, tuttavia, sostiene di essere stata colpita da più direzioni e di essere svenuta. Tamas spiega con calma di non aver visto nessuno a terra. Ha chiamato i soccorsi e ha prestato immediatamente soccorso, pur sapendo che l’uomo era un estremista di destra. La donna si attiene alla sua dichiarazione e la ripete più volte. Alza le mani, parla di shock e dolore, di una ferita da arma da taglio alla coscia. Il giudice la interrompe infine e le ricorda che solo lui valuterà la credibilità delle dichiarazioni. Il referto dell’ospedale, tuttavia, non ha riscontrato lesioni. Il confronto può essere considerato parzialmente valido, poiché la corte riconosce che il berretto di Dudog recava effettivamente un simbolo di estrema destra quel giorno. Dudog e sua moglie dopo aver terminato lasciano l’aula. NUOVA DOCUMENTAZIONE Successivamente vengono letti nuovi documenti, questa volta provenienti dalle autorità tedesche. Mostrano presunti collegamenti tra i vari imputati: mappe, screenshot, immagini sfocate, estratti di videosorveglianza sul tram. Nelle immagini non si riconosce quasi nulla, eppure da esse si ricavano nomi, luoghi e presunte connessioni. I volti pixelati compaiono ripetutamente. Una giacca rossa, un cappello, ombre nell’immagine. Il tribunale descrive dettagliatamente cosa dovrebbe essere mostrato nelle foto, anche se nessuno può dire con certezza chi vi sia effettivamente raffigurato. Maja viene menzionat* per nome più volte nei resoconti, a volte con il suo deadname[1]. È difficile sopportare che, dopo quasi due anni di prigione, descrizioni così discriminatorie, irrispettose e inaccurate siano ancora parte integrante del procedimento. Dopo ore di analisi delle immagini, l’avvocato di Maja ha la sua opinione. Chiede nuovamente che la custodia cautelare di Maja venga revocata con la condizionale o su cauzione e che le vengano concessi gli arresti domiciliari. Maja ha sempre rispettato tutte le regole. La richiesta viene presentata con una lettera dettagliata e documenti aggiuntivi. La Procura respinge la richiesta, sostenendo che Maja potrebbe fuggire, che non riconosce l’ordinamento giuridico ungherese e che fa “parte di un movimento antifascista”. La procura descrive addirittura le manifestazioni di solidarietà in strada come prova di “collegamenti con la scena”. L’avvocato di Maja è fortemente in disaccordo. Afferma che le accuse del pubblico ministero sono infondate. Maja sta lottando in condizioni difficilissime, è in isolamento da 18 mesi e non ha fatto nulla che possa indicare un’intenzione di fuga. Il tribunale è tuttavia contro Maja: la custodia cautelare in carcere viene estesa fino a 21 mesi. La motivazione addotta è ancora una volta il “rischio di fuga” e il presunto reato grave. La solidarietà è criminalizzata e l’orientamento politico è considerato un pericolo. Fuori, qualcuno suona la tromba. Da lontano, si sente di nuovo: “Liberate Maja!” All’interno, la sessione termina alle 14:44. Un’altra giornata piena di contraddizioni e arbitrarietà. Il processo dovrebbe proseguire a gennaio. Fino ad allora, Maja rimarrà in isolamento. La richiesta rimane chiara: FREE MAJA! -------------------------------------------------------------------------------- [1] “Deadname” si riferisce al nome di battesimo di una persona queer che non riconosce più come proprio. Il termine “deadnaming” indica l’atto di utilizzare deliberatamente o per errore questo vecchio nome, che può essere vissuto come un atto di disconoscimento della nuova identità di genere e causare un notevole disagio psicologico. 
