Luigi Fabbri - La guerra europea e gli Anarchici

Biblioteca anarchica - Tuesday, May 17, 2022
Autore: Luigi Fabbri
Titolo: La guerra europea e gli Anarchici
Data: 1916

Il testo di questo opuscoletto era già pronto fino dai primi del mese di aprile, che subito diversi gruppi di compagni sentirono il bisogno di rispondere in modo categorico al manifesto antianarchico dei cosidetti “intellettuali” franco-russi. Purtroppo difficoltà materiali d’ogni genere che i lettori comprenderanno, derivanti dallo stato di guerra che ha soppressa la libertà di pensiero, ci ha impedito di curare la pubblicazione con quella sollecitudine che desideravamo.

Nel frattempo, da varie parti si sono sollevate voci anarchiche di protesta contro coloro che a torto son creduti i portavoce delle nostre idee. Senza contare quelle unanimi dei paesi neutrali, registriamo qui con piacere un vibrante articolo di Errico Malatesta comparso nei giornali inglesi, nel Risveglio di Ginevra e riprodotto completamente in BIANCO del Libertario di Spezia, una dichiarazione del Gruppo Anarchico Internazionale di Londra, un’altra del gruppo dei Temps Nouveaux di Parigi, una terza dei gruppi parigini che avevano per organo il giornale Le Libertaire. Purtroppo queste diverse voci han potuto farsi sentire a stento, ostacolate dalla censura.

Anche i giornali anarchici, tanto in Italia che in Francia, hanno tentato confutare la prosa del manifesto guerraiuolo, ma invano. La censura ha imbiancati completamente tre articoli di Sebastiano Faure, che nel “Ce u’il aut dire” di Parigi, rispondeva ai sedici firmatari del manifesto; cosi pure soppresse ogni accenno di risposta nel Liberatario di Spezia. Solo “l’Avvenire Anarchico” di Pisa ha potuto pubblicare, benché mutilato, il manifesto del gruppo internazionale londinese.

Per tutto ciò crediamo lo stesso utile, malgrado il ritardo determinato anche dalla maggiore ampiezza di questo scritto, la pubblicazione di questo opuscolo che vuol essere, più che una risposta ai nostri recenti avversari, una affermazione ragionata delle nostre immutate convinzioni.

Gli Editori

TORINO, GIUGNO 1916

* * * * *

I

Mentre con la primavera su tutti i fronti della guerra europea s’è intensificato il macello reciproco dei popoli e il sangue si versa a torrenti, mentre un senso di sgomento stringe i cuori e rende pensose le menti, noi anarchici abbiamo sentita con profondo dolore levarsi una voce contro la pace: la voce vostra, o uomini che amammo perché per le idee che ci sono care avete lottato, lavorato e sofferto, ma che oggi queste idee dimenticate o posponete a vane quanto pericolose illusioni.

Voi temete una pace “prematura”; e non v’accorgete, nel ferire si crudamente il sentimento attuale più vivo delle classi oppresse d’ogni paese, che il prolungarsi della guerra non rende l’esito di questa più sicuro in un senso o nell’altro. D’altra parte la pace potrà sempre sembrare prematura ora agli uni ed ora agli altri dei belligeranti; sicché una sola certezza v’è: che il logoramento reciproco, prolungandosi sempre più, aggraverà fino all’esaurimento l’attuale tragica situazione di tutti i popoli.

Nel manifesto parigino voi dite di “non condividere le illusioni di alcuni compagni sulle disposizioni pacifiche di quelli che dirigono le sorti della Germania.” Ma quale anarchico può mai nutrire illusioni cosi sciocche? Noi, pur dissentendo profondamente da voi, abbiamo la vostra medesima pessima opinione del governo tedesco e d’una pace dettata da lui. Ver’è che non abbiamo una opinione molto diversa su tutti gli altri Stati! Siete invece voi che, vittime della illusione a noi erroneamente rimproverata, avete il grave torto d’esservi in certo modo fatti mallevadori d’una pace statale a più lontana scadenza che, anche se dettata dai governi cui siete favorevoli, sarà sempre una pace bugiarda irta d’ingiustizie e gravida di minacce di nuovi conflitti per l’avvenire.

La pace che sarà prima o poi conclusa dagli Stati non sarà la pace nostra, la pace vera dei popoli. Niun congresso internazionale di laboratori, per quanto numeroso, potrebbe avere influenza alcuna su ciò che sarà esclusivamente definito dalla diplomazia; i lavoratori ne sapranno qualche cosa quando tutto sarà finito, prima ancora che abbiano rattenuta la libertà di riunirsi e d’esprimere la propria opinione. Sì, grave errore è il vostro di solidarizzarvi con degli Stati, per la guerra; ma un errore simile noi non commetteremo, perché agli Stati non accorderemo mai solidarietà, fiducia o tregua neppure per avere la più sollecita pace. Che se la pace invochiamo, per solidarietà con l’umanità straziata, e dai popoli che la aspettiamo, non dai governi.

Voi —firmatari del manifesto— mentre temete come il maggior danno che il desiderio di pace abbia prematuramente a imporsi, dichiarate che, pur essendo anarchici ed antimilitaristi, vi siete schierati con quelli che resistono e che combattono. Di chi intendete parlare, dei governi o dei proletari? Certo dei governi, poiché solo da un punto di vista borghese e statale e possibile cotesta arbitraria distinzione fra difesa e resistenza. E bene il vostro torto, giudicare gli avvenimenti da questo erroneo punto di vista! Che se poi intendete parlare, non dei governi ma della massa dei proletari che si battono nel vero senso della parola, ci sembra per lo meno superflua la vostra dichiarazione d’essere con loro, quando essi (parliamo della generalità) non hanno alcuna libertà di fare diversamente. Sarebbe più interessante sapere, piuttosto, se quelli che combattono sono d’accordo con voi, o non piuttosto deplorino che alla forza materiale che li spinge al fuoco si sia aggiunta la forza morale del vostro consentimento. Forse con loro ci siamo più noi che voi!

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