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Occorre trasparenza sull’operato della Commissione per il Paesaggio. Lettera al Comune di Firenze di urbanisti, architetti e docenti universitari
PerUnaltracittà insieme a Salviamo Firenze ha promosso la stesura di una lettera al Comune di Firenze per ottenere trasparenza sull’operato della Commissione per il paesaggio. In questo momento la composizione della Commissione è in fase di rinnovamento. A seguire il … Leggi tutto L'articolo Occorre trasparenza sull’operato della Commissione per il Paesaggio. Lettera al Comune di Firenze di urbanisti, architetti e docenti universitari sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
La Milano da bere si è ubriacata di liberismo
-------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------------------- C’è una lucida follia in questa storia. Non si tratta – come qualcuno dei nostri politici vorrebbe farci credere – del solito (“presunto”) conflitto tra politica e magistratura e nemmeno dell’ennesimo caso di corruzione di qualche compiacente amministratore pubblico da parte di un qualche imprenditore. Il caso Milano è molto di più, è un affare politico e insieme culturale, ovvero la mancanza di una politica per la città. Rimasto silente per molto tempo e, ora, pronto ad esplodere come una bomba a tempo. Qualunque sia l’esito della magistratura, esso ha già contaminato le amministrazioni comunali delle grandi città italiane che sono pronte ad emularlo. E questo è l’esito più grave del fenomeno che rischia di diffondersi in Italia. Perché il cosiddetto “modello Milano” ha affascinato, e tutt’ora affascina, molte amministrazioni e trova un consenso (ingannevole) fra molti cittadini, persuasi che quel “successo” porterà benefici anche nelle proprie tasche. Perché i milanesi hanno davvero creduto che la città dello skyline e grattacieli fosse davvero una vera città moderna, mentre si trattava di un’enorme speculazione edilizia sotto la maschera della rigenerazione urbana. Già con il modello Expo si è iniziato a perdere il senso del bene comune, le conquiste di una disciplina – l’urbanistica – che aveva nel suo statuto riformista il compito di mitigare i conflitti tra il bene collettivo – il bene di quella classe operaia che aveva contribuito alla crescita della città – e i grandi proprietari dei suoli e, oggi, i detentori dei fondi immobiliari. Dalla “Milano da bere”, degli anni Ottanta, di Berlusconi, e successivamente dalla “Milano bella da vivere” della Moratti – che simboleggiavano un’immagine di successo, vivacità, un desiderio di modernità e di intensa vita notturna, ma che, a ben vedere, si associava a superficialità, individualismo e persino malaffare – si transita alla “città che non si ferma” del sindaco Sala; così come a Roma una retorica simile è simboleggiata dallo slogan: “Roma si trasforma”, senza aggiungere in cosa. È che le politiche iperliberiste affascinano anche, o soprattutto, a sinistra. Le città, quale che sia il colore dell’amministrazione, sono costrette a entrare in concorrenza tra loro per accaparrarsi flussi di denaro, grandi eventi, masse di turisti sospinte da grandi firme di architettura, fondi di investimento, opere pubbliche, con il risultato che la “grande abbondanza” viene spartita tra pochi gruppi di professionisti a scapito delle classi più deboli (e anche del ceto medio) costretto a cercare casa sempre più lontano dal centro. È un capovolgimento di tutto quanto l’urbanistica aveva conquistato negli anni Settanta, dove essa era impugnata dagli abitanti per creare servizi, scuole, verde e un sempre più benessere civile conquistato con dure lotte operaie. La città, in quegli anni, era ancora un’occasione di riscatto e le persone accettavano anche di vivere ai suoi margini poiché, prima o dopo, ma sicuramente, anche loro avrebbero avuto accesso ai benefici e alle occasioni della città. Con gli anni Ottanta il ciclo di lotte urbane si è esaurito. Da allora è iniziato un rapido processo di deregolamentazione con la cancellazione progressiva di quasi tutte le norme, gli statuti disciplinari e i vincoli che negli anni precedenti impedivano o almeno ostacolavano la speculazione edilizia. Milano, in questo, è stata l’apripista che, con l’Expo del 2015 ci ha illusi che bisognava semplificare le procedure, scavalcare i processi pur di raggiungere il fine del “successo” della città. Il “modello Milano” ha trovato consenso presso altre grandi città: Genova, Firenze, Roma. A riprova di questa gigantesca operazione di privatizzazione della città, sono state le recenti sfilate di