NEWS URGENTI DALLA FRANCIA: COMUNICATO PER IL RILASCIO DI ZAID
Oggi a Parigi il nostro amico e compagno Zaid è stato interrogato dalla polizia francese nell’ambito del processo di Budapest. Oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso dall’Ungheria, è stato rilasciato con controllo giudiziario in attesa della decisione sulla sua possibile estradizione in Ungheria. Zaid, che ha la cittadinanza siriana, viveva in Germania, dove è stato incarcerato a febbraio del 2025 e poi posto sotto controllo giudiziario, prima di arrivare in Francia. È a causa della stretta collaborazione tra le autorità tedesche e ungheresi e del rischio di estradizione che Zaid ha scelto di venire in Francia. Nel 2024 le autorità tedesche non hanno esitato a estradare illegalmente la nostra compagna Maja, che oggi è ancora in carcere in Ungheria, in isolamento e in condizioni indegne. Come per Gino prima di lui e per tutti gli altri compagni perseguiti in questo caso, ci opponiamo all’estradizione di Zaid in Ungheria, che gli impedirebbe di avere accesso a un processo equo. Chiediamo che la sua estradizione venga rifiutata e invitiamo tutti a moltiplicare le azioni di solidarietà prima della nuova udienza che si terrà l’8 ottobre. Vi invitiamo a seguire la pagina telegram https://t.me/freeallantifas e Instagram https://www.instagram.com/comitato_antirep_milano/ per rimanere aggiornati sugli sviluppi del caso. #FreeZaid #FreeAllAntifas
Aggiornamenti Gabri
Diversi sono i procedimenti giudiziari che hanno preso il via in seguito alle contestazioni per le celebrazioni neonaziste in occasione delle cosiddette “Giornate dell’onore” a Budapest tra il 9 e l’11 febbraio del 2023. Queste giornate, che ufficialmente celebrano la “resistenza” contro l’Armata Rossa, sono di fatto un insieme di parate e rievocazioni nostalgiche, finanziate direttamente dal governo ungherese, in cui si radunano i partecipanti delle peggiori sigle neonaziste da mezza Europa tra cui: Legio Hungaria, Hammerskin, Blood&Honour e Nordic Resistance. Nell’ambito delle contromanifestazioni che si sono tenute in quei giorni sono state denunciate delle aggressioni ad alcuni partecipanti che hanno portato l’11 febbraio 2023 all’arresto a Budapest di Ilaria e due cittadini tedeschi, Tobi e Anna. A ottobre 2023 le indagini per le aggressioni contro i nazisti vengono chiuse e l’Ungheria emette un mandato di arresto europeo (MAE) per 14 nuove persone accusate degli stessi fatti tra Italia, Francia e Germania. Nella notte tra il 20 e il 21 novembre viene arrestato Gabriele, un compagno di Milano. Gabriele viene messo ai domiciliari in attesa che venisse discussa la sua estradizione in Ungheria ed elaborata la richiesta del giudice allo stato ungherese di rispondere ad alcuni quesiti riguardanti le condizioni detentive nel paese. Nel marzo 2024, dopo quattro mesi di arresti domiciliari, la Corte d’Appello di Milano respinge la richiesta di estradizione dall’Ungheria a causa delle condizioni disumane di detenzione nelle carceri magiare.  Da allora Gabriele si trova libero in Italia e il 6 maggio 2025 è iniziato il suo processo in Ungheria. Gabriele rimane infatti formalmente imputato per i fatti di Budapest e il processo va avanti anche per lui con l’eventualità di udienze da remoto. Nel suo caso non sono ancora chiare le implicazioni di un processo in contumacia rispetto alla giurisprudenza Ungherese, ma se venisse condannato ci sarebbe il rischio di dover scontare la sentenza decisa dall’Ungheria in Italia.  