moda, a Firenze (dove interi isolati sono stati privatizzati per giorni da Gucci), a Roma dove Dolce&Gabbana ha dato uno spettacolare kitsch occupando l’area di Castel Sant’Angelo, a Venezia dove si è celebrato il matrimonio di Bezos con l’occupazione totale di gran parte della città. A Roma, per restare in tema di disinvoltura urbanistica, è in corso la revisione delle norme tecniche del Piano regolatore generale il cui obiettivo è quello di semplificare le procedure urbanistiche, realizzare grandi opere destinate ai turisti e ai super milionari, abbandonando le immense periferie sempre più lontane e prive di servizi, cui sono stati assegnati pochi spiccioli (per fare cosa?). Si stima che tra il 2014 e il 2018 Milano abbia attirato 15 miliardi di euro in investimenti immobiliari internazionali, più di qualsia si altra città europea. In questo modo essa è diventata la capitale indiscussa del liberismo internazionale attraverso architetture realizzate in vetro o, come il famoso Bosco verticale, che confliggono con il cambiamento climatico in corso. Se in passato si emigrava dal sud verso Milano per le occasioni di lavoro, oggi gli abitanti non riescono più a sopportare i costi della vita quotidiana, re-migrando verso territori esterni. I costi dell’abitazione sono cresciuti più del doppio della media nazionale, stessa cosa per gli affitti e i mutui per l’acquisto delle case. Il “modello Milano”, in una parola è sostenibile solo per i ricchi che qui continuano ad acquistare case, magari nell’affascinante (si fa per dire) centro di City Life, un vero non-luogo, dove il crollo parziale della gigantesca insegna “Generali” posta su uno dei tre grattacieli (il Dritto, Lo Storto e il Curvo) ha simboleggiato per molti l’inizio di una catastrofe, come nei libri di Ballard. Ma non solo per questo il “modello” è insostenibile. In un recente articolo (La fisica, l’economia e i comportamenti umani, pubblicato su Volere la luna del 18 luglio), Angelo Tartaglia (professore emerito di Fisica) ci ricorda che «le leggi fisiche ci dicono che in un sistema produttivo con produzione in crescita (di beni o di servizi che inglobano risorse materiali ed energetiche) il volume di risorse primarie (materia ed energia) necessario per mantenere la produzione cresce più in fretta di quest’ultima» col risultato che «il costo del controllo e della gestione del sistema cresce più rapidamente del sistema stesso e dei vantaggi che se ne ricavano». In altri termini, l’eccesso di competizione tra le città porta sempre più a produrre architetture fantasmagoriche e infrastrutture per eventi che poi producono vantaggi (per pochi) inferiori al costo del loro controllo. Capita spesso di vedere grandi infrastrutture (stadi, piste da sci ecc) che, subito dopo il loro uso contingente (per esempio un evento) vengono di fatto abbandonate. E ancora: «ormai il metodo scientifico ha preso a evidenziare l’impossibilità dell’economia della crescita competitiva, ma nello stesso tempo la tecnologia, o meglio le tecnologie, ognuna concentrata su un campo molto specifico e limitato, si sviluppano e vengono celebrate fornendo gli strumenti per procedere al galoppo verso l’insostenibilità scientificamente dimostrata e verso un collasso globale».  Una volta le città italiche competevano tra loro per la bontà delle loro merci e per l’accoglienza ai pellegrini: si costruivano xenodochie e poi hospitali, lungo le strade che conducevano alla città. L’Ospedale degli Innocenti fu progettato da Brunelleschi: un’opera d’arte che ancora ammiriamo stupefatti da tanta bellezza e anche una opera civile per i neonati abbandonati. Che miracolo non essere nati a Milano! -------------------------------------------------------------------------------- Tra gli ultimi libri di Enzo Scandurra Roma. O dell’insostenibile modernità (DeriveApprodi). Nell’archivio di Comune i suoi articoli sono leggibili qui. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE: > La Dubai padana -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La Milano da bere si è ubriacata di liberismo proviene da Comune-info.
Scandalo urbanistica a Milano. Sul mattone campo larghissimo
L’altra mattina a Radio Popolare sono andate in onda soltanto interviste ad esponenti milanesi del Partito Democratico (ti pareva) i quali, mentre i cementificatori si mangiavano Milano facendo schizzare i prezzi degli immobili alle stelle, tra una dormita e l’altra, hanno votato ogni porcheria possibile. Ora che sono partiti arresti […] L'articolo Scandalo urbanistica a Milano. Sul mattone campo larghissimo su Contropiano.