Dal 2023, in tutta Europa si sono tenute decine di iniziative a sostegno degli/delle imputat* del processo, sia per raccogliere fondi sia per dimostrare azioni di solidarietà concreta e dibattito sul tema dell’antifascismo. Ricordiamo che in Italia è attiva la campagna Free All Antifas – Italia, per fornire aggiornamenti sui processi e sulle iniziative di approfondimento e benefit. La solidarietà ha anche bisogno di impegno concreto, per questo motivo la campagna di raccolta fondi ha pagato avvocati e viaggi di solidali, ha sostenuto direttamente prigionier* con le donazioni raccolte tramite decine di benefit. Tuttavia non si è ancora concluso il primo grado di giudizio e le pene rischiano di essere molto alte: è importante continuare a sostenere la cassa! L’associazione Brigate Volontarie per l’Emergenza ha creato un conto dedicato esclusivamente a questa causa ed è possibile effettuare donazioni tramite bonifico o Paypal. Brigate Volontarie per l’Emergenza ODV IBAN: IT20Z0623001616000015293082 Paypal: https://www.paypal.com/paypalme/brigatevolontarie?country.x=IT&locale.x=it_IT Link utili Campagna Free All Antifas – Italia Aggiornamenti, documenti, iniziative benefit, iban per donazioni Web https://freeallantifas.noblogs.org/  Canale telegram t.me/freeallantifas Instagram comitato_antirep_milano Budapest Antifascist Solidarity Committee (in tedesco) Web www.basc.news Instagram basc.news
Ottavo giorno del processo per Maja a Budapest
Lunedì 22 settembre è proseguito il processo politico contro Maja. Già alle 7 del mattino i sostenitori si sono radunati davanti al tribunale. Nel frattempo, i fascisti hanno chiamato una manifestazione che a loro dire contava 500 persone, effettivamente se ne sono presentate solo 10. La magistratura ungherese sta cercando di intimidire gli antifascisti, ma le grida fuori dall’aula del tribunale ci ricordano che Maja non è sol*. Nella sala stessa sedevano dipendenti dell’ambasciata tedesca e un membro del parlamento del Partito della Sinistra a cui è stato permesso di far visita a Maja. Mentre Maja viene portat* dentro, le grida di “Free Maja” echeggiano all’esterno. Maja sorride, cerca volti familiari e rimane forte, nonostante sia in isolamento da mesi. Condizioni detentive Il giudice lo chiarisce subito: Il procedimento non verrà sospeso. Rimane l’isolamento. Il giudice chiarisce subito: il procedimento non sarà sospeso. L’isolamento continua. Tutti i precedenti penali vengono richiamati per continuare a criminalizzare Maja. Quello che accade qui non è giustizia neutrale, ma repressione politica. Testimone Viene chiamato un testimone. Non riconosce Maja, contraddicendo così direttamente la versione del pubblico ministero. Descrive invece ciò che ha visto: un uomo a terra, chiaramente riconoscibile con una toppa delle SS, un bomber e degli anfibi. Secondo la sua stessa dichiarazione, gli è stato subito chiaro: si tratta di un neonazista. Il testimone stesso è ebreo e afferma chiaramente: “Certo che detesto questi simboli”. Riconosce i fascisti e per questo viene messo sotto pressione dal pubblico ministero, che mette in dubbio la sua testimonianza. Nonostante diverse domande critiche, il testimone resta fermo: ha visto cinque persone incappucciate. Nell’aria c’era odore di spray al peperoncino. Il nazista è caduto a terra ed è stato preso a calci. Ha chiamato il servizio di emergenza. La difesa torna a fare domande. Il testimone conferma: non ha visto alcun attacco contro una donna. Sarebbe intervenuto, se fosse successo. Ma la toppa delle SS, dice, l’avrebbe riconosciuta già da cinque metri di distanza. Questa chiarezza viene messa in discussione dalla procura. Si ha l’impressione che qui non si tratti di giustizia, ma di una narrazione già decisa in anticipo. Maja deve essere condannata a tutti i costi. Le prove Poi ci sono ore di presentazioni video. Immagini pixelate, telecamere tremolanti, ombre sfocate. Le persone camminano per Budapest: presumibilmente sono il “gruppo”. Ma tutto rimane vago, costruito, indimostrabile. Mentre il giudice descrive immagini fisse di scarpe e giacche, le voci echeggiano dall’esterno: “Maja, tieni duro!” All’interno, la magistratura sta cercando di creare “prove” dai pixel. Solidarietà contro la repressione. Maja rimane forte e silenzios*, sorride e sente gli slogan provenienti da fuori: “Ci sono nazisti in ogni città: formate delle bande e spazzateli via!” Questa contraddizione tra interno ed esterno percorre l’intera giornata: uno stato repressivo contro un movimento unito. I video mostrano percorsi, mappe e spostamenti attraverso la città. Vengono menzionati nomi, inventate presunte affiliazioni. E le autorità tedesche forniscono informazioni alla magistratura ungherese. Invece di proteggere gli antifascisti, la Germania è attivamente complice del processo di repressione. La criminalizzazione dell’antifascismo In Ungheria, i fascisti hanno il sostegno dello Stato. Gli antifascisti finiscono in isolamento e i loro processi si trascinano per mesi. Non si tratta di un episodio isolato; è sistematico. Quello a cui stiamo assistendo è uno Stato autoritario che criminalizza la resistenza antifascista. Nel frattempo, il Parlamento europeo si prepara a un dibattito su Ilaria. E cosa sta facendo il governo ungherese? In risposta, un politico si limita a condividere le coordinate del carcere di Budapest sui social media. Non è una coincidenza: è intimidazione. Questo processo non è solo una questione ungherese. Dimostra come gli antifascisti siano minacciati in tutta Europa e come le agenzie governative preferiscano agire contro gli antifascisti piuttosto che contro i fascisti. Ma una cosa è altrettanto chiara a Budapest: la nostra solidarietà non conosce limiti. “Liberate Maja” è più di un appello alla giustizia. È un promemoria che ci difendiamo a vicenda. Che non ci lasceremo dividere. E che la resistenza antifascista è legittima. A Budapest, ad Amburgo e ovunque. Sostenete Maja durante i prossimi giorni del processo a Budapest, continuate a fare pressione affinché Maja venga portata in Germania e difendete anche gli altri detenuti: Clara ad Amburgo, Zaid, che è ancora minacciato di estradizione in Ungheria, e tutti gli altri che vengono criminalizzati per antifascismo. Prossimi appuntamenti processuali: * 26.09 * 29.09 * 02.10 * 08.10 Lo Stato vuole dare un esempio – ma noi non lo permetteremo. Il processo fa parte di un attacco su scala europea contro l’antifascismo. Per questo: partecipate alle manifestazioni, informate chi vi sta intorno e l’opinione pubblica, diventate attivi! Maja non è sola. FREE MAJA!
Hanna S: richiesta di condanna a nove anni di carcere
Il primo grado di giudizio sul “Processo di Budapest” che si sta svolgendo in Germania si concluderà presto, con una richiesta di condanna spropositata  Nel processo contro Hanna S., dinanzi alla Corte d’Appello Regionale Superiore (OLG) di Monaco di Baviera, la Procura Federale ha chiesto lunedì una condanna a nove anni di carcere. Secondo la richiesta, la donna dovrebbe essere condannata per tentato omicidio, lesioni personali gravi e appartenenza a un’organizzazione criminale. L’accusa aveva inizialmente individuato il gruppo, composto da circa 20 persone, in concomitanza con il cosiddetto Complesso Antifa Ost in Germania. Ora si sostiene che il gruppo sia stato fondato puntualmente per organizzare i crimini commessi a Budapest, un fenomeno che la Procura Federale ha definito “turismo della violenza”. Il processo di Monaco di Baviera è stato il primo in Germania sul cosiddetto “Complesso di Budapest”. La magistratura accusa la studentessa d’arte Hanna di essere coinvolta in due dei cinque attacchi contro presunti neonazisti in occasione della “Giornata d’Onore” di estrema destra nella capitale ungherese nel febbraio 2023. Le vittime hanno riportato ferite alla testa da manganelli, in un caso potenzialmente fatali, secondo la Procura Federale. Poiché, oltre alle vittime, anche sei passanti sono stati esposti allo spray al peperoncino, S. potrebbe essere condannata anche per lesioni personali. Hanna S. è stata arrestata a Norimberga nel maggio 2024 e il suo processo è iniziato a febbraio davanti a cinque giudici. Due delle persone aggredite a Budapest sono state ammesse come parti in causa contro S. – sono rappresentate, tra gli altri, dall’avvocato del terrorista dell’NSU (Nationalsozialistischer Untergrund, Clandestinità Nazionalsocialista, cellula terroristica neonazista attiva tra il ’97 e il 2001) Ralf Wohlleben e hanno anche deposto la loro dichiarazione lunedì. Il processo si è concentrato sulla gravità delle ferite inflitte loro con un manganello telescopico. > Non ricordo alcun decesso causato dall’impatto di un manganello. > > Wolfgang Eisenmenger, perito L’accusa aveva convocato il medico legale in pensione Wolfgang Eisenmenger, che ha presentato prove sui suoi precedenti esperimenti con strumenti da impatto simili e un teschio metallico ricoperto di pelle di maiale. “Non ricordo alcun decesso causato dall’impatto di un manganello”, ha dichiarato Eisenmenger riferendosi ai suoi 20.000 esami forensi. Il penultimo giorno del processo, la difesa ha sottolineato che i manganelli telescopici in alluminio, come quelli utilizzati a Budapest, causavano anche lesioni significativamente meno gravi, quindi i paragoni con il teschio metallico e la pelle di maiale non erano applicabili. L’Ufficio di Polizia Criminale dello Stato della Sassonia, che sta conducendo l’indagine, sostiene di aver identificato Hanna S. anche attraverso un’esagerata indagine sui graffiti a Norimberga. Diversi testimoni ed esperti sono stati convocati per il processo, tra cui uno studioso di studi culturali freelance che ha presentato un rapporto sulla destra ungherese e i suoi legami con lo Stato. L’obiettivo degli oltre 30 giorni di processo era dimostrare che S. fosse identica a una “Persona di sesso femminile sconosciuta di 15 anni” documentata in immagini provenienti da Budapest. A tal fine, ore di video ripresi da tram e dashcam di veicoli sono stati trasmessi alla Corte d’Appello Regionale Superiore, nonché da telecamere private installate agli ingressi di un appartamento Airbnb e di un bar a Budapest. Anche il medico legale Dirk Labudde, che ha misurato biometricamente l’imputata contro la sua volontà per confrontarla con le riprese di videosorveglianza pubblica, ha testimoniato. Un super-riconoscitore della polizia, che ha anche confrontato le riprese, non è riuscito a convincere il tribunale. TRADOTTO DA ND-AKTUELL.DE
Riportare a casa Maja
Giornata di solidarietà internazionale: riportare Maja a casa!! Traduciamo l’appello ad una mobilitazione condivisa chiamata dal comitato Free Maja, lanciando anche a Milano nella giornata di sabato 13 settembre: -16.30 presidio al consolato tedesco in via Solferino 60 -17.30 dibattito coi comitati internazionali alla Dogana Occupata di via volta 22, a seguire live e djset”Vogliamo unirci alle numerose e straordinarie azioni di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja e invochiamo una grande giornata di mobilitazione la prossima settimana! Maja è ancora ricoverata nell’ospedale del carcere e non è ancora chiaro quando potrà tornare in Germania o per quanto tempo sarà sottoposta alle disumane condizioni carcerarie. La prossima udienza in tribunale per Maja è il 22 settembre.Vogliamo dimostrare ancora una volta, in modo chiaro e forte, che non lasceremo Maja da sol*, nemmeno dopo lo sciopero della fame! Maja deve essere liberat* dall’isolamento e tornare a casa!La nostra solidarietà non va solo a Maja. Zaid è seriamente minacciato dall’estradizione in Ungheria, e l’estradizione non è esclusa nemmeno per gli altri imputati. Il verdetto nel procedimento penale contro Hanna è previsto per metà settembre presso la Corte d’Appello di Monaco. Altri due importanti processi politici sono previsti per questo autunno.Includiamoli nelle nostre azioni di solidarietà per Maja!Siate attiv*, creativ* e rumoros*!”
Lettere al carcere
Maja è in custodia cautelare in Ungheria da oltre un anno, lottando contro condizioni disumane e la minaccia assurda di una condanna a 24 anni. Per sostenere Maja, il 13 settembre dalle 16.30 a Milano si risponderà alla chiamata internazionale in solidarietà per Maja con un dibattito coi comitati internazionali. Essere solidali significa essere presenti e partecipi, quindi ci sarà anche il banchetto per inviare la posta a Maja e alle altre persone in stato di detenzione per i fatti di Budapest.Ci saranno carta e penna, materiali da allegare e molto altro.Nessunx verrà lasciato indietro, al fianco di chi lotta, facciamo sentire che non sono solx!