La Dubai padana
SE AL TERMINE DELLE INDAGINI CHE RIGUARDANO QUANTO ACCADUTO A MILANO NON EMERGESSERO RILEVANZE PENALI, IL PROBLEMA SAREBBE ANCORA PIÙ GRANDE, PERCHÉ RIGUARDA LA VISIONE DELLA CITTÀ. IL VERO REATO, SCRIVE MARCO BERSANI, È POLITICO: LA RIGENERAZIONE URBANA LIBERISTA. “DALL’EXPO IN POI LA STRADA SCELTA È STATA DRAMMATICAMENTE LINEARE: TRASFORMARE MILANO NELLA DUBAI PADANA, RENDERE LA CITTÀ SEXY PER I GRANDI FONDI FINANZIARI… FARLA DIVENIRE REALTÀ URBANA COSMOPOLITA E INCLUSIVA SOLO PER REDDITI ALTI…”. ECCO PERCHÉ NEGLI ULTIMI DIECI ANNI, NELLA CITTÀ DI MILANO SI È COSTRUITO PIÙ DI QUANTO SI SIA EDIFICATO IN TUTTO IL PIEMONTE E IN TUTTA LA TOSCANA MESSI INSIEME Foto di Milano in Movimento -------------------------------------------------------------------------------- “Non mi riconosco nella lettura della città che la Procura sta ricostruendo”. Così il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha commentato le indagini della magistratura che hanno portato al coinvolgimento di 74 persone tra politici, tra cui lo stesso sindaco, funzionari, archistar e immobiliaristi che in questi anni hanno trasformato in maniera radicale la capitale lombarda. Le indagini faranno il loro corso e il tempo dirà se e quali reati siano stati compiuti. Non è questo il problema. Paradossalmente, se al termine delle indagini, non emergessero rilevanze penali, il problema sarebbe ancora più grosso, poiché riguarda esattamente la visione della città, il ruolo del pubblico, gli interessi immobiliari e della rendita finanziaria, i bisogni e i diritti di quelli che la abitano. Per dirla in breve, il vero reato politico è la rigenerazione urbana liberista. Rigenerare significa far nascere di nuovo oppure, riferito a un corpo, ristabilirne la salute. Nel caso della rigenerazione urbana il corpo da rimettere in funzione è la città, uno spazio complesso, terreno di scontri e mediazioni tra interessi economici, sociali e culturali molto diversi tra loro per esigenze, obiettivi e capacità di influenzare le politiche urbane. Dalla città fonte di rendita e profitto a quella motore economico fino alla città abitata, espressione di bisogni e relazioni. Rigenerare una città significa mettere mano a questo spazio complesso. Nessuna complessità è stata affrontata dalla amministrazione comunale milanese. Dall’Expo in poi la strada scelta è stata drammaticamente lineare: trasformare Milano nella Dubai padana, rendere la città sexy per i grandi fondi finanziari, erigerla a residenza ideale per i milionari, farla divenire realtà urbana cosmopolita e inclusiva solo per redditi alti, dentro il grande luna park delle fiere della moda, del mobile, dell’hi-tech e chi più ne ha più ne metta. Così Milano è diventata la prima città europea per investimenti nell’immobiliare (28 miliardi, come somma fra quelli già spesi dal 2014 a oggi e quelli previsti fino al 2029) destinati a “rigenerare” oltre 10 milioni di metri quadri di territorio, sui quali sono stati edificati 17 milioni di metri cubi residenziali e 29 milioni di metri cubi non residenziali. Negli ultimi dieci anni, nella città di Milano si è costruito più di quanto si sia edificato in tutto il Piemonte e in tutta la Toscana messi insieme. E l’impatto sociale è stato devastante: sono oltre duecentomila gli abitanti che hanno lasciato la città negli ultimi cinque anni, compensati da altrettanti arrivi, ma determinando una sostituzione di classe: se ne vanno le fasce popolari, quelle della Milano col cuore in mano, sostituite da ricchi e turisti, quelli della Milano con la carta di credito in mano. È questo modello di città che viene rivendicato dal sindaco Sala, che non a caso ottiene solidarietà bypartizan tanto dalla segretaria del suo partito Elly Schlein, quanto dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Perché si può litigare su molto, ma quando i nodi vengono al pettine ci si ritrova. Non è solo il partito trasversale del cemento, è proprio la visione comune su a chi appartenga la città e quale debba essere il ruolo del pubblico: la città è della rendita immobiliare e dei grandi fondi finanziari e il pubblico deve mettersi al loro servizio. Due ulteriori domande sono inevitabili. La prima è rivolta a chi oggi dentro la coalizione di centro-sinistra si straccia le vesti dall’indignazione: dove eravate quando per rigenerare palazzine di tre piani si costruivano centinaia di grattacieli da ottanta piani? La seconda è rivolta a chi si illude che Milano sia un’anomalia: siete sicuri che ciò che è accaduto nella “Grandeur meneghina” non sia ciò che in scala per ora minore sta succedendo in tutte le altre città? “Riprendiamoci il Comune” non è più solo la suggestione di un’alternativa di società. Oggi è una stretta necessità per chiunque pensi che la città debba essere innanzitutto il luogo della cura e delle relazioni fra chi la abita. -------------------------------------------------------------------------------- Pubblicato anche su attac-italia.org. Marco Bersani ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura. Il suo ultimo libro è La rivoluzione della cura. Uscire dal capitalismo per avere un futuro (Ed. Alegre). -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE: Un’altra Milano c’è -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La Dubai padana proviene da Comune-info.
L’assalto finanziario alle città europee: come i fondi di investimento stanno ridisegnando il futuro urbano
L’ascesa dei fondi di speculazione prende avvio dalla seconda metà degli anni ottanta dello scorso secolo con il forte ridimensionamento dei sistemi di welfare pubblico, quando prende avvio negli Stati Uniti una privatizzazione totale o parziale di beni e servizi. … Leggi tutto L'articolo L’assalto finanziario alle città europee: come i fondi di investimento stanno ridisegnando il futuro urbano